L'obbligazione tributaria. Principi e fondamento.
Modifica paginaI rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente sono riconducibili ai rapporti di natura obbligatoria. Da tale assunto deriva l´applicabilità della disciplina privatistica delle obbligazioni e dei relativi principi.
Sommario: 1. L’obbligazione tributaria; 2. Buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione; 3. Dovere di contribuire alle spese dello Stato; 4. Conclusioni.
1. L’obbligazione tributaria.
Il rapporto che si instaura tra Amministrazione Finanziaria e contribuente è da definirsi un vero e proprio rapporto di natura obbligatoria. Come noto, l’obbligazione[1] è la relazione tra soggetti che si trovano in posizione giuridica soggettiva opposta: attiva e passiva. Nella fattispecie è ravvisabile una parte attiva (creditore) che è rappresentata dall’Amministrazione Finanziaria ed una parte passiva (debitore) ovvero il contribuente. All’obbligazione tributaria è chiaramente applicabile la disciplina privatistica delle obbligazioni e, dunque, tutti i principi che la governano: buona fede[2], leale collaborazione[3], correttezza[4], diligenza. Buona fede e correttezza riguardano entrambe le parti del rapporto obbligatorio; mentre la correttezza è riferibile principalmente alla parte attiva e la diligenza per lo più alla parte passiva. Il creditore deve comportarsi correttamente, così come il debitore è tenuto ad adempiere con la diligenza[5] del buon padre di famiglia. L’obbligazione si considera estinta e, dunque, il debitore liberato, ogniqualvolta sia soddisfatto l’interesse del creditore. Il contribuente, altresì, si libera dall’obbligazione tributaria con l’adempimento della prestazione dovuta. L’adempimento deve essere esatto per soddisfare l’interesse creditorio e totale, salvo che il creditore accetti un adempimento parziale. L’obbligazione tributaria ha carattere patrimoniale avendo ad oggetto una somma di denaro che il contribuente è tenuto a corrispondere al fisco. Può trattarsi di imposte ed in tal caso il contribuente deve pagare la somma senza che vi corrisponda un servizio da parte dell’Amministrazione Finanziaria e tale obbligo trova tutela costituzionale espressa all’art. 53 che sancisce il principio della capacità contributiva come presupposto per l’obbligazione tributaria. La capacità contributiva è l’idoneità di un soggetto a concorrere alle spese dello Stato. Il contribuente, tuttavia, può essere tenuto a corrispondere il pagamento di una tassa ottenendo in tale ipotesi un servizio o, ancora, può essere tenuto al versamento di contributi. Nonostante la disciplina applicabile sia quella privatistica, il rapporto tra Amministrazione Finanziaria e contribuente non è di corrispettività, ma di correlatività. Nessun rapporto di natura sinallagmatica è ravvisabile perché la fonte dell’obbligazione tributaria resta sempre e comunque la legge e non l’autonomia privata. Tra Amministrazione Finanziaria e contribuente non è configurabile un rapporto paritario, ma di imperio ovvero di supremazia dell’Amministrazione Finanziaria sul contribuente. Il contribuente è tenuto a corrispondere all’erario le somme dovute entro un termine prestabilito a carattere “essenziale” decorso il quale l’Amministrazione procederà coattivamente per ottenere l’adempimento dell’obbligazione tributaria. Da ciò consegue che il contribuente o adempie spontaneamente oppure sarà costretto ad adempiere all’obbligazione mediante la cd. riscossione[6] coattiva. La natura legale dell’obbligazione tributaria si desume dal disposto di cui all’art. 23 della Carta Costituzionale a tenore del quale “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
2. Buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione.
L’Amministrazione Finanziaria deve comportarsi secondo i principi dell’imparzialità e del buon andamento. Ciò significa che nell’effettuare il prelievo fiscale deve tener conto dell’effettiva situazione economica del contribuente e l’avviso di accertamento eventualmente emesso deve essere legittimo. I provvedimenti della Pubblica Amministrazione, come noto, godono di una presunzione di legittimità che il contribuente può scardinare solo provando una condotta dell’Amministrazione contra legem. Ad esempio, il provvedimento sarà legittimo nel momento in cui il contribuente sarà stato chiamato a contraddire e a presentare le sue osservazioni in tutte quelle ipotesi in cui il contraddittorio è tassativamente previsto. Ecco che il contraddittorio torna ad essere una garanzia per il contribuente al fine di evitare automatismi nell’ emissione di atti che non trovano alcuna ragione giustificatrice. Solo così l’operato dell’Amministrazione potrà essere considerato legittimo e conforme ai principi di cui all’art. 97 della Carta Costituzionale. In tema di contraddittorio di grande interesse è la sentenza della Cassazione civile sez. un. 09 dicembre 2015 n. 24823 a tenore della quale “differentemente dal diritto dell'Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l'obbligo dell' amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. A ciò si aggiunga che tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati per consentire al contribuente di conoscere le ragioni del prelievo fiscale e preparare un’adeguata difesa. L’iter logico-giuridico, infatti, consente al contribuente di verificare la legittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione e la sua conformità ai principi costituzionali. Non deve trattarsi di un mero recupero, ma di un recupero giusto ed equo. Ad abundantiam “con l'entrata in vigore dello Statuto del contribuente, che trova fondamento nel diritto comunitario, vengono attuati in materia tributaria tutti i principi di partecipazione di cui alla legge n. 241 del 1990; infatti instaurandosi la fase del contraddittorio tra le parti all'interno del procedimento tributario, si sostanzia il principio di leale collaborazione tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, cui è collegato il rispetto dell'obbligo di comunicazione degli atti imponibili e la realizzazione del diritto di difesa della persona fisica nonché il buon andamento della pubblica amministrazione” (Comm. trib. reg. Catanzaro (Calabria) sez. III 14 marzo 2016 n. 410).
3. Dovere di contribuire alle spese dello Stato.
A carico dei contribuenti sussiste un duplice obbligo: presentare la dichiarazione tributaria[7] e versare all’erario l’imposta dovuta. Mediante il sistema dell’autotassazione ovvero denuncia verificata il contribuente rende edotta l’Amministrazione Finanziaria della propria situazione reddituale e dell’idoneità della stessa a far sorgere l’obbligazione tributaria. Per ciò che concerne l’obbligo per il contribuente di provvedere al versamento dell’imposta dovuta, nel nostro ordinamento vige il cd. principio di capacità contributiva costituzionalmente tutelato all’art. 53 e, a tenore del quale, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese dello Stato in ragione della propria capacità contributiva” che, in altre parole, cristallizza il dovere di tutti a contribuire alle spese sostenute dallo Stato. Infatti, per l’esercizio della sua attività, l’Amministrazione Finanziaria necessita di entrate che provengono direttamente dai cittadini-contribuenti[8]. E, questi ultimi, sono tenuti in virtù di un dovere assoluto e immanente che proviene direttamente dalla legge. Ravvisiamo, altresì, una duplice tutela: da un lato l’Amministrazione Finanziaria può recuperare somme utili per l’esercizio della sua attività e, dall’altro, il cittadino contribuente è tenuto a pagare solo se produce reddito ed in base allo stesso, non potendosi pretendere un quantum debeatur superiore perché altrimenti si configurerebbe una violazione di legge (art. 53 Costituzione). L’adempimento può avvenire spontaneamente oppure coattivamente mediante il sistema della riscossione ad opera dell’Agente della riscossione. Legittimato attivo a pretendere l’adempimento è l’ente impositore che tutela il pubblico interesse, mentre soggetto passivo è colui che ha maturato il presupposto d’imposta ed è tenuto, dunque, al pagamento dell’imposta[9]. Il presupposto d’imposta è il fatto economico attribuibile al soggetto che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria. Nel caso di imposta sulle persone fisiche (Irpef), ad esempio, il presupposto non è altro che la produzione di reddito[10]. Il reddito va inteso come somma di denaro derivante da un’attività produttiva. Restando in tema di irpef, si applicherà il cd. principio di progressività[11] a tenore del quale l’imposta dovuta aumenta all’aumentare della base imponibile, laddove, per base imponibile