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Pubbl. Sab, 3 Feb 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

La nuova disciplina sostanziale e processuale delle intercettazioni

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Fiorella Floridia


Dal nuovo reato di ”Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” al captatore informatico. La giurisprudenza indica le scelte ed il legislatore le recepisce acriticamente. Si è persa l’occasione di disciplinare strumenti investigativi che la prassi ha introdotto da anni e che attendono una regolamentazione decisiva ed incisiva.


Sommario: 1. La nuova disciplina sostanziale e processuale delle intercettazioni: uno sguardo alla riforma nel suo complesso. 2. Le modifiche al codice penale ed al codice di rito. 3. Considerazioni conclusive.

1. La nuova disciplina sostanziale e processuale delle intercettazioni: uno sguardo alla riforma nel suo complesso.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio è stato pubblicato il decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, recante "Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b), c), d) ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103". 

La legge in esame si preoccupa di disciplinare la delicata tematica delle intercettazioni telefoniche. L’argomento in esame coinvolge interessi di rilevanza nazionale e anche sovranazionale, quali il diritto alla privacy ed anche il diritto all’informazione. La delicata materia delle intercettazioni telefoniche richiede per il singolo operatore del diritto il bilanciamento di due interessi importanti: da un lato, la piena tutela giuridica delle situazioni soggettive lese e la ricerca del colpevole da parte della polizia giudiziaria; dall’altro, la tutela della privacy di ogni singolo soggetto che può essere violata da tale mezzo di ricerca della prova. Ci troviamo, quindi, di fronte alla contrapposizione di numerosi diritti e tutele che sono alla base della nostra Carta Costituzionale e che sono anche contemplati dalla Convenzione Europea dei diritti inviolabili dell’uomo. Per quanto concerne questo ultimo aspetto, l’articolo 8 della Cedu (2) stabilisce quanto segue:

Articolo 8 CEDU
(Diritto al rispetto della vita privata e familiare)

“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

L’art. 8 della Convenzione protegge la vita privata, il cui campo di applicazione si è esteso col passare del tempo. I giudici di Strasburgo hanno affermato in diverse occasioni che “la tutela garantita dall’ Articolo 8, subirebbe un indebolimento inaccettabile se l’utilizzo delle moderne tecniche scientifiche fosse autorizzato senza alcuna limitazione” (3). In altre occasioni, la Corte ha avuto modo di affermare che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure adeguate per garantire una sicura custodia delle intercettazioni telefoniche depositate in un fascicolo processuale, perché in caso contrario si violerebbe l’articolo 8 della CEDU (Apostu contro Romania, CASE OF APOSTU v. ROMANIA, allegata all'articolo).

Invece, i nostri principi costituzionali riguardano essenzialmente la tutela della privacy delle persone coinvolte ed il diritto dei cittadini ad essere informati sui fatti di cronaca giudiziaria. Le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni costituiscono, nel processo penale, un mezzo di ricerca della prova, risultando spesso decisive per fondare il giudizio del giudice. Anche se tra i principi inviolabili della Costituzione è sancita la libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, è la stessa carta costituzionale a stabilire che la loro limitazione può avvenire soltanto con atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge (articolo 15 cost.).

Il decreto legislativo n. 216 del 2017 (4) interviene sull’intero sistema penale della materia, con norme che modificano profondamente sia il codice penale ma anche il codice di rito.

La riforma prevede maggiore riservatezza delle comunicazioni tra avvocato difensore e il proprio assistito. Infatti, se le intercettazioni, anche per caso, captassero conversazioni tra difensore e assistito, esse sono inutilizzabili e non possono essere neppure trascritte.

Viene introdotto il divieto di trascrizione, anche sommaria, di comunicazioni o conversazioni irrilevanti per le indagini (sia per oggetto che per soggetti coinvolti), nonché quelle che sono relative a dati sensibili, salvo che non siano ritenute rilevanti a fini di prova. In sostanza, sarà la Polizia Giudiziaria a scegliere le conversazioni che riterrà rilevanti per l’indagine, sebbene rimanga la facoltà per il P.M. di disporre con decreto motivato che le comunicazioni e le conversazioni scartate siano comunque trascritte, quando ritenute rilevanti.

Viene introdotta la nuova fattispecie delittuosa di “diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” di cui al novello art. 617-septies. Il provvedimento disciplina compiutamente le intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico, i cosiddetti virus trojan, già consentita dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (5), sebbene viene limitata ai soli procedimenti per delitti di criminalità organizzata.

