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Pubbl. Sab, 5 Mar 2016

Decreto ingiuntivo ed ammissione allo stato passivo fallimentare

Arianna Landolfi


È opponibile alla curatela fallimentare un decreto ingiuntivo notificato e non opposto prima della dichiarazione di fallimento, se privo del visto di definitività ex art. 647 c.p.c.? Quali sono le conseguenze della mancanza di tale provvedimento?


In tempi recenti, la Suprema Corte ha affrontato nuovamente l’annosa questione relativa ai requisiti richiesti ai fini di rendere opponibile un decreto ingiuntivo al fallimento, con conseguente ammissione del credito allo stato passivo.

In tempi recenti, la Suprema Corte ha affrontato nuovamente l’annosa questione relativa ai requisiti richiesti ai fini di rendere opponibile un decreto ingiuntivo al fallimento, con conseguente ammissione del credito allo stato passivo.

L’orientamento più recente espresso dalla Corte di Cassazione sostiene che, ai fini dell’opponibilità del decreto ingiuntivo alla massa dei creditori concorsuali, il creditore debba necessariamente ottenere la dichiarazione di esecutorietà di cui all’art. 647 c.p.c. in data anteriore alla dichiarazione di fallimento. Ciò in quanto l’efficacia del giudicato formale e sostanziale per il decreto deriva dalla pronuncia di esecutorietà.  Tale dichiarazione, ai sensi del dettato letterale dell’art. 647 c.p.c, deve essere effettuata da parte del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo. Quest’ultimo, infatti, verificata la regolarità della notificazione, il decorso del termine e la mancata opposizione o costituzione in termini, lo dichiara definitivamente esecutivo.

Tale controllo si differenzia da quello effettuato da parte del cancelliere ai sensi degli articoli 124 e 153 disp att. c.p.c., che attesta unicamente l’evidenza del fatto storico della mancata opposizione e del decorso del termine. L’attività del giudice, al contrario, valuta la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio tra le parti, e che la mancanza di opposizione sia dipesa, pertanto, da una scelta del debitore ingiunto. Consiste, pertanto, “ in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all'interno del processo d'ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo (Cass. Civ,  Sez. 1 N. 12055/2015).

L’orientamento summenzionato si lega con quanto previsto dall’articolo 45 della Legge Fallimentare, secondo cui “Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento sono senza effetto rispetto ai creditori”.

Una distinta e più favorevole soluzione, avallata da una minoritaria giurisprudenza di merito (ad es. Trib di Napoli, VII sezione fallimentare, decreto 8/10 aprile 2009), riteneva invece che, ai fini dell’ammissibilità al passivo, non occorresse necessariamente la pronuncia di esecutorietà da parte del giudice. Tale orientamento, attribuiva infatti efficacia meramente dichiarativa al visto del giudice, considerando, al contrario rilevante ai fini dell’attribuzione dell’efficacia di giudicato al decreto, la verifica sostanziale dei presupposti per la definitività del provvedimento monitorio, quali la mancata opposizione entro i termini stabiliti dalla legge, a seguito di regolare notificazione. Pertanto, secondo tale orientamento, l’opponibilità del decreto alla massa dei creditori fallimentari avverrebbe anche senza  dichiarazione di esecutorietà anteriore alla data del fallimento, potendo essere pronunciata anche posteriormente, purché il creditore depositi, congiuntamente al decreto non opposto, la relata di notifica attestante la regolarità della notificazione al debitore e l’attestazione della cancelleria del giudice che ha emesso il decreto in merito alla mancata opposizione.

Le ultime pronunce della giurisprudenza di legittimità (tra queste, Cass. Civ. I sez. n. 1650/2014, Cass.Civ. I sez. n.2112/2014 e la sopracitata Cass. n. 12055/2015) hanno ribadito l’efficacia costitutiva e non meramente dichiarativa del visto di definitiva esecutività.

Ne deriva che nel caso in cui si sia non solo verificato il decorso del termine massimo per proporre opposizione, ma anche l’apposizione della dichiarazione di definitiva esecutorietà da parte del giudice che ha emesso il decreto, quest’ultimo costituisca titolo per l’ammissione del credito allo stato passivo, senza che vi sia possibilità da parte del curatore fallimentare o del giudice delegato di poter contestare l’esistenza del credito, ovvero i fatti su cui lo stesso si fonda, acquisendo il decreto ingiuntivo, a seguito della dichiarazione, efficacia di cosa giudicata, sia formale che sostanziale (Cass. 31 ottobre 2007 numero 22959).

Qualora la suddetta dichiarazione non sia intervenuta anteriormente al fallimento, il decreto ingiuntivo, sebbene non opposto e regolarmente notificato, non risulterebbe opponibile al fallimento, escludendo, di conseguenza, l’ammissibilità del credito allo stato passivo, salvo che l’esistenza del suddetto credito non venga effettuata mediante altri elementi probatori. In aggiunta, anche l’ipoteca giudiziale eventualmente iscritta in base al decreto provvisoriamente esecutivo non sarebbe opponibile, con conseguente inammissibilità allo stato passivo del credito costituito dalle spese sostenute per l’iscrizione della suddetta ipoteca.

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Articolo suggerito: "Decreto ingiuntivo: requisiti, competenza, opposizione e provvisoria esecutività", su AffariMiei.biz