Il creditore che procede all'esecuzione senza avvisare il terzo pignorato paga le spese
Modifica paginaLa Cassazione, con la sentenza n. 9390 del 2016, ha stabilito che se il creditore procede alla notifica dell´ordinanza di assegnazione insieme al precetto, senza avvisare il terzo pignorato, le spese per il precetto sono a carico del creditore.
1 La disciplina dell’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi
Prima di procedere all’esame della recente sentenza della Cassazione[1] che ha sancito un principio importante in relazione alle ipotesi in cui il creditore procedente notifichi l’ordinanza di assegnazione in forma esecutiva al terzo pignorato contestualmente all’atto di precetto configurando un abuso dello strumento processuale, bisogna precisare le opposizioni proponibili in tema di esecuzione.
L’articolo 615 c.p.c. disciplina l’opposizione all’esecuzione che mira a contestare il diritto di procedere ad esecuzione della parte istante. La legittimazione attiva spetta a tutti coloro che subiscono l’esecuzione, viceversa il creditore procedente sarà legittimato passivamente. Come sostenuto da autorevole dottrina[2] l’opposizione può riguardare “1) l’inesistenza, originaria o sopravvenuta (Ad es., per via di una riforma in appello della sentenza) del titolo esecutivo o la sua inidoneità a fondare l’esecuzione (ad es., un titolo stragiudiziale per l’esecuzione di un obbligo di fare); 2) il difetto di legittimazione, attiva o passiva, dei soggetti dell’esecuzione (ad es. si nega la qualità di debitore); 3) l’impignorabilità dei beni esecutati (ad es., viene sottoposto ad esecuzione un bene di cui all’art. 514 c.p.c.).”. E’ importante sottolineare che relativamente ai titoli giudiziali vi è il limite del giudicato che copre il dedotto e deducibile: pertanto l’opposizione all’esecuzione può vertere solo su fatti modificativi o impeditivi verificatisi dopo il giudicato. Per i titoli stragiudiziali non esiste tale limitazione. Per poter procedere al pignoramento è indispensabile la notifica di precetto e titolo esecutivo da parte del creditore istante. E’ fondamentale effettuare una distinzione tra l’opposizione ad esecuzione iniziata e ad esecuzione non ancora iniziata: infatti come si rileva in dottrina[3] “quando ancora non è iniziata la procedura esecutiva, si può proporre opposizione al precetto con atto di citazione da proporre al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’art. 27 c.p.c.”. In tal caso l’atto introduttivo seguirà le forme ordinarie. Nel caso di un’opposizione ad esecuzione già iniziata, l’opposizione va proposta con ricorso direttamente al giudice dell’esecuzione.
L’opposizione agli atti esecutivi invece si sostanzia in un controllo relativo alla regolarità formale degli atti: a differenza dell’opposizione all’esecuzione che concerne l’an, l’opposizione agli atti esecutivi concerne il quomodo. I legittimati attivi sono il debitore, il terzo che subisce l’esecuzione, il creditore procedente e gli intervenuti. La legittimazione passiva è in capo a chi ha posto in essere l’atto contestato. Parte accreditata della scienza giuridica rileva che con l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. si contesta “1) la regolarità formale del titolo esecutivo (ma non la nullità, per la quale si ricadrebbe nell’ambito dell’opposizione all’esecuzione); 2) la regolarità formale del precetto (sono invece qui ricomprese anche le ipotesi di nullità e di mancanza del precetto); 3) la regolarità formale della notificazione del titolo esecutivo e del precetto; 4) la regolarità formale dei singoli atti dell’esecuzione.”. E’ possibile pertanto sulla base delle classificazioni effettuate stabilire la fondamentale differenza tra l’opposizione disciplinata dall’art. 615 c.p.c. e l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c.: invero l’opposizione all’esecuzione riguarda il merito dell’esecuzione mentre l’opposizione agli atti esecutivi concerne la forma. Inoltre l’opposizione agli atti esecutivi dev’essere esperita entro il termine decadenziale di venti giorni dalla notificazione o dalla conoscenza legale dell’atto che si vuole contestare. Per quel concerne la competenza, essa è attribuita in capo al giudice che sarebbe competente in sede di esecuzione ex art. 480 c.p.c.
