Pubbl. Lun, 14 Nov 2016
Concorrenza sleale nei confronti del servizio pubblico di taxi: il blocco dell´app Uber Pop
Modifica paginaIl rapporto conflittuale tra Uber Pop e i tassisti ha toccato tappe sempre più calde fino alla decisione del Tribunale di Milano che, nel luglio 2015, ha bloccato il servizio nel Belpaese. Siamo davvero informati su questo nuovo (e discutibile) esempio di sharing economy?
Ne abbiamo sentito parlare in diverse occasioni del braccio di ferro, spesso sfociato in proteste, disordini ed episodi di cronaca, che vede contrapposto gli autisti delle auto bianche e i guidatori di Uber. In questo scontro a livello globale è giunto finalmente anche il provvedimento di un Tribunale italiano, il quale si è pronunciato, seppure solo in via cautelare, sulla legittimità dell'erogazione di servizi di trasporto pubblico in assenza della normale licenza di radio taxi.
L'analisi del caso di specie può essere affrontata approfondendo, in primo luogo, il quadro normativo concernente il servizio di autotrasporto pubblico non di linea (nel quale vi rientra il "tradizionale" servizio di taxi); in secondo luogo, l'avvento delle tecnologie informatiche predisposte tramite Uber; ed infine l'iter argomentativo seguito nelle due ordinanze emesse dal Tribunale di Milano.
La normativa italiana in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea: L. 21/1992
Appare necessario premettere un sommario richiamo alla disciplina del settore regolato in via generale dalla L. 15 gennaio 1992, n. 21 che attiene agli autoservizi pubblici non di linea definiti dall'art. 1 come quei servizi complementari rispetto agli altri servizi pubblici di linea che "provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone e che vengono effettuati a richiesta dei trasportati, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta" dietro corrispettivo.
La legge quadro distingue tra il servizio di taxi, per il quale sono previsti gli obblighi di stazionamento in luogo pubblico e di applicazione di tariffe regolamentate dai Comuni, e quello di noleggio con conducente (NCC), per cui è disposto l'obbligo di stazionamento all'interno di rimesse presenti nel territorio del Comune, e che si caratterizza per la fruibilità soltanto tramite prenotazione, nonchè per il fatto che le tariffe non sono regolamentate.
In particolare i Comuni stabiliscono (art. 5):
a) numero e tipo di veicoli da adibire ad ogni singolo servizio;
b) modalità di svolgimento del servizio;
c) criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi;
d) requisiti e condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e della autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente.
La normativa in oggetto prevede dettagliatamente quali sono le condizioni per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni da parte dei Comuni (ad esempio, è prevista a tali fini l'iscrizione del richiedente nel ruolo di conducente adibito al servizio di autotrasporto pubblico non di linea istituito presso la Camera di Commercio e tale iscrizione è, a sua volta, condizionata dal possesso dello specifico certificato di abilitazione professionale (CAP) rilasciato dall'Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile a seguito di esame), nonchè le condizioni per lo svolgimento del servizio stesso (ad esempio, obbligo di destinare il veicolo in via esclusiva al servizio di trasporto di terzi, di sottoporlo a controlli periodici, di rispettare i turni e i limiti territoriali e di applicare, nel servizio taxi, le tariffe stabilite secondo i criteri imposti dai Comuni).[1]
L'avvento di Uber: dagli Stati Uniti all'Italia
Uber, azienda statunitense fondata nel 2009 con sede a San Francisco e operante nel settore dei trasporti, si avvale di un'applicazione mobile (Uber) mediante la quale una persona interessata a spostarsi in città può inviare una richiesta ad un autista del servizio Uber, che sempre mediante l'applicazione - tramite tracciamento GPS - riceve una notifica con l'incarico di fornire il trasporto, raggiungendolo e prelevando l'utente nel punto della città in cui si trova per condurlo a destinazione.
I principali tipi di servizi offerti da Uber sono:
1. Uber Black: forma di trasporto pubblico non di linea in cui ci si avvale di una piattaforma tecnologica mobile per mettere più rapidamente in contatto gli autisti e gli utenti; per lo svolgimento di tale servizio si richiede che ciascun autista sia titolare di un'apposita autorizzazione all'erogazione.
Questo servizio definito di "fascia alta" risulta oggetto di critiche in quanto, al contrario del tradizionale NCC, le auto non attendono le chiamate dei clienti in un'autorimessa bensì in giro per la città e concordano il prezzo con l'utente attraverso l'app prima dell'erogazione del servizio.
