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Pubbl. Lun, 5 Dic 2016

No alla cautela preventiva avverso la testata giornalistica online: si pronunciano le Sezioni Unite Civili.

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Anna Villani


Con la sentenza del 25 ottobre 2016 (dep. 18 novembre 2016), n. 23469, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno dato risposta ad una questione delicata e di fondamentale importanza, relativa all’ammissibilità della tutela preventiva contro i contenuti diffamatori provenienti da una testata giornalistica on line.


Sommario: 1. Premessa 2. La vicenda processuale e la quaestio iuris  3. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite


1. Premessa

La problematica esaminata dalla pronuncia in commento riguarda il delicatissimo tema del complicato rapporto tra diritto all’informazione da un lato e diritto alla riservatezza e alla tutela dell’onore e della reputazione dall’altro. Gli interessi di cui sono portatrici le parti in causa sono, giocoforza, destinati a contrapporsi. Si scontrano il diritto del pubblico ad essere informato col diritto del singolo individuo alla tutela della propria sfera intima, della propria reputazione e del proprio onore.

Il fondamento del diritto all’informazione si rinviene nell’art. 21 della Carta Costituzionale, quale species della più ampia libertà di manifestazione del pensiero e, come tale, destinato a prevalere nel raffronto con altri valori considerati soccombenti e bisognosi di minore protezione da parte dell’ordinamento giuridico. Ed è proprio questo il punto nevralgico della tematica in esame e il nodo da sciogliere per addivenire ad un corretto inquadramento e ad un’equilibrata soluzione della questione di diritto sottesa al caso di specie.

Oggi si assiste, infatti, ad una sempre maggiore rilevanza delle testate telematiche. Il mondo del giornalismo on line ha conquistato un’importanza enorme nella vita quotidiana, per la pervasività e la diffusione delle comunicazioni via Internet. Tale crescita esponenziale del fenomeno legato all’universo del web e dell’informazione che ad esso si accompagna, ha comportato inevitabilmente anche l’aumento di controversie riguardanti la diffamazione perpetrata attraverso tali “nuovi” strumenti di comunicazione, con la pubblicazione di articoli lesivi di diritti altrettanto fondamentali rispetto a quello all’informazione, ossia la dignità, il rispetto della riservatezza e della vita privata, l’onore dell’individuo.

Ci si chiede, dunque, se le garanzie costituzionali offerte alla stampa con riguardo alle limitazioni forti all’utilizzo della tutela cautelare preventiva contro articoli diffamatori pubblicati sul giornale in formato cartaceo siano estendibili anche alla pagina web.

2. La vicenda processuale e la quaestio iuris 

La vicenda oggetto della controversia in esame parte dalla richiesta del Procuratore Generale relativamente all’enunciazione, da parte delle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 363, co. 1, c.p.c., del principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi nelle cause civili decise in sede cautelare, vertenti tra un’università telematica e una testata giornalistica on line,  riguardanti il presunto carattere diffamatorio di alcuni articoli apparsi sia sulla versione cartacea che sul sito Internet di un noto settimanale e di un famoso quotidiano. Il contenuto diffamatorio riguardava, secondo l’università in parola, notizie ed informazioni, nonché collegamenti con altre notizie ed informazioni, attinenti a presunte eccessive facilitazioni nei corsi di studio, soprattutto in favore di alcune forze politiche.

Il contrasto si è creato anche e soprattutto per il conflitto tra le decisioni dei due procedimenti cautelari civili ante causam che hanno visto come protagoniste le parti in causa in quanto, a fronte dell’ordinanza ex art. 669 terdecies c.p.c. del Tribunale di Napoli del 18.02.2015, di accoglimento del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso cautelare (con la quale ha avuto fine la prima delle due controversie), era seguita, nel Luglio 2015, un’ordinanza, dello stesso Tribunale, di inammissibilità del provvedimento cautelare.