è da intendersi il reddito complessivo depurato delle spese deducibili. Il principio di progressività è il principio che governa le imposte dirette e trova cittadinanza all’art. 53, comma 2, della Carta Costituzionale. Esso è la massima espressione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), atteso che, a situazioni economiche uguali corrisponde la medesima tassazione e a situazioni economiche differenti una tassazione differente. Al punto che gli artt. 3 e 53 della Costituzione vanno letti in combinato disposto e formano un unicum inscindibile. Si tien conto, dunque, delle condizioni personali e familiari del soggetto passivo secondo una tassazione per scaglioni. Di converso, nell’ipotesi di imposta di registro il fatto economico da cui trova scaturigine il dovere contributivo va ravvisato nella registrazione di un atto. L’imposta di registro[12] colpisce i trasferimenti di ricchezza ed è un’imposta indiretta che non subisce variazioni in base alla capacità contributiva del soggetto, ma si collega al valore intrinseco dell’atto. L’imposta di registro segue, dunque, il principio di proporzionalità[13]. Ecco che, allora, appare netta la linea di demarcazione tra imposte dirette e imposte indirette[14], laddove le imposte dirette considerano la situazione “attuale e concreta” del contribuente al fine di colpire un’effettiva capacità contributiva, mentre le imposte indirette colpiscono una capacità contributiva meramente “indiretta”.
4. Conclusioni.
La disciplina tributaria è governata dai principi costituzionali che sono recepiti in modo diretto ed immediato dallo Statuto dei diritti del contribuente. In particolare, principio cardine, è la leale collaborazione tra fisco e contribuente che si concretizza nell’adempimento dell’obbligo contributivo da parte del cittadino contribuente e del rispetto della capacità contributiva da parte dell’Amministrazione Finanziaria. L’interesse, quello fiscale, non è solo quello di recuperare somme da utilizzare per l’esercizio dell’attività amministrativa, ma anche quello di effettuare un prelievo fiscale giusto ed equo nel pieno rispetto dei principi costituzionali.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cassazione civile sez. III 18 maggio 2016 n. 10140 in www.dejure.it “L'adempimento spontaneo di un'obbligazione da parte del terzo determina l'estinzione dell'obbligazione, anche contro la volontà del creditore, ma non attribuisce automaticamente al terzo un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore, non essendo in tal caso configurabili né la surrogazione per volontà del creditore, prevista dall'art. 1201 c.c., né quella per volontà del debitore, prevista dall'art. 1202 c.c., né quella legale di cui all'art. 1203 n. 3 c.c.”
[2] Cassazione civile sez. trib. 20 gennaio 2016 n. 967 in www.dejure.it “in tema di contenzioso tributario, l'Amministrazione finanziaria, ove contesti al cessionario/committente l'assenza di buona fede in caso di irregolarità fiscali o di evasione, ha l'onere di provare ed allegare gli elementi probatori su cui si fondi la contestazione, tra i quali possono rilevare, in via indiziaria, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione della prestazione dal fatturante, l'assenza della minima dotazione personale e strumentale, l'immediatezza dei rapporti (cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente), una conclamata inidoneità allo svolgimento dell'attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell'operazione. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lazio, 27/05/2010)”.
[3] Consiglio di Stato sez. III 25 novembre 2015 n. 5359 in www.dejure.it “Prima della scadenza del termine per il recepimento delle direttive comunitarie nell'ordinamento giuridico interno è inconfigurabile qualsiasi efficacia diretta in quest'ultimo e, in particolare, nei c.d. rapporti verticali delle direttive europee (che, quindi, non possono essere qualificate, in tale situazione, come self-executing), per quanto dettagliate e complete; ma, non di meno, le stesse conservano un'efficacia giuridica, ancorchè limitata, che vincola sia i legislatori sia i giudici nazionali ad assicurare, nell'esercizio delle rispettive funzioni, il conseguimento del risultato voluto dalla direttiva; quanto ai contenuti di tale ridotta efficacia, si è, in particolare, chiarito che, in pendenza del termine per il recepimento, il rispetto del principio di leale collaborazione sancito all'art. 4, par.3, del Trattato UE impedisce, per un verso, al legislatore nazionale l'approvazione di qualsiasi disposizione che ostacoli il raggiungimento dell'obiettivo al quale risulta preordinata la direttiva e impone, per un altro, ai giudici nazionali di preferire l'opzione ermeneutica del diritto interno maggiormente conforme alle norme eurounitarie da recepire, di guisa che non venga pregiudicato il conseguimento del risultato voluto dall'atto normativo europeo. (AnnullaTarLazio, Roma, sez. III, n. 851 del 2015)”.
