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Risoluzione anticipata del rapporto locatizio: al locatore spettano i canoni non percepiti fino alla scadenza naturale del contratto
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Pubbl. Ven, 18 Apr 2025

Risoluzione anticipata del rapporto locatizio: al locatore spettano i canoni non percepiti fino alla scadenza naturale del contratto

Francesco Zoppi
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Il presente contributo si propone di analizzare l’iter argomentativo seguito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4892 del 25 febbraio 2025, secondo cui, in caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, la riconsegna del bene prima della scadenza non esclude, di per sé, il diritto del locatore al risarcimento del danno


Sommario: 1. Premessa; 2. La controversia; 3. I due orientamenti in contrasto; 4. La sentenza n. 4892/2025 delle Sezioni Unite; 4.1. La causa del contratto di locazione e la necessità di non neutralizzare l’inadempimento del conduttore; 4.2. Nessun automatismo: il locatore potrebbe avere diritto al recupero solo di alcuni canoni; 4.3. Nessuno spazio per l’applicabilità dell’art. 1591 cod. civ.; 5. Conclusioni.

Sommario: 1. Premessa; 2. La controversia; 3. I due orientamenti in contrasto; 4. La sentenza n. 4892/2025 delle Sezioni Unite; 4.1. La causa del contratto di locazione e la necessità di non neutralizzare l’inadempimento del conduttore; 4.2. Nessun automatismo: il locatore potrebbe avere diritto al recupero solo di alcuni canoni; 4.3. Nessuno spazio per l’applicabilità dell’art. 1591 cod. civ.; 5. Conclusioni.

1. Premessa

Le Sezioni Unite con la sentenza n. 4892 del 25 febbraio 2025, hanno risolto un contrasto interpretativo in ordine alla risarcibilità del danno da mancato guadagno conseguente alla risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, qualora il bene locato sia stato restituito al locatore prima della naturale scadenza del contratto.

Allo scopo di meglio chiarire e comprendere gli approdi ermeneutici della Suprema Corte, occorre brevemente passare in rassegna la vicenda fattuale e processuale oggetto della pronuncia in commento.

2. La controversia

Nel 2009 una società acquistava un immobile sito in Roma e, per l’effetto, subentrava in qualità di locatrice nel contratto di locazione stipulato tra la precedente proprietaria e l'attuale conduttore.

Nell’aprile del 2010, la predetta società, dato il ritardo del conduttore nel pagamento di alcuni canoni di locazione, dopo aver ottenuto la convalida dello sfratto per morosità di quest’ultimo, attivava anche il relativo procedimento finalizzato al rilascio dell’immobile, che veniva spontaneamente restituito dal conduttore soltanto nel mese di settembre dello stesso anno.

Per tali ragioni, la locatrice ricorreva dinanzi al Tribunale di Roma invocando la condanna del conduttore al risarcimento dei danni subiti: nel dettaglio, la società richiedeva la corresponsione di tutti i canoni di locazione non versati fino alla data di scadenza del contratto (prevista per il 2011) o quantomeno fino alla data dell'eventuale conclusione di un nuovo rapporto locatizio.

Con sentenza del 2014, il Tribunale di Roma accoglieva soltanto in parte la domanda della società, condannando il conduttore al pagamento di € 4.000,00, ma rigettava nel resto le ulteriori richieste.

Con sentenza del 2018, la Corte d’Appello di Roma confermava il decisum del Tribunale capitolino. Stando alla statuizione del Giudice di seconde cure, nonostante l’inadempimento del conduttore, con conseguente risoluzione del contratto di locazione (art. 1453 cod. civ.), la società locatrice non aveva sofferto alcun pregiudizio in quanto il conduttore aveva comunque provveduto a riconsegnare l’immobile prima che il contratto raggiungesse la sua scadenza naturale, ossia quella concordata tra le parti. E, infatti, in presenza della materiale riconsegna dell'immobile locato, doveva ritenersi che il patrimonio della società fosse stato reintegrato in modo adeguato proprio attraverso il ripristino del godimento materiale dello stesso.