Abbiamo una doppia fase per il deposito degli atti delle intercettazioni: in una prima fase vengono depositate le conversazioni e gli atti relativi, e in una seconda fase avviene la “scelta” e lo stralcio di quelle ritenute irrilevanti e quindi inutilizzabili, davanti al GIP. Per concludere spetta al PM il ruolo di garante della riservatezza della documentazione, giacché a lui compete la custodia nell’archivio del materiale ritenuto irrilevante, con facoltà di ascolto ed esame, ma non di copia, da parte dei difensori, nonché del giudice. Quindi il pubblico ministero dovrà fidarsi ciecamente di quanto a lui riferito dalla Polizia Giudiziaria, e dall’altro però è nominato custode di conversazioni che neppure conosce. Queste sono tutte le novità introdotte dal nostro legislatore in materia di intercettazioni telefoniche.

2. Le modifiche introdotte al codice penale e di rito

La novella normativa ha riguardato i seguenti punti:

a. Introduzione dell’articolo 617-septies c.p., “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”.
b. Modifiche al codice di rito in materia di riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche.
c. Novità aventi ad oggetto la trascrizione, deposito e conservazione dei verbali di intercettazione.
d. Una nuova disciplina del deposito degli atti riguardanti le intercettazioni e la selezione del materiale raccolto, con l’introduzione di una procedura in due fasi.
e. Modifiche al codice di rito in materia di intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico.

L’articolo 1 del decreto legislativo n. 216 del 2017 introduce una nuova fattispecie di reato nel nostro codice penale, l’articolo 617-septies c.p.:

Art. 617-septies c.p.
 (Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente)

“Chiunque, al fine di recare danno all'altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni. La punibilità è esclusa se la diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca. Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.

Quello che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 617-septies c.p. è la distribuzione e diffusione di riprese audio o video che vengono compiute fraudolentemente. Ovviamente, l’obiettivo di chi pone in essere tale condotta deve essere quello di recare danno all’altrui immagine o reputazione. Il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente è punito dalla norma in esame con una pena abbastanza severa, ossia la reclusione fino a quattro anni. È comunque necessaria la querela della persona offesa. Nel delineare la nuova incriminazione il legislatore ha preso atto dei crescenti fenomeni antisociali, rappresentati dal c.d. cyber bullismo, dal c.d. revenge porn e da tutti quei casi di diffusione non autorizzata di contenuti audio-video fraudolentemente raccolti. Si tratta di una fattispecie a dolo specifico, essendo essenziale che il soggetto che diffonde sia mosso dalla volontà “di recare danno all’altrui reputazione o immagine”.

Per dare maggiore consistenza a tale limitazione della rilevanza penale della condotta, il legislatore ha previsto delle ipotesi di esclusione della punibilità. Ipotesi in cui la diffusione dei suddetti materiali non deve essere ritenuta antigiuridica in quanto espressione di diritti costituzionalmente garantiti. La punibilità è esclusa quando avvenga in esecuzione del diritto di cronaca oppure derivi dall’utilizzazione dei materiali audio-video in un procedimento amministrativo o giudiziario, esercitando il diritto di difesa. Infatti, continua a risultare pienamente lecita la raccolta di materiale audio-video mediante la registrazione di conversazioni a cui il soggetto che registra partecipa, per poi riprodurlo in giudizio o per produrre contenuti giornalistici che rispettino i confini di tale diritto. Invece, hanno rilevanza penale la condotta di chi diffonda con qualsiasi mezzo (anche telematico, es. Whatsapp o Facebook) quel materiale al solo fine di ledere la posizione della persona protagonista di tali registrazioni.

La novella normativa è intervenuta a modificare anche il codice di rito in tema di riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche.

L’articolo 2 del d. lgs. n. 216 del 2017, aggiunge all’articolo 103 c.p.p. un ulteriore comma:

“Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta”.

Dalla modifica dell’articolo 103 c.p.p. emerge una maggiore tutela della riservatezza nelle comunicazioni tra avvocato ed assistito. Il divieto, infatti ampliato, prevedendo che l’eventuale coinvolgimento, in via anche solo occasionale, del difensore nell’attività di ascolto legittimamente eseguita, non possa condurre alla verbalizzazione delle relative comunicazioni o conversazioni. In effetti, la ragione di questa norma giuridica è quella di tutelare le "garanzie di libertà del difensore". Tali libertà, come sottolinea la Suprema Corte (6), sono apprestate a tutela del libero dispiegamento dell'attività difensiva e del segreto professionale, che trovano il diretto supporto nell'art. 24 della Costituzione.

