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Pubbl. Gio, 14 Dic 2017

Per il morso del cane randagio risponde anche chi ne ha solo la detenzione temporanea

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Graziella Soluri


L´obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 c.p. collega il dovere di non lasciare libero l’animale al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale o di fatto, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico.


Con la sentenza del 10 Novembre 2017, n. 51448 la Suprema Corte di Cassazione chiarisce i casi in cui sussiste la responsabilità penale per omessa custodia di un animale anche quando dell'animale si abbia solo il possesso temporaneo o la detenzione materiale e di fatto.

Fatto.

Il tribunale penale confermava la decisione del Giudice di Pace con la quale condannava per il delitto ex art. 590 c.p. un soggetto che aveva omesso di vigilare su un animale randagio il quale aveva aggredito un terzo procurandogli lesioni fisiche. L'imputato impugnava la sentenza di condanna e proponeva ricorso per Cassazione, deducendo inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale ed in particolare dell’art. 590 cod. pen., atteso che nella fattispecie in esame, difettava totalmente l’elemento soggettivo del reato, ossia la colpa, in quanto non erano addebitabili all’imputato né l’omessa custodia e nemmeno l’omessa cautela nel vigilare sul cane, trattandosi di cane randagio, visto in qualche occasione giocare con i suoi figli in un'area pubblica. Il caso di specie solleva il seguente interrogativo: alla luce delle circostanze del caso concreto è configurabile in capo all'imputato una responsabilità per omessa custodia e vigilanza sull’animale?

La decisione.

L'imputato lamentava l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di lesioni personali per difetto dell’elemento oggettivo del reato e del nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del soggetto agente e l’evento lesivo. L’imputato sosteneva la sua estraneità ai fatti in quanto non sarebbe stato né proprietario del cane né detentore dello stesso, trattandosi di un cane randagio che si aggirava nei pressi della sua abitazione e nel vicino campetto cittadino.

Sebbene il cane fosse stato visto in una occasione vicino ai suoi figli, l'imputato sosteneva l'insussistenza di prove da cui desumere la proprietà dell'animale pertanto, in assenza di tale rapporto, non poteva ritenersi esistente alcun obbligo di custodia del cane a suo carico, tenuto anche conto del fatto che si era sempre mostrato contrario a che i figli si intrattenessero con l'animale, per cui non vi sarebbe stata alcuna tolleranza da parte sua in merito al fatto che il cane si aggirasse dinanzi la propria abitazione.

L'imputato sosteneva la totale assenza di colpa, in quanto non sarebbero a lui addebitabili né l’omessa custodia e nemmeno l’omessa cautela nel vigilare sul cane, trattandosi di cane randagio, anzi, poichè l’animale si aggirava spesso nei pressi di un campo di calcetto cittadino, secondo la sua difesa la responsabilità della mancata custodia e vigilanza del cane sarebbe dovuta addebitarsi al Comune ed alla ASL competente, unici soggetti titolari del relativo obbligo di custodia.

Di conseguenza dovendosi escludere la responsabilità penale dell'imputato, avrebbe dovuto escludersi anche il presupposto per una condanna dello stesso al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, nonché alla rifusione delle spese di costituzione e difesa, in quanto solo il proprietario di un cane risponde in relazione agli obblighi che derivano dall’essere lui solo la persona che dispone dell’animale e che può controllare le sue reazioni.

Partiamo dal dato normativo, secondo l'art. 672 c.p. : "Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa da euro 25 a euro 258. Alla stessa pena soggiace: 1) chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi gli animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l’incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta; 2) chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l’incolumità delle persone".

Ebbene per accertare se sussita la responsabilità penale per omessa custodia di animale non è necessario che l'agente sia il proprietario in senso civilistico dell'animale ma, è sufficiente provare una relazione di  possesso, o affidamento anche temporaneo dell'animale a persona inesperta oppure che lo stesso abbia incitato l'animale favorendo una reazione aggessiva e lesiva dell'incolumità dei terzi.