2 L’abuso dello strumento processuale
Sempre più importanza ha assunto nel tempo la costituzionalizzazione dei principi del giusto processo: infatti il processo deve rispettare i crismi previsti dall’art. 111 della Carta Costituzionale. Il dibattito intorno all’abuso del processo è stato molto ampio: invero soprattutto nei rapporti giuridici di credito sovente può accadere che vi sia un abuso dello strumento processuale. Si pensi al caso in cui recentemente la Cassazione[4] ha sanzionato la condotta del creditore che con eccessiva prudenza, eccedendo il mezzo della cautela, abusi del processo ed iscriva un’ipoteca eccessiva e sproporzionata sui beni del debitore. Pertanto il processo civile deve tendere ad assicurare alle parti le utilità perdute o violate. Nella sentenza che si analizzerà nel paragrafo successivo la Suprema Corte si è occupata del diritto di informazione del terzo pignorato: la Cassazione si è espressa sulla possibilità che vi sia un abuso dello strumento esecutivo allorquando il creditore procedente notifichi l’ordinanza di assegnazione in forma esecutiva al terzo pignorato insieme all’atto di precetto in caso di mancata informazione preventiva da parte dello stesso creditore procedente. Il punto critico posto all’attenzione dei giudici di legittimità riguarda non solo la mancata informazione al terzo pignorato ma le possibili conseguenze della mancata informazione: infatti ben potrebbe accadere che il terzo pignorato risulti incolpevolmente inadempiente e in tal caso occorre stabilire se le spese sostenute per il precetto nel caso di notifica in forma esecutiva restino a carico del creditore stesso o siano a carico del terzo pignorato.
3 La recente sentenza della Cassazione (n. 9390 del 2016) che tutela il terzo pignorato in caso di mancata informazione da parte del creditore procedente
La Cassazione nella sentenza in esame si è pronunciata in merito ad una questione concernente una querelle tra la Banca di Roma e sedici soggetti, già creditori dell’INPDAP, che avevano notificato le ordinanze di assegnazione ottenute nelle procedure esecutive contro l’ INPDAP unitamente all’atto di precetto. Il Pretore di Catanzaro aveva statuito che la Banca di Roma non doveva al creditore procedente “le spese ed i diritti non previsti nelle ordinanze di assegnazione poste a fondamento degli atti di precetto opposti.”.[5]
Come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza n. 4578 del 22 Febbraio 2008:" L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, nell'espropriazione forzata presso terzi, su istanza di assegnazione del creditore procedente qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il relativo provvedimento di assegnazione rappresenta un atto del processo esecutivo poiché è assunta nell'ambito dell'attività esecutiva e non di quella di accertamento del credito; ne consegue che detto provvedimento deve essere contestato con l'opposizione agli atti esecutivi, allegando che la dichiarazione era in realtà negativa e che, dunque, mancava il presupposto per l'assegnazione." (principio già affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10180 del 16 Maggio 2005)
Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non avrebbe seguito i due principi di diritto enunciati dalla Cassazione con sentenza di rinvio[6] in base ai quali: “- l’ordinanza di assegnazione costituisce verso il terzo titolo esecutivo; - l’inadempimento del terzo deve poter essere superato dal creditore ed il modo non può essere rappresentato che da una esecuzione forzata per espropriazione.”