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Pubbl. Mer, 27 Lug 2016

La prescrizione nei reati edilizi al vaglio delle Sezioni Unite

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Paola Romito


Un´innovativa pronuncia tra efficienza procedimentale e garanzie processuali


La disciplina prevista in materia edilizia trova la sua fonte principale nella L. n. 47/85 e nel D.P.R. n. 380/2001, in cui il legislatore si preoccupa di disporre delle regole per sanzionare quelle costruzioni edilizie abusive effettuate in assenza di titolo legittimante o in violazione delle regole urbanistiche.

Trattasi di contravvenzioni punite con l’arresto o l’ammenda e per le quali è prevista l’applicazione delle regole ordinarie in materia di prescrizione, per cui il relativo termine è di 4 o 5 anni a seconda dell’assenza o meno di fattori interruttivi, quale, a titolo esemplificativo, la citazione  a giudizio.

La normativa edilizia in aggiunta alle regole ordinarie, prevede due ipotesi di sospensione dei termini  prescrizionali.

La prima delle predette ipotesi consegue alla procedura prevista per il condono edilizio, istituito per regolarizzare violazioni a carattere sostanziale, per opere realizzate in un predeterminato lasso temporale ed in violazione della normativa urbanistica o in assenza di alcun titolo abilitativo. In particolare, detta disciplina, prevista dalla vecchia normativa ex artt. 38 e 44 della L. n. 47/85, si caratterizza per avere una limitata efficacia nel tempo e per essere subordinata al pagamento di un’oblazione, producendo effetti estintivi anche per reati conseguenti alle violazioni di norme antisismiche e costruzioni in cemento armato. Tale procedura prevede due ipotesi di sospensione del procedimento penale, una cd. obbligatoria ed una cd. automatica, le quali, secondo un primo orientamento giurisprudenziale, erano applicabili a tutti i reati edilizi, mentre secondo una diversa tesi erano limitate ai reati commessi dopo il 31/12/93, data individuata dalla L. n. 724/94 come termine ultimo di completamento delle opere condonabili. Nel 1999 le Sezioni Unite hanno sposato quest’ultima interpretazione.

La seconda ipotesi di sospensione del procedimento penale, anche questa come la precedente finalizzata a regolarizzare violazioni edilizie ma a carattere formale, è invece disciplinata dagli artt. 36 e 45 del D.P.R. n. 380/2001. Tale procedura, in sostanza, se validamente esperita, consente il recupero degli interventi abusivi, previo accertamento della conformità di questi agli strumenti urbanistici e alla disciplina normativa.

Anche in questo caso è previsto il pagamento di una somma a titolo di oblazione e su di essa si pronuncia l’autorità amministrativa nel termine di 60 giorni dalla presentazione della richiesta, decorsi inutilmente i quali la stessa si intende respinta attraverso la formazione  di un silenzio rifiuto avente, come noto, valore provvedimentale.

È proprio su quest’ultima ipotesi che si è pronunciata pochi mesi fa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, per dirimere un contrasto che si era sviluppato nel tempo.

Con la sentenza in oggetto, infatti, le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla rilevanza della sospensione del procedimento penale ai fini del computo del termine prescrizionale del reato. In particolare, oggetto specifico della pronuncia è l'incidenza sul corso del termine di prescrizione del reato edilizio, di quel periodo di sospensione processuale che consegue alla pendenza del procedimento amministrativo finalizzato ad ottenere la sanatoria per l'abuso realizzato.

Per comprendere compiutamente i termini della questione è opportuno preliminarmente evidenziare l’incidenza delle ipotesi di sospensione del procedimento nel computo dei termini di prescrizione dei reati che, unitamente agli atti interruttivi, intervengono si di essa prolungandola.

A differenza però degli atti interruttivi, in presenza dei quali la prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione ex art. 160 co. 3 c.p., seppur nei limiti di cui all’art. 161 co. 2 c.p., nei casi di sospensione la prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa di sospensione.

Sulla base di tale premessa è quindi intuitivo comprendere le conseguenze derivanti dal riconoscere ad una determinata ipotesi un’efficacia sospensiva limitata nel tempo, più o meno lunga.

Su tale aspetto verteva il contrasto giurisprudenziale predetto: una prima teoria riteneva che il disposto di cui all’art. 36 DPR 380/01, laddove stabilisce un termine di 60 giorni per consentire alla autorità competente di pronunciarsi, prevedesse contestualmente il termine massimo di sospensione del procedimento e dei relativi termini prescrizionali, con conseguente illegittimità di una sospensione più lunga.

Al contrario, un’altra tesi, subordinava la durata della sospensione a quella dell’intera durata del procedimento teso ad ottenere il permesso in sanatoria, anche se superiore a 60 giorni.

Le Sezioni Unite con sentenza 13 aprile 2016 n. 15427, richiamando parte dei propri precedenti del 1999 e del 2001, hanno precisato innanzitutto che il giudice, prima di dichiarare la sospensione procedimentale e prescrizionale deve accertare la sussistenza dei requisiti, in assenza dei quali la sospensione non produce effetto.

In secondo luogo hanno stabilito che, qualora siano le parti a chiedere il differimento dell’udienza oltre il temine di 60 giorni previsto dalla norma, i termini di prescrizione si sospendono per tutta la durata del procedimento, con la conseguenza che da un alto la disciplina non risulterà ostativa ad una vantaggiosa pronuncia tardiva dell’autorità competente, dovuta alle lungaggini procedimentali; dall’altro impedirà alle parti di ricorrere ai differimenti d’udienza per eludere i termini di prescrizione e beneficiare così di una facile sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione. La Corte ha, in tal senso, previsto in questa ipotesi l’applicabilità dell’art. 159 co. 1 n.3 anche per i reati concorrenti, ogniqualvolta il rinvio venga disposto su istanza di parte.

Questo il principio di diritto formulato dalla Suprema Corte:

“La sospensione del processo, prevista nel caso di presentazione della istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 deve essere considerata ai fini del computo dei termini di prescrizione del reato edilizio. In caso di sospensione del processo disposta su richiesta dell’imputato o del suo difensore oltre il termine previsto per la formazione del silenzio-rifiuto ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, opera la sospensione del corso della prescrizione a norma dell’art. 159, primo comma, n. 3, cod. pen.”.

Nell’attesa che venga emanata la tanto attesa legge di riforma generale della disciplina della prescrizione dei reati sollecitata, del resto, dai recenti e plurimi contrasti tra ordinamento nazionale e comunitario, alla giurisprudenza nazionale continua a riconoscersi il ruolo principale di interprete del diritto che, in specie attraverso la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, mira a dirimere i contrasti insorti tra gli operatori del diritto, garantendo un’applicazione uniforme e coerente con le esigenze del tempo, di cui la pronuncia in esame costituisce un esempio emblematico.