La società impugnava la sentenza di appello con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Per quanto d’interesse, con il primo motivo, censurava il provvedimento della Corte d’Appello per violazione o falsa applicazione dell'art. 1453 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 1223 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per aver il Giudice di secondo grado negato il diritto al risarcimento dei danni relativi al mancato incasso dei canoni di locazione fino alla naturale cessazione del contratto, così aderendo a un orientamento minoritario della Corte Suprema di Cassazione, secondo cui il corrispettivo della locazione si tradurrebbe in un compenso per la rinuncia del locatore al godimento diretto.

Per converso, la ricorrente reputava necessario collocarsi nel solco dell’orientamento maggioritario dei Massimi Giudici, in ragione del quale la reale dimensione causale del contratto consente di ritenere che lo specifico interesse locatizio tutelato è quello al godimento indiretto del bene mediante percezione di un corrispettivo per l'altrui godimento.

La Terza Sezione Civile della Cassazione – dopo aver rilevato la convivenza, sul punto, di due orientamenti contrastanti – con ordinanza interlocutoria n. 31276/2023 ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.

3. I due orientamenti in contrasto

Con il citato provvedimento di rimessione, la Terza Sezione Civile ha passato in rassegna i due contrapposti filoni interpretativi, riguardanti le conseguenze da ricollegare all’inadempimento del conduttore sul piano dei danni subiti e, pertanto, da risarcire in favore del locatore.

Più nel dettaglio - per un primo orientamento («più risalente e tendenzialmente prevalente») - il locatore, dopo aver ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, vanta un «diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto»: danno che deve essere individuato nella «mancata percezione dei canoni concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore, ed il cui ammontare è riservato alla valutazione del giudice di merito sulla base di tutte le circostanze del caso concreto».

Invece - per un secondo orientamento, minoritario - condiviso dalla Corte d’Appello di Roma nel caso in commento, una volta verificatasi la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, se il conduttore rilascia l’immobile locato anticipatamente, il locatore non può invocare alcun pregiudizio per non aver incamerato i canoni ulteriori fino alla scadenza, in quanto «la mancata percezione […] dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, non configura di per sé un danno da “perdita subita”, né un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore-locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore».

Come sintetizzato dall’ordinanza interlocutoria de qua, è possibile individuare un discrimen tra i due orientamenti in punto di conseguenze derivanti dalla valutazione della locazione in termini di «godimento indiretto».

In sostanza, per il secondo degli orientamenti richiamati (fatto proprio dalla Corte d'appello nel caso di specie), siccome «il canone è il corrispettivo per la privazione del godimento» del bene che il proprietario concede e considerando che, con il rilascio, egli rientra nel godimento dell’immobile, non si può configurare alcun pregiudizio a carico di quest’ultimo.

Viceversa, per il primo differente orientamento, il rilascio dell’immobile da parte del conduttore non neutralizza il danno del locatore, il quale comunque non percepisce alcun canone fino alla scadenza del rapporto contrattuale. Ciò significa che «la ripresa disponibilità della cosa» per il locatore non può rappresentare un vantaggio paragonabile al «reddito locatizio» che egli aveva deciso di trarre dal bene, in quanto è doveroso considerare che, con la stipula del contratto di locazione, il locatore ha voluto tutelare il suo «interesse al godimento indiretto» della cosa «mediante la percezione di un corrispettivo per l’altrui godimento».

4. La sentenza n. 4892/2025 delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4892/2025, pubblicata in data 25 febbraio 2025, hanno posto fine a tale contrasto ermenuetico, aderendo all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità.

Con tale statuizione, la Suprema Corte ha chiarito che, nel caso in cui il conduttore restituisca l’immobile al locatore prima che il relativo contratto di locazione raggiunga la propria scadenza naturale, comunque il locatore può rivendicare il proprio diritto di ottenere, a titolo di risarcimento, il pagamento dei canoni che scadranno dopo la restituzione dell’immobile: detti canoni dovranno essere versati dal conduttore fino alla prevista scadenza del contratto oppure fino al momento in cui il locatore non riesca a concedere nuovamente l’immobile in locazione ad altro soggetto.
Senonché, i Massimi Giudici hanno altresì colto l'occasione per chiarire che non sempre il locatore può pretendere il pagamento da parte del conduttore di tutti i canoni che non abbia percepito fino alla scadenza del contratto o fino al reperimento di un nuovo conduttore, essendo pur sempre necessario «l’apprezzamento da parte del giudice del merito di tutte le circostanze del caso concreto», escludendosi qualsivoglia automatismo.