Nel caso che ci occupa la difesa aveva ricostruito i fatti sottolineando che  il cane-aggressore era un cane randagio, e quindi, non sussistendo un diritto di proprietà del cane in capo all'imputato, ad esso non poteva rimproverarsi l'omessa custodia. L'obiettivo della difesa era quello di escludere una relazione di diritto tra il cane e l'imputato ma, la norma non circoscrive la responsabilità per i danni cagionati da un animale solo ai padroni, ma la estende a tutti coloro che custodiscono o posseggono gli stessi senza le dovute cautele. 

Infatti, in varie sentenze precedenti, la Corte di Cassazione ci dice che: "In caso di custodia di animali, al fine di escludere l'elemento della colpa, rappresentato dalla mancata adozione delle debite cautele nella custodia dell’animale pericoloso, non basta che questo si trovi in un luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi persone estranee. (Da queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso del procuratore generale avverso la sentenza che aveva mandato assolti dal reato di lesioni personali colpose gli imputati, sul rilievo dell’assenza di colpa dei medesimi, essendosi accertato che il cane che aveva provocato le lesioni all'infortunata era custodito in un giardino privato, recintato e chiuso da un cancello con serratura a molla, mentre l'infortunata vi si era introdotta, pur sapendo del cane, la cui presenza era del resto segnalata da apposito cartello). (Conferma, App. Roma 9 novembre 2005) Cassazione penale sez. IV  14 marzo 2006 n. 14829). 

Dall'analisi dei fatti di causa era risultato che, l'imputato avesse rimproverato i figli che davano da mangiare al cane e si intrattenevano con lo stesso che si trovava nei pressi della sua abitazione e nei pressi del campo di calcio cittadino. Tuttavia tali azioni non erano sufficienti ad escludere l'obbligo di impedire che il cane potesse aggredire terzi estranei. Anzi la Corte sottolinea che: "l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico".( conf. Cassazione penale sez. IV  02 luglio 2010 n. 34813).

Leggendo la conforme giurisprudenza della Suprema Corte si evince che: "In tema di custodia di animali, l'obbligo sorge ogni volta che sussista una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l'animale e una data persona, posto che l'art. 672 c.p. relaziona l'obbligo di non lasciare libero l'animale o di custodirlo con le debite cautele al possesso dell'animale, possesso da intendersi come detenzione anche solo materiale e di fatto senza che sia necessario che sussista una relazione di proprietà in senso civilistico. (Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane in cui la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputata sottolineando come la stessa, proprio perché aveva in custodia temporanea il cane, avrebbe dovuto mettergli la museruola, a prescindere da un obbligo legale in tal senso, vuoi per la grossa taglia dell'animale, vuoi per il fatto che, trattandosi di semplice detentrice momentanea dell'animale, non era in grado di conoscere le possibili reazioni di questo anche nei confronti degli altri cani). (Cassazione penale sez. IV  20 settembre 2011 n. 36089) .

In un altro passaggio della sentenza de qua la Corte, respingendo i motivi di gravame dell'imputato, sottolinea che risultava delle istanze probatorie che l’aggressione subita dalla vittima era avvenuta dinanzi al cancello della propria abitazione (e quindi anche nei pressi dell’abitazione dell'imputato suo vicino di casa), da parte del cane-aggressore, che aveva subito lesioni personali, pertanto aveva ritenuto che i molteplici indizi, ciascuno dotato di significativa gravità e precisione, convergenti in un unitario contesto dimostrativo, portassero ad affermare che la detenzione dell’animale fosse da ascrivere all’imputato e quindi era dimostrato che questi era venuto meno al dovere di custodia dell'animale.