[4]Cassazione civile sez. III 20 aprile 2012 n. 6283 in www.dejure.it “in base alle regole della responsabilità civile, l'amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità dell'azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell'adottare l'atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno alla sua azione di carattere discrezionale”.
[5] Cassazione civile sez. II 19 aprile 2016 n. 7708 in www.dejure.it “L'obbligo di diligenza, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 1176, comma 2, e 2236 c.c. impone al legale di informare l'assistito di tutte le questioni in fatto e in diritto ostative al raggiungimento del risultato o, comunque, produttive del rischio di effetti dannosi. La semplice sottoscrizione della procura non è idonea a dimostrare una corretta informazione da parte del legale al proprio assistito delle scelte processuali. E' onere dell'avvocato dimostrare di aver informato correttamente il proprio assistito sulle possibili conseguenze di una scelta processuale (nella specie, una società aveva citato in giudizio il proprio difensore al fine di veder dichiarato risolto il contratto d'opera professionale per inadempimento del professionista stante l'omessa chiamata in causa del terzo)”.
[6]Cassazione civile sez. lav. 01 marzo 2016 n. 4032 in www.dejure.it “l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali è subordinata, ai sensi dell'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999, all'emissione di un provvedimento esecutivo del giudice ove l'accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all'autorità giudiziaria, senza distinguere se esso sia eseguito dall'ente previdenziale ovvero da altro ufficio pubblico e senza richiedere la conoscenza, da parte dell'ente creditore, dell'impugnazione proposta. (Nella specie, la S.C., confermando la pronuncia di merito, ha escluso la correttezza dell'iscrizione a ruolo effettuata dall'INAIL sulla base di un verbale di accertamento dell'INPS non esecutivo, in quanto impugnato in un giudizio ancora pendente nei confronti del solo ente accertatore). (Cassa con rinvio, App. Catanzaro, 13/07/2010).
[7]Cassazione civile sez. trib. 29 aprile 2016 n. 8533 in www.dejure.it “in tema d'IRPEF, i coniugi non legalmente separati possono presentare un'unica dichiarazione dei redditi, in virtù della quale le imposte determinate separatamente per ciascuno di loro si sommano e le ritenute e i crediti d'imposta si applicano sull'ammontare complessivo, verificandosi un'unificazione delle due posizioni con riferimento alle componenti che ne consentono una riduzione, sicché il debito d'imposta dell'uno è compensabile con il credito d'imposta dell'altro (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Marche, 29/11/2007)”.
[8]Cassazione civile sez. trib. 16 marzo 2016 n. 5172 in www.dejure.it “se il contribuente indica nella dichiarazione il diritto al rimborso IVA tale diritto non può essere assoggettato al termine biennale ma bensì a quello di prescrizione ordinario decennale”.
[9]Cassazione civile sez. trib. 25 maggio 2016 n. 10793 in www.dejure.it “il principio del divieto di doppia imposizione di cui agli art. 67 d.P.R. n. 600 del 1973 e 127 t.u.i.r., per la cui operatività è richiesta l’applicazione ripetuta della medesima imposta in pendenza del medesimo presupposto, non risulta violato in caso di duplicità meramente economica di prelievo sullo stesso reddito”.
[10] Cassazione penale sez. IV 21 aprile 2016 n. 21577 in www.dejure.it “la dichiarazione di un reddito inferiore a quello reale, effettuata ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio, potrebbe non integrare il reato di cui all'art. 95 d.p.r. n. 115 del 20002 per difetto dell'elemento soggettivo quanto meno nella forma del dolo eventuale - se la dichiarazione è attestata dal certificato ISEE rilasciato dal patronato”.