Ciò, per come si vedrà, «in primo luogo perché l’azione risarcitoria non può essere confusa con l’azione di adempimento, solo grazie alla quale, per ipotesi, il locatore può esigere il mancato pagamento dei canoni convenuti fino alla scadenza del rapporto. In secondo luogo, tale esito evolutivo è coerente alla distinzione fra il danno evento ed il danno conseguenza. Il danno evento, coincidente con l’inadempimento, si identifica effettivamente con la mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino al reperimento di un nuovo conduttore. Il danno risarcibile è, però, il danno conseguenza, disciplinato dall’art. 1223 cod. civ.», e ciò impone al locatore di «provare il nesso di causalità giuridica fra l’evento di danno e le conseguenze pregiudizievoli».

4.1. La causa del contratto di locazione e la necessità di non neutralizzare l’inadempimento del conduttore

Nel ragionamento seguito dall’Organo nomofilattico occupa un posto nevralgico l’indagine incentrata sull'individuazione e definizione della causa del contratto di locazione.

Secondo l’orientamento minoritario – accolto dalla Corte d’Appello di Roma ma rigettato dal Supremo Consesso – la causa del contratto di locazione dovrebbe essere ravvisata nella «relazione funzionale» che esisterebbe «tra la ‘rinuncia’, da parte del locatore, al godimento diretto del proprio immobile e il ‘compenso’ costituito dal pagamento del canone da parte del conduttore»[1].

In realtà, nella prospettiva delle Sezioni Unite, individuare la causa del contratto di locazione – ex latere locatore – nella rinuncia di questi al godimento diretto del bene esprime una «prospettiva del tutto marginale», in quanto non si può sostenere che tutti i soggetti che intendono concedere un immobile in godimento a terzi siano interessati al «godimento diretto del proprio immobile»[2].

Per converso, sempre «sul piano dell’identificazione della causa del contratto di locazione», si deve valorizzare la «dimensione dello scambio (in sé considerato) tra l’utilità economico-sociale rappresentata dal godimento di un bene immobile e l’importo monetario del canone: uno scambio in cui la prestazione patrimoniale del conduttore non risulta affatto volta a ‘compensare’ il sacrificio del godimento diretto del bene da parte del locatore, bensì a ‘corrispondere’ alle utilità offerte dal locatore secondo i termini di una specifica dinamica funzionale di carattere economico-sociale»: in tal modo le parti stesse prospettano di realizzare «un nuovo, originale e più avanzato assetto economico-giuridico».

Da quanto esposto deriva che, proprio sulla scorta di tali «elementari premesse», si può affermare che quand’anche il conduttore restituisse l’immobile prima della scadenza del contratto, tale riconsegna non potrebbe mai condurre «di per sé» a ricostituire in via integrale la condizione economico-giuridica che si era creata in capo al locatore dopo la stipula del contratto di locazione.

Non solo. La ricostruzione seguita dall’orientamento minoritario della Cassazione non può essere condivisa perché si traduce nella «totale neutralizzazione della rilevanza giuridica» dell’inadempimento del conduttore: ciò, in quanto trascura che, in ragione di tale inadempimento, il programma negoziale inizialmente delineato dalle parti non si realizza affatto. In altri termini, «la restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore inadempiente […] non potrà mai costituire il ripristino di un preesistente equilibrio delle sfere giuridico-patrimoniali delle parti […] quanto piuttosto l’attestazione del fallimento (per responsabilità del conduttore) del programma contrattuale», il che equivale a dire che «la frustrazione che il locatore è costretto a subire per effetto dell’inadempimento del conduttore  […] non potrà in tal senso mai essere reintegrata, sul piano risarcitorio, dalla ricollocazione dello stesso locatore nella medesima condizione economico-patrimoniale precedente la conclusione del contratto».

