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Pubbl. Mar, 18 Mar 2025

Gli impianti di telecomunicazione e l´elettrosmog: un'analisi giuridica tra innovazione e tutela della salute, dell´ambiente e del paesaggio

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Lorenzo La Via
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Enna Kore



Questo articolo si propone di approfondire i principali aspetti giuridici legati alla diffusione degli impianti di telecomunicazione, soffermandosi sul bilanciamento tra il progresso tecnologico e la tutela dei diritti fondamentali, come il diritto alla salute, alla salvaguardia ambientale e alla protezione del paesaggio. Attraverso un’analisi della normativa e un esame della giurisprudenza, si intende evidenziare come il diritto possa affrontare le sfide poste da un mondo in costante evoluzione. In una società avanzata, infatti, ogni fenomeno di rilievo deve essere disciplinato dalla legge, affinché sia possibile armonizzare e bilanciare in modo equo i molteplici interessi.


ENG

Telecommunications systems and electrosmog: a legal analysis between innovation and protection of health, the environment and the landscape

This article aims to delve into the main legal aspects related to the proliferation of telecommunication facilities, focusing on the balance between technological progress and the protection of fundamental rights, such as the right to health, environmental preservation, and landscape protection. Through an analysis of legislation and a review of case law, the goal is to highlight how the law can address the challenges posed by a constantly evolving world. In an advanced society, every significant phenomenon must be governed by law to ensure the fair harmonization and balance of diverse interests.

Sommario: 1. Introduzione; 2.1. La normativa nazionale; 2.2. La normativa comunitaria; 3.1. La pubblica utilità; 3.2. Il servizio pubblico in concreto e le possibili conseguenze; 4.1. Il procedimento amministrativo per l’installazione delle stazioni radio; 4.2. Il ruolo degli enti locali; 5. L’iniziativa privata e l’esigenza del progresso tecnologico; 6. Tutela del paesaggio e dell’ambiente; 7.1. Il diritto alla salute e l’eventualità di possibili danni; 7.2. Gli studi sulla salute condotti a livello internazionale; 7.3. Una possibile soluzione normativa; 8. Gli studi scientifici e la possibile rilevanza giuridica; 9: Giudizio sulla costituzionalità della normativa; 10. Diritto alla trasparenza in materia di impianti di telecomunicazioni; 11. La disciplina urbanistica degli impianti di telecomunicazione; 12.1. I danni patrimoniali immobiliari; 12.2. Il nuovo concetto di immissioni;  13. La possibilità di una responsabilità amministrativa e penale; 14. L’emersione nel linguaggio comune di una nuovo tipo di inquinamento ambientale: l’elettrosmog; 15. Conclusioni.

1. Introduzione

Negli ultimi anni, la società ha vissuto un profondo progresso tecnologico, che ha trasformato radicalmente il modo di vivere delle persone, influendo sia sulle interazioni umane sia sui sistemi di comunicazione. Le telecomunicazioni, in particolare, si sono affermate come un pilastro fondamentale della società contemporanea, rivoluzionando la quotidianità. Tra queste, le reti di telefonia mobile sono diventate indispensabili nella realtà odierna. Tuttavia, accanto ai numerosi benefici, emergono preoccupazioni riguardanti il loro impatto ambientale e sanitario.

Sebbene una parte consistente della comunità scientifica ritenga le emissioni elettromagnetiche prodotte dalle infrastrutture di telecomunicazione sostanzialmente innocue, persistono incertezze sugli effetti a lungo termine per la salute e l’ambiente. Queste perplessità, condivise da molti altri esperti, suggeriscono la necessità di adottare un approccio più prudente.

In uno Stato di diritto avanzato, ogni questione rilevante deve essere regolata dalla legge, e le controversie che coinvolgono interessi divergenti devono essere risolte attraverso un equo bilanciamento. Nel caso specifico, alla promozione dello sviluppo tecnologico deve necessariamente accompagnarsi la tutela dell’ambiente, del paesaggio storico e della salute pubblica. Sebbene manchi un consenso unanime nella comunità scientifica, numerosi studiosi hanno sottolineato i potenziali rischi legati all’esposizione prolungata alle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti. Inoltre, l’installazione di infrastrutture come i ripetitori telefonici solleva questioni estetiche e paesaggistiche, richiedendo un’attenta pianificazione urbanistica.

