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Pubbl. Gio, 29 Gen 2015

Sanzioni per atti troppo lunghi: le nuove regole del ricorso amministrativo

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Arianna Gargione


La nuova riforma del ricorso amministrativo spinge le parti ad essere sintetiche, con il sacrificio di principi costituzionali fondamentali.


Sinteticità e chiarezza sono sicuramente una conquista del codice del processo amministrativo. Tale testo ha il merito, oltre che di aver dato sistematicità ad una serie di norme prima sparse tra testi unici e leggi varie, anche di aver esaltato concetti elevandoli a principi generali.

All'art. 3, comma secondo, del codice del processo amministrativo, viene appunto evidenziato come sia il giudice che le parti, nella redazione dei loro scritti, debbano attenersi ad una forma chiara e sintetica. Questi due aggettivi piacciono al nostro legislatore, che a dire il vero li introduce qualificando anche le modalità di discussione davanti al giudice nella discussione orale (art. 73 e 74 cpa) oltre che nell'art. 88 in relazione alla redazione di sentenze, le quali devono contenere un'esposizione concisa nei motivi in fatto e in diritto.

L'attuale riforma introdotta con il d.l. n. 90/2014, poi convertito in legge la l. n. 114/2014, segnano un ulteriore passaggio fondamentale.

Sinteticità e chiarezza, infatti, da norme comportamentali, sono diventate elementi processualmente selettivi, soprattutto per alcuni riti, come ad esempio in materia di appalti.

È prevista, quindi, una vera e propria sanzione laddove non venga ad essere rispettato il numero di pagine che si intenderà assumere come criterio di riferimento. Sanzione che determina la possibilità che, tutte le censure o comunque le questioni, sollevate oltre il limite massimo stabilito, possono non essere considerate, non potendo essere né motivo d'appello né di revocazione della sentenza.

Un sistema così fatto non può che sollevare molteplici dubbi. In primo luogo, si vuole riflettere sulla possibilità che una previsione tanto articolata presenti profili di anticostituzionalità. L'art. 112 della Costituzione sarebbe violato laddove il giudice non fosse più legato dal principio della c.d. “corrispondenza tra chiesto e pronunciato”. Il legislatore, pertanto, avrebbe introdotto un'eccezione alla suddetta regola stabilendo che tutto ciò che è contenuto oltre a quel numero di pagine può non essere considerato e ciò non comporterà un problema di censura per omessa pronuncia. Ma viene da chiedersi, cosa accade se invece, il giudice considera quelle pagine? Può essere motivo di appello per il contro-interessato?

Questa innovazione, pur se motivata dalla volontà di velocizzare alcune controversie, presenta non pochi problemi sotto il profilo giuridico

Lo stesso risultato - forse - poteva essere più facilmente raggiunto attraverso modalità differenti. La sinteticità e chiarezza devono essere stelle guida nella redazione di un ricorso come di una sentenza, ma ciò non può determinare il sacrificio del diritto di difesa piuttosto che del giusto processo.