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Pubbl. Gio, 20 Apr 2017

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia: procedimento accelerato e procedimento d´urgenza.

Samuele Miedico


Trattazione sistematica dei procedimenti speciali per adire la Corte di Giustizia dell´UE, previsti dagli artt. 23 bis dello Statuto della Corte e 105 e ss. del Regolamento di Procedura della Corte.


Sommario: 1. Profili essenziali del rinvio pregiudiziale; 2. Procedimento accelerato; 3. Procedimento d'urgenza; 4. Considerazioni conclusive.

Sommario: 1. Profili essenziali del rinvio pregiudiziale; 2. Procedimento accelerato; 3. Procedimento d'urgenza; 4. Considerazioni conclusive.

1. Profili essenziali del rinvio pregiudiziale.

La maggior parte delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sono state rese nell’esercizio della competenza, prevista dall’art. 267 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea), di decidere questioni deferitele da parte dei giudici nazionali degli Stati membri affinché essa interpreti le norme dell’ordinamento comunitario ovvero accerti la legittimità degli atti dell’Unione europea. L’obbiettivo perseguito dalla disposizione in questione è senz’altro quello di far sì che le disposizioni dei Trattati e quelle proprie delle fonti derivate siano interpretate ed applicate in modo uniforme in tutti gli Stati membri, e ciò è stato più volte affermato da parte della stessa Corte di Giustizia. All’uopo è opportuno ricordare, fra le altre, un’importante sentenza del 4 giugno 2002 (procedimento C-99/00, meglio conosciuto come “sentenza Lyckeskog”) laddove la Corte ha affermato che “l'obbligo per le giurisdizioni nazionali […] di adire in via pregiudiziale la Corte rientra nell'ambito della cooperazione istituita al fine di garantire la corretta applicazione e l'interpretazione uniforme del diritto comunitario nell'insieme degli Stati membri fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dell'applicazione delle norme comunitarie, e la Corte. Tale obbligo mira, più in particolare, ad evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme comunitarie”. [1] 
La lettera dell’art. 267 TFUE fa riferimento alla “giurisdizione di uno degli Stati membri” e tale nozione non può che essere interpretata nel contesto del diritto dell’Unione Europea, ed in particolare secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia [2]. In base alla giurisprudenza comunitaria sono state focalizzate alcune caratteristiche che gli organi di giustizia nazionali devono necessariamente possedere per potersi definire “giurisdizioni nazionali” ai sensi del TFUE: origine legale, obbligatorietà del ricorso nei loro confronti, carattere permanente e stabile, natura contenziosa del procedimento [3] ed indipendenza rispetto alle parti della controversia [4]. Queste caratteristiche, ad esempio, non sussistono con riferimento ai collegi arbitrali [5], perché è certo che manchino del requisito della stabilità del loro carattere, così come non è (e non può essere, stante il riconoscimento del diritto d’azione ex art. 24 Cost., per quanto riguarda il nostro Paese [6]) obbligatorio il ricorso nei loro confronti. Peraltro, fino ad epoca piuttosto recente [7], la stessa Corte costituzionale italiana ha sempre negato di rappresentare una “giurisdizione nazionale” ai sensi dell’interpretazione fornita da parte della giurisprudenza comunitaria [8]. In realtà, a mio parere, la Corte costituzionale, così affermando, aveva essa stessa fornito un’interpretazione della nozione di “giurisdizione nazionale” di cui all’art. 267 TFUE, con ciò contravvenendo alla stessa ratio della disposizione, che - come è stato sottolineato poco sopra – persegue il fine di riservare alla sola Corte di Giustizia dell’Unione Europea il compito di interpretare le norme dell’ordinamento comunitario. Segno di un chiaro e netto mutamento di indirizzo al riguardo è l’ordinanza 15 aprile 2008, n. 103, dove si evince che la Corte costituzionale ha considerato come nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale essa rappresenti l’unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia, così che se in tali giudizi non fosse possibile effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE risulterebbe leso il “generale interesse alla uniforme applicazione del diritto comunitario” [9].
Bisogna sottolineare, peraltro, che la possibilità di rivolgersi in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea è stata prevista come obbligatoria soltanto per i giudici di ultima istanza (mentre è prevista come una mera facoltà per gli altri giudici), poiché quando il procedimento conduce ad una sentenza impugnabile, la causa potrebbe eventualmente essere decisa dal giudice dell’impugnazione senza che la questione relativa all’interpretazione di una norma dell’Unione assuma alcuna rilevanza [10]. La stessa Corte di Giustizia ha peraltro affermato che talora l’obbligo per l’organo giurisdizionale di ultima istanza di sollevare rinvio pregiudiziale possa venire meno, e ciò in particolare accade quando la norma di diritto comunitario che sarebbe oggetto del rinvio sia già stata interpretata precedentemente dalla Corte di Giustizia. Per una chiara affermazione di tale regola si veda la sentenza Cilfit [11] dove si dice espressamente che se il significato della norma è già stata “chiarito” da parte della Corte in un’altra pronuncia, l’obbligo per il giudice di ultima istanza viene meno: ciò avviene sia quando la Corte di Giustizia si sia già pronunciata sulla medesima questione di interpretazione sollevata, sia quando abbia definito una questione ad essa analoga [12]. 
La considerazione del tempo occorrente per una pronuncia della Corte in via pregiudiziale, nonché del fatto che, in attesa della decisione della Corte di Giustizia, il processo pendente di fronte al giudice nazionale rimane sospeso, con buona pace del principio della ragionevole durata del processo, ha portato ad introdurre due “corsie preferenziali”, delle quali i giudici nazionali possono chiedere alla Corte di avvalersi, qualora ne ricorrono i presupposti, per giungere ad una pronuncia in maniera più rapida [13]. Alle condizioni previste dall'art. 23 bis dello Statuto della Corte di Giustizia, nonché dagli artt. 105-114 del Regolamento di Procedura della Corte, in presenza di determinate circostanze, il rinvio pregiudiziale può essere trattato con procedimento accelerato (art. 105 Reg. Proc.) o con procedimento d'urgenza (art. 107 Reg. Proc.): essi saranno oggetto di analisi, rispettivamente, dei prossimi paragrafi.