Mentre con la prima ordinanza di accoglimento del reclamo, la testata giornalistica on line era stata condannata a rimuovere dal sito l’articolo de quo, nonché a deindicizzarlo dai principali motori di ricerca e a non rendere più visibile sulla propria pagina web il blog collegato al medesimo articolo, con la seconda ordinanza, per converso, il giudice di prime cure aveva dichiarato inammissibile la cautela preventiva richiesta dal soggetto diffamato.

L’Università telematica, allora, nella persona del suo Presidente, ritenendo pienamente ammissibile la tutela cautelare preventiva civilistica contro pubblicazioni a contenuto diffamatorio su testate telematiche, si rivolgeva al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione al fine di enunciare il principio di diritto riguardante l’ammissibilità dell’inibitoria ex art. 700 c.p.c., quindi di una tutela cautelare atipica e preventiva, per ottenere la cancellazione e/o l’oscuramento di singole o plurime pagine di testate telematiche nelle quali siano presenti contenuti che ledano in qualsiasi modo il decoro di una persona fisica o giuridica.

Tale questione porta con sé una problematica preliminare, quella relativa all’equiparazione o meno di una testata giornalistica on line alla carta stampata, rientrante, quindi, nell’ambito di applicazione della legge sulla stampa n. 47 del 1948 e nel concetto di “stampa” di cui all’art. 21 Cost., questione sulla quale si erano già pronunciate le Sezioni Unite Penali nel 2015[1] con una sentenza più volte richiamata dalla decisione che qui si esamina e che ha comportato un revirement fondamentale rispetto alla precedente giurisprudenza in materia.

3. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite

Nell’occasione, le Sezioni Unite, nel risolvere la questione relativa all’ammissibilità di una tutela cautelare preventiva a contenuto inibitorio in relazione ai contenuti diffamatori di una testata giornalistica pubblicata, esclusivamente o meno, on line, partono dal dettato costituzionale dell’art. 21 Cost.

L’art. 21 Cost. afferma, quale principio cardine di democrazia, la libertà di pensiero e di stampa[2].

In particolare, al comma 3, lo stesso disciplina il sequestro in stretta correlazione col divieto di autorizzazione o censura (co. 2), preventiva o successiva. Inoltre, il sequestro della stampa è sottoposto ad una duplice riserva, di legge e di giurisdizione. Esso, infatti, può essere disposto, con atto motivato dell'autorità giudiziaria, soltanto nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa[3] espressamente lo autorizzi o nel caso di stampa clandestina[4]. Il sequestro della stampa periodica è soggetto ad ulteriori garanzie procedurali, più gravose rispetto alla stampa comune.

In attuazione, poi, della XVII disposizione transitoria della Costituzione, la legge n. 47 del 1948, ritenuta integrante il disposto dell’art. 21 Cost., all’art. 1, definisce stampe o stampati “tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”.

Dopo un breve excursus relativo ai vari interventi normativi susseguitisi nel tempo in materia, le Sezioni Unite sottolineano come l’avvento di tecnologie prima impensabili abbia rivoluzionato il modo di vivere e di interagire tra gli individui. Oggi abbiamo la possibilità di una interconnessione costante con una moltitudine virtualmente illimitata di utenti, in uno spazio privo di barriere. Inoltre, vi è l’immediatezza della comunicazione, intesa non solamente dal punto di vista temporale, ma anche come assenza di controlli o filtri intermedi, in grado di neutralizzare la distanza fisica tra gli individui. Di guisa che tale rivoluzione investe anche il mondo del diritto, soprattutto quello che interessa il settore della comunicazione di notizie e informazioni in senso tradizionale.

È compito del giurista, allora, in attesa dell’intervento del legislatore, quello di adattare il diritto alla nuova realtà. In altre parole, occorre vedere se il giornale telematico possa godere delle garanzie che la Costituzione accorda alla stampa e, dunque, se esso rientri o meno nel concetto stesso di “stampa”.