Dalle prove era risultato inoltre che i figli dell'imputato erano soliti portare al guinzaglio e dare da mangiare al cane-aggressore, che l'imputato avesse offerto a titolo risarcitorio una somma alla vittima la quale non aveva accettato, circostanza ritenuta logicamente essere un elemento indiziario dal quale desumere indirettamente un riconoscimento da parte dell'imputato di una qualche forma di responsabilità nell’accaduto; inoltre era stata  allegata dalla persona offesa una foto che ritraeva il cane legato ad una catena all'interno di un cortile nella disponibilità dell’imputato, risalente al giorno dopo i fatti. La fotografia in questione era stata ritenuta costituire un ulteriore elemento probatorio, idoneo a dimostrare una relazione di fatto con l’animale, tale da farne sorgere un obbligo di custodia in capo all'imputato.

Dice la Corte, nella sentenza in commento, che: "si può pervenire all’affermazione di penale responsabilità di un imputato anche sulla base di meri indizi senza che necessariamente debbano trovare riscontro in altri elementi esterni, allorché gli stessi siano gravi, attendibili e convincenti, precisi e non equivoci, tali da esprimere l’elevata probabilità di derivazione dal fatto noto di quello ignoto, in cui si identifica il tema di prova, ovvero non suscettibili di altra interpretazione altrettanto verosimile, nonché concordanti, ovvero non contrastanti tra loro ed anche con altri elementi certi". Tali condotte, dice la Corte, sono indice di una relazione di fatto tra l'animale e l'imputato in quanto, in questo caso, non rileva il fatto che il cane fosse un cane randagio, bensì l’esistenza di una relazione di fatto tra l’imputato ed il cane tale da far sorgere in capo allo stesso un obbligo di custodia e vigilanza sull’animale. E tale relazione può essere anche 'mediata' ovvero per il tramite dei figli.

In materia di custodia di animale la Cassazione aderisce all'orientamento prevalente secondo cui: "l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico. (come nella rialente sentenza della Cassazione penale sez. IV  16 dicembre 1998 n. 599). Il Collegio sottolinea il fatto che: "tale posizione di garanzia prescinde dalla nozione di appartenenza ed è dunque irrilevante il dato formale relativo alla registrazione dell’animale all’anagrafe canina o all’apposizione di un microchip di identificazione." (Cass. Pen. Sez. 4, n. 17145 del 17/1/2017). Inoltre in materia di lesioni colpose è costante l’insegnamento della Corte: "per cui la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione (Cass. Pen. Sez. 4, n. 18884 del 16/12/2011 n.18814).

In un'atra pronuncia rilevante la Cassazione sottolinea che: "In caso di lesioni provocate a terzi da un animale mal custodito, per valutare il comportamento del soggetto tenuto alla custodia e accertarne in positivo la colpa, può e deve aversi riguardo a quanto stabilito dall'art. 672 c.p., costituisce valido termine di riferimento per la valutazione della colpa. Con la precisazione che, in proposito, non sarebbe sufficiente rifarsi alla presunzione di responsabilità stabilita dall'art. 2052 c.c., che stabilisce principi che rilevano solo in sede civile, ma con l'ulteriore, doverosa precisazione che compete pur sempre al soggetto onerato della custodia l'onere di fornire la prova del caso fortuito, ossia dell'essersi verificato un fatto assolutamente improvviso, imprevedibile e non evitabile dal custode, il quale, pur facendo uso di ogni diligenza, risulti essere stato impedito di adeguare la propria azione alla situazione creatasi, rendendo fatale la verificazione dell'evento, in assenza di colpa, anche minima. Da ciò deriva la configurabilità della colpa allorquando l'animale sia custodito in un luogo privato o recintato, ma in tale luogo risulti possibile l'introduzione inconsapevole di persone estranee, ovvero allorquando l'animale sia ricoverato in un luogo inidoneo a prevenirne la fuga". (Cassazione penale sez. IV  29 novembre 2011 n. 48429) nonchè conforme e più recente la sentenza: "In caso di custodia di animali, al fine di escludere l’elemento della colpa, rappresentato dalla mancata adozione delle debite cautele nella custodia dell’animale pericoloso, non basta peraltro che questo si trovi in un luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi persone estranee ed inoltre anche un cartello 'ATTENTI AL CANE' ben in vista al cancello d’ingresso della propria abitazione non basta, ex se, per escludere la responsabilità del padrone per il comportamento violento del cane, in quanto egli dove comunque provvedere ad un’adeguata custodia, così da evitare la possibilità di danni alle persone". (Cass. Pen. Sez. 4, n. 17133 del 13/1/2017).