. Quindi, a detta del ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe disatteso la possibilità di notificare l’ordinanza di assegnazione (che è titolo esecutivo) unitamente all’atto di precetto ai sensi dell’art. 479 c.p.c. Dopo la notifica dell’atto di precetto, per poter procedere all’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 480 c.p.c. bisognava attendere almeno dieci giorni. Questo motivo di ricorso viene ritenuto infondato in quanto la Cassazione con la sentenza di rinvio non aveva posto alcun principio di diritto a carico della Corte d’Appello ma semplicemente aveva ravvisato un’omessa pronuncia su un motivo d’appello. In particolare la Corte d’ Appello ha riconosciuto che “ l’ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell’art. 553 c.p.c. ha natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo assegnato e quindi è potenzialmente idonea a fondare la pretesa verso quest’ultimo anche di somme ulteriori, per spese e competenze, rispetto a quelle liquidate dalla stessa ordinanza. Ha tuttavia reputato che il terzo possa essere qualificato come soggetto esposto ad una procedura esecutiva sulla base dell’ordinanza di assegnazione, solo dopo che costui all’indomani della notifica del provvedimento abbia tenuto una condotta inadempiente all’ordine del giudice in essa contenuto.”[7]. I giudici di Piazza Cavour effettuano un ragionamento più ampio perché ritengono che nel caso di assegnazione di somme pignorate si ha una cessione coattiva del credito in virtù della quale cambia il soggetto obbligato al pagamento: quindi non è più il creditore che e’ tenuto a pagare ma bensì il terzo pignorato. Tuttavia la Corte di Cassazione afferma che tale modifica sostanziale del rapporto giuridico debba essere portata a conoscenza del soggetto pignorato: il problema pertanto si pone in caso di mancata informazione. Invero, nel caso in cui il terzo venga informato non vi sono problemi perché se non adempie in modo consapevole, ben potrà essere esperita l’azione esecutiva nei suoi confronti.
La Suprema Corte quindi adotta una soluzione condivisibile in quanto afferma che “In tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 553, c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell’ordinanza di assegnazione”[8]. I giudici di legittimità pertanto riconoscono l’importanza dell’informazione preventiva che il creditore procedente deve rendere al terzo pignorato: quindi il terzo procedente potrà comunicare l’ordinanza di assegnazione al terzo o potrà notificare tale provvedimento in forma esecutiva. La Suprema Corte però chiarisce che nella seconda ipotesi citata non può essere intimato l’atto di precetto contestualmente all’ordinanza di assegnazione perché non si applica l’articolo 479 terzo comma c.p.c. Nel caso in cui il precetto venga redatto successivamente rispetto all’ordinanza di assegnazione e viene notificato insieme ad essa, allora è configurabile un abuso dello strumento esecutivo.
Pertanto la Cassazione specifica che “se l’ordinanza di assegnazione pronunciata ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ. viene notificata al terzo in forma esecutiva contestualmente all’atto di precetto, senza che gli sia stata preventivamente comunicata né altrimenti resa nota, è inapplicabile l’art. 95 cod.proc.civ. e le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente”[9]. Ad avviso di chi scrive si tratta di una soluzione giusta e ragionevole soprattutto se si aderisce alla tesi della cessione coattiva del credito e art. 1264 c.c. : infatti l’assegnazione della somma pignorata comporta il cambiamento del soggetto tenuto al pagamento ma è ragionevole che l’ordinamento appresti tutela al terzo pignorato nelle ipotesi in cui non sia reso edotto tramite comunicazione del creditore procedente della situazione giuridica posta in essere. E' giusto, ad avviso di chi scrive, che le spese restino a carico del creditore procedente nella misura in cui quest’ultimo non dia la possibilità al terzo pignorato di conoscere preventivamente la situazione.
[1] Cass., Terza Sezione Civile, 2 Febbraio 2016, n. 9390
[2] Paolo Spaziani – Franco Caroleo, Manuale di Diritto Processuale civile, Nel diritto editore, 2016, pag. 412.
[3] Paolo Spaziani – Franco Caroleo, Manuale di Diritto Processuale civile, Nel diritto editore, 2016, pag. 415.
[4] Cass. Civ,,sezione terza, n. 9390 del 10 Maggio 2016
[5] Sentenza in esame, pag. 6.
[6] Cass. Civ., n. 5368 del 2003
[7] Sentenza in esame, pag. 10.
[8] Sentenza in esame, pagg. 20-21
[9] Sentenza in esame, pag.21.