Pubbl. Gio, 30 Mar 2017
Incindenti stradali: in caso di lesioni, all´azione di risarcimento si applica la prescrizione lunga
Modifica paginaCommento alla pronuncia della Corte di Appello di Lecce, sentenza n. 9 novembre 2016, n. 2407
Sommario: 1) Il fatto; 2) La prescrizione del diritto al risarcimento del danno; 3) Segue, la decisione della Corte d'Appello di Lecce; 4) Concludendo.
1) Il fatto
I genitori del minore trasportato su un ciclomotore 50 cc citavano in giudizio i genitori del minore conducente affinché il Tribunale volesse accertare l'esclusiva responsabilità di quest'ultimo nella causazione del sinistro stradale e condannasse lo stesso al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva in giudizio la compagnia assicurativa del conducente nonché i genitori dello stesso, i quali quest'ultimi chiedevano la chiamata in causa del Comune di Lecce in quanto il sinistro si sarebbe verificato per la presenza di una buca sul manto stradale.
Dall'istruttoria, come rilevato dalla stessa Corte d'Appello, emergeva in effetti la responsabilità del conducente ma, oltre a questa, veniva rilevata anche una corresponsabilità del trasportato poiché il veicolo in questione era abilitato al trasporto del solo conducente non essendo sullo stesso consentito il trasporto di un passeggero.
Emergeva inoltre che il conducente perdeva il controllo del veicolo a causa di una buca colma di acqua presente sul manto stradale. Nonostante ciò, il Tribunale di Lecce rigettava la domanda attorea per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno e compensava le spese di lite. Avverso tale decisione proponevano appello i genitori del terzo trasportato.
2) La prescrizione del diritto al risarcimento del danno
Il decorso di un determinato lasso di tempo, unitamente ad altri fattori, può dare luogo all'acquisto o all'estinzione di un diritto soggettivo e ciò perché, nell'ottica di una maggiore certezza dei rapporti giuridici, l'ordinamento tende a conformare la situazione di diritto a quella di fatto. La prescrizione estintiva è dunque stabilita per ragioni di interesse generale dovendosi conseguentemente considerare un istituto di ordine pubblico; ciò del resto spiega l'inderogabilità pattizia della relativa disciplina positivamente sancita dall'art. 2936 c.c. (1).
Accanto al termine prescrizionale ordinario, troviamo disciplinati termini più brevi. L'art. 2947 comma 1 c.c. prevede infatti che: "il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato" e lo stesso si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti della pretesa risarcitoria (2). Aggiunge poi al comma 2 che: "Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni" con ciò quindi prevedendo un termine prescrizionale addirittura più breve per il risarcimento del danno ex art. 2054 c.c. Ed è proprio facendo applicazione di tale disposizione che il Tribunale di Lecce rigettava in primo grado la pretesa risarcitoria dell'attore in quanto il diritto si era oramai prescritto. Il comma 3 del citato articolo prevede tuttavia che: "In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile. [...]".
3) Segue, la decisione della Corte d'Appello di Lecce
La Corte d'Appello di Lecce, in totale riforma della sentenza appellata e in parziale accoglimento della domanda attorea, afferma che il Tribunale di Lecce ha erroneamente dichiarato l'inammissibilità dell'azione risarcitoria per intervenuta prescrizione ex art. 2047 c.c. poiché dice la Corte: "nel caso esaminato, sussistono tutti gli estremi del reato di lesioni colpose e, non avendo rilievo la mancanza di querela, si applica il più lungo termine di prescrizione di cui dell'art. 2947 c.c. comma 3. Poiché l'incidente si è verificato in data 06.10.2000, quando è stata notificata la citazione di primo grado, non era ancora decorso il più lungo termine di prescrizione quinquennale, previsto per il reato di lesioni colpose".
Infatti, come espresso nella parte motiva della sentenza, la Corte aderisce ad un preciso orientamento della Cassazione, espresso con la sentenza 25 novembre 2014 n. 24988, secondo il quale all'azione risarcitoria si applica l'eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947 comma 3 c.c.) qualora l'illecito civile sia considerato dalla legge come reato ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela (3).
La Corte d'Appello di Lecce aderisce pertanto ad un preciso orientamento giurisprudenziale inaugurato nel 2008 dalla Cassazione nella sua massima espressione e confermato recentemente dalla stessa in altre sue diverse composizioni.
Tuttavia, sebbene ciò rappresenti attualmente l'orientamento prevalente, la Cassazione si era precedentemente espressa in senso diametralmente opposto. Ed infatti era stato affermato che, in tema di danni derivanti dalla circolazione stradale, ove il fatto illecito integri gli estremi di un reato perseguibile a querela e quest'ultima non sia stata proposta, trova applicazione, ancorché per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella civile, la prescrizione biennale di cui al secondo comma dell'art. 2047 c.c. (4).
Maggiormente condivisibile risulta quindi il più recente e oggi prevalente orientamento della Cassazione, accolto nella decisione de qua dalla Corte d'Appello di Lecce, in quanto sarebbe stato poco conforme alla ratio della norma prevedere l'operatività di una prescrizione più breve laddove il fatto - reato si fosse verificato ma lo stesso non fosse stato oggetto di accertamento per il non avverarsi di una condizione di procedibilità quale la querela.
4) Concludendo
La sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Lecce è rilevante in quanto rappresenta un'ulteriore conferma tra le corti di merito di un preciso orientamento giurisprudenziale già fatto proprio dalla Corte di Cassazione. Ed infatti, sebbene nella sentenza in commento il tema della prescrizione del diritto al risarcimento del danno in ipotesi di fatto reato, possono tuttavia segnalarsi certamente altre due questioni affrontate nel merito e degne di nota seppur meno innovative e già ampiamente consolidate in giurisprudenza.
La prima riguarda la chiamata in causa del terzo mentre l'altra riguarda la responsabilità ex art. 2051 c.c. dell'Ente. Con riferimento alla prima questione, la Corte aderisce a quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui - sebbene l'attore nel giudizio di primo grado non abbia mai avanzato domanda di risarcimento danni nei confronti dell'Ente chiamato in causa dai convenuti - nell'ipotesi in cui il terzo sia chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore, la domanda di quest'ultimo si estende automaticamente senza necessità di una istanza espressa al terzo chiamato poiché l'individuazione del soggetto obbligato costituisce l'oggetto necessario del processo.
Con riguardo invece alla responsabilità da cose in custodia dell'Ente, la Corte inserisce il proprio ragionamento all'interno di quell'orientamento ormai ben consolidato secondo cui - nei casi dove la responsabilità è da ascriversi alla negligenza dell'Ente - va esclusa la responsabilità del vettore nel sinistro.
Note bibliografiche e bibliografiche
1) F. Caringella, L. Buffoni, Manuale di diritto civile, V ed., 2015, Dike, pag. 186;
2) Cass., sez. III, 25 luglio 2008, n. 20437;
3) Cassazione, sez. III, sentenza 25 novembre 2014, n. 24988. Si veda anche Cassazione, SU, sentenza 18 novembre 2008, n. 27337;
4) Cassazione, SU, sentenza 10 aprile 2002, n. 5121.