A tale quesito, le Sezioni Unite ritengono di dare risposta positiva, sulla base della semplice applicazione della normativa sulla stampa. Nell’ampia nozione di stampa di cui all’art. 1 legge 47/1948, diretta derivazione dell’art. 21 Cost., vi rientra senza dubbio anche la testata giornalistica on line,  in quanto riproduzione tipografica su un supporto durevole, ottenuta con qualsiasi mezzo “chimico-fisico”. Anche la diffusione a mezzo Internet, infatti, comporta la riproducibilità di un originale, inteso come l’insieme di dati immagazzinati presso il server dell’internet service provider. La riproduzione avviene attraverso lo “scarico” dei dati da quel server al dispositivo dell’utente finale e riorganizzazione dei dati stessi presso quest’ultimo dispositivo, fino ad essere riprodotto, con meccanismi fisico-chimici, sul video dell’apparecchio terminale o “client”, ed eventualmente stampato, mediante un dispositivo ad esso collegato.

In sostanza, la differenza tra la stampa tradizionale e quella telematica è che mentre con la stampa tradizionale, alla moltiplicazione dell’originale provvede direttamente lo stampatore e la distribuzione avviene in un momento successivo, con quella telematica si ha la messa a disposizione dell’originale ad una moltitudine indifferenziata di utenti finali, lasciando a questi il processo finale di visualizzazione. Si ha una sorta di scomposizione del processo di riproduzione, mediante una delocalizzazione, presso il singolo utente o “client”, della fase materiale di riproduzione dell’originale.

D’altronde, la stessa recente pronuncia delle S.U. Penali 2015, n. 31022[5], più volte richiamata dalla pronuncia in commento, ha affermato l’assimilazione funzionale tra testata tradizionale in formato cartaceo e testata telematica[6], stabilendo che entrambi sono qualificabili come prodotti editoriali caratterizzati da una testata, dalla diffusione regolare, dall'organizzazione in una struttura con un direttore responsabile (che sia giornalista professionista o pubblicista), una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione e dalla finalizzazione all'attività professionale di informazione diretta al pubblico.

Ciò che conta, in definitiva, è la finalità di divulgazione al pubblico di informazioni, opinioni o idee, a prescindere dal mezzo utilizzato per la pubblicazione.

Da ciò deriva che la testata giornalistica on line dotata di queste caratteristiche, rientra nella nozione di "stampa" di cui all'art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, di guisa che non può essere oggetto di sequestro preventivo in caso di commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa, in quanto si tratta di prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l'attività di informazione professionale diretta al pubblico. Ogni problematica relativa ai contenuti diffamatori pubblicati dalle testate telematiche, dunque, va risolta dal successivo giudizio a cognizione piena, volto a stabilire la prevalenza del diritto all’onore ed alla dignità del soggetto sul diritto all’informazione, nonché il risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente.

Ove la testata telematica presenti quei requisiti strutturali e funzionali sopra descritti, rientra nella nozione di stampa accolta dal co. 3 dell’art. 21 Cost. e, come tale, esclude ogni forma di cautela preventiva; ciò in quanto la libertà di comunicazione di informazioni riconosciuta alla stampa trova limitazioni in doveri e responsabilità a garanzia di diritti fondamentali altrui, i quali possono essere adeguatamente rispettati attraverso un’organizzazione professionale come quella descritta poc’anzi.

Inoltre, ammettere la tutela cautelare preventiva comporterebbe, a parere del Supremo Consesso, la sterilizzazione e lo svuotamento delle potenzialità di diffusione di tale strumento di comunicazione. In tale situazione, la libertà di stampa deve prevalere sul diritto all’onore e alla reputazione, per l’importanza del suo ruolo in una società democratica, come già affermato dalla Corte Costituzionale[7] per la stampa tradizionale. Non sarebbe corretto trattare in maniera deteriore rispetto al passato la libertà di stampa solo perché è diventato tecnicamente più facile avvalersene, vista la maggiore diffusività di questo rivoluzionario strumento di comunicazione che è Internet.

In altre parole, l’art. 700 c.p.c. non può essere la fonte del potere di concedere un provvedimento di sequestro della stampa vietato da altra norma dell’ordinamento giuridico, ossia l’art. 21 Cost., il quale consente il sequestro solo nei limiti ivi rigorosamente indicati, ossia pubblicazioni contrarie al buon costume e delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi[8].