Il diritto, quale espressione delle esigenze collettive, è chiamato a confrontarsi con fenomeni complessi come quello in esame, anche in presenza di incertezze scientifiche. Quando non esistono certezze assolute sugli effetti di un fenomeno, è fondamentale tutelare i valori essenziali dinanzi a ragionevoli dubbi.

In questo contesto, il diritto assume un ruolo cruciale di mediazione tra l’espansione delle reti di telecomunicazione, considerate un motore del progresso economico [49] e sociale, e la necessità di salvaguardare i diritti fondamentali. Il termine “elettrosmog[1] [20] identifica comunemente l’inquinamento elettromagnetico prodotto dagli impianti tecnologici, una forma di lesione ambientale distinta da quella causata da emissioni materiali [2].

In passato, la tutela dell’ambiente era riconosciuta come un valore costituzionalmente protetto, sebbene non espressamente sancito nella Carta, la cui attenzione era rivolta principalmente alla tutela del paesaggio, inteso come parte del patrimonio nazionale. Tuttavia, l’ambiente non appariva contrastante con i principi già presenti, definendolo così come un principio "costituzionalmente orientato”. In seguito, la crescente sensibilità collettiva ha portato, nel 2022, alla modifica dell’art. 9 della Costituzione, introducendo esplicitamente la tutela ambientale e sottolineandone l’importanza per la sopravvivenza delle future generazioni. 

Negli ultimi decenni, il legislatore ha adottato misure volte a regolamentare l’installazione di impianti di telecomunicazione, stabilendo criteri di sicurezza per l’esposizione ai campi elettromagnetici e promuovendo una pianificazione urbanistica attenta a prevenire danni ambientali e paesaggistici. Questo approccio riflette l’esigenza di bilanciare il progresso tecnologico con la tutela dell’ambiente e della salute, garantendo uno sviluppo sostenibile e rispettoso dei diritti sanciti dalla Carta costituzionale [15].

2.1. La normativa nazionale

Negli ultimi anni, la normativa in materia di impianti di telecomunicazione ha subito significative trasformazioni, con l’obiettivo di armonizzare il progresso tecnologico con la tutela della salute pubblica e del patrimonio ambientale e culturale. Un passaggio fondamentale è rappresentato dalla Legge n. 36 del 22 febbraio 2001, che definisce i principi per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati non solo dagli impianti di telecomunicazione, ma anche da altre fonti come linee elettriche e dispositivi mobili. Questa legge ha introdotto limiti rigorosi di esposizione, basati in parte sulle raccomandazioni di istituti scientifici internazionali.

A livello europeo, le linee guida che ispirano la legislazione italiana includono studi condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP). Tuttavia, l’Italia si distingue per l’adozione di parametri più restrittivi rispetto a quelli suggeriti da queste organizzazioni, al fine di ridurre al minimo i rischi per la popolazione senza ostacolare lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche.

Un contributo significativo alla regolamentazione operativa è fornito dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), che supporta gli enti locali, come Regioni e Comuni, nel monitoraggio delle emissioni elettromagnetiche e nella prevenzione dell’inquinamento elettromagnetico. Questo ruolo tecnico-scientifico consente di garantire che le installazioni rispettino i limiti previsti e che siano compatibili con il territorio circostante.

Il Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/2003) ha semplificato le procedure di autorizzazione per gli operatori, promuovendo al contempo il rispetto del paesaggio e dell’ambiente [18]. L’art. 86 del Codice stabilisce che l’installazione delle infrastrutture deve minimizzare l’impatto visivo e garantire un equilibrio tra sviluppo tecnologico e conservazione paesaggistica. Inoltre, il Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) integra le normative precedenti introducendo l’obbligo di valutare l’impatto ambientale delle antenne e delle stazioni radio base, rafforzando l’attenzione verso la compatibilità paesaggistica e ambientale [45].