In materia di trascrizione, deposito e conservazione dei verbali di intercettazione, l’articolo 3 della legge in esame, inserisce un nuovo articolo, l’articolo 268-bis:

Art. 268-bis c.p.p.
(Deposito di verbali e registrazioni)

1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita le annotazioni, i verbali e le registrazioni, unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, e forma l'elenco delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche rilevanti a fini di prova. 2. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso della facolta' di esaminare gli atti, di prendere visione dell'elenco di cui al comma 1, nonché di ascoltare le registrazioni e di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. 3. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo, non oltre la chiusura delle indagini”.

In base a quanto già previsto dal nostro codice penale, la possibilità di pubblicare le trascrizioni delle intercettazioni eseguite in modo legittimo incontra, in primis, i limiti sanciti dall’articolo 114 c.p.p., (che disciplina il divieto di pubblicazione degli atti coperti da segreto ovvero non più coperti da segreto, consentendo invece la pubblicazione de contenuto degli atti non coperti dal segreto), 115 c.p.p. (che impone la trasmissione degli atti all’organo titolare del potere di instaurare l’azione disciplinare), dell’articolo 329 c.p.p. (che indica quali sono gli atti coperti da segreto, prevedendo la ulteriore possibilità per il P.M. della secretazione in caso di necessità d’indagine).

Il nuovo articolo 268-bis c.p.p. regolamenta il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni ritenute irrilevanti. Da questo punto di vista sono fondamentali le prescrizioni del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali n. 2016/79 (7), il quale diventerà obbligatorio per tutti i paesi dell’UE a partire dal 25 maggio 2018. Il Regolamento in esame si pone come obiettivi fondamentali quelli di garantire certezza del diritto e trasparenza agli operatori economici. Gli stessi principi sono ripresi specificatamente dalla Direttiva n. 2016/680 (8) relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati. L’articolo 3 della presente legge, con gli artt. 268-ter e 268-quater c.p.p., introduce una nuova procedura in due fasi per il deposito degli atti riguardanti le intercettazioni e la selezione del materiale raccolto.

Gli artt. 268-ter e 268-quater c.p.p. stabiliscono quanto segue:

Art. 268-ter.
(Acquisizione al fascicolo delle indagini
)

1. L'acquisizione delle comunicazioni o conversazioni utilizzate, nel corso delle indagini preliminari, per l'adozione di una misura cautelare è disposta dal pubblico ministero, con inserimento dei verbali e degli atti ad esse relativi nel fascicolo di cui all'articolo 373, comma 5. 2. Fuori dai casi di cui al comma 1, il pubblico ministero, entro cinque giorni dal deposito, presenta al giudice la richiesta di acquisizione delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche contenuti nell'elenco formato a norma dell'articolo 268-bis, comma 1, e ne dà contestualmente comunicazione ai difensori. 3. I difensori, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di cui all'articolo 268-bis, comma 2, hanno facoltà di richiedere l'acquisizione delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, rilevanti a fini di prova, non comprese nell'elenco formato dal pubblico ministero, ovvero l'eliminazione di quelle, ivi indicate, inutilizzabili o di cui è vietata la trascrizione, anche sommaria, nel verbale, ai sensi di quanto disposto dal comma 2-bis dell'articolo 268. Tale termine può essere prorogato dal giudice per un periodo non superiore a dieci giorni, in ragione della complessità del procedimento e del numero delle intercettazioni. 4. La richiesta, unitamente agli atti allegati, è depositata nella segreteria del pubblico ministero che ne cura l'immediata trasmissione al giudice. 5. Il pubblico ministero e i difensori, sino alla decisione del giudice, possono integrare le richieste e presentare memorie. 6. Il pubblico ministero, in relazione alle comunicazioni o conversazioni di cui al comma 1, può chiedere al giudice, con le modalita' e nei termini indicati dai commi precedenti, l'eliminazione dal fascicolo dei verbali e delle registrazioni di cui ritiene, per elementi sopravvenuti, l'irrilevanza.

Art. 268-quater.
(Termini e modalita' della decisione del giudice)

1. Decorsi cinque giorni dalla presentazione delle richieste, il giudice dispone con ordinanza, emessa in camera di consiglio senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori, l'acquisizione delle conversazioni e comunicazioni indicate dalle parti, salvo che siano manifestamente irrilevanti, e ordina, anche d'ufficio, lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. A tal fine può procedere all'ascolto delle conversazioni e comunicazioni. 2. Quando necessario, l'ordinanza è emessa all'esito dell'udienza fissata per il quinto giorno successivo alla scadenza del termine indicato al comma 1, con tempestivo avviso al pubblico ministero e ai difensori. 3. Con l'ordinanza viene meno il segreto sugli atti e i verbali delle conversazioni e comunicazioni oggetto di acquisizione. Essi sono inseriti nel fascicolo di cui all'articolo 373, comma 5. A tal fine il giudice ordina la trascrizione sommaria, a cura del pubblico ministero, del contenuto delle comunicazioni o conversazioni acquisite su richiesta dei difensori, se nel verbale delle operazioni di cui all'articolo 268, comma 2, sono indicate soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta. 4. I difensori possono fare eseguire la trasposizione delle registrazioni acquisite su supporto informatico o altro strumento idoneo alla riproduzione dei dati e possono ottenere copia dei verbali delle operazioni concernenti le comunicazioni e conversazioni acquisite. 5. Gli atti e i verbali relativi a comunicazioni e conversazioni non acquisite sono immediatamente restituiti al pubblico ministero per la conservazione nell'archivio riservato di cui all'articolo 269, comma 1. 6. Alle operazioni di acquisizione provvede il giudice per le indagini preliminari che ha autorizzato, convalidato o prorogato le intercettazioni”.

In questo caso, si prevede che una volta avvenuto il deposito di conversazioni e comunicazioni e dei relativi atti, avvenga l’acquisizione di quelle rilevanti e utilizzabili e il contestuale stralcio (con destinazione finale all’archivio riservato) di quelle ritenute irrilevanti e inutilizzabili. In poche parole, viene completamente ridefinita la procedura volta a selezionare il materiale raccolto dal pubblico ministero e si supera il precedente modello incentrato sulla cosiddetta “udienza stralcio”.

Il precedente modello era caratterizzato dal fatto che tutto il materiale d’intercettazione era sin da subito incluso nel fascicolo delle indagini preliminari, anziché essere collocato in un archivio riservato, con la conseguenza che doveva essere interamente esaminato al fine dell’eliminazione del troppo, del vano e dell’inutilizzabile. Tutto ciò al fine di escludere, sin dalla conclusione delle indagini, ogni riferimento a persone solo occasionalmente coinvolte dall’attività di ascolto e, in generale, il materiale d’intercettazione non rilevante ai fini di giustizia.

Le altre novità introdotte dall’attuale riforma riguardano le intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico. Il captatore informatico sarebbe un pacchetto offensivo in grado di infettare ogni tipo di device (cioè pc, tablet, smartphone). Per farlo funzionare si procede tramite l’installazione di un trojan (tipologia di malware: si tratta di un tipo di virus) nel dispositivo dell’indagato, il quale si attiva tutte le volte in cui il soggetto apre una semplice email, scarica un file, si collega a una rete wifi precedentemente attaccata. A questo punto, il trojan infetta il computer o il telefonino, senza però che il suo proprietario se ne accorga: in pratica, l’indagato ha una spia nel telefono o nel pc ma continua ad usarli come se nulla fosse. La riforma è intervenuta anche su questo punto modificando gli artt. 266, 267, 268, 270 e 271 c.p.p.

La novella normativa volta a consentire l’utilizzo dello strumento in esame risulta in sintonia con le indicazioni fornire dalla nota sentenza Scurato delle Sezioni Unite (9). L’utilizzo di tale strumento permette di monitorare sia il flusso di comunicazioni riguardanti sistemi informatici o telematici, sia il contenuto di dati presenti o futuri all’interno delle memorie di un dispositivo informatico. Tale monitoraggio costituisce senza ombra di dubbio un supporto decisivo alle indagini (10). Il decreto autorizzativo dovrà essere preciso ed indicare i limiti di tempo e di luogo per l’acquisizione dei dati e le ragioni che rendono necessaria l’adozione di tale modalità per lo svolgimento delle indagini. Tali dispositivi non potranno essere mantenuti ad libitum, essendo necessaria l’attivazione in base a quanto previsto dal P.M. nel proprio programma d’indagine. In poche parole, dovranno essere disattivati laddove la captazione avvenga in ambiente domiciliare, a meno che non sia dimostrato che in tale ambiente si stia svolgendo l'attività criminosa oggetto dell'indagine o laddove l'indagine stessa riguardi delitti più gravi, tra i quali mafia e terrorismo (ex art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.).

Infine, è stato modificato anche l'art. 472 c.p.p. La norma prevede un'udienza riservata "a porte chiuse", per il caso in cui sorga la necessità di valutare richieste integrative di prova o richieste di revisione della decisione di rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari. Oppure quando la rilevanza del materiale intercettato non precedentemente acquisito si prospetti per la prima volta nel corso dell'istruzione dibattimentale. In forza dell'art. 598 c.p.p., tale ultima disposizione è applicabile anche nel giudizio dì appello, dato che in grado di appello si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni relative al giudizio di primo grado. Si è così introdotto un nuovo caso in cui si procede al dibattimento a porte chiuse.

3. Considerazioni conclusive

Dalla lettura della “Riforma Orlando” in esame, la prima osservazione che nasce spontanea, è che il legislatore ha in gran parte recepito le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza. In altre parole è la giurisprudenza che indica le scelte ed il legislatore le recepisce acriticamente.

Innanzitutto, per quanto riguarda la delicata tematica riguardante la privacy, la novella normativa ha solamente ritoccato la vigente disciplina. Sono stati ignorati i diritti processuali dell’imputato e della persona offesa, il legislatore si è dimenticato di rafforzare, da un lato, la presunzione di innocenza dell’imputato, e dall’altra i diritti processuali della persona offesa dal reato, oltre quelli dei cittadini ad una corretta informazione giudiziaria.

Rimane immutato il monopolio del P.M. per la richiesta di intercettazione, con esclusione quindi del difensore, il quale potrebbe avere interesse a richiedere il compimento di captazioni nei confronti di terzi per dimostrare l’innocenza del proprio assistito. Inoltre il P.M. può scegliere gli atti da esibire al G.I.P. a sostegno della richiesta, limitando così il panorama conoscitivo e decisionale del giudicante.

Quanto ai limiti di ammissibilità, la disciplina resta immutata, per cui, per gli stessi delitti indicati al comma 1 dell’art. 266, è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tale tipo di intercettazione può essere eseguita anche mediante l’inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile, fermo restando che, come oggi, qualora l’intercettazione avvenga nel domicilio, è consentita solo se vi è «fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa».

In conclusione, la Riforma in esame lascia tutti con l’amaro in bocca in materia di intercettazioni. Si è persa l’occasione di disciplinare strumenti investigativi che la prassi ha introdotto da anni e che attendono una regolamentazione decisiva ed incisiva. Tali strumenti possono essere l’intercettazione delle comunicazioni mediante nuove tecnologie, quali VoIP, Skype, WhatsApp oppure l’impiego del GPS o il sempre più frequente utilizzo di velivoli a pilotaggio remoto (droni) per finalità investigative, capaci di procedere sia ad intercettazioni di comunicazioni sia a riprese visive. Mentre altri strumenti, come l’acquisizione dei tabulati telefonici e telematici necessitano un aggiornamento della relativa normativa.

Note e riferimenti bibliografici

1. http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/07/4/17G00116/sg
2. http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf
3. Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Grande Camera (Strasburgo) Caso S. e Marper c. Regno Unito, sentenza 4 dicembre 2008 (ricorsi nn. 30562/04 e 30566/04) (constata la violazione dell’art. 8 CEDU relativo al rispetto della vita privata e familiare) (conservazione delle impronte digitali e degli esami sul DNA per imputati ritenuti innocenti)
4.Gazzetta Ufficiale
5. Cassazione Penale, Sezioni Unite, 1 luglio 2016 (ud. 28 aprile 2016), n. 26889. Questi i principi di diritto affermati:
– «deve escludersi la possibilità di compiere intercettazioni nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen., con il mezzo indicato in precedenza, al di fuori della disciplina derogatoria per la criminalità organizzata di cui all’art. 13 d.l. n. 152 del 1991, convertito in legge n. 203 del 1991, non potendosi prevedere, all’atto dell’autorizzazione, i luoghi di privata dimora nei quali il dispositivo elettronico verrà introdotto, con conseguente impossibilità di effettuare un adeguato controllo circa l’effettivo rispetto del presupposto, previsto dall’art. 266, comma 2, cod. proc. pen., che in detto luogo «si stia svolgendo l’attività criminosa»;
– «è invece consentita la captazione nei luoghi di privata dimora ex art. 614 cod. pen., pure se non singolarmente individuati e se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica, secondo la previsione dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991»;
– «per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato».

6. Cass. pen., sez. VI, 16/12/02, n. 10664.
7.http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32016R0679.
8..https://cdn.fiscoetasse.com/upload/Direttiva-UE-680-2016.pdf.
9. L. ANNUNZIATA, Trojan di Stato: l’intervento delle Sezioni Unite non risolve le problematiche applicative connesse alla natura del captatore informatico, in Parola alla difesa, 2016, I, 189.
10.F. CAJANI, Odissea del captatore informatico – Trojan’s odyssey, in Cassazione Penale, XI, 2016, 4140.