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Pubbl. Sab, 21 Ott 2017

Esame avvocato: il giudizio di inidoneità della prova scritta è sufficiente anche se espresso con voto solo numerico

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Massimiliano Pace


L´Adunanza Plenaria con la Sentenza n. 7 del 20 settembre 2017 conferma la validità del provvedimento con il quale la commissione esaminatrice valuta l´inidoneità delle prove scritte degli aspiranti avvocati con il solo voto numerico, nella vigenza del regime transitorio ex art. 49 della legge 31 dicembre 2012 n. 274, in quanto comunque motivato


Il voto numerico che rileva l’inidoneità degli elaborati scritti sostenuti dagli aspiranti avvocati, non inficia la validità del provvedimento della commissione esaminatrice che ha ritenuto di non ammettere il candidato all’esame orale, in quanto va considerato adeguatamente motivato (senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti) nella vigenza del regime transitorio ex art. 49 della legge 31 dicembre 2012 n. 274.

È quanto ha deciso l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato pronunciandosi, a seguito della rimessione della decisione operata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, con la Sentenza n. 7 decisa il 12 luglio 2017, le cui motivazioni sono state depositate in Cancelleria il 20 settembre. Si tratta di una decisione con la quale l’Adunanza Plenaria, affermando l’operatività del regime transitorio voluto dal legislatore della l. 247/2012, definisce una serie di questioni controverse concernenti il rapporto tra la portata innovativa della legge di riforma dell’ordinamento forense e il regime transitorio quinquennale, che l’entrata in vigore della stessa ha disposto sino a tutto l’anno 2017.

Come è noto, infatti, la legge 31 dicembre 2012 n. 247, recante la "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”, al titolo IV disciplina le modalità di accesso alla professione forense indicando, agli articoli 46 – 49, le disposizioni in materia di esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. La nuova normativa, quindi, innova profondamente la previgente disciplina dell’esame di Stato contenuta agli articoli 20, 21 e 22 del Regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 (convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36) e nel capo II (articoli da 15 a 34) del Regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.

La portata innovativa della legge di riforma ha interessato, oltre alle modalità di accesso dell’esame di abilitazione, fra tutti, la formazione permanente degli avvocati, gli illeciti disciplinari, la pubblicità, l’ammissibilità della costituzione di società anche multidisciplinari tra avvocati, la disciplina delle specializzazioni e quella delle tariffe. Il legislatore, tuttavia, ha ritenuto di sottoporre le novità concernenti le modalità di accesso alla professione ad una fase transitoria, a più riprese oggetto di proroga, con la conseguente estensione del regime transitorio ad un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge. Ciò ha determinato la transitoria inefficacia delle nuove norme in materia, con conseguente applicazione delle norme previgenti, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per le modalità di esame complessivamente considerate. Dal punto di vista pratico, la fase transitoria determina l’applicazione tout court delle norme contenute nel R.D. 1578/1933, tanto con riferimento allo svolgimento dell’esame (e quindi, fra tutte, mediante utilizzo di codici commentati ammessi per le prove scritte), quanto con riguardo alle modalità di correzione degli elaborati scritti. È proprio con riferimento a tali considerazioni in ordine al giudizio degli elaborati, in relazione alla applicazione generalizzata o meno delle nuove norme in materia di procedimento valutativo, che è stata sollevata la questione controversa sotto forma di due profili contenuti nell’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

La sentenza, quindi, affronta il tema muovendo dalla necessità di definire, sia l’ambito di applicazione della legge di riforma del 2012 -nella parte in cui disciplina il nuovo procedimento di valutazione degli elaborati dei candidati- sia la questione relativa alla validità delle valutazioni espresse con il solo voto numerico, nelle more del regime transitorio in vigore. In particolare, l’ordinanza di rimessione, sollecitando l’intervento dell’Adunanza Plenaria, ha riproposto la più ampia questione relativa alla capacità del voto numerico di esprimere e sintetizzare il giudizio tecnico discrezionale della commissione senza ulteriori oneri motivazionali.