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) gioca un ruolo indiretto ma significativo nella gestione delle infrastrutture di telecomunicazione. Pur non intervenendo direttamente nei procedimenti autorizzativi, l’AGCOM vigila sull’equilibrio tra competitività degli operatori, neutralità tecnologica, diritti degli utenti e diffusione delle reti sul territorio, garantendo che l’innovazione si sviluppi in modo responsabile.

Quando le infrastrutture di telecomunicazione interessano aree tutelate, entrano in gioco le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). In queste situazioni, l’installazione di impianti come antenne e ripetitori è subordinata a rigidi vincoli autorizzativi, volti a preservare l’integrità dei beni culturali e l’armonia paesaggistica [19]. La normativa prevede che ogni intervento in tali aree sia valutato con attenzione per evitare impatti negativi sull’aspetto estetico, storico o ambientale. La Soprintendenza e le autorità locali svolgono un ruolo cruciale nel garantire che le infrastrutture siano progettate e collocate nel rispetto del patrimonio collettivo.

Infine, il monitoraggio continuo delle emissioni elettromagnetiche, l’adozione di soluzioni tecniche a basso impatto visivo e una pianificazione urbanistica consapevole rappresentano strumenti essenziali per garantire un equilibrio sostenibile tra innovazione e tutela dei diritti fondamentali.

2.3. La normativa comunitaria

L'intervento normativo dell'Unione Europea nel settore delle telecomunicazioni ha assunto un ruolo centrale, focalizzandosi principalmente sulla garanzia di una libera concorrenza e sulla promozione della libertà di mercato. L’obiettivo è garantire che ogni Paese membro della Comunità europea possa competere a livello globale, avvalendosi di tecnologie avanzate. Sebbene la disciplina faccia riferimento anche alla protezione dell'ambiente e della salute, la sua priorità rimane la regolamentazione delle telecomunicazioni come mercato e servizio fondamentale per i cittadini.

Uno dei primi atti normativi significativi è la Direttiva 2002/21/CE, che ha istituito un quadro giuridico comune per creare un mercato unico delle telecomunicazioni. Questa direttiva ha fornito le linee guida per la gestione delle frequenze radio, la pianificazione delle reti e l’utilizzo dello spettro radioelettrico, cercando di armonizzare le normative nazionali in un contesto di rapida evoluzione tecnologica. Ha promosso l'innovazione e la competitività, creando le basi per la diffusione delle reti mobili.

Con la Direttiva 2009/140/CE, gli Stati membri sono stati chiamati a sviluppare regolamenti che garantissero un accesso equo alle reti e la sostenibilità delle infrastrutture, integrando anche principi di tutela ambientale. Il progresso normativo ha continuato con la Direttiva 2018/1972/UE, nota come Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, che ha introdotto regole specifiche per l'installazione delle antenne e la gestione dello spettro radioelettrico, semplificando le procedure amministrative per favorire lo sviluppo delle reti di nuova generazione. Inoltre, questa direttiva obbliga gli Stati membri a ridurre gli ostacoli burocratici, puntando a un'infrastruttura moderna, accessibile e sostenibile dal punto di vista ambientale.

La Direttiva 2013/35/UE rappresenta il primo intervento normativo specificamente dedicato alla gestione dei rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici (CEM). Essa stabilisce limiti di esposizione e misure di sicurezza per proteggere i lavoratori durante le operazioni di installazione e manutenzione degli impianti di telecomunicazione. Questa direttiva, infatti, si concentra sulla tutela della salute dei lavoratori, piuttosto che dei cittadini in generale. I rischi trattati includono sia gli effetti termici che quelli non termici dei campi elettromagnetici, che comprendono sia campi statici che onde elettromagnetiche a frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz.

In ambito ambientale, la Direttiva 2000/60/CE stabilisce misure per garantire che gli impianti elettrici e di telecomunicazione situati in aree a rischio idrogeologico non causino danni ai cittadini. Si richiede l'adozione di misure preventive per evitare contaminazioni e proteggere gli ecosistemi acquatici.

Infine, la Direttiva 2011/92/UE impone la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per la costruzione di stazioni radio e ripetitori telefonici situati in aree ambientalmente sensibili. Questa disposizione ha cercato di equilibrare la necessità di diffondere le telecomunicazioni con la tutela dell’ambiente, obbligando a considerare l'impatto sulle risorse naturali, sulla biodiversità, sull'inquinamento acustico ed elettromagnetico, nonché sugli effetti visivi.

