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Pubbl. Ven, 30 Set 2016

I procedimenti possessori e l'ordinanza di spoglio

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Angela Cuofano


L´art. 1168 del Codice civile nelle sue sfumature più ampie.


Il caso.

Lo spunto di riflessione nasce, come sempre, da un caso concreto.

Con ricorso, parte ricorrente esponeva di essere proprietaria di un fabbricato dove aveva sempre abitato, fin dagli anni ‘70, quale casa coniugale, insieme al marito, oggi deceduto; che tale abitazione è limitrofa a quella di parte resistente, il quale aveva sempre costruito in aderenza al fabbricato della ricorrente, ma lasciando uno spazio tra le due costruzioni; che a tale intercapedine, all’interno della quale sono collocati i tubi di scarico di proprietà, i coniugi prima e la sola ricorrente poi, in seguito alla morte del marito, avevano sempre avuto pacifico accesso, per la manutenzione delle tubazioni di scarico della propria abitazione, altresì apponendovi una porta in legno. Lamentava, quindi, la ricorrente che, approfittando della propria temporanea assenza,  il resistente aveva inopinatamente chiuso l’accesso al predetto spazio con un muro di blocchetti e cemento, rimosso la porta di legno e pertanto precluso l’attività di manutenzione degli impianti idrici e di scarico; che, in coincidenza con la muratura del vano, le condutture idriche relative alle acque nere non consentivano più il normale scarico delle acque reflue nei sanitari dei bagni posti ai piani superiori dell’abitazione, di fatto inutilizzabili.

Tanto premesso, ritenuta la sussistenza degli estremi dello spoglio violento e clandestino, la ricorrente chiedeva l’immediata reintegrazione nel possesso del passaggio  che consente l’accesso alle tubature idriche e di scarico serventi l’immobile attoreo, nonché l’emissione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari e sufficienti, con ripristino a cura e spese del resistente dello stato dei luoghi, in particolare mediante demolizione del muro e riapposizione dell’originaria porta d’ingresso, con vittoria di spese.
Veniva dunque emesso decreto inaudita altera parte con il quale veniva ordinata l’immediata reintegrazione della ricorrente nel possesso del passaggio per cui è causa, mediante la demolizione del muro e la riapposizione della porta di ingresso, e, in ogni caso, di consentire alla ricorrente l’accesso al vano per la manutenzione degli impianti idrici e di scarico.
Instaurato il contraddittorio, il resistente, pur regolarmente citato, non si costituiva e restava contumace.
All’udienza, il Giudice, assunte sommarie informazioni, si riservava per la decisione.
Il ricorso è fondato e va accolto, dovendo pertanto confermarsi il decreto cautelare.
La ricorrente, liberamente interrogata, oltre a confermare quanto esposto nel ricorso, ha evidenziato di continuare a vivere attualmente in condizioni igieniche del tutto proibitive, non potendo utilizzare né il bagno, né la camera da letto contigua, di essere costretta a dormire in cucina per utilizzare il bagnetto attiguo, situazione fonte di notevole danno, data la sua età e i suoi problemi di salute.

Le circostanze di cui al ricorso hanno poi ricevuto conferma dai sommari informatori escussi.
Il primo, genero della ricorrente, ha offerto piena conferma circa lo spoglio perpetrato. Infatti, ha dichiarato di essere stato presente quando ha riaccompagnato, insieme alla propria consorte, la suocera presso la sua abitazione e di aver costatato personalmente che la porta era stata divelta in loro assenza, che, in luogo della stessa, vi era un muro fresco fatto di cemento con dei blocchi ed ancora, una volta saliti in casa, che la fogna era ostruita, dal momento che l’acqua, invece di ritornare giù, fuoriusciva dal piatto doccia. L’informatore ha aggiunto che il bagno era stato da poco rinnovato ed era perfettamente funzionante e che anche il bagno al piano di sopra, dove abita un’altra parente, presentava le stesse problematiche.
Pur non avendo visto personalmente il resistente fare il muro, l’informatore ha dichiarato che il resistente è l’unico, insieme alla ricorrente, ad avere accesso al punto, peraltro oggetto di contesa tra le parti.

In ordine, poi, al possesso sullo spazio, l’informatore ha precisato che lo stesso, dove sono posizionati i tubi, è sempre stato aperto, sin da prima del suo matrimonio nel 1995, e che la porta fu apposta su autorizzazione del giudice, senza essere mai chiusa a chiave, ma solo poggiata con del fil di ferro. Ha dunque confermato l’accesso da parte della ricorrente.
Anche l’altro informatore escusso, parente di entrambe le parti in causa, ha confermato integralmente la chiusura dello spazio mediante la realizzazione del muro, dichiarandosi certo dell’attribuibilità di tale condotta al resistente, sia in ragione dei rapporti non amichevoli tra le
parti, che in ragione delle controversie esistenti tra le stesse. L’informatore ha, altresì, confermato la grave situazione esistente nell’immobile della ricorrente, in ragione della circostanza che “l’acqua torna indietro”, ritenendo che la causa debba rinvenirsi comunque nella condotta del resistente, che “oltre a fare il muro ha otturato il tubo".