Con riferimento al primo punto controverso, il Consiglio di Stato non dubita del fatto che dal tenore letterale delle norme contenute agli articoli 20 co. 2 e 22 co. 9 del Regio decreto richiamato, il punteggio attribuito da ciascun commissario in forma numerica è indicato come unica modalità di valutazione degli elaborati scritti, costituendo pertanto i giudizi cui fa riferimento l’art. 49 della l. 274/2012, una novità assoluta. Il Consiglio di Stato ribadisce, peraltro, che la giurisprudenza amministrativa, anche risalente ma consolidata, ha affrontato in più occasioni la questione circa la legittimità delle disposizioni contenute nel R.D. 1578/1933, ed alla compatibilità delle medesime con il principio generale di cui all'articolo 3 della legge sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990. L’espressione del voto in forma numerica è stata sempre univocamente ritenuta sufficiente e non in contrasto con il principio di motivazione dei provvedimenti amministrativi, così affermando che i verbali di correzione non hanno “la finalità di rendere edotti i candidati degli eventuali errori commessi, ma unicamente di dar conto del giudizio espresso con il punteggio numerico” (Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2010 n. 445 e Cons. Stato sez. IV, 4 maggio 2010 n. 2557). L’entrata in vigore della l. 241/1990 non ha pertanto determinato alcuna sopravvenuta illegittimità di tali modalità di correzione, stante appunto la adeguatezza e la trasparenza dei voti numerici “attribuiti in base a criteri predeterminati dalla stessa commissione esaminatrice” (sez. IV, 4 maggio 2010 n. 2544). A tali arresti giurisprudenziali dei Tribunali Amministrativi Regionali si richiama del tutto il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, nella enunciazione dei principi di diritto, conclusivamente osservando che l’art. 49 della legge n. 247 del 2012 esclude l’applicazione dell’art. 46 co. 5 con la conseguenza che il legislatore ha scelto discrezionalmente di mantenere immutata la disciplina previgente, valida ed esente da profili di illegittimità costituzionale, prevedendo che solo allo spirare del periodo transitorio (complessivamente prorogato in cinque anni dall’entrata in vigore della legge di riforma) troverà applicazione la nuova procedura di valutazione degli elaborati scritti.

La Corte Costituzionale, infatti, ha ritenuto non fondata, in riferimento agli art. 3, 4, 24, 41, 97 e 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La commissione esaminatrice, secondo la Consulta, può esprimersi con un giudizio complessivo dell’elaborato espresso in modo sintetico mediante graduazione del punteggio numerico, in linea con le esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, “che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità, avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove” (Così Corte Cost. sent. 8 giugno 2011, n. 175; la stessa Consulta già con la sentenza 30 gennaio 2009 n. 20 aveva dichiarato manifestamente infondata un’altra questione analoga concernente la motivazione del voto alfanumerico).

Da tale chiarimento in ordine all’ambito di applicazione, e quindi alla legittimità costituzionale della procedura di valutazione previgente all’entrata in vigore della legge di riforma, discende il secondo principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria in virtù del quale, nella vigenza dell'art. 49 della legge n. 247 del 2012, “i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all'esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione”. I chiarimenti della Corte Costituzionale e l’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella disciplina di un regime transitorio escludono, quindi, un vulnus nella sfera giuridica dei destinatari della norma di legge transitoria. La circostanza che il legislatore del 2012 abbia inteso e ritenuto di innovare il sistema previgente di valutazione delle prove di esame, attraverso l’art. 46 co. 5 della l. 247/2012, non può determinare per ciò solo, la illegittimità della medesima disciplina anteriore, in ragione della giurisprudenza amministrativa consolidata, non potendo neanche condurre a “sospetti di incostituzionalità in ordine alla scelta legislativa di prevedere una norma transitoria che differisca l'entrata in vigore della disciplina innovativa, stante la circostanza che quella previgente (la cui portata applicativa è stata appunto temporalmente "prorogata") è stata a più riprese ritenuta costituzionalmente legittima”.

In conclusione, si dovrà pertanto attendere l’effettiva entrata in vigore (differita) della legge di riforma dell’ordinamento della professione forense per vagliare le nuove norme in materia di accesso alla professione che, lo ricordiamo, oltre a prevedere la motivazione del voto con annotazioni delle osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, esclude l’utilizzo di codici commentati con la giurisprudenza, indica i criteri di valutazione delle prove scritte e orali, fissa in 30 punti il risultato minimo per ciascun elaborato, sufficiente ad ottenere l’ammissione alla prova orale (evitando quindi la compensazione delle insufficienze con il voto minimo complessivo di 90 punti).

In postilla si vuole comunque sottolineare che, nelle more del chiarimento oggi reso dal Consiglio di Stato, talune commissioni di esame hanno comunque adottato i nuovi criteri di valutazione con indicazione dei giudizi negativi e positivi di ciascun elaborato, nei verbali di correzione delle prove scritte relative all’anno 2016. Nulla esclude, quindi, che analoga prassi verrà seguita per la valutazione delle prove scritte che saranno sostenute dagli aspiranti avvocati nella sessione del 12, 13 e 14 dicembre di quest’anno, nonostante la sufficienza e l’adeguatezza del voto numerico.