2. Uber Pop: anche in questo tipo di servizio ci si avvale di un'applicazione informatica (denominata, appunto, Uber Pop), utilizzabile online e facilmente scaricabile su dispositivi smartphone e tablet idonea a permettere l'interconnessione tra gli utenti e i guidatori. La caratteristica principale di siffatto sistema concerne il fatto che gli autisti incaricati del trasporto degli utenti non siano muniti di regolare licenza per trasporto viaggiatori (così come accade nei servizi di taxi e NCC disciplinati dalla L. 15 gennaio 1992, n. 91), bensì dei guidatori che mettono a disposizione il proprio mezzo privato, in cambio del pagamento di una percentuale sul corrispettivo pagato dall'utente per la prestazione di trasporto.
Questo servizio sin dal suo lancio in Italia (avvenuto nel maggio 2014) ha generato grandi contrasti tra le organizzazioni sindacali, le associazione dei tassisti e l'azienda statunitense per diverse ragioni: dalla mancanza della regolare licenza all'utilizzo di tariffe notevolmente più basse rispetto a quelle mediamente praticate dai taxi e dagli esercenti il servizio NCC, dalla preoccupazione derivante dalla scarsa formazione dei conducenti alle perplessità che destano i profili fiscali dello svolgimento dell'attività da parte di Uber. [2]
La decisione del Tribunale di Milano: dal ricorso alla fase di reclamo
Nei confronti del servizio Uber Pop, nel marzo 2015, le principali società di gestione dei servizi di radio taxi insieme ad associazioni di categoria, hanno formulato avanti la sezione delle imprese del Tribunale di Milano ricorso ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere in via cautelare l'inibitoria del servizio Uber Pop ed il conseguente blocco e/o oscuramento dell'applicazione informatica e del sito internet ad essa collegato.
Con ordinanza del 25 maggio 2015 il giudice di prime cure ha accertato il compimento da parte delle società del gruppo Uber di atti di concorrenza sleale per violazione di norme pubblicistiche, ed ha inibito in via cautelare l'utilizzazione sul territorio nazionale dell'applicazione Uber Pop. Gli esiti e le motivazioni della decisione del giudice di prime cure sono state confermate anche nella fase di reclamo cautelare conclusa con ordinanza del Tribunale di Milano del 9 luglio 2015.
I giudici milanesi, fin da subito, hanno ritenuto che il servizio reso dai guidatori Uber fosse del tutto assimilabile al sevizio pubblico non di linea (in quanto servizio offerto al pubblico in maniera indifferenziata, nell'interesse di terzi e dietro corrispettivo, differenziandosi sotto tutti questi profili dall'ormai noto "car sharing") e, come tale, potesse essere svolto solo previa acquisizione del titolo autorizzatorio previsto dalla normativa amministrativa in materia; respingendo, così, le difese adottate dalle società del gruppo Uber che davano una qualificazione del servizio diametralmente opposta a quella dei ricorrenti: in particolare, affermavano che il servizio offerto tramite Uber Pop non costituisce un trasporto pubblico di passeggeri assimilabile al taxi, bensì un servizio di carattere informatico, funzionale a permettere l'utilizzazione condivisa di un'autovettura privata tra persone, al fine di ripartire il costo del trasporto ridurre le emissioni inquinanti. In entrambe le ordinanze il Tribunale di Milano ha ravvisato un rapporto di concorrenza tra il servizio pubblico non di linea (mediante taxi o NCC) e il servizio offerto da Uber Pop, in quanto "entrambi idonei a soddisfare la medesima esigenza di spostamento della clientela" dietro corresponsione di un compenso. In conclusione, l'esercizio dell'attività da parte degli autisti Uber in mancanza dei titoli autorizzatori e al di fuori degli oneri imposti dal regime amministrativo comporta, secondo i giudici meneghini, un effettivo vantaggio concorrenziale idoneo a determinare uno sviamento di clientela indebito, e come tale qualificabile come atto di concorrenza sleale per violazione di norme pubblicistiche ai sensi dell'art. 2595, n. 3, c.c. [3] [4]
Il futuro di Uber nel nostro Paese appare piuttosto incerto, resta il fatto che l'attività svolta mediante il servizio Uber Pop appare, allo stato attuale, in violazione dell'ordinamento interno oltre a costituire, come confermato dalle due ordinanze sopracitate, concorrenza sleale nei confronti degli operatori del servizio taxi.
Riferimenti bibliografici
[1] - Legge 15 gennaio 1992, n. 21, "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea"
[2] - Il Diritto industriale, "Concorrenza sleale per norme pubblicistiche", pagg. 245 - 258, Edizione 3/2015
[3] - Trib. di Milano, 25 maggio 2015 (ord.)
[4] - Trib. di Milano, 9 luglio 2015 (ord.)