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Pubbl. Ven, 3 Giu 2016

La disciplina dei debiti restitutori conseguenti all'azione revocatoria fallimentare

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Giovanni Sicignano


Con l´ ordinanza interlocutoria n. 8090 del 2016, la prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha chiesto alle Sezioni Unite di dirimere il contrasto giurisprudenziale relativo alla responsabilità dei debiti restitutori derivanti dall´esercizio dell´azione revocatoria fallimentare.


 

Sommario: 1. La cessione di azienda: disciplina e profili critici; 2 Il trasferimento delle passività aziendali: profili critici e orientamenti dottrinali e giurisprudenziali; 3 La devoluzione alle Sezioni Unite della questione relativa alla reponsabilità dell'acquirente ex art. 2560 c.c.


1. La cessione di azienda: disciplina e profili critici.

I contratti relativi al trasferimento o al godimento di un’azienda devono rivestire le forme previste dalla legge.

Per le imprese soggette a registrazione, la forma scritta è richiesta ad probationem: ai sensi dell’art. 2556 c.c. per essere opponibili ai terzi devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata ed essere iscritti nel registro delle imprese.

Autorevole dottrina sostiene che “perché si abbia cessione dell’azienda è necessario che sia trasferito un complesso di beni di per sé idoneo a permettere lo svolgimento di un’attività di impresa, anche diversa da quella ceduta”(1), pertanto la cessione di azienda può riguardare tanto l’intero complesso aziendale quanto un particolare ramo di azienda dotato di organicità operativa, ma anche singoli beni aziendali, purchè vi sia un residuo di organizzazione e siano idonei all’esercizio dell’attività stessa.

Il principale effetto della cessione di azienda è rappresentato dal fatto che “il cessionario di azienda non succede nell’impresa del cedente, perché la qualità di imprenditore si acquista a titolo originario con lo svolgimento dell’attività.”(2). L’art. 2557 c.c., poi, stabilisce un divieto di concorrenza a carico dell’alienante che è tenuto nell’arco di cinque anni dalla cessione a non iniziare un’altra attività di impresa che possa comportare lo sviamento della clientela; inoltre il patto tra cedente e cessionario può stabilire anche limiti maggiori purchè non impedisca al cedente la possibilità di esercitare attività imprenditoriale. In ogni caso, il termine massimo è quinquiennale: se non è previsto alcun termine, o se è previsto un termine maggiore, il divieto vale sempre per cinque anni.

Per quel che concerne la disciplina dei contratti, l’art. 2558 c.c. detta una regola generale per cui il cessionario succede automaticamente nei contratti sia aziendali che di impresa a patto che non siano contratti personali e riguardino prestazioni sinallagmatiche da eseguire o in corso di esecuzione, salvo che non sia pattuito diversamente. L'art. 2558, secondo comma c.c., inoltre, rappresenta una norma di garanzia per il “contraente ceduto” dal momento che, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, il terzo contraente può recedere dal contratto per giusta causa, soprattutto in ragione della disponibilità economica di chi subentra nel contratto. Nel caso di recesso del terzo contraente “il contratto non è ripristinato in capo all’alienante, essendosi già trasferito all’acquirente e dunque ormai estinto, salva la responsabilità dell’alienante verso il terzo contraente per non avere osservato la normale cautela nella scelta dell’acquirente dell’azienda.” (3)

Articolo 2556 c.c.: "Per le imprese soggette a registrazione (2195) i contratti che hanno ad oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto (2725), salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto (1350,1543). I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel registro delle imprese (2188), nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante."

2. Il trasferimento delle passività aziendali: profili critici e orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.

Gli articoli 2559 e 2560 c.c. disciplinano la sorte dei crediti e dei debiti aziendali.

Per quanto riguarda i crediti aziendali vi è un trasferimento automatico che avviene al momento della cessione dell’azienda e la cessione dei crediti ha effetto dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Parte accreditata della scienza giuridica rileva che “si tratta dunque di una pubblicità dichiarativa globale con valore di notifica a tutti i debitori ceduti” (4). L’art. 2560 c.c. specifica invece che l’alienante risponde dei debiti aziendali anteriori al trasferimento se i creditori non l’hanno liberato. Nelle imprese commerciali, specifica il secondo comma, risponde dei debiti aziendali anche l’acquirente sempre che risulti dai libri contabili obbligatori: l'art. 2560 c.c. ha dato vita a un ampio dibattuto tuttora irrisolto.

