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Pubbl. Mer, 1 Feb 2017

Il testamento olografo contenuto in una lettera

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Jessica Lo Votrico


La II sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26791 del 2016, affronta la questione relativa alla riconducibilità nell´alveo del testamento olografo di una missiva redatta dal testatore, contenente disposizioni mortis causa patrimoniali, e inviata a uno degli istituiti erede.


Con la sentenza n. 26791 del 22 dicembre 2016 la II sezione della Corte di Cassazione ha statuito in ordine alla possibilità che una missiva, contenente disposizioni patrimoniali per il tempo in cui il mittente avrà cessato di vivere e indirizzata a uno degli istruiti eredi, possa costituire un valido ed efficace testamento olografo.

Nel caso oggetto della sentenza in esame, infatti, un cittadino italiano residente all’estero aveva disposto dei propri beni in una lettera a favore dell’amico a cui tale missiva era indirizzata, del figlio del fratello della moglie premorta e dei figli della sorella premorta.
La Suprema Corte, con la pronuncia in esame, si è espressa in senso positivo: la missiva indirizzata a uno degli istruiti eredi può esser considerato un testamento olografo pienamente efficace laddove sia chiaramente ravvisabile la volontà del testatore di disporre mediante la lettera del proprio assetto patrimoniale e siano rispettati i requisiti di forma richiesti per il negozio testamentario.

Con specifico riferimento all’elemento della volontà, è orientamento largamente condiviso e maggioritario quello secondo cui in materia di interpretazione testamentaria l’autorità giudiziaria deve tener conto non solo dell’aspetto letterale del documento ma anche di quello logico e, in caso di dubbi, ricorrere al principio di conservazione ai sensi dell’art. 1362 c.c. (Cfr. cass. n. 23278/2013; n. 4022/2007). Pertanto, il negozio testamentario andrebbe sempre interpretato secondo la ricostruzione che gli consente di esplicare effetti giuridici. Nel caso di specie, i giudici della II sezione hanno rilevato il chiaro intento di voler disporre del proprio patrimonio mediante la missiva; volontà rafforzata dalla circostanza secondo cui il contenuto della missiva era stato anticipato in precedenza da una telefonata e il testatore aveva successivamente provveduto alla spedizione della stessa. 

In relazione ai requisiti formali, l’art. 602 comma primo c.c. attribuisce al soggetto la facoltà di redigere autonomamente il  proprio negozio testamentario a condizione che lo scritto sia redatto per intero, datato e sottoscritto dallo stesso. Il documento può esser redatto con qualsiasi mezzo e su qualsiasi supporto purché il testatore lo scritturi di proprio pugno. E’ orientamento costante e pacifico, infatti, quello che prevede la nullità nel caso in cui un terzo provveda anche solo a guidare la mano del testatore (Cfr. Cass. n. 24882/2013)

Il requisito dell’olografia trova la propria ratio nel carattere personalissimo del testamento: si vuole evitare che il testatore possa esser manipolato o influenzato nella confezione del negozio testamentario e che la sua volontà possa esplicarsi in modo pieno e libero. 

Profilo contestato nella pronuncia in esame è stato, quindi, quello relativo alla mancanza nella missiva della firma per esteso del testatore. Come ha affermato già in passato la Suprema Corte ciò che rileva è che la sottoscrizione sia autografa e che permetta di individuare in maniera precisa il testatore, potendo questo usare altresì un soprannome o uno pseudonimo. (Cfr. Cass. n. 11504/1992).

In sostanza, pertanto, costuisce un testamento olografo valido la lettera inviata a uno degli istituiti eredi purché sia individuabile la volontà del testatore di disporre mortis causa del proprio patrimonio e che il documento redatto dallo stesso sia scritto per intero di proprio pugno, datato e sottoscritto.