Ciò posto, sono necessarie alcune specificazioni in punto di diritto.

L'art. 1168 c.c.:  falso amico o valido alleato?

La disposizione regola l'azione di reintegrazione (detta anche di spoglio); essa, esperibile anche dal detentore, protegge il possessore cui venga sottratto in tutto o in parte il possesso della cosa, prevedendo la reintegrazione, ossia il ripristino della situazione possessoria compromessa. Ha, dunque, una funzione recuperatoria; perché possa aversi tale risultato, bisogna che chi ha operato lo spoglio abbia ancora effettiva disponibilità della cosa tolta al possessore. In ipotesi di perdita di quest'ultima, l'autore dello spoglio termina di essere il destinatario dell'azione di reintegrazione, ferma rimanendo pur sempre la responsabilità per il fatto illecito commesso.

Se, però, la cosa è stata trasferita ad un terzo a conoscenza dell'avvenuto spoglio, l'azione di reintegrazione è esperibile anche contro costui.

La privazione del possesso della cosa, deve essere avvenuto in modo violento od occulto, deve avvenire, cioè, contro la volontà di chi venga privato del possesso, ossia senza che questi ne venga a conoscenza, se non successivamente. L'azione di reintegrazione è possibile quando in caso di spoglio non violento o non occulto, ma, in tal caso, solo al ricorrere delle condizioni per l'esperibilità dell'azione di manutenzione, che, pertanto, non è esercitabile dal semplice detentore.

Nel caso di specie, si evidenzia che, secondo costante giurisprudenza, il terzo comma dell'articolo colma, in conformità all'orientamento della dottrina maggioritaria, una lacuna del vecchio codice stabilendo che, in caso di spoglio clandestino, il termine non comincia a decorrere se non dal giorno della scoperta dello spoglio. È appena il caso da un lato di sottolineare il carattere oggettivo del requisito della clandestinità e di rilevare come alla scoperta effettiva dello spoglio non possa non venire equiparata la possibilità di scoperta da parte di un possessore di normale diligenza; dall'altro di osservare come, quando lo spoglio non sia clandestino, il termine non decorre dal completo esaurimento dei fatti che lo costituiscono, ma dalla esecuzione anche parziale di essi, quante volte questa valga ad impedire comunque l'esercizio del possesso del medesimo e dal primo dei pia atti di spoglio, ove essi siano collegati e diretti contro lo stesso possesso, ispirati ad un unico fine con unica intenzione, per modo che ciascuno di tali atti debba considerarsi continuazione ed ulteriore esplicazione di quelli precedenti. (1)

Tra le altre cose la stessa giurisprudenza, con un indirizzo a dir poco granitico, ha più volte evidenziato come la differenza oggettiva tra molestia e spoglio si apprezza non sul piano della quantità, ma su quello della natura dell’aggressione, nel senso che lo spoglio incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l’oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l’attività di godimento del possessore, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole o scomodo. (2)

Conclusioni.

In conclusione, potendosi ritenere provato che l’autore della condotta sia la parte resistente, in ragione delle univoche risultanze a suo carico, dal momento che è il solo ad aver accesso all’area oltre alla ricorrente e che i rapporti fra i due sono notoriamente tesi.
A ciò deve aggiungersi che il resistente, non costituendosi, non ha offerto al Giudicante alcun elemento probatorio di segno contrario, e dunque tali da formare un diverso convincimento.
Pertanto, gli elementi così raccolti non possono che condurre in questa sede all’accoglimento delricorso, con conferma del decreto cautelare già emesso, facendosi ordine al resistente di reintegrare immediatamente la ricorrente nel possesso del passaggio per cui è causa, mediante la demolizione del muro e la riapposizione della porta di ingresso, e, in ogni caso, di consentire alla ricorrente l’accesso al vano per la manutenzione degli impianti idrici e di scarico, autorizzando la ricorrente, in mancanza, a provvedere in danno del resistente.

 

(1) Cass. n. 7741/2014;

(2) v., tra le altre, Cass., 20.6.1995, n. 6956; Cass., 28.7.1986, n. 4835; Cass., 6.12.1984, n. 6415; Cass., 27.6.1978, n. 3179; Cass., 22.1.1976, n. 198.