Articolo 2560 c.c.: "L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti l'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito (1273). Nel trasferimento di un'azienda commerciale (2556) risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda (1546,2112,2160), se essi risultano dai libri contabili obbligatori."

 

Infatti è controverso se le passività aziendali si trasferiscono insieme all’azienda all’acquirente in qualità di obbligato principale o se la responsabilità del cessionario sia solo accessoria rispetto a quella del cedente. Secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza “l’acquirente sarebbe tenuto a pagare i debiti in solido con l’alienante (non liberato) in virtù di un accollo cumulativo ex lege, perché con l’azienda, che è un’universalità di diritto, si trasferiscono anche le passività. In realtà l’acquirente non diventa obbligato principale, bensì assume una responsabilità oggettiva per debito altrui, analoga a quella del terzo acquirente del bene ipotecato che è tenuto a pagare per altri per evitare l’espropriazione e ha diritto di regresso ex art. 1203, n.3, c.c."(5) Viceversa altra parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che la previsione della solidarietà dell’acquirente dell’azienda nell’obbligazione relativa alle passività aziendali è posta nell’interesse creditorio e, pertanto, questa previsione non comporterebbe un mutamento della situazione debitoria sostanziale perché il debitore effettivo resterebbe il cedente.

 3. La devoluzione alle Sezioni Unite della questione relativa all'art. 2560 c.c.

Con una recente ordinanza interlocutoria (6) la Prima sezione civile della Corte di Cassazione ha interpellato le Sezioni Unite per risolvere il contrasto dottrinale e giurisprudenziale che si è formato intorno all'art. 2560 c.c.

Nel caso di specie la ricorrente sostiene che la società conferitaria non possa rispondere del debito restitutorio conseguente all'espletamento dell'azione revocatoria, perchè l'azione revocatoria ha natura costitutiva e pertanto il debito non sarebbe esistente al momento della cessione d'azienda, mentre l'art. 2560 c.c. testualmente prevede che il cessionario risponde dei debiti preesistenti ove risultanti dalla contabilità obbligatoria.

L'azione revocatoria è uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione dei suoi creditori, facendovi rientrare quanto ne era uscito nel periodo antecedente al fallimento (il cosiddetto periodo sospetto, recentemente dimezzato dalla riforma delle procedure concorsuali): essa consente, infatti, di colpire gli atti del debitore insolvente che hanno inciso sul suo patrimonio in violazione del principio della par condicio creditorum.
Suo tramite il curatore può rendere inefficaci gli atti di disposizione, i pagamenti e le garanzie poste in essere dal fallito nell'anno o nei sei mesi antecedenti al fallimento, conseguentemente imponendo ai terzi che hanno ottenuto beni o denaro di restituire quanto ricevuto, o, se hanno ottenuto garanzie, retrocedendoli dal rango privilegiato a quello chirografario. Affinché, tuttavia, la revocatoria possa essere accolta, è necessario che il terzo al momento dell'atto fosse a conoscenza dell'insolvenza della sua controparte.
La revocatoria deve essere esercitata a pena di decadenza entro tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dalla data dell'atto.
Non tutti gli atti compiuti da soggetti insolventi, tuttavia, possono venire colpiti dalla revocatoria, perché la legge prevede un ampio numero di esenzioni: tra di esse la vendita a giusto prezzo di immobili destinati ad abitazione principale dell'acquirente o di suoi stretti parenti od affini, i pagamenti effettuati nell'esercizio normale dell'impresa, i pagamenti per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti. (Angelo Castagnola)

Il tema affrontato dall'ordinanza interlocutoria che qui si analizza concerne pertanto la sorte dei debiti restitutori conseguenti all'esercizio vittorioso dell'azione revocatoria fallimentare.

