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Pubbl. Mer, 15 Mar 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Le imposte indirette: il principio di proporzionalità.

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Daniela Mendola
Avvocato


Le imposte sono prelievi coattivi finalizzati al soddisfacimento di un interesse pubblico e rilevano al fine di contribuire alle spese che la Pubblica Amministrazione è chiamata a sostenere per l´adempimento delle proprie funzioni.


Sommario: 1. Il prelievo coattivo; 2. In particolare. Le imposte indirette; 3.L’imposta sul valore aggiunto; 4. Conclusioni.

1. Il prelievo coattivo

I tributi sono prelievi coattivi di ricchezza effettuati dallo Stato o da altro ente pubblico per il soddisfacimento di un pubblico interesse. Essi si distinguono in: imposte, tasse e contributi. L’imposta è un quantum che il contribuente è tenuto a corrispondere allo Stato ex lege, al maturare di un determinato presupposto che fa sorgere l’obbligo contributivo. Le imposte non trovano giustificazione in una prestazione di servizi da parte dello Stato e sono dovute a prescindere, per la sola circostanza che la Pubblica Amministrazione per l’adempimento delle funzioni che le competono necessita di entrate che riceve dai cittadini. Diversamente da quanto accade per le tasse. Si tratta di somme che il contribuente corrisponde a fronte di un determinato servizio ovvero al fine di ottenere un beneficio. Si configura una vera e propria correlatività tra la somma di denaro e il servizio reso. A differenza delle imposte soggiacenti al principio del sacrificio; le tasse sono sorrette dal principio del beneficio.

Quanto, infine, ai contributi essi sono somme che il contribuente versa nel proprio interesse.

Le imposte si compongono di tre elementi: presupposto d’imposta, base imponibile e aliquota.

Il presupposto d’imposta è un fatto economico che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria e la debenza o meno delle somme da parte del contribuente; la base imponibile rappresenta il quantum debeatur e, infine, l’aliquota è il coefficiente in percentuale che va applicato alla base imponibile per determinare l’imposta lorda. Tra gli elementi costitutivi dell’imposta è da rinvenirsi anche il cd. soggetto passivo. Si tratta del soggetto inciso dal tributo, tenuto all’adempimento dell’obbligazione e che, in mancanza, sarà sottoposto all’esecuzione forzata.

Il legislatore ha previsto un minimo legale al di sotto del quale il soggetto è esente dal pagamento delle imposte al fine di evitare un atteggiamento vessatorio nei confronti di quanti si trovino in situazioni di difficoltà economica e, non maturando redditi sufficienti per contribuire alle spese dello Stato, ne sono esentati.

2. In particolare. Le imposte indirette.

Le imposte si distinguono in: imposte dirette e imposte indirette. Le imposte dirette [1], sono imposte che colpiscono una diretta e attuale capacità contributiva. Operano in ossequio al principio di uguaglianza e sono finalizzate a favorire una ridistribuzione della ricchezza e ridurre la distanza sociale tra i cittadini. Le imposte dirette soggiacciono al principio di progressività. Ovvero all’aumentare della ricchezza del contribuente aumenta l’imposta da questi dovuta allo Stato. E’ imposta diretta per eccellenza l’Irpef, che presenta quale presupposto d’imposta il reddito e opera per scaglioni: l’aliquota d’imposta aumenta all’aumentare della base imponibile. E’ da considerarsi anche un’imposta personale perché tiene conto delle condizioni personali e familiari del contribuente, incidendo in misura minima e minore sui contribuenti economicamente meno abbienti.

L’altra categoria di imposte sono le imposte indirette. Esse colpiscono un’indiretta e mediata capacità contributiva. Operano in ossequio al principio di proporzionalità. Vanno applicate in modo proporzionale al presupposto d’imposta. Imposta indiretta per eccellenza è l’imposta di registro che colpisce l’atto oggetto del trasferimento di ricchezza ed è ad esso proporzionale. Non considera le condizioni personali del contribuente perché il presupposto d’imposta, nel caso di specie l’atto, fa da schermo alla capacità contributiva del contribuente.

3. L’imposta sul valore aggiunto

L’Iva [2], acronimo di imposta sul valore aggiunto, è un’imposta indiretta disciplinata dal Dpr. 633/72. Si tratta di un’imposta comunitaria e, altrimenti considerata, un tributo armonizzato [3]. Nasce con l’intento di uniformare la tassazione dei consumi nei Paesi facenti parte dell’Unione Europea. L’art. 1 del Dpr 633/72 testualmente dispone che “l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”. Da quanto predetto si evince la sussistenza di tre presupposti: un presupposto soggettivo, un presupposto oggettivo e un presupposto territoriale.

Il presupposto soggettivo è da rinvenirsi nell’imprenditore ovvero esercente arte o professioni. Per esercizio di imprese deve intendersi l’esercizio, ancorchè non esclusiva, delle attività commerciali e agricole di cui agli art. 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c. In altre parole si tratta dell’imprenditore cui si applica la disciplina civilistica. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse. In particolare “in tema d'IVA, è soggetto passivo chiunque eserciti un'attività economica che, ai sensi dell'art. 4 della direttiva n. 77/388/CE, oggi sostituito dall'art. 9 della direttiva n. 112/2006/CE, come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, comprende ogni operazione di "sfruttamento" del bene, da intendersi come possibilità di trarre da esso in modo stabile un'utilità sotto forma di corrispettivo, mentre non integra presupposto impositivo la "redditività" dell'attività (Nella specie, la S.C. ha ritenuto dovesse considerarsi soggetto passivo dell'IVA un comune il quale ritraeva una stabile utilità, sotto forma di corrispettivo, dalla concessione della rete locale del gas). (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Toscana, 27/01/2009)[4]. Ciò che rileva, dunque, è l’utilità del bene ovvero la sua produttività. Deve trattarsi di un’idoneità del bene a produrre in modo abituale un’utilità.

Il presupposto oggettivo è rappresentato dalla cessione di beni ovvero prestazioni di servizi ed, infine, il presupposto territoriale atteso che la cessione di beni o prestazioni di servizi devono essere avvenute nel territorio dello Stato. Qualora il contribuente abbia eseguito il pagamento e, questo risulti non dovuto per assenza del presupposto della territorialità avrà diritto al rimborso. In particolare “in tema di rimborso d'IVA, nel caso in cui il contribuente abbia erroneamente versato l'imposta non dovuta per carenza del presupposto della territorialità, il termine entro il quale va avanzata la richiesta di rimborso è quello biennale, previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, e decorre dal momento in cui è stato effettuato il versamento in quanto l'errore in cui il contribuente è incorso legittima l'immediato esercizio del diritto al rimborso, non ostandovi preclusione alcuna. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna, 21/09/2009)[5]. La norma in chiusura lascia ampio margine alle importazioni da chiunque effettuate[6].

L’Iva [7] è un’imposta sugli affari, neutrale e plurifase.

E’ un’imposta [8] sugli affari perché colpisce le operazioni economiche. E’ un’imposta neutrale perché non vi è coincidenza tra il soggetto inciso e il soggetto percosso. L’articolo 18 del Dpr. 633/72 espressamente prevede che “il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente”. In altri termini, l’Iva[9] pagata a monte dal cedente o esercente viene addebitata al cessionario o al committente cosicchè essa risulti “neutrale” per il soggetto passivo e colpisca il consumatore finale che non ha possibilità alcuna di detrarre l’Iva [10].

Si tratta, infine, di un’imposta plurifase perché colpisce tutte le operazioni economiche poste in essere fino a quando il servizio non viene reso al consumatore finale che non potrà detrarre l’imposta.

4. Conclusioni.

Le imposte, siano esse dirette o indirette, rappresentano un apporto che il contribuente è chiamato a fornire in virtù di un principio di "solidarietà" di cui all'articolo 2 della Carta Costituzionale. Il cittadino contribuente adempie all'obbligazione nella consapevolezza che le spese che la Pubblica Amministrazione è chiamata a sostenere mediante i contributi dei cittadini sono finalizzate al soddisfacimento dei loro interessi. E' un contributo che risponde al principio di "leale collaborazione" che governa i rapporti tra Amministrazione Finanziaria e contribuente.

Note e riferimenti bibliografici
[1] “Una discriminazione può risultare solo dall'applicazione di norme diverse a situazioni analoghe oppure dall'applicazione della stessa norma a situazioni diverse. In particolare, in materia di imposte dirette, i residenti e i non residenti non si trovano, di regola, in situazioni analoghe, in quanto il reddito percepito nel territorio di uno Stato membro da un soggetto non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel luogo della sua residenza, e in quanto la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione dell'insieme dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei propri interessi personali ed economici, che corrisponde in genere alla sua residenza abituale. Pertanto il fatto che uno Stato membro privi un soggetto non residente di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è di regola discriminatorio, tenuto conto delle differenze obiettive tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale sia, inoltre, alla situazione personale e familiare. Potrebbe sussistere discriminazione ai sensi del Trattato FUE tra residenti e non residenti solo se, nonostante la loro residenza in Stati membri differenti, fosse accertato che, tenuto conto dell'oggetto e del contenuto delle disposizioni nazionali pertinenti, le due categorie di soggetti passivi si trovano in una situazione analoga” (Sentenza della Corte di Giustizia, Prima Sezione, del 9 febbraio 2017 - ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:102)
[2] Corte giustizia Unione Europea Sez. IV, 15/02/2017, n. 592/15 in Pluris “l’'articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera n), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, che prevede l'esenzione di «talune prestazioni di servizi culturali», dev'essere interpretato nel senso che esso non è dotato di efficacia diretta per cui, in assenza di trasposizione, tale disposizione non può essere direttamente invocata da un organismo di diritto pubblico o da un altro organismo culturale riconosciuto dallo Stato membro interessato, che fornisca prestazioni di servizi culturali”.
[3] Ha la funzione di uniformare l’imposta negli Stati membri, per uniformare il valore delle attività economiche.
[4] Cass. civ. Sez. V, 09/08/2016, n. 16734 in Pluris.
[5] Cass. civ. Sez. V, 08/07/2016, n. 13980 in Pluris.
[6] Per le importazioni il legislatore non ha apportato alcune limitazioni fornendo una generica indicazione.
[7] Cass. civ. Sez. V, 28/09/2016, n. 19115 in Pluris “in tema d'IVA, ai fini del rimborso dell'eccedenza d'imposta, è sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro "RX4", sebbene non accompagnata dalla presentazione del modello "VR", che costituisce solo un presupposto per l'esigibilità del credito, sicché, anche in caso di cessazione d'attività, nella quale non è possibile portare in detrazione l'eccedenza l'anno successivo, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale, di cui all'art. 2946 c.c. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 20/04/2012)”.
[8]
Cass. civ. Sez. V, 31/05/2016, n. 11344 in Pluris “ai sensi dell'art. 51 della legge 21 novembre 2000, n. 342, “non è da intendere rilevante ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, neppure agli effetti delle limitazioni del diritto alla detrazione, la cessione nei confronti dei comuni di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione”, secondo una disciplina che si giustifica in ragione del rilievo che la cessione di aree per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, conclusa in attuazione di una convenzione di lottizzazione, costituisce modalità alternativa all'assolvimento dell'obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione e non è, pertanto, un'operazione imponibile ai fini dell'IVA; del resto, la convenzione di lottizzazione ha natura di contratto con oggetto pubblico e di accordo endo-procedimentale, strumentale al conseguimento dell'autorizzazione urbanistica o edilizia, per cui manca il rapporto sinallagmatico tra i contraenti, presupposto dell'IVA anche per il diritto comunitario, non essendovi alcun nesso d'interdipendenza contrattuale tra cessioni immobiliari, opere di urbanizzazione, prestazioni e contributi vari”.
[9] Cass. civ. Sez. V, 16/03/2016, n. 5172 in Pluris “in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente - da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale dei quadro relativo che configura formale esercizio del diritto - rispetto alla presentazione altresì del modello apposito (VR), che costituisce - ai sensi dell'art. 38-bis, co. 1, D.P.R. n. 633 del 1972 - solo presupposto per l'esigibilità del credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex 2946 cod. civ”.
[10] Cass. civ. Sez. VI - 5 Ordinanza, 27/06/2016, n. 13235 in Pluris “l'allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell'imposta di registro, che ha introdotto una diversa definizione dei requisiti oggettivi delle case di abitazione, per il cui acquisto a titolo oneroso è possibile usufruire di un'aliquota ridotta, ancorandola solo alla esclusione della categoria catastale A1, A8 e A9, non può trovare applicazione per gli atti negoziali anteriori al 1° gennaio 2014. Ciò tuttavia non impedisce alla disposizione di spiegare effetti ai fini sanzionatori, posto, che, proprio in ragione della disposizione sopravvenuta, la condotta che prima integrava una violazione fiscale non integra più il presupposto per l'irrogazione della sanzione”.