3.1. Il principio dell’utilità pubblica

L'espressione "pubblica utilità" si riferisce all'obbligo delle pubbliche istituzioni di garantire alla collettività l'accesso a servizi essenziali. Nel contesto delle telecomunicazioni, l'installazione di impianti come i ripetitori telefonici è fondamentale per assicurare una copertura capillare della rete, un servizio che negli ultimi anni è diventato imprescindibile per la vita quotidiana di milioni di persone.

Il principio di pubblica utilità giustifica l'installazione dei ripetitori telefonici, pur in presenza di possibili criticità legate agli impatti ambientali, sanitari e visivi. La normativa e la giurisprudenza riconoscono l'importanza collettiva di tali infrastrutture, legittimando la loro realizzazione anche in aree residenziali o protette, sempre a condizione che non vengano compromessi i principi di tutela della salute e dell'ambiente, qualora questi entrino in conflitto in modo squilibrato con le esigenze del servizio.

Dal punto di vista normativo, l'installazione dei ripetitori telefonici è regolata da disposizioni che ne riconoscono la finalità di pubblica utilità, bilanciando i diritti di proprietà e la tutela ambientale. A livello europeo, la Direttiva 2018/1972/UE promuove lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione, semplificando le procedure di autorizzazione per garantire una rapida diffusione della rete. In Italia, la Legge 36/2001 sancisce che gli impianti di telecomunicazione sono di pubblica utilità, stabilendo che l'installazione deve bilanciare le esigenze di un servizio collettivo con il rispetto della salute e della sicurezza dei cittadini, senza che il principio di pubblica utilità prevalga in modo assoluto.

In questo quadro, la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) gioca un ruolo cruciale, consentendo di monitorare e mitigare gli impatti ambientali degli impianti, soprattutto in aree sensibili come parchi naturali, zone residenziali o aree protette. La Direttiva 2011/92/UE stabilisce che i progetti di installazione dei ripetitori debbano essere sottoposti a VIA quando l'area interessata presenta vulnerabilità particolare.

In alcuni casi, le autorità pubbliche possono ricorrere all'espropriazione per pubblica utilità per garantire la realizzazione delle infrastrutture. In Italia, il Codice delle Comunicazioni Elettroniche (Codice delle Comunicazioni Elettroniche: art. 51 del d.lgs. n. 259/2003) prevede l'esproprio dei terreni necessari per l'installazione dei ripetitori, a condizione che l'opera sia di interesse pubblico e (Testo Unico Espropri, d.P.R. 327/2001). Tuttavia, è obbligatorio garantire un equo indennizzo ai proprietari dei terreni espropriati, nel rispetto dei diritti individuali e collettivi.

Il diritto di proprietà, tutelato dall’art. 42 della Costituzione, non è un principio inviolabile, ma ne riconosce l'esistenza, stabilendo che lo Stato non può abolire l'istituto della proprietà a favore di un sistema collettivistico. Il legislatore ha il compito di bilanciare gli interessi privati con quelli collettivi, facendo sì che la proprietà privata sia esercitata secondo le esigenze collettive. Non può essere sottratta senza una giustificazione di interesse pubblico.

Negli ultimi anni, in Italia, sono stati registrati casi di esproprio da parte di compagnie telefoniche e altre società operanti nel settore delle telecomunicazioni, giustificati dalla necessità di realizzare infrastrutture di pubblica utilità. Spesso l’esproprio coinvolge anche coloro che avevano già consentito l'installazione degli impianti, ma la questione è ancora poco trattata dalla legislazione e dalla giurisprudenza [48] [60] [61]. Tuttavia, il diritto a un indennizzo equo deve essere sempre garantito. Secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, l'indennizzo deve corrispondere al valore venale del bene espropriato, e non a una somma ridotta, come accadeva in passato, assicurando una compensazione adeguata per il proprietario [56].

