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Pubbl. Mar, 10 Feb 2015

Il tramonto del giudizio contumaciale: favola o solida realtà?

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Angela Cuofano


A fronte della nuova legge n. 67/2014 cosa cambia davvero per l´imputato che decida di non comparire in udienza? Deve proprio dire addio alle garanzie attribuitegli dallo stato di contumace? Scopriamolo insieme.


Il capo III (artt. 9 - 15) della legge n. 67 del 28 aprile 2014 ha provveduto ad abolire l’istituto della contumacia, ridisegnando la disciplina del processo penale in assenza dell’imputato.
Analizzando gli articoli, appare opportuno preliminarmente richiamare, seppur brevemente, l’iter giudiziario previgente.
Prima della citata novella, infatti, il giudice, chiamato il processo, andava a verificare la regolare costituzione delle parti in udienza ed allora l’imputato poteva risultare: a) presente, se materialmente in aula; b) assente, qualora, anche se impedito, avesse chiesto o consentito che l’udienza fosse celebrata in sua assenza ovvero, se detenuto, avesse rifiutato di assistervi; c) quando, ritualmente citato, non compariva in udienza, pur non sussistendo un legittimo impedimento.
 
La riforma in commento provvede a pensionare l’antico rito del giudizio contumaciale “espresso”, facendo comunque salva la possibilità di celebrare il processo in caso di  “assenza informata” dell’imputato, che si sostanzia in tre ipotesi tassative e distinte: rinuncia espressa, quando l’imputato, libero o detenuto che sia, non presente in udienza, abbia espressamente rinunciato ad assistervi, anche se detenuto; si parla  di rinuncia tacita, quando si possa logicamente presupporre la conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, sulla base delle condizioni stabilite dalla nuova formulazione dell’art. 420 bis, co.2 c.p.p.; volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti dello stesso.
L’art. 9 della legge ha inoltre modificato il testo dell’art. 420 quater c.p.p., ora rubricato “ Sospensione del processo per assenza dell’imputato”, prevedendo che se l’imputato non è  presente in aula, il giudice rinvia l’udienza, disponendo la notifica dell’avviso personalmente  tramite la polizia giudiziaria.
Nel caso in cui tale notifica non dovesse andare a buon fine, il giudice – salva la possibilità di pronunciare sentenza di non luogo a procedere ex art. 129 c.p.p. – è tenuto con ordinanza a sospendere il processo  nei confronti dell’imputato assente. Tale sospensione non può avere durata superiore ad un anno, durante il quale il giudice può, su istanza di parte, acquisire le prove non rinviabili. Scaduto il termine l’imputato viene nuovamente ricercato; nel caso in cui si raggiunga la prova certa della intervenuta conoscenza del processo la sospensione viene revocata. Durante l’irreperibilità dell’imputato il corso della prescrizione è sospeso.
Significative anche le novità introdotte in tema d’impugnazioni. Il nuovo testo dell’art. 626 ter c.p.p. introduce l’istituto della “rescissione del giudicato”, secondo cui coloro che siano stati condannati e/o sottoposti a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, in un processo celebratosi integralmente in loro assenza, possono chiedere alla Corte di Cassazione la rescissione del giudicato, sempre che, provino che la propria ignoranza del processo non sia colpevole.
 
La riforma mira ad adeguarsi alle recenti direttive e sollecitazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di diritto all’effettiva conoscenza del procedimento; essa infatti aveva più volte precisato che una conoscenza non ufficiale non fosse sufficiente, dato che avvisare una persona del procedimento penale a suo carico costituisce un atto d’importanza tale da dover rispondere a precise condizioni tanto formali, quanto di merito.
Esigenze evidentemente non soddisfatte dal semplice giudizio contumaciale che nascondeva, al suo interno, sorprendenti contraddizioni con i principi del “giusto processo”.
Ferma restando, dunque,  la buona volontà del legislatore a volersi conformare a quanto stabilito dalla CEDU con varie sentenze(1), la riforma in esame desta non poche perplessità, apparendo sostanzialmente come un modo per adattare il vecchio istituto alle nuove, forse non del tutto comprese, esigenze europee.


 
1) - Sejdovic c. Italia, emessa dalla prima sezione in data 10.11.04 e successivamente confermata dalla Grande Camera a seguito di impugnazione, nonchè Colozza c. Italia del 12 febbraio 1985; Novoselov c. Russia, dell'8 luglio 2004 ; Somogyi c. Italia del 18.4.04.