Nel solco seguito dalla giurisprudenza minoritaria, credere che la sola riconsegna dell’immobile possa ripristinare la situazione economico-patrimoniale del locatore significa, altresì, incidere negativamente sul danno (giuridicamente rilevante) sofferto dal locatore stesso, determinando precisamente la «cancellazione dell’interesse positivo», ossia di una «componente costitutiva del danno contrattuale regolato dall’art. 1223 c.c.». In tal modo, si determinerebbe un contrasto con la posizione assunta in materia dalla Suprema Corte, la quale, in diverse occasioni, ha statuito che «nei contratti a prestazioni corrispettive, alla risoluzione per inadempimento si accompagna sempre il diritto, per il contraente fedele, al risarcimento del danno, non limitato all’interesse negativo (id quod interest contractum non fuisse), bensì esteso all’interesse positivo (quantum lucrari potuit)»: d’altronde, a voler ragionare diversamente, riconoscendo cioè alla parte non inadempiente il solo interesse negativo, «la responsabilità (contrattuale) per inadempimento coinciderebbe quoad effectum con la responsabilità precontrattuale»[3].

4.2. Nessun automatismo: il locatore potrebbe avere diritto al recupero solo di alcuni canoni

Le Sezioni Unite, dopo aver composto il contrasto ermeneutico, confermando la validità dell’orientamento maggioritario – secondo il quale «il locatore, il quale abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per l’anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore» – si soffermano sul tema della determinazione e liquidazione del danno risarcibile.

A tale riguardo, è fondamentale far presente che il giudice di merito, nel determinare il danno risarcibile, dovrà valutare «tutte le circostanze del caso concreto», prendendo le mosse da quella concernente «l’utile che il locatore avrà ricavato (o che avrebbe potuto comunque ricavare con l’uso della normale diligenza) dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura e il termine convenzionale del rapporto inadempiuto», rifiutando qualsiasi automatismo in forza del quale si cerchi di stabilire un’equivalenza piena tra danno sofferto dal locatore e insieme dei canoni non incamerati.

E, infatti, nel rispetto dello statuto del danno vigente in ambito civilistico, deve essere tenuta ferma la distinzione tra il c.d. “danno-evento” («qui coincidente con l’inadempimento e identificato dalla mancata percezione dei canoni di locazione concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore») e il c.d. “danno-conseguenza”[4], che (i) consente di risarcire il mancato guadagno del locatore soltanto se esso sia «conseguenza immediata e diretta» dell’inadempimento, (ii) deve essere legato al “danno-evento” da un nesso di c.d. “causalità giuridica”, nel senso che le conseguenze pregiudizievoli sofferte dal locatore devono derivare in modo immediato e diretto dall’evento di danno, e (iii) impone al locatore, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., di provare che l’evento di danno abbia prodotto, in via immediata e diretta, tali conseguenze pregiudizievoli (id est le conseguenze dannose correlate al mancato incasso dei canoni di locazione).

In tal modo, se, da un lato, la restituzione dell’immobile da parte del conduttore in favore del locatore non ripristina la condizione economico-patrimoniale del locatore né pone rimedio al «fallimento del programma contrattuale», dall’altro, costituisce un elemento utile per ricostruire le conseguenze dannose sofferte dal locatore stesso e per verificare se esse discendano effettivamente dall’inadempimento del conduttore o, piuttosto, non siano da attribuire ad un comportamento inerte del locatore.

In particolare, quest’ultimo dovrà dimostrare di «essersi convenientemente attivato, non appena ottenuta la riconsegna del proprio immobile, al fine di rendere conoscibile […] la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione». In caso contrario, non potrà non ravvisarsi nell’inerzia del locatore, che non si attivi per locare nuovamente l’immobile, la fonte della cessata redditività del bene: una forma di responsabilità da valutare ex fide bona valutando in generale il comportamento dei contraenti, con riferimento alla relazione precontrattuale (art. 1337 cod. civ.), all’interpretazione (art. 1366 cod. civ.) ed esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.) ma anche alla fase successiva alla risoluzione dello stesso (richiamando l’art. 1175 cod. civ., applicabile anche in relazione al rapporto obbligatorio che riguarda il credito risarcitorio).

