Pubbl. Mer, 13 Dic 2017
Parere di diritto penale: la posizione di garanzia dell´amministratore di sostegno
Modifica paginaFocus Esame Avvocato: la soluzione proposta per il primo parere di diritto penale sulla posizione di garanzia dell´amministratore di sostengo e configurabilità in capo allo stesso del delitto di cui all´art. 591 c.p.
Traccia
In data 9 febbraio 2016 il Giudice Tutelare di Alfa nomina Caia amministratrice di sostegno di Tizio, affetto da demenza senile tipo Alzheimer, con il compito di gestire il trattamento pensionistico di Tizio e di impugnare, a nome di quest'ultimo un contratto da questi stipulato nel 2015 sotto la spinta di artifici e raggiri perpetuati da terzi.
In data 7 maggio 2017, a seguito delle segnalazioni provenienti da alcuni vicini, i vigili del fuoco accedono d'urgenza nell'appartamento di Tizio rinvenendolo in pessime condizioni igieniche, senza cibo e bevande e con rifiuti all'interno dell'abitazione.
Tizio viene dunque ricoverato in ospedale e, a seguito della comunicazione pervenuta, il giudice tutelare revoca la nomina di Caia quale amministratrice di sostegno e trasmette gli atti alla locale Procura della Repubblica ipotizzando la ricorrenza del reato di cui all'art. 591 c.p.
Caia, preoccupata, si rivolge ad un legale per un consulto.
Il candidato assunte le vesti del legale di Caia, premessi i brevi cenni sul reato di abbandono di persone incapaci, rediga motivato parere esaminando la questione sottesa al caso in esame.
Svolgimento
Al parere richiesto è sottesa la problematica relativa alla sussistenza o meno in capo all’amministratore di sostegno di una posizione di garanzia ex art. 40 comma 2 c.p. nei confronti del beneficiario correlata al dato formale della qualifica.
Nella fattispecie, Caia viene deferita all’Autorità Giudiziaria per presunta violazione dell’art. 591 c.p. per aver, in particolare, abbandonato il suo beneficiario di amministrazione di sostegno Tizio, omettendo di accudirlo, senza cibo e bevande, sino all’intervento del personale sanitario e dei vigili del fuoco che lo trovavano, pertanto, in pessime condizioni igieniche e con rifiuti all’interno dell’abitazione.
La revoca della nomina da parte del giudice tutelare e la conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica competente impongono, quindi, di verificare l'astratta configurabilità in capo a Caia del reato di cui all'art. 591 c.p. il quale al comma 1 cosi recita: "Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni".
Come affermato costantemente da dottrina e giurisprudenza, costituisce abbandono qualsiasi azione od omissione che contrasti con l'obbligo della custodia e della cura e da cui derivi un pericolo, anche solo potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto incapace.
Pertanto, perché si integri la fattispecie di reato è sufficiente la coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto passivo che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l'esatta percezione.
Com’è intuibile la norma tutela il bene della vita e dell'incolumità individuale, contro le situazioni di pericolo che possono insorgere in relazione all'età, o alle precarie condizioni di salute in cui versa l’incapace.
Orbene, non va sottaciuto come nel caso di abbandono di persone incapaci, la norma postula, a differenza del caso di abbandono del minore degli anni quattordici, la preesistenza di un obbligo specifico di cura o custodia.
Conseguentemente, per la corretta soluzione della questione proposta occorrerà verificare la sussistenza o meno in capo a Caia di una posizione di garanzia nei confronti del beneficiario Tizio che implica, a sua volta, l’obbligo giuridico di impedire la situazione di pericolo a danno del soggetto incapace di provvedere autonomamente ai propri interessi.
Trattandosi poi di un reato omissivo proprio, non potrà che venire in considerazione la clausola di equivalenza ex art 40, c. 2 c.p. ai sensi del quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Sul punto, si è più volte affermato come nell’accertamento degli obblighi impeditivi incombenti sul soggetto che versa in posizione di garanzia, l’interprete deve tenere presente la fonte da cui scaturisce l’obbligo giuridico protettivo. E’ costante il giurisprudenza l’assunto secondo cui nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza ex art. 591 c.p. rilevando a tale scopo norme giuridiche di qualsivoglia natura, cosi come convenzioni di natura pubblica o privata.
Orbene, la sussistenza o meno di una responsabilità penale in capo all’amministratrice Caia, nei termini di cui in narrativa, non potrà pertanto prescindere da una valutazione circa i doveri conferiti dal giudice tutelare mediante decreto di nomina, essendo tale decreto certamente annoverabile tra le suindicate fonti attesa la sua natura giurisdizionale.
Nel febbraio 2016, Caia viene nominata amministratrice di sostegno di Tizio in quanto affetto da demenza senile tipo Alzheimer, con lo scopo di gestirne il trattamento pensionistico di e di impugnare, a nome di quest'ultimo, un contratto da questi stipulato nel 2015 sotto la spinta di artifici e raggiri perpetrati da terzi.
Non è revocabile in dubbio come il provvedimento di nomina attribuisce all'amministratrice Caia compiti ben definiti e di natura squisitamente patrimoniale; in altre parole il compito assegnato dal giudice tutelare resterebbe fondamentalmente quello di assistere la persona nella gestione dei propri interessi “patrimoniali” e non anche la “cura della persona” con l’evidente conseguenza che non sarà possibile addebitare a Caia alcuna responsabilità per lo stato di abbandono in cui versava il beneficiario del provvedimento.
E’ evidente, infatti, che, in assenza di specifiche disposizioni, l’amministratore di sostegno non può assume una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell’incolumità individuale del soggetto incapace e ciò, si badi anche in virtù di un’altra considerazione di carattere sistematico.
Di fatti la “cura della persona”, indicata dall’357 c.c, a proposito del tutore, non rientra tra le disposizioni richiamate dall’art. 411 tra le “norme applicabili all’amministrazione di sostegno” sicchè è possibile anche escludere che la sussistenza del suddetto obbligo possa derivare da fonte normativa.
Sul punto, tra l'altro, si è recentemente pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7974/2016 che, decidendo su un caso analogo, ha cosi statuito: " il compito dell'amministratore di sostegno resta essenzialmente quello di assistere la persona nella gestione dei propri interessi patrimoniali. Non integra il reato ex art. 591 c.p. il comportamento omissivo dell'amministratore di sostegno rispetto alla "cura della persona" richiamata dall'art. 357 c.c."
In definitiva, alla notizia di reato per presunta violazione dell’art. 591 c.p. in capo a Tizia dovrà, inevitabilmente, seguire richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero per insussistenza del fatto.