2. Procedimento accelerato.

Si ritiene che il rinvio pregiudiziale possa essere sottoposto ad una procedura accelerata solo nel caso in cui la natura della causa pendente dinanzi all’autorità nazionale e delle circostanze eccezionali esigano che venga trattata in un breve arco di tempo.
In realtà, la prescrizione secondo cui la procedura accelerata possa essere intrapresa, in pratica, soltanto in presenza di una straordinaria urgenza ha fatto sì che essa sia stata raramente autorizzata. Per citare le parole dei giudici della Corte di Giustizia medesima, la procedura in esame “deve rappresentare l’eccezione e non divenire la regola”: ciò ci aiuta a comprendere il motivo per cui la giurisprudenza della Corte ha elaborato una nozione piuttosto ristretta dei presupposti richiesti per l’accesso alla misura, ovvero evitare un uso frequente del procedimento accelerato [14].
Analizzando gli orientamenti sviluppati in questi ultimi anni da parte dei giudici del Kirchberg [15] notiamo icto oculi che il procedimento accelerato non solo finisce per rappresentare uno strumento volto a garantire che la durata del processo nazionale (comprensivo del fisiologico tempo di quiescenza, dovuto alla proposizione del rinvio pregiudiziale) non pregiudichi la posizione giuridica sostanziale della parte bisognosa di tutela, ma anche che esso è destinato a trovare applicazione pratica soltanto ove non vi siano strumenti processuali nazionali da utilizzare per poter far fronte a tale particolare esigenza. Questa situazione si verificherebbe, ad esempio, nell’ipotesi di rinvio pregiudiziale relativo all’interpretazione di un regolamento, quando la durata del procedimento pregiudiziale sia idonea a pregiudicare l’interesse di un minore al ricongiungimento con il proprio genitore [16].
Per quanto riguarda i profili dinamici della procedura in esame, bisogna anzitutto specificare che la richiesta di trattazione della causa con formula accelerata deve essere presentata da parte del giudice del rinvio, anche se la stessa Corte di Giustizia può d’ufficio propendere per una trattazione secondo il rito accelerato; analizzando la prassi comunitaria, peraltro, si evince come questa seconda ipotesi si verifichi piuttosto raramente.
Se il Presidente della Corte di Giustizia ammette la richiesta di trattazione accelerata, l’art. 105 par. 2 Reg. Proc. prevede che quest’ultimo debba provvedere immediatamente a fissare la data dell’udienza mediante ordinanza, che sarà comunicata alle parti della causa principale ed agli altri soggetti previsti dall’art. 23 bis dello Statuto. Al fine di garantire una trasmissione celere degli atti processuali, l’art. 106 par. 2 Reg. Proc. accorda la possibilità che “le notifiche e le comunicazioni […] possono essere effettuate trasmettendo una copia del documento mediante telefax o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione di cui dispongano la Corte e il destinatario” [17]. 
A norma del par. 3 dell’art. 105 Reg. Proc., inoltre, i soggetti interessati, ovvero coloro a cui è stata comunicata la data di svolgimento dell’udienza, possono depositare, entro un termine fissato dal Presidente e che non può essere inferiore a 15 giorni decorrenti dal momento della ricezione della notifica, eventuali memorie od osservazioni scritte. Il Presidente ha altresì il potere di invitare detti interessati a limitare le loro memorie od osservazioni scritte ai punti di diritto essenziali sollevati dalla questione pregiudiziale. È necessario però integrare il testo della disposizione con quanto disposto dall’art. 23 dello Statuto, in relazione al deposito delle memorie nell’ambito del procedimento ordinario, laddove è sancito che detto termine, che dovrà essere individuato discrezionalmente da parte del Presidente della Corte, non può comunque eccedere i due mesi.
Al termine dell’udienza, infine, la Corte di Giustizia adotterà la propria decisione, sentito l’avvocato generale: una caratteristica del procedimento accelerato, infatti, è la mancanza del deposito delle conclusioni da parte dell’avvocato generale, e tale adempimento viene sostituito dall’audizione dello stesso.