Le normative europee e nazionali stabiliscono misure di compensazione per attenuare le perdite ambientali e sanitarie derivanti dall'installazione dei ripetitori telefonici. Tra queste, figurano soluzioni per la mitigazione visiva, come il camuffamento delle antenne per adattarle meglio al contesto paesaggistico. Inoltre, sono previste misure di protezione della salute, tra cui il monitoraggio continuo dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici, per garantire che i limiti di sicurezza siano sempre rispettati. In tale contesto, il principio di pubblica utilità che giustifica l'installazione dei ripetitori deve essere sempre bilanciato con il rispetto delle normative ambientali, sanitarie e paesaggistiche.

La giurisprudenza nazionale ha ribadito che, trattandosi di opere di urbanizzazione primaria, le infrastrutture delle reti di telecomunicazione sono compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche [26]. Tuttavia, Regioni e Comuni hanno la facoltà di introdurre criteri localizzativi per regolamentare l'installazione degli impianti, includendo eventuali esclusioni per siti sensibili come scuole o ospedali [29]. Tali criteri devono essere specifici, e non possono diventare limitazioni generiche o eccessive, come l’imposizione di distanze minime dagli edifici, poiché ciò potrebbe comportare l’illegittimità dei regolamenti. La giurisprudenza riconosce legittimità delle disposizioni comunali che regolano l'installazione di tali infrastrutture, purché le modalità di impugnazione siano ragionevoli e rispettose dei diritti degli operatori [38]. Per esempio, vietare la localizzazione degli impianti in zone lontane dai centri abitati rappresenterebbe una restrizione non consentita [16]. I Comuni possono individuare aree preferenziali per l'installazione, ma senza compromettere l'efficienza e la capillarità della rete [37].

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 331 del 7 novembre 2003, ha dichiarato illegittime le norme regionali che imponevano divieti generalizzati basati sulla distanza da siti sensibili. Tali restrizioni ostacolano lo sviluppo di una rete capillare e violano l'equilibrio stabilito dalla legge statale tra la tutela della salute pubblica, la protezione ambientale e l'interesse alla diffusione dei servizi di telecomunicazione [49].

3.2. Il servizio pubblico in concreto e le possibili conseguenze

Le infrastrutture per la ricezione del segnale telefonico possono ormai essere considerate beni di pubblica utilità, poiché il servizio che offrono è diventato essenziale per la società odierna. Questo ha giustificato una maggiore libertà nella loro installazione da parte delle compagnie telefoniche, a scapito degli interessi dei singoli. Tuttavia, il concetto di utilità pubblica non può essere ridotto a una semplice classificazione oggettiva, secondo cui un bene è utile alla collettività solo perché rientra in una determinata categoria. Occorre invece valutare concretamente se un’infrastruttura risponda a una reale esigenza del territorio in cui viene collocata.

Ad esempio, se un’area è già adeguatamente coperta dal servizio di rete, l’installazione di nuovi ripetitori potrebbe non rispondere a un’esigenza pubblica, ma piuttosto a una strategia commerciale volta a massimizzare il profitto di una singola compagnia. In questi casi, l’interesse collettivo si disperde, lasciando spazio a dinamiche di mercato in cui diversi operatori cercano di espandere la propria rete a discapito di una regolamentazione equilibrata.

Per questa ragione, alcuni sostengono l’introduzione di norme che impongano la condivisione dei ripetitori tra gli operatori, evitando la loro privatizzazione esclusiva. L’attuale sistema, infatti, porta spesso alla proliferazione di infrastrutture ridondanti: aree in cui vengono installati numerosi ripetitori, capaci teoricamente di servire milioni di utenti, ma in pratica utilizzati solo da una parte della popolazione. Questa situazione evidenzia una carenza normativa che consente agli operatori di espandere la propria copertura senza una pianificazione coordinata, con conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute pubblica.

Un caso emblematico si è verificato di recente a Roma, a circa cento metri dal Colosseo, in zona UNESCO, dove è stato installato un monolite bianco alto circa dieci metri [65]. Un’installazione simile, nel cuore del centro storico, solleva interrogativi sulla necessità effettiva di tale infrastruttura e sull'impatto che essa ha sul paesaggio urbano. Inoltre, la tendenza delle compagnie a evitare accordi di roaming – il servizio che consente a un dispositivo di connettersi alle reti di altri operatori in assenza di segnale – contribuisce a un ulteriore proliferare di ripetitori, aggravando il problema. In casi come questo, il danno ambientale e paesaggistico diventa evidente, sottolineando la necessità di un intervento normativo più rigoroso.

