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Pubbl. Lun, 25 Lug 2016

I 1001 modi per opporsi ad Equitalia: la miniserie "Il procedimento di riscossione".

Emmanuel Luciano


Suona il citofono. Siamo di Equitalia e dobbiamo notificare una cartella di pagamento. Cala il silenzio e la paura prende il sopravvento. Ecco qualche dritta per evitare di cadere nello sconforto e/o pagare inutilmente.


Come ci si oppone a una cartella di pagamento ed, in caso di scadenza dei termini, al successivo pignoramento di Equitalia?

Come ci si oppone a una cartella di pagamento ed, in caso di scadenza dei termini, al successivo pignoramento di Equitalia?

La prima risposta è elementare: non cercare soluzioni sul web. 

Ed infatti, per quanto internet sia pieno di “pronte soluzioni” idonee a vincere gli atti di Equitalia, non esiste un metodo scientifico per ottenere l'annullamento degli stessi, ma ogni vicenda va analizzata sulla base delle sue peculiarità.

Esistono, tuttavia, determinate regole generali che consentono, quanto meno, di evitare inutili errori o di impedire il decorso dei termini di impugnazione.

Lo scrivente, partendo da una recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 marzo – 16 giugno 2016, n. 12415, proverà ad operare una sintesi, per quanto difficile, di questa articolata materia.

E proverà a farlo con un pò di simpatia (per quanto poco gli riesca), mettendo in scena una miniserie di quattro brevi, ma intense puntate. 

L’atto prodromico

La cartella di pagamento (SPOILER: protagonista della seconda puntata) non è solitamente il primo atto del fisco di cui il contribuente viene a conoscenza. Salvo rare eccezioni, infatti, il debitore (o presunto tale) viene prima avvisato della propria morosità tramite una richiesta di pagamento od un accertamento operato dall’ente impositore, il quale gli notifica un’apposita intimazione scritta (in gergo tecnico viene chiamato “atto prodromico”). Qualora il debitore ritenga che l’importo non sia dovuto, o sia dovuto da un’altra persona, o sia errato nel calcolo, ecc. può sollevare, davanti al giudice competente in base al valore (Giudice di pace se il valore dell'intimazione non supera i 5.000,00 Euro; Tribunale, se, invece, il valore dell'intimazione è superiore ai 5.000,00 Euro) un’opposizione contro tale atto.

Qualora il presunto debitore non dovesse spiegare opposizione nei termini previsti dalla legge, l’atto diventa non più impugnabile, almeno per quanto riguarda il “merito” della vicenda ed il debito si considera come se fosse stato ammesso.

Lo stesso discorso avviene, ad esempio, anche per le sanzione amministrative per violazione del codice della strada, meglio conosciute come "multe" : prima che venga notificata la cartella di pagamento, l’automobilista deve ricevere il verbale contenente l'accertamento e la contestazione dell’infrazione. Contro quest’ultimo ha 30 giorni di tempo per spiegare ricorso presso il Giudice di Pace competente per territorio e 60 giorni per spiegare ricorso al Prefetto: tale aspetto è, però, già stato oggetto di precedente articolo, al quale si rimanda.

Il fatto, però, che l’atto prodromico, protagonista assoluto della prima puntata, sia diventato non più impugnabile per decorso dei termini ad impugnare (stesso effetto che si produrrebbe nel caso in cui il presunto debitore sollevi un’opposizione e questa venga rigettata dal giudice con sentenza divenuta definitiva) non implica che non vi siano più difese per il contribuente.

Ed Infatti, la miniserie dal titolo "Il procedimento per la riscossione" non termina qui…

La notifica della cartella di pagamento

La seconda puntata della miniserie vede protagonista la cartella di pagamento, con la notifica della quale il contribuente viene messo in condizione di conoscere il proprio debito con lo Stato prima di subire un eventuale pignoramento (SPOILER: protagonista della quarta puntata).

Qualora il contribuente dovesse ricevere la cartella senza aver mai ricevuto l’atto prodromico, può presentare opposizione al giudice competente per valore e territorio; la cartella verrà così annullata, previo accoglimento del ricorso.

Presentare, invece, ricorso contro la cartella perché la stessa è stata notificata in modo non corretto costituisce un errore processuale: infatti, secondo costante e pacifica giurisprudenza, l’opposizione contro il vizio di notifica sana il vizio stesso.

In parole povere – secondo l’orientamento dei giudici di merito e di legittimità– quando il ricorrente contesta la notifica dell’atto, non fa altro che ammettere che la notifica gli è comunque pervenuta; e questo è sufficiente per poterla considerare valida, in quanto gli ha consentito l’esercizio del diritto alla difesa. Dunque, la causa di nullità o annullabilità viene automaticamente meno.

