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Pubbl. Ven, 1 Dic 2017

Responsabilità del danno cagionato da cose in custodia: quando la condotta è essa stessa caso fortuito liberatorio

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Carlo Giaquinta


La Suprema Corte analizza il concetto di caso fortuito riprendendo l’insegnamento del principe Augusto per cui gli eventi ad esso riconducibili “cum praevideri non potuerint”.


Con una recente ordinanza (la n. 25837, pubblicata il 31 ottobre 2017), la terza sezione civile della Corte di Cassazione offre interessanti sviluppi in tema di responsabilità del custode, i cui contorni legislativi sono espressi, come è noto, dall’ art. 2051 c.c.

La norma stabilisce infatti che “ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Trattasi, dunque, di una sorta di responsabilità oggettiva, che sorge in capo al custode per il sol fatto che questi è il soggetto che esercita sulla cosa i poteri di vigilanza e controllo, con l’effetto che, ogni qualvolta la res in custodia sia produttiva di danni a terzi, chiamato a rispondere sarà sempre il soggetto onerato della custodia, ad esclusione di quelle circostanze in cui si riesca a provare il c.d. caso fortuito.

Il caso.
Ora, la fattispecie da cui prende spunto la pronuncia in esame riguarda un inquilino di uno stabile condominiale, il quale inciampava sul dislivello formatosi tra il pavimento della cabina dell’ascensore e quello del piano arresto, riportando lesioni personali e danni fisici per via della caduta, ragion per cui convenne in giudizio l’ente condominiale deducendo la responsabilità custodiale ex art 2051 c.c., e conseguente richiesta di risarcimento del danno patito.
Il condomino vide dichiarate infondate le proprie pretese sia in primo che in secondo grado, ove la Corte d’ Appello di Milano confermava la prima decisione del Tribunale di Como di rigettare la domanda assumendo come causa esclusiva dell’accaduto la distratta condotta della vittima, che da tempo era perfettamente a conoscenza dello stato dei luoghi.
Per i giudici milanesi era dunque onere della vittima verificare il piano di calpestio che andava ad impegnare; proprio da tale ragionamento escludono la colpa del condominio in qualità di ente custode, in considerazione del fatto che il dislivello in questione non poteva rappresentare un’insidia o trabocchetto.
La condotta, negligente, dell’inquilino era così ritenuta da sola idonea ad integrare il caso fortuito richiesto dall’ art 2051 c.c. ai fini dell’esonero dalla responsabilità.

Del caso veniva investita la Suprema Corte che in parte smentisce l’assunto dei giudici lombardi proponendo, in maniera del tutto insolita, un’esegesi del concetto normativo di caso fortuito, ciò anche in considerazione del fatto che manca nel codice civile una definizione in grado di qualificare uno degli istituti più antichi di tutta la moderna esperienza giuridica.
E se da un canto i Supremi Giudici condividono la scelta dei giudici di merito di tenere fede a quell’orientamento, ormai costante., che vuole esclusa la responsabilità del custode ex art 2051 c.c. in presenza di un caso fortuito che può consistere anche nel fatto della stessa vittima, dall’altro, a parere della Corte, una volta provata la condotta negligente della vittima, tale accertamento non consente di interrompere l’indagine su un altro presupposto necessario ai fini della configurazione del caso fortuito, ovvero quello dell’imprevedibilità della condotta.
Ciò in quanto, pur in mancanza di una definizione legislativa di caso fortuito, essa nondimeno sta a qualificare un evento che non può essere in alcun modo previsto o, se prevedibile, che non può essere in alcun modo prevenuto (come, ad es., un terremoto).

La decisione.
Ora, osservano i giudici della terza sezione, l’istituto del caso fortuito è stato sempre presente nella tradizione giuridica sin a partire dal principe Augusto, al quale sono dovuti i primi tentativi di dare specificazione al concetto di casus fortuitis,
Proprio in un retratto tramandato dal Codex Iustiniani  l’imperatore affermava che “ quae fortuitis casibus accidunt, cum praevideri non potuerint”, vale a dire “ gli eventi causati dal caso fortuito, non può essere essere previsti”.
Tale precetto rimase immutato sino all’età delle codificazioni e ancora oggi è conservato nell’odierno impianto normativo, ove si parla di caso fortuito in relazione a varie fattispecie previste dal codice ( si prenda il caso, previsto dall’ art 1492 comma 3 c.c. in tema di perimento della cosa venduta per caso fortuito o per colpa del compratore).

Da queste premesse i giudici della Suprema Corte pervengono alla considerazione secondo la quale una condotta, per poter integrare gli estremi del caso fortuito, occorre che da un lato risulti colposa, addebitabile cioè al comportamento della vittima, dall’altro è necessario che essa sia stata “imprevedibile” da parte del custode.
In altre parole, al giudizio di negligenza della vittima deve aggiungersi anche quello di imprevedibilità della condotta da parte del custode, giudizi che non possono essere sovrapposti e che non si implicano a vicenda.
Il primo giudizio va infatti compiuto riguardo il danneggiato, comparando la condotta da questi tenuta con quella che avrebbe tenuto una persona di normale avvedutezza, il secondo va operato riguardo al custode, valutando se questi avesse potuto prevedere una condotta negligente da parte dell’utente della cosa tenuta in custodia.
Per escludersi la responsabilità del custode, ai sensi dell’art 2051 c.c., occorre dunque che risulti provata sia la colposità della condotta tenuta dalla vittima, sia l’imprevedibilità di quest’ultima da parte del soggetto esercente la responsabilità custodiale.

Tornando al caso di specie, la Suprema Corte censura la scelta dei giudici di merito di ravvisare l’ipotesi del caso fortuito prendendo unicamente in esame la condotta della vittima, qualificata come negligente, ma senza esaminare se quella condotta potesse ritenersi eccezionale, imprevedibile od anomale, vale a dire i caratteri tipici in cui si condensa il giudizio sull’imprevedibilità dell’evento.
Dunque, in assenza della prova, a carico del custode, di entrambi gli elementi che costituiscono il caso fortuito in relazione alla condotta della vittima, la responsabilità ex art 2051 c.c. non potrà di certo ritenersi esclusa.  
In conclusione, i giudici di legittimità, nel cassare la pronuncia con rinvio alla Corte d’ Appello di Milano elaborando il seguente principio di diritto: " la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può costituire un “caso fortuito” ed escludere integralmente la responsabilità del custode, ai sensi dell’articolo 2051 del Cc, quando abbia due caratteristiche: sia stata colposa, e non prevedibile da parte del custode".