Ed inoltre: "In tema di custodia di animali, il proprietario o detentore di un cane è tenuto a controllarlo in ogni momento con le debite cautele. Ne deriva che qualora un incidente stradale sia determinato dalla presenza sulla pubblica via di un animale incustodito che, investito, provochi lo sbandamento di un veicolo, va addebitata al proprietario dell'animale medesimo la responsabilità del fatto per omessa custodia, sia pure, eventualmente, con il concorso di colpa della persona offesa, ove questa non si sia accorta tempestivamente dell'ostacolo prevedibile ed evitabile. (Nel caso di specie i cani sono usciti dal cancello che il proprietario stava aprendo, accedendo alla pubblica strada e causando il sinistro stradale)". (Cassazione penale sez. IV  16 giugno 2011 n. 34070). 

La custodia può essere anche mediata tramite i figli perchè il detentore ha l'obbligo di evitare di affidare la custodia di un animale a soggetti non idonei. "L'obbligo di risarcimento dei danni procurati da un cane domestico, che circola senza guinzaglio e museruola, incombe su tutti i componenti del nucleo famigliare presenti in quel momento e non solo sul proprietario dell'animale, atteso che, nonostante il cane appartenga solo ad un componente della famiglia, di fatto, tutti i componenti del nucleo nel quale vive hanno con lui una relazione di possesso che li obbliga a non lasciarlo libero e a custodirlo con le debite cautele". (Cassazione penale sez. IV  03 febbraio 2011 n. 8875)  ed infine:  "In tema di omessa custodia di animali, tra i destinatari del precetto di cui all'art. 672 c.p. è innanzitutto, anche se non esclusivamente, il proprietario dell'animale pericoloso, il quale non è esonerato da responsabilità in caso di provvisoria assenza, che non implica di per sè nè che egli abbia affidato la custodia o trasferito la detenzione ad altri nè che questi, assunta tale relazione di fatto con l'animale, a tanto fosse idoneo e capace. (Cassazione penale sez. IV  12 maggio 1999 n. 7032). 

La fattispecie in esame non può neanche essere derubricata a contravvenzione di cui all’art. 672 cod. pen. (che punisce 'chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta', 'chi, in luoghi aperti, abbandona a se stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l’incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta' e 'chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l’incolumità delle persone' perchè tale norma è diretta a tutelare l’ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati e prescinde da danni alla persona). Nel caso de qua invece, il danno alla persona assorbe il disvalore dell’illecito amministrativo sopracitato e, per effetto del combinato disposto di cui agli artt. 40 cpv e 590 cod. pen., si perviene al riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato per le lesioni riportate dalla vittima e cagionate dall’animale (590 c.p.).

Conclusioni.

In definitiva, la responsabilità penale per omessa custrodia di un animale per le lesioni arrecate a terzi dall’animale medesimo, può essere affermata ove si accerti in positivo la colpa in forza dei parametri stabiliti in tema di obblighi di custodia dall’art. 672 cod. pen tenuto conto che non rileva solo in rapporto di proprietà, in senso civilistico, tra l'agente e l'animale ma, anche un rapporto di custodia, anche solo temporanea o un rapporto di possesso, anche di fatto; inoltre sussuste omessa custodia anche se l'agente abbia affidato l'animale a soggetto non idoneo come, nel caso di specie, i figli.