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Pubbl. Mer, 17 Feb 2016

Responsabilità della struttura ospedaliera nel caso di cattiva gestione di un’emergenza sanitaria

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Fabio Zambuto


Nell’ambito del contratto di spedalità, il nosocomio può essere ritenuto responsabile qualora, in concreto, si accerti che i sanitari avrebbero potuto tenere condotte prudenti, seppur la struttura rispetti tutti gli standard imposti dalla legge. Nota a Cass. Civ., sez. III, del 19 ottobre 2015 n. 21090.


Sommario: 1. Il caso – 2. La questione giuridica – 3. Premesse sul contratto di spedalità – 4. La decisione – 5. Principio di diritto

1. Il Caso

La vicenda che ha dato luogo a tale pronuncia è vedeva coinvolto un paziente giunto in ospedale a causa di un infortunio sul lavoro e deceduto durante il ricovero per le gravi lesioni riportate.

Tanto il giudice di primo grado quanto la Corte di Appello procedente, hanno ritenuto la vicenda collegata eziologicamente alle condotte inadeguate dei sanitari. Difatti, a parere dei giudici di merito, l’inadeguatezza dei soccorsi la si ravvisava nell’ingente ritardo fra l’ingresso nel pronto soccorso e quello in sala di chirurgia, nel ritardo nella trasmissione dei dati delle analisi di laboratorio nonché nell’aggravamento delle condizioni del paziente determinato dalla manipolazione dello stesso in seguito alle indagini radiografiche.

In entrambi i gradi di giudizio, quindi, si è ritenuto che “la morte avrebbe potuto esser scongiurata o ritardata con tempestivi esami svolti nei locali del pronto soccorso, senza effettuare due trasferimenti nello stesso nosocomio, attraverso un intervento chirurgico immediato”.

2. La questione giuridica

La questione giuridica sottesa al caso affrontato dalla Suprema Corte concerne il quantum sufficiente, nell’ambito del contratto di spedalità, ad escludere la responsabilità della struttura sanitaria.

Più in particolare, riguarda la possibilità di escludere la responsabilità di un nosocomio nel caso in cui questo, sotto il profilo dell’organizzazione, si sia pienamente attenuto alla normativa prevista.

3. Premesse sul contratto di spedalità

Secondo prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la natura del rapporto che si instaura tra medico e paziente all’atto dell’accettazione presso una struttura ospedaliera, e dunque della corrispondente responsabilità, è contrattuale.

L’accettazione del paziente in una struttura ospedaliera ai fini di un intervento chirurgico, comporta infatti la conclusione di un contratto di prestazione d’opera atipico di spedalità, in forza del quale la stessa è tenuta ad una prestazione complessa, che non si esaurisce nella effettuazione delle cure mediche e quelle chirurgiche (generali e specialistiche) ma si estende ad una serie di prestazioni, quali la messa a disposizione di personale medico ausiliario e di personale paramedico, di medicinali, e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché di quelle lato sensu alberghiere.

L’obbligazione del medico e quella della struttura ospedaliera nei confronti del paziente non devono necessariamente essere fondate su una stipulazione negoziale di tipo ordinario, in quanto la natura contrattuale di tali obbligazioni si fonda su un mero “contatto sociale”, al quale si ricollegano specifici obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione dei contatto stesso.

Assume rilevanza, in particolare, la tutela dei diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione. Dalla natura contrattuale del predetto consegue l’applicabilità delle norme generali in materia di adempimento delle obbligazioni.

4. La decisione

Non si tratta, secondo la Corte, di sindacare le modalità di organizzazione delle strutture erogatrici dell’assistenza sanitaria di emergenza, né le regole, sovente di rango legislativo, che ne stabiliscono le dotazioni.

Piuttosto, a parere della S.C., anche il pieno rispetto della normativa vigente al riguardo non esime affatto da responsabilità la struttura ospedaliera se, in relazione proprio a quelle condizioni di partenza pur non ottimali, le condotte degli operatori siano valutate comunque inadeguate.