Nel caso di specie " la società A,dopo aver effettuato un pagamento a favore di un'altra società B, una volta divenuta insolvente, veniva sottoposta a procedura di Amministrazionev Straordinaria. Successivamente, il Commissario Giudiziale agiva per ottenere la revoca del menzionato pagamento nei confronti di B che, nel mentre, aveva ceduto la propria azienda ad' altra impresa C, la quale, a propria volta, si era fusa per incorporazione in diversa società D." (7)

Nel caso in esame l'ultima società (D) propone ricorso in Cassazione avverso la sentenza che accoglieva le richieste del Commissario Giudiziale, perchè riteneva di non dover restituire alcunchè, non essendo responsabile dei debiti che non risultavano dalle

La Corte di Cassazione quindi ha analizzato il problema relativo alla cessione di debiti futuri. Nell'ordinanza la Cassazione non mette in dubbio l'accollo dei debiti futuri (8) essendo ammissibile che il cessionario " possa accollarsi, tra gli altri, i debiti derivanti dal'accoglimento delle domande di revoca di pagamenti eseguiti da terzi debitori dell'azienda ceduta, così stipulando un accollo esterno di un debito futuro a oggetto determinabile" (9).

Il problema quindi concerne la responsabilità dell'acquirente ex art. 2560 c.c. : è controverso se l'acquirente sia obbligato in via principale ovvero la responsabilità sia solo accessoria rispetto a quella del cedente.

Dopo un breve excrusus dottrinale e giurisprudenziale, la Prima sezione afferma che "la giurisprudenza sembra tuttora orientata, come la dottrina più risalente, a considerare l'azienda quale universitas iuris, inclusiva non solo di beni materiali, ma di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi ad essa pertinenti". 

Pertanto, se si ritiene che il cessionario sia responsabile in qualità di obbligato principale e che il trasferiemento concerna tutte le attività e passività aziendali, allora nel trasferimento dovrebbe rientrare anche "la soggezione al diritto potestativo ad attuazione giudiziale di ottenere la revoca del pagamento eseguito prima della cessione e risultante dalla contabilità aziendale." Nel caso di specie addirittura l'atto di conferimento prevedeva espressamente  che la società conferitaria subentrasse "in tutte le situazioni attive e passive quali risultanti dalle scritture contabili regolarmente tenute."

Anche in questi casi particolari vi è un contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte, perchè una parte della giurisprudenza ritiene che solo nel caso della cessione di aziende bancarie possa aversi un tale effetto traslativo. Secondo la giurisprudenza prevalente, infatti ,"l'art. 58 del d.lgs. 1 Settembre 1993, n. 385, nel prevedere il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità della notizia di essa, e non la mera aggiunta della responsabilità di quest'ultimo a quella del cedente, deroga all'art. 2560 c.c., su cui prevale in virtù del principio di specialità. "(10).

La Prima sezione civile della Corte di Cassazione conclude sostenendo che tale deroga non esclude che l'art. 2560 c.c. preveda un accollo cumulativo con trasferimento dei debiti al cessionario. Inoltre "se nel caso della cessione bancaria è la legge a prevedere che ne consegua il trasferimento di tutte le situazioni soggettive attive e passive, non si vede perchè un analogo effetto traslativo non debba aversi anche per le cessioni delle altre aziende commerciali, almeno quando sia l'atto di cessione a includere espressamente, come nel caso in esame, tutte le situazioni attive e passive quali risultanti dalle scritture contabili regolarmente tenute."

Alla luce di queste considerazioni, pertanto, è richiesto l'intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

(1) F. Caringella - S. Mazzamato - G. Morbidelli, Manuale di Diritto Civile, Dike editrice, 2016,pag. 1717.

(2) Ibidem 

(3) F. Caringella - S. Mazzamato - G. Morbidelli, Manuale di Diritto Civile, Dike editrice, 2016, pag. 1719.

(4) Ibidem

(5) Ibidem

(6) Ordinanza interlocutoria della Prima sezione civile numero 8090 del 2016, depositata il 21 Aprile 2016.

(7) Davide Manzo in iusletter.com

(8) Accollo ritenuto ammissibile da Cass., sez. III, 10 Luglio 1974, n.2042, m. 370320.

(9) Cass., sez. I, 23 Settembre 1994, n. 7831, m. 487867.

(10) Cass., sez. II, 29 Ottobre 2010, n. 22199, m. 614833.