In verità, un trucco c'è: quello di attendere il successivo atto di Equitalia (un pignoramento, un fermo, un’ipoteca) e poi, contro quest’ultimo, spiegare opposizione, sostenendo di non aver mai ricevuto la notifica della cartella stessa.

Equitalia allora non avrà più scampo e, se non proverà che la cartella è finita nelle mani del contribuente, verrà condannata.

L’opposizione alla cartella di pagamento

La terza puntata vede protagonista l'opposizione avverso la cartella di pagamento: si può presentare, infatti, qualsiasi opposizione inerente a vizi di quest’ultima e non per vizi dell’atto prodromico che – come abbiamo visto nelle puntate precedenti – si sono ormai solidificati.

Si parla infatti di “vizi propri della cartella” con riferimento all’unico tipo di contestazione che può sollevarsi contro l’atto esattoriale. Ecco un elenco dei principali vizi propri della cartella

  • la mancata notifica dell’atto prodromico: si ha quando il contribuente riceve la notifica della cartella, ma non ha mai ricevuto la richiesta di pagamento da parte dell’ente titolare del credito;
  • la notifica della cartella ad un soggetto diverso dal legittimato;
  • in caso di tentata notifica mentre il destinatario era momentaneamente assente da casa, il mancato invio a quest’ultimo della (seconda) comunicazione con cui lo si informa del deposito della cartella presso la casa comunale;
  • la prescrizione o la decadenza del diritto alla riscossione delle somme;
  • la mancata indicazione del responsabile del procedimento, necessaria in ogni cartella di pagamento;
  • l’inesatta o incompleta indicazione delle modalità e dei termini per fare ricorso al giudice;
  • la mancanza di pagine, all’interno del plico di Equitalia, che dovevano comporre la cartella di pagamento e la spiegazione delle ragioni per cui essa è stata inviata;
  • l’insufficiente motivazione della cartella (motivazione che può essere anche fornita con il semplice richiamo a un precedente atto già notificato al contribuente);
  • la carente spiegazione delle modalità di calcolo degli interessi, ecc.

Se la cartella non viene impugnata nei termini di legge (30 giorni per le sanzioni amministrative, 40 per i debiti Inps e Inail, 60 giorni in tutti gli altri casi) anch’essa diventa non più impugnabile. Anche in questo caso, tuttavia, il contribuente non perde totalmente le possibilità di difendersi.

Passiamo, così, alla quarta ed ultima puntata della nostra miniserie.

Il pignoramento 

Quando la cartella è divenuta definitiva, Equitalia può passare alle maniere forti e, quindi, procedere al pignoramento dei beni del debitore (che possono consistere in conto corrente, casa, automobile, pensione, stipendio, canoni di locazione, azioni, obbligazioni, beni mobili presenti in casa come gioielli, ecc.) o all’iscrizione di misure cautelari (fermo auto e ipoteca).

Il contribuente, tuttavia, ha un'ultima possibilità: può opporsi al pignoramento, ma – in maniera analoga a quanto abbiamo visto nelle precedenti puntate – non può opporre eccezioni per vizi relativi agli atti anteriori del procedimento (atto prodromico e cartella di pagamento). Sono solo due i tipi di contestazione che il debitore può muovere:

  • mancata notifica della cartella di pagamento o notifica irregolare (si rimanda alla puntata intitolata “La notifica della cartella di pagamento”);
  • eventi avvenuti dopo la notifica della cartella, quali ad esempio l’intervenuto pagamento, l’emissione di un provvedimento del giudice o di un’autorità amministrativa che ha sospeso l’efficacia esecutiva della cartella; ecc.

Qualora il contribuente si opponga al pignoramento di Equitalia, quest’ultima non ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza e la validità del credito fatto valere con l’esecuzione esattoriale, ma solo che il procedimento si basa su un titolo esecutivo, ossia la cartella esattoriale, validamente notificata.

Spetta al contribuente, allora, l’onere della prova contraria e dimostrare che, dopo la notifica della suddetta cartella, si siano verificati fatti tali da privare quest’ultima della sua validità.

Secondo un recente orientamento della Cassazione, Equitalia può dimostrare l’esistenza della cartella anche solo depositando in giudizio l’estratto di ruolo. Se, invece, oggetto della contestazione del contribuente è l’omessa notifica della cartella, Equitalia può difendersi solamente esibendo:

  • la relata di notifica del messo comunale: se la notifica è avvenuta a mani;
  • l’avviso di ricevimento della raccomandata a.r.: se la notifica è avvenuta a mezzo posta.

E così termina l'appassionante miniserie con Equitalia ed il contribuente che promettono battaglia nel sequel.