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Pubbl. Mar, 10 Feb 2015

Maternità surrogata: la Corte di Strasburgo condanna ancora l´Italia

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Giuseppe Ferlisi
AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno


Italia condannata per aver allontanato un neonato privo di legami biologici con i genitori.


Con la sentenza n. 25358/12 del 27 gennaio scorso (Caso Paradiso), la Corte Europea dei diritti dell´uomo ha riconosciuto il diritto di una coppia italiana a conservare il legame con il figlio minorenne, nonostante la mancanza di legame biologico, essendo il bambino frutto di un accordo di maternità surrogata regolarmente sottoscritto con una società in Russia, dove è perfettamente legale.

Il caso trae origine nel 2011, quando i due coniugi Paradiso scelsero questa strada, dopo aver fallito la fecondazione in vitro.
Essi, ottenendo la registrazione in Russia come genitori e il documento per portare il minore in Italia, hanno invano chiesto la registrazione della nascita al loro Comune di appartenenza, ottenendo però una denuncia per false dichiarazioni in quanto il predetto documento non indicava che il figlio era nato a seguito dell´accordo di maternità surrogata.

Non solo, vennero denunciati anche per violazione della legge vigente sull´adozione, che non consentiva l´adozione di un bambino così piccolo, e venne fintanto aperta la procedura di adozione per lo stesso minore, risultando il signor Paradiso non essere il padre biologico dopo test del DNA.
Cominciò quindi un incubo per i 2 genitori, che si videro privati della possiiblità di crescere il bambino, essendo questo affidato dal Tribunale dei Minori di Campobasso ad una casa-famiglia prima e dato in adozione ad un´altra coppia poi, con conseguente impossibilità di contatti con il minore.

Nel 2013, venne confermato il rifiuto della registrazione dell´atto di nascita russo per contrarietà al buon costume e nel giugno dello stesso anno il Tribunale dei Minori riconobbe la non legittimazione dei coniugi Paradiso ad avviare la procedura di adozione dato che non erano nè genitori nè parenti del bambino.

Tuttavia essi già nel 2012 presentarono ricorso alla Corte di Strasburgo, invocando l´art. 8 della CEDU riguardo il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
E in effetti la Corte ha dato ragione alla coppia, seppure non all´unanimità, bensì con la difformità del giudice italiano e islandese, respingendo però il ricorso in nome del minore su cui non avevano legittimazione e il ricorso per la procedura di registrazione della adozione, non avendo esaurito le fonti interne.
A parte questo, ha dichiarato applicabile l´art. 8 al caso di specie, essendo stati i ricorrenti genitori di fatto del bambino nei suoi primi sei mesi di vita, ma allo stesso tempo riconoscendo che la decisione del Tribunale per i minorenni italiano era conforme al diritto interno, quindi non arbitraria ma, anzi, legittima.

A parte ciò, la Corte di Strasburgo ha affermato la superiorità dell´interesse del minore rispetto alla invocazione, ingiustificata in questo caso, del concetto di ordine pubblico.

E´ stato evidenziato all´interno della sentenza come l´allontamento del minore dalla famiglia è una misura così urgente e radicale da essere applicata solo nel caso di pericolo, situazione non oggetto del caso di specie.
La Corte ha, nei fatti, considerato i sei mesi di convivenza con il minore tali da creare un legame comunque degno di protezione legale al pari di un legame più lungo ed ha riconosciuto anche lo svantaggio del minore rispetto alla cittadinanza ed identità per il solo fatto di essere nato da maternità surrogata, essendone stato privo per ben due anni (prima della adozione all´altra coppia italiana).
 
Per i giudici Cedu, la giustizia italiana non aveva fornito abbastanza prove per affidare il bambino ai servizi sociali, senza trovare un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco.
Tuttavia, sebbene questa sentenza rivesta un ruolo chiave nella giurisprudenza, soprattutto per i casi a venire, i genitori non hanno avuto diritto al ricongiungimento, ma solo ad un risarcimento danni, avendo il minore nel frattempo creato un importante legame con la famiglia adottiva.

Appare scontato il ricorso dello stato italiano alla Grande Camera della Corte, ma sembra difficile che la stessa torni su una decisione di tale portata, che avrà un effetto dirompente nel nostro ordinamento.