Le misure cautelari proibite dal co. 3 dell’art. 21 Cost. sono tutte quelle che tendono ad impedire la persistenza in rete o l’ulteriore circolazione e diffusione dell’articolo ritenuto diffamatorio, tra le quali anche quelle di deindicizzazione.

La pronuncia in commento riguarda, però, solamente il caso in cui si invochi, con la tutela cautelare preventiva civilistica, la lesione del diritto all’onore e alla reputazione derivante dalla pubblicazione di un articolo diffamatorio su un giornale telematico. In tal caso, nella fase a cognizione sommaria quale quella di un giudizio civile cautelare, il diritto alla reputazione e all'onore, benché senza dubbio anch'esso fondamentale, deve considerarsi recessivo rispetto alla libertà di stampa.

Tale soluzione, per converso, non si estende agli altri casi di conflitti con altri diritti assistiti da differenti e specifiche normative, come quella in materia di protezione dei dati personali, restando ferma la tutela ivi prevista.

In conclusione, quindi, una testata giornalistica telematica, che ha le caratteristiche e la struttura di un vero e proprio giornale cartaceo, non può essere paragonata a un qualsiasi sito web ma, essendo funzionalmente assimilabile alla testata cartacea, rientra nel concetto di “stampa” e non può essere sottoposta a cautela preventiva se non con le garanzie di cui all’art. 21, co. 3, Cost. e nei casi previsti espressamente dalla legge.

Note e riferimenti bibliografici

CHINE’- FRATTINI- ZOPPINI, Manuale di diritto civile, Terza edizione, Nel Diritto Editore
Santise M., Coordinate ermeneutiche di diritto civile, 2014, Giappichelli Editore – Torino
Santise M., Coordinate ermeneutiche di diritto civile, Aggiornamento 2015, Giappichelli Editore – Torino

[1] Cassazione Penale, Sezioni Unite, 17 luglio 2015 (ud. 29 gennaio 2015). n. 31022, Presidente Santacroce, Relatore Milo.
[2] A tal riguardo, anche l’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea tutela la libertà di espressione e d’informazione. La libertà di espressione in generale, poi, è tutelata dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, nonché dall’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo.
[3] Il riferimento alla legge sulla stampa non introduce una riserva qualificata di legge, ma è indicativo del complesso delle norme riguardanti la materia (Corte Cost. n. 4 del 1972 e 60 del 1976).
[4] In particolare, i casi nei quali è consentito il sequestro preventivo sono:
– violazione delle norme sulla registrazione delle pubblicazioni periodiche e sull’indicazione dei responsabili (artt. 3 e 16 Legge n. 47/1948);
– stampati osceni o offensivi della pubblica decenza ovvero divulganti mezzi atti a procurare l’aborto (articolo 2 R. D. lgs. n. 561/1946);
– stampa periodica che faccia apologia del fascismo (art. 8 Legge n. 645/1952);
– violazione delle norme a protezione del diritto d’autore (art. 161 Legge n. 633/1941).
[5] A tal proposito, va ricordato che prima dell’intervento nomofilattico, vi era contrasto in dottrina e giurisprudenza in tale materia. Infatti, anche secondo la giurisprudenza più recente, i principi e le garanzie previste in materia di libertà di stampa, non potevano essere estese alla “stampa telematica”, per il fatto che il concetto di “stampa” a cui si riferisce la Costituzione e le altre leggi in materia riguardano la sola “carta stampata”. La diversità tra stampa e informazione on line e la maggiore pericolosità di quest’ultima giustificherebbero la differenza di disciplina.
[6] Anche la giuripsrudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea equipara la stampa tradizionale a quella on line cfr. sent. 16 dicembre 2008, causa C-73/07, Satakun Markkinaporssi; 25/10/2011, Martinez c. Societè MGIM Limited; 25/10/2011, Date Advertising c. X.
[7] Corte Cost. 24 giugno 1970, n. 122.
[8] Cass. 7 febbraio 1975, n. 2129.