Affermatosi in altro campo, il principio secondo cui  vi è la necessità di rispettare anche le regole comuni di diligenza e prudenza, se del caso anche ulteriori e diverse rispetto a quelle sull’organizzazione minima o sui requisiti di sicurezza, e senza che tanto possa comportare un’ingerenza – tanto meno diretta – del giudice ordinario nelle scelte organizzative o di struttura, assume una valenza generale: non basta osservare le norme espressamente previste, dinanzi a regole generali e sussidiarie di obbligo di diligenza immanenti nell’ordinamento e soprattutto in ambito contrattuale.

In generale quindi, non basta che una struttura ospedaliera – pubblica o meno – rispetti la dotazione o le istruzioni, anche manifestamente insufficienti rispetto alle emergenze maggiori, previste dalla normativa vigente per andare esente da responsabilità.

Da ciò si ricava che il ritardo nella comunicazione dei decisivi dati degli esami di laboratorio e nell’effettivo avvio dell’intervento chirurgico, come pure le modalità di manipolazione di alcuni organi del paziente, sono correttamente individuate quali potenziali cause dell’esito letale.

Anche un’eventuale conformità della non adeguata scorta di sangue alle previsioni normative applicabili non avrebbe esentato l’azienda ospedaliera dall’onere dell’adozione di ogni misura conseguente, quale l’immediata richiesta di altro sangue presso strutture che ne fossero invece dotate, o, per ipotesi, il trasferimento immediato del paziente ad altra struttura più attrezzata.

Altro profilo di ordine partico affrontato dalla Suprema Corte concerne la ripartizione dell’onere probatorio in casi del genere.

Secondo un consolidato insegnamento della Corte, non è compito dei danneggiati provare che l’esito letale sarebbe stato comunque inevitabile, nonostante i ritardi: ma tanto incombe appunto sulla danneggiante, una volta provata la condotta colposa – astrattamente idonea a comportare la morte in una situazione di partenza assai grave – ed in base alla natura contrattuale del contratto di spedalità, conformemente alla giurisprudenza consolidata della corte regolatrice (a partire da Cass. 12 aprile 2007, n. 8826).

In dipendenza di tanto, è la danneggiante onerata della prova di avere erogato tutte le prestazioni idonee in relazione alla fattispecie: ricadendo, in mancanza, su di essa debitrice le conseguenze dell’assenza o dell’incompletezza della prova stessa.

Come precisato dalla più recente giurisprudenza in tema di responsabilità civile derivante da attività medicochirurgica il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obb1igazione sanitaria deve provare il contratto ed allegare l’inadempimento del professionista, restando a carico dell’obbligato l’onere di provare l’esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non vale come criterio di ripartizione dell’onere della prova, ma rileva soltanto ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, spettando, al sanitario la prova della particolare difficoltà della prestazione, in conformità con il principio di generale favor per il creditore danneggiato cui l’ordinamento è informato” (Cass. Civ. 20 ottobre 2014, n. 22222).

Insomma, resta a carico del debitore convenuto – una volta riscontrato il nesso causale – l’onere di dimostrare che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (tra le più recenti: Cass. 12 dicembre 2013, n. 27855; Cass. 30 settembre 2014, n. 20547).

5. Principio di diritto

Dall’obbligo di erogare la propria prestazione, oggetto di obbligazione contrattuale nel contratto c.d. di spedalità,  con la massima diligenza e prudenza, deriva che un nosocomio, oltre ad osservare le normative di ogni rango in tema di dotazione e struttura delle organizzazioni di emergenza, tenga poi in concreto, per il tramite dei suoi operatori, condotte adeguate alle condizioni disperate del paziente ed in rapporto alle precarie o limitate disponibilità di mezzi o risorse, benché conformi alle dotazioni o alle istruzioni previste dalla normativa vigente, adottando di volta in volta le determinazioni più idonee a scongiurare l’impossibilità del salvataggio del leso.