3. Procedimento d'urgenza.

La norma di riferimento, per comprendere la ratio e l’ambito applicativo del procedimento d’urgenza, è senz’altro l’art. 107 Reg. Proc., introdotto in attuazione di quanto previsto dall’art. 23 bis dello Statuto, che ammette la possibilità che nel regolamento di procedura possa essere previsto un procedimento d’urgenza “per i rinvii pregiudiziali relativi allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia” [18]. Il summenzionato art. 107, infatti, recependo in toto quando sancito dallo Statuto, prevede che il rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia possa essere trattato in base ad un procedimento ad hoc, connotato per la notevole celerità con la quale la Corte perviene ad una decisione, soltanto laddove il quesito interpretativo riguardi i settori previsti dal Titolo V del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e sussistono particolari ragioni di urgenza [19]. Inoltre, bisogna segnalare che anche l’art. 267 TFUE, all’ultimo paragrafo, prevede che “quando una questione interpretativa è sollevata in un giudizio pendente davanti ad un organo giurisdizionale nazionale e riguarda una persona in stato di detenzione, la Corte di Giustizia statuisce il più rapidamente possibile”.
Dalle norme citate si evince che il procedimento d’urgenza si affianca a quello accelerato ponendosi, rispetto ad esso, in un rapporto di alternatività. La relazione tra le due tipologie di rito, peraltro, merita di essere ulteriormente specificata. La differenza sostanziale è che il procedimento d’urgenza non può essere autorizzato con riferimento a tutte le materie di competenza dell’Unione europea, ma solo a quelle specificamente richiamate dall’art. 23 bis dello Statuto [20]: ciò consente di ritenere che il procedimento d’urgenza si pone più propriamente in un rapporto di specialità rispetto alla trattazione accelerata del rinvio pregiudiziale.
Similmente a quanto tracciato con riferimento al procedimento accelerato, la richiesta di procedere d’urgenza può sì provenire dal giudice nazionale, ma può essere anche disposta d’ufficio dalla Corte di giustizia. Può quindi accadere che il giudice nazionale non si accorga della particolare materia oggetto del rinvio pregiudiziale e resti inerte, ma tale evenienza non è destinata a pregiudicare la possibilità di ottenere una trattazione celere del rinvio (e la conseguente riduzione dei tempi del processo nazionale), perché è sempre possibile un intervento in tal senso d’ufficio, da parte della stessa Corte di Giustizia. Sembra però ragionevole ritenere che un’attivazione d’ufficio sia possibile soltanto quando le ragioni d’urgenza emergano dai fatti allegati dal giudice del rinvio, senza che la Corte possa far utilizzo dei propri poteri officiosi: è lo stesso art. 107 par. 3 Reg. Proc. che lo richiede, stabilendo che l’attivazione d’ufficio è possibile solo ove il “ricorso a tale procedimento sembri imporsi prima facie”.
Nel caso in cui la richiesta di trattazione d’urgenza provenga dal giudice nazionale, per poter la Corte decidere nel più breve tempo possibile, è necessario che la domanda esponga con precisione le circostanze di fatto e di diritto che comprovano l'urgenza e, in particolar modo, i rischi in cui si incorrerebbe qualora il rinvio seguisse il procedimento ordinario. Per accelerare la trattazione, inoltre, il giudice del rinvio è tenuto a precisare sinteticamente il proprio punto di vista circa la risposta da dare alle questioni interpretative proposte.
Una volta che la Corte di Giustizia avrà ammesso lo svolgimento del procedimento d’urgenza deve essere fissato un termine entro il quale gli aventi diritto possono depositare memorie o osservazioni scritte e devono essere operate le notificazioni ex art. 109 par. 1 e 2 TFUE. Peraltro, al fine di garantire la definizione celere del giudizio, l’art. 111 TFUE prevede che tale fase scritta possa essere omessa, in casi di “estrema urgenza”. In questo modo si risparmiano i tempi necessari per il deposito delle memorie, per la loro traduzione e per la successiva notificazione, ma non viene pregiudicato il diritto di difesa delle parti, che potranno comparire oralmente in udienza.
Vi sono una serie ulteriore di prescrizioni che sono anch’esse volte a garantire la definizione del giudizio nel più breve tempo possibile, come il fatto che l’organo giudicante è, di regola, una sezione ad hoc composta da tre giudici (anche se è fatta salva la possibilità che tale sezione rinvii la causa da trattare secondo la procedura di urgenza alla Corte di Giustizia affinché sia decisa in una composizione diversa e più ampia) e come la mancanza delle conclusioni dell’avvocato generale. Di fatti, anche in questo caso, al termine del procedimento, la sezione designata statuisce emettendo la propria sentenza, sentito l’avvocato generale.

4. Considerazioni conclusive.

Come abbiamo avuto modo di comprendere nei paragrafi precedenti, lo svolgimento del giudizio nelle forme accelerate o d’urgenza, a seguito del rinvio pregiudiziale ad opera del giudice nazionale, persegue il lodevole fine di favorire una maggiore celerità nel raggiungimento della sentenza conclusiva. Secondo la Relazione 2016 sull’attività della Corte di Giustizia, in particolare, la durata media della procedura d’urgenza è di gran lunga inferiore rispetto a quella del procedimento ordinario, ossia pari a soli 2,7 mesi (a fronte dei 14,7 mesi del rito ordinario) [21]. Ciò ci offre un dato importante, perché la finalità perseguita con la predisposizione di queste “corsie preferenziali” risulta essere totalmente raggiunta, e ci spiega perché alcuni operatori teorici e pratici dei vari Stati membri auspicano la trasposizione di tale modello anche a livello nazionale.
Tutto quanto detto sino ad ora non toglie comunque che gli istituti disciplinati dagli artt. 105-114 Reg. Proc. siano forieri di problemi interpretativi e di dubbi circa la loro applicazione concreta. In particolare, la dottrina ha dovuto più volte affrontare il problema della efficacia della sentenza resa ad esito dei procedimenti semplificati in oggetto [22]. Al riguardo è da sottolineare che l’opinione prevalente sembra riconoscere a tale sentenza la medesima efficacia di quella conclusiva del procedimento ordinario. Tale tesi sembra essere corroborata dal tenore delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia, laddove, come accade di consueto, l’enunciazione del dispositivo viene preceduta dalla formula “per questi motivi, la Corte dichiara”: si tratta di un dato che non può essere certo ignorato.

Note e riferimenti bibliografici
[1] per un’analisi completa della sentenza, rinvio a Condinanzi M., Nascimbene B., “Giurisprudenza di diritto comunitario. Casi scelti”, Giuffrè, 2007
[2] Raimondi L., “La nozione di giurisdizione nazionale ex art. 234 TCE alla luce della recente giurisprudenza comunitaria”, in “Il diritto dell’Unione europea”, 2006, p. 369
[3] la Corte lo ha pienamente affermato nella sentenza 19 ottobre 1995, Job Centre, causa C-114/94, in “Raccolta della Giurisprudenza della Corte”, 1995, p. I-3361
[4] Rafaraci T., “Diritti fondamentali, giusto processo e primato del diritto UE”, in “Processo penale e giustizia”, 2014, Issue 3, pp.1-5
[5] si veda, su tutte, sentenza 23 marzo 1982, Nordsee, causa 102/81, in “Raccolta della Giurisprudenza della Corte”, 2008, p. 1095
[6] Marinoni L. G., “Il diritto di azione come diritto fondamentale”, G Giappichelli Editore, 2016
[7] Adinolfi A., “Una "rivoluzione silenziosa": il primo rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale italiana in un procedimento incidentale di legittimità costituzionale”, in “Rivista di diritto internazionale”, 2013
[8] Cannizzaro V., “La Corte costituzionale come giudice nazionale ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE: l’ordinanza n. 103 del 2008”, in “Rivista di diritto internazionale”, 2008, p. 789
[9] Cannizzaro V., “Il diritto dell'integrazione europea. L'ordinamento dell'Unione”, G. Giappichelli Editore, 2014
[10] Nascimbene B., “Il giudice nazionale e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia”, in “Rivista italiana di diritto pubblico comunitario", 2009, pag. 1675
[11] sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, in “Raccolta della Giurisprudenza della Corte”, 1982, p. 3415
[12] Condinanzi M., “I giudici italiani “avverso le cui decisioni non possa porsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno” e il rinvio pregiudiziale”, in “Il diritto dell’Unione europea”, 2010
[13] Adinolfi A., “Introduzione al diritto dell’Unione europea”, Editori Laterza, 2014
[14] D’Alessandro E., “Il procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di Giustizia”, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012
[15] Kirchberg è un quartiere situato su un altopiano a nord-est rispetto al centro di Lussemburgo, capitale dell’omonimo Stato. Sulla sua superficie si trovano varie istituzioni dell'Unione europea, tra cui la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la Corte dei Conti europea, parte della Commissione europea, il Segretariato del Parlamento Europeo e la Banca europea degli investimenti.
[16] si veda la sentenza 15 luglio 2010, causa C-296/10, Purrucker
[17] all’uopo è stato approntato un apposito sistema, denominato e-curia, mediante il quale si può provvedere alla notifica degli atti processuali
[18] Biavati P., “Diritto processuale dell’Unione Europea”, Giuffrè, 2015
[19] Borraccetti M., “La collaborazione tra giudici. Il procedimento pregiudiziale d’urgenza”, in Falletti, Piccone (a cura di), “L’integrazione attraverso i diritti. L’Europa dopo Lisbona”, Roma, 2010
[20] in alcune ipotesi la richiesta di trattazione del rinvio pregiudiziale secondo il rito d’urgenza è stata rigettata perché, a parere della Corte di Giustizia, non riguardava settori per i quali tale procedimento è ammesso: si pensi alla sentenza 21 agosto 2008, causa C-375/08, Pontini
[21] la Relazione 2016 è disponibile su www.curia.europa.eu
[22] si veda, ad esempio, per un'analisi chiara ed impeccabile sul punto: D’Alessandro E., “Il procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di Giustizia”, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012