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Pubbl. Dom, 8 Mag 2016

Le norme di conflitto nel diritto privato internazionale

Mattia De Lillo


Analisi dell’operatività delle norme di conflitto nel sistema di diritto internazionale privato italiano, alla luce della legge 218 del 1995


La legge del 31 Maggio 1995 n. 218 [1] costituisce, per l’ordinamento italiano, il testo fondamentale del diritto privato internazionale.

La legge del 31 Maggio 1995 n. 218 [1] costituisce, per l’ordinamento italiano, il testo fondamentale del diritto privato internazionale.

All’interno di tale legge troviamo gli strumenti necessari per individuare il diritto applicabile in caso di fattispecie transnazionali: le norme sulla scelta di legge o, rectius, norme di conflitto. Per regolare le predette fattispecie, è possibile che siano presenti anche norme di diritto internazionale privato materiale, che dettano una disciplina ad hoc di carattere, appunto, materiale.

La legge 218/1995 si occupa anche delle c.d. norme sulla giurisdizione (artt. 3 ss.), che mirano a legiferare sul diritto processuale, con carattere territoriale e attinente, però, al diritto pubblico.

Fulcro della disciplina, quindi, sono le norme di conflitto. Ma come operano? E qual è la loro funzione?

Innanzitutto sappiamo che, le succitate norme, hanno una vera e propria natura strumentale e sono applicabili d’ufficio.

Rispondendo al primo quesito poi, possiamo dire che le norme di conflitto, come ci suggerisce il nome, si occupano di conflitti tra ordinamenti operando una scelta di legge.
Facciamo un esempio per aiutare la comprensione: una società italiana stipula un contratto con un fornitore inglese, residente a Londra. Durante il rapporto sorge una controversia per quanto concerne l’interpretazione e la conseguente esecuzione degli obblighi: quid iuris?
Si dovrà decidere quali norme (proprie dell’ordinamento italiano o di quello straniero) dovranno applicarsi per stabilire se vi è stato inadempimento e dirimere, così, la controversia.

Ci sono vari metodi per effettuare la scelta di legge.
Il primo è quello della localizzazione spaziale: questa tecnica individua un determinato fattore (detto criterio di collegamento) che aiuta ad ubicare una fattispecie concreta all’interno di uno specifico ordinamento legale tramite una particolare connessione che ha con esso.
Un'altra metodologia utilizzata dal diritto internazionale privato è quella delle considerazioni materiali. In questo caso viene prescelto l’ordinamento che è strumentale al raggiungimento del risultato inizialmente prefisso dal legislatore italiano; si utilizza principalmente in caso di materie che necessitano di una normativa apposita dato che coinvolgono interessi delicati (un esempio potrebbe essere quella concernente la c.d. fusione societaria).

Per quanto riguarda la loro funzione, nel corso della storia del diritto, la dottrina e la giurisprudenza hanno sviluppato teorie differenti e variegate. Quella tutt’oggi più accreditata è la teoria della funzione bilaterale introversa: secondo la quale le norme si basano per la loro scelta su alcune circostanze ed elementi di tipo personale o territoriale; tali circostanze, come abbiamo già accennato, sono i criteri di collegamento.

I criteri di collegamento, sono criteri idonei a mettere in relazione elementi della fattispecie ad un determinato complesso giuridico.

Possiamo trovare criteri di tipo personale (riferiti ai soggetti della fattispecie, un esempio potrebbe essere la loro cittadinanza) o di tipo territoriale ma, il tal caso, dobbiamo distinguere tra criteri territoriali oggettivi (ad esempio il luogo di redazione di un contratto) o soggettivi (ad esempio il luogo dov’è situato il domicilio di una parte).
Ulteriori criteri sono quelli di fatto (attinenti a cose rilevabili tramite la nostra percezione sensibile) o quelli giuridici (attinenti a concetti giuridici determinabili attraverso una valutazione normativa).
Criterio particolare è quello della volontà delle parti dato che rimanda direttamente ad un ordinamento pre-stabilito, prevalendo sulla necessità di utilizzare ulteriori criteri di collegamento.

È possibile poi che una pluralità dei suddetti criteri possano indicare più ordinamenti giuridici. In tal caso si utilizza lo strumento del concorso per specificare la legge applicabile al caso concreto.
Parliamo di concorso alternativo, quando la scelta di legge deve avvenire in relazione al risultato prefisso dal legislatore interno.
Parliamo, invece, di concorso successivo, quando ci troviamo di fronte ad una gerarchia dei criteri: alcuni dovranno utilizzarsi in primo luogo, altri dovranno subentrare solo se i primi non possono operare sul caso concreto.

Ultimo punto della nostra analisi riguarda la limitazione all’efficacia delle norme di conflitto.
Nel nostro sistema, vi sono principalmente due tipi di limiti al funzionamento di queste norme: preventivi e successivi.

Per quanto concerne quelli del primo tipo, abbiamo già citato le norme di diritto privato internazionale materiale: dettando una disciplina ad hoc su un dato tema, prevengono l’applicazione di norme per la scelta di legge. Oltre a queste, tuttavia, possiamo trovare anche le c.d. norme di applicazione necessaria. Anch’esse fungono da limite preventivo, in quanto l’art. 17 della L. 218/1995 ci dice che: “È fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.” L’applicazione di queste norme, quindi, è  irrinunciabile per il nostro ordinamento in ragione del loro oggetto e del loro scopo.

Limite di tipo successivo, invece, è costituito dall’ordine pubblico (art. 16 L. 218/1995). Quest’ultimo è un principio generale di diritto che opera come limite all’applicabilità del diritto straniero, ma anche come un requisito necessario per il riconoscimento di provvedimenti ed atti stranieri. L’ordine pubblico rappresenta quell’insieme di principi che costituiscono la struttura etica e giuridica della comunità, da rispettare necessariamente per mantenere l’armonia del sistema giuridico interno (sul punto v. C. Cost. Sent. 18/1982)[2].

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Ministero degli Esteri, Link
[2] Corte Costituzionale, Link