4.1. Il procedimento amministrativo per l’installazione delle stazioni radio

Per poter installare un impianto di telecomunicazione, come un'antenna o un ripetitore, il gestore deve presentare una richiesta alle autorità competenti, allegando la documentazione che include la localizzazione dell'impianto, le caratteristiche tecniche, le modalità di realizzazione e gli impatti ambientali [16]. L'autorizzazione per la realizzazione dell'impianto richiede una valutazione da parte delle amministrazioni locali, che verificano la conformità del progetto alle normative urbanistiche, edilizie e ambientali, comprese le verifiche di conformità edilizia da parte del Genio Civile e dell’ARPA.

Una volta ottenuta l'autorizzazione, il gestore è responsabile dell'installazione e del rispetto delle normative tecniche e di sicurezza. La realizzazione e l'uso delle infrastrutture mobili devono essere conformi alle normative ambientali e quelle a tutela della salute, come stabilito dalla Legge n. 36/2001, che protegge dai rischi legati ai campi magnetici, elettrici ed elettromagnetici [39]. In Italia, i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici sono regolati dalla Legge n. 36/2001 e dal Decreto Ministeriale del 2003, che stabilisce i valori di riferimento per la protezione del pubblico, in linea con le direttive europee. La normativa italiana recepisce i valori fissati dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP) e si applica a tutte le sorgenti di campi elettromagnetici, inclusi i ripetitori telefonici [42]. Fino al 2003, il limite di esposizione per il pubblico era fissato a 6 V/m [51] per le frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, ma nel 2024 questo limite è stato aumentato a 16 V/m.

È importante notare che tali limiti sono stabiliti per esposizioni riferite a luoghi di permanenza non inferiore a 4 ore giornaliere. Inoltre, la Legge n. 221/2012 ha introdotto una modifica nei parametri di esposizione, stabilendo che i valori devono essere confrontati con il valore di attenzione calcolato come media su 24 ore, anziché su 6 minuti. A livello europeo, i limiti di esposizione sono generalmente più elevati rispetto a quelli italiani, collocando il nostro Paese tra quelli con i valori più restrittivi in materia di protezione contro l'elettrosmog.

Per quanto riguarda l'installazione e la modifica delle infrastrutture di comunicazione elettronica destinate agli impianti radioelettrici per le reti di telefonia mobile, la competenza è del Servizio Tecnico – Ufficio SUE. L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici include la realizzazione di impianti radiotrasmittenti, ripetitori per servizi di comunicazione elettronica, stazioni radio base per reti mobili (GSM/UMTS) e reti radio a banda larga punto-multipunto nelle bande di frequenza assegnate. Le opere devono essere completate entro dodici mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzativo, pena la decadenza.

Per installare o modificare infrastrutture di comunicazione elettronica, è necessaria la presentazione di una domanda unica di autorizzazione o SCIA, corredata dalla documentazione che attesti il rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e un progetto architettonico. Le domande di autorizzazione si considerano accolte se non viene comunicato un provvedimento di diniego entro novanta giorni dalla presentazione del progetto [24]. L'art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche stabilisce la procedura autorizzatoria per l'installazione di torri, tralicci e impianti radio-trasmittenti, con il "silenzio assenso", che implica che, in assenza di un parere negativo o di un diniego entro novanta giorni, la domanda si considera approvata. Tale principio è giustificato dalla pubblica utilità delle infrastrutture [50].

La sentenza n. 11203 del 27 dicembre 2023 del Consiglio di Stato ha trattato un aspetto cruciale del silenzio assenso in materia di installazione di impianti di telecomunicazioni, ribadendo che il silenzio assenso non può verificarsi in presenza di un'istanza incompleta o imprecisa. Questa decisione tutela l'integrità del processo amministrativo, garantendo che l'amministrazione disponga di tutti gli strumenti necessari per una valutazione adeguata. In tal modo, si assicura che le autorizzazioni siano rilasciate solo dopo una valutazione completa e conforme alle normative, specialmente