4.3. Nessuno spazio per l’applicabilità dell’art. 1591 cod. civ.

Al di là degli argomenti sopra illustrati, l’ordinanza interlocutoria della Terza Sezione Civile ha sottolineato la necessità di considerare «ai fini della risoluzione del contrasto, la portata dell’art. 1591 cod. civ.», ai sensi del quale «Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno».

Secondo la Sezione rimettente, se è vero che tale disposizione disciplina «la fattispecie dei danni da ritardata restituzione, e dunque gli effetti della mora del conduttore a restituire l’immobile», è altrettanto vero che «la portata della norma non è riducibile alla fattispecie della restituzione dopo la scadenza del rapporto», in quanto essa può essere applicata anche all’ipotesi di «restituzione prima della scadenza, e dunque all’ipotesi della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore e del protrarsi del godimento della cosa da parte di quest’ultimo, nonostante la cessazione per risoluzione».

Pertanto, la Terza Sezione Civile, oltre a ritenere che l’art. 1591 cod. civ., nella sua prima parte, imponga al conduttore di pagare al locatore i canoni fino al momento della restituzione dell’immobile, si è interrogata sulla possibilità che detta disposizione - nella sua seconda parte (“salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”) - possa imporre al conduttore di pagare al locatore anche i canoni fino al momento in cui quest’ultimo rintracci un nuovo conduttore (ma, comunque, entro il termine massimo della scadenza del rapporto contrattuale).

Sul punto, le Sezioni Unite – non condividendo i dubbi della Sezione Semplice – hanno escluso la «estensione analogica» della predetta norma, sottolineando che la fattispecie prevista dall’art. 1591 cod. civ. concerne «una vicenda del tutto diversa» da quella interessata dalla pronuncia, dal momento che tale disposizione riguarda esclusivamente il caso in cui il conduttore riconsegni in ritardo l’immobile e non, viceversa, quello in cui non corrisponda i canoni nel corso del rapporto: si tratta di forme di inadempimento diverse e soltanto per la prima di esse (ritardata consegna del bene) l’articolo citato può trovare applicazione.

In conclusione, il «‘maggior danno’ di cui si discorre nell’art. 1591 c.c. rimarrebbe pur sempre riferito, stricto sensu, alle conseguenze pregiudizievoli direttamente riferibili al ritardo nella restituzione dell’immobile e, dunque, non estensibili alle conseguenze più ampiamente legate al fallimento del programma contrattuale per fatto del conduttore».

5. Conclusioni

Alla luce della disamina condotta, la composizione più autorevole della Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.».


Note e riferimenti bibliografici

[1] Più nello specifico: «la concessione in godimento di un bene iure locationis si risolve ex latere del locatore in una particolare forma di esercizio del godimento del bene nelle sue utilità, cioè nel conferimento al conduttore della facoltà di esercitare in via diretta su di esso il godimento materiale, che altrimenti sarebbe esercitabile dal locatore. A fronte di tale conferimento […] il conduttore versa al locatore il corrispettivo, il canone, che viene a rappresentare in tal modo una modalità di fruizione indiretta dell’utilità sottesa al godimento del bene sostitutiva del possibile godimento diretto […]. Ebbene, quando il locatore concede in locazione l’immobile, il corrispettivo della locazione, cioè il canone, rappresenta l’equivalente della privazione della possibilità di esercitare il godimento dello stesso in via diretta […]” (così Cass., Sez. 6-3, n. 27614 del 10/12/2013 […]».

[2] Gli esempi delle Sez. Un. sono quelli della «collocazione sul mercato di immobili precedentemente acquistati dal locatore a soli fini di investimento del risparmio (da cui trarre occasione di possibili rendite)» e dei «locatori (come una società commerciale) orientati a realizzare profitti attraverso l’acquisto sistematico di immobili da destinare con immediatezza al godimento di terzi dietro compenso».

[3] Le Sez. Un. richiamano Cass., Sez. III, 14 ottobre 2021, n. 28022 e Cass., Sez. III, 29 dicembre 2023, n. 36497.

[4] Il danno-conseguenza individua il proprio referente positivo nell’art. 1223 cod. civ., ai sensi del quale «Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta».