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Pubbl. Sab, 23 Apr 2016

Il ritorno dell’anatocismo

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Francesco Rizzello


Dopo la Camera dei Deputati, anche il Senato approva il disegno di legge tracciato dal decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, c.d. decreto salva banche. Con esso viene reintrodotta nel nostro ordinamento la legittimità della pratica dell’anatocismo, la quale era stata vietata dalla legge di stabilità 2014.


Come i lettori ricorderanno, l'ultima volta che ci siamo occupati della materia anatocistica, il clima giuridico era il seguente: da un lato si rinveniva nella legge di stabilità per il 2014 un divieto di porre in essere pratiche anatocistiche; dall'altro, la stessa legge prevedeva una delega al CICR affinché stabilisse le "modalità e i criteri per la produzione di interessi  nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria". Nel corso del 2015, poi, non essendo intervenuta ancora alcuna delibera da parte del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, la giurisprudenza ha ritenuto pienamente operativo il divieto previsto all'interno della sopraccitata legge, ed ha applicato sanzioni nei confronti di diversi istituti di credito i quali si sono visti soccombenti nei confronti delle associazioni dei consumatori.

In tempi alquanto recenti (14 febbraio 2016) il Governo ha emanato il c.d. decreto "salva banche", il quale interveniva, come la successiva legge di conversione, sulla materia della riforma delle banche di credito cooperativo, sulla garanzia sulla cartolizzazione delle sofferenze, sul regime fiscale relativo alle procedure di crisi e sulla gestione colletiva del risparmio. 
Ancor più significativamente per gli scopi del presente articolo, la legge di conversione reca misure in tema di interessi anatocistici, intervenendo sulla disposizione di cui all'art. 120 del TUB (Testo Unico Bancario).

La legge di conversione del decreto, approvata dal Senato il 6 aprile 2016, dispone l'introduzione del seguente regime:

"a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità del conteggio degli interessi sia debitori che creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;

b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre illimite di fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente
esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l'addebito abbia avuto luogo.


La prima disposizione non dispone nulla di innovativo per quanto riguarda il criterio soggettivo che deve orientare il conteggio, ossia che vengano prese in considerazione tanto le posizioni passive del cliente quanto quelle della banca.
La norma poi prevede che il conteggio avvenga decorso il termine di un anno, e in ogni caso al termine del rapporto, così introducendo il presupposto per le disposizioni di cui alla lettera seguente; tale previsione rappresenta un primo fulcro della disciplina che si espone, per così dire "preparatorio" alla norma fondamentale che segue.
Inoltre viene estesa la disciplina, la quale era prevista per le operazioni in conto corrente, anche ai casi di conto di pagamento.

La lett. b) reca il divieto di interessi anatocistici secondo l'intendimento giuridico che è venuto a comporsi negli anni: ciò vale a dire la capitalizzazione degli interessi, cioè gli interessi sugli interessi. D'ora in poi gli interessi sono da valutare esclusivamente sulla sorte del capitale in quanto tale, quindi nella misura nella quale è stato, ad esempio, erogato un prestito.
Tuttavia, possono produrre interessi moratori, i quali sono notoriamente più elevati degli interessi corrispettivi, dunque quegli interessi che sono dovuti come controprestazione per l'erogazione di denaro da parte della banca a favore del cliente.
Tali interessi moratori possono a loro volta produrre interessi, quindi rimane intatto l'anatocismo per quanto attiene alla morosità. Lo stesso vale per le posizioni debitorie risultanti da aperture di credito e da sconfinamenti.
Inoltre, il cliente può imputare gli interessi divenuti esigibili (quindi, passati tre mesi dal conteggio) al capitale. La norma così prevede una possibilità affinché gli interessi moratori vadano a comporre il capitale originario.

Concludendo vi è da (ri)affermare il dato per cui seppur vi siano sforzi ingenti da parte della giurisprudenza per porre fine alla pratica anatocistica come è venuta a consolidarsi nei decenni a partire dagli anni '50, il legislatore interviene sempre con un chiaro intento di salvaguardia della prassi, la quale, seppur temperata a livello normativo, non risulta esserlo nella realtà pratica, tant'è che le censure giurisprudenziali si susseguono con un ritmo serrato. 
Per poter giudicare dell'effettiva portata delle nuove disposizioni bisognerà, come al solito, attenderne l'applicazione in sede giurisdizionale.