[11] Cassazione civile sez. trib. 30 dicembre 2015 n. 26057 in www.dejure.it “in tema di imposte sui redditi, ricorre il cd. "dividend washing" in caso di acquisto di titoli presso un fondo comune d'investimento e successiva rivendita dei medesimi dopo la percezione dei dividendi, essendo tale nozione integrata ogniqualvolta, a prescindere dalla natura civilistica del negozio posto in essere, siano utilizzati strumenti giuridici al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale ed in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel vantaggio, quindi senza concreto scambio di prestazioni contrattuali, la cui effettività deve essere dimostrata dal contribuente, in adempimento dell'onere di provare le componenti passive del reddito; in caso di mancato assolvimento del menzionato onere probatorio, tale negozio resta inopponibile all'Amministrazione finanziaria, anche nel regime anteriore all'entrata in vigore dell'art. 7 bis della l. n. 429 del 1992, in virtù del principio antielusivo accolto dall'art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, che non permette la divergenza fra il possessore reale del reddito e quello apparente, ancorché essa derivi dall'interposizione di un terzo, quale espressione di una regola generale, desumibile dal concetto di abuso del diritto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria e sotteso all'art. 53 Cost., laddove menziona la capacità contributiva e la progressività dell'imposizione. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Emilia Romana, 26/01/2009)”.
[12]Cassazione civile sez. trib. 18 dicembre 2015 n. 25478 in www.dejure.it “in caso di costituzione di un "trust" a titolo gratuito, espressione di liberalità, secondo la disciplina "ratione temporis" vigente in epoca anteriore al 3 ottobre 2006, non si applica il regime delle imposte indirette sui trasferimenti in misura proporzionale, poiché il trasferimento dei beni al "trustee" ha natura transitoria e non esprime alcuna capacità contributiva, sicché il presupposto d'imposta si manifesta solo con il trasferimento definitivo di beni dal "trustee" al beneficiario. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Lazio, sez. dist. di Latina, 20/10/2009)”.
[13]Cassazione civile sez. trib. 19 giugno 2013 n. 15319 in www.dejure.it “in tema di imposte ipotecarie e catastali, la prevalenza che l'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato dall'art. 13 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, attribuisce, ai fini dell'interpretazione degli atti registrati, alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli stessi sul loro titolo e sulla loro forma apparente, vincola l'interprete a privilegiare il dato giuridico reale dell'effettiva causa negoziale dell'atto sottoposto a registrazione, rispetto al relativo assetto cartolare; la disposizione in esame esprime la precisa volontà normativa di assumere, quale oggetto del rapporto giuridico tributario, gli atti in considerazione non della loro consistenza documentale, ma degli effetti giuridici prodotti, né è incompatibile con la nozione di "imposta d'atto", non ponendosi essa in contrasto con il principio costituzionale sancito dall'art. 23 Cost., o con quello di cui all'art. 41 Cost., mantenendo i soggetti integra la propria autonomia privata, anche nelle ipotesi di collegamento negoziale. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo alla successione, in rapida sequenza, di finanziamento alla società contribuente, apporto del patrimonio immobiliare di questa ad un Fondo comune di investimento immobiliare verso accollo liberatorio del finanziamento in capo alla società di gestione del Fondo, attribuzione all'apportante di quote di partecipazione al Fondo per importo di gran lunga inferiore al valore finanziato, cessione delle quote stesse ad altri partecipanti o investitori, tale fattispecie essendo stata apprezzata, legittimamente, come vendita onerosa e dunque base imponibile per la proporzionalità della tassazione dei suoi effetti). Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 13/01/2012”.
[14]Cassazione civile sez. trib. 30 dicembre 2015 n. 26071 in www.dejure.it “l’'accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso d'impugnazione, la necessità d'integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci. Tuttavia, qualora l'Agenzia abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette, IVA ed IRAP, fondati su elementi comuni, il profilo dell'accertamento impugnato concernente l'imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del "simultaneus processus" per l'inscindibilità delle due situazioni. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Veneto, 01/07/2009)”.