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Pubbl. Mar, 28 Mar 2017

La responsabilità precontrattuale degli intermediari finanziari, tra regole di validità e regole di comportamento

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Fulgenzio Senatore


La sentenza n. 2414 del 2016 si esprime ancora una volta sull´esatta collocazione degli obblighi informativi a carico degli intermediari finanziari.


La pronuncia in commento trae origine dalla richiesta dell’attore di dichiarare la nullità dei contratti stipulati con un istituto bancario ed aventi ad oggetto l’acquisto di titoli oltre alla condanna della predetta alla restituzione del rendimento promesso dai titoli e gli accessori. La banca costituitasi in giudizio dichiara di aver adempiuto nei confronti del cliente agli obblighi informativi previsti dal TUF ed eccepisce che il cliente stesso aveva dichiarato di possedere un’alta esperienza finanziaria ed una grande propensione al rischio. Il Tribunale, in prime cure, rigetta la domanda,come pure accade in sede di gravame.

Il quesito giuridico che qui si pone è dove collocare le norme sul collocamento degli strumenti finanziari, con i relativi obblighi comportamentali previsti dall’articolo 21 del TUF ovvero se le stesse debbano piuttosto essere considerate norme di ordine pubblico, con la conseguenza che la loro violazione comporta la nullità, ai sensi dell’articolo 1418, comma 1, c.c.

Preliminarmente è tuttavia necessario definire il contratto di intermediazione finanziaria o contratto quadro. Il contratto quadro è quel contratto che disciplina i diversi servizi alla cui prestazione l’intermediario si obbliga verso il cliente, che è cosa diversa rispetto alle singole attività negoziali in cui si concretizza l’espletamento di quei servizi; è un contratto per il quale l’articolo 21 TUF indica il contenuto minimo necessario e una copia del quale deve essere trasmessa al cliente. Si tratta di una fattispecie negoziale che può essere in qualche modo accostata alla figura del contratto di mandato, e dalla quale derivano obblighi e diritti reciproci dell’intermediario e del cliente trasfusi nell’articolo 21 TUF, tutti però finalizzati al rispetto della clausola generale, per l’intermediario, di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nell’interesse del cliente. Il problema sorge perché questi obblighi comportamentali si collocano in parte nella fase che precede la stipulazione del contratto quadro, in parte nella fase esecutiva del contratto stesso, ed il legislatore si limita a prevedere quest’elenco senza stabilire chiaramente la sanzione a seguito della loro violazione.

Premesso che le norme di cui all’articolo 21 TUF sicuramente rivestono un carattere imperativo, essendo dettate al fine di tutelare la stabilità dei mercati finanziari, tale rilievo non è tuttavia sufficiente a dimostrare che la violazione di una di queste norme comporti di per sé la nullità del contratto. Nel nostro ordinamento esistono delle ipotesi in cui la violazione di comportamento viene sanzionata con la nullità, ma si tratta di ipotesi specifiche e puntuali che permettono alla nullità virtuale di operare. Diversamente, l’articolo 1418, primo comma, c.c. non può essere applicato. La nullità virtuale infatti postula violazioni attinenti alla struttura e al contenuto del contratto, non attiene né alla fase prenegoziale né a quella attuativa del rapporto. Viene perciò rispettata la fondamentale distinzione tra regole di comportamento e di validità: la violazione delle prime, tanto nella fase prenegoziale che in quella attuativa del rapporto, ove non sia altrimenti stabilito dalla legge, è fonte di responsabilità e, nel caso di obblighi attinenti alla fase esecutiva, può legittimare la risoluzione del contratto ove si traduca in una forma di non corretto adempimento del generale dovere di protezione e dei generali obblighi di prestazione gravanti sul contraente e rivesta i requisiti di gravità di cui all’articolo 1455 c.c., ma non incide mai sulla genesi dell’atto negoziale.

Quando il legislatore, con ipotesi specifiche, riconnette alla violazione di regole di comportamento la sanzione della nullità, tale ipotesi deve essere collocata non certo nel primo comma dell’articolo 1418 c.c., bensì nel terzo, ovvero all’interno degli altri casi stabiliti dalla legge. Ciò detto non è pertanto possibile desumere nello specifico settore degli intermediari finanziari un principio di segno diverso che deroghi a quello di non interferenza tra regole di validità e comportamento: la qual cosa è dimostrata anche dal recepimento in maniera ormai pacifica della teoria del contratto valido ma dannoso. La violazione degli obblighi informativi attinenti alla fasi che precedono e accompagnano la stipulazione del contratto quadro è fonte di responsabilità anche se il contratto stipulato sia valido e risulti tuttavia pregiudizievole per la parte rimasta vittima del comportamento scorretto; in questo caso il risarcimento del danno deve essere commisurato al minor vantaggio ovvero al maggior aggravio economico prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede.

La sentenza in commento pertanto respinge correttamente la domanda dell’attore, inscrivendosi nel solco delle precedenti sentenze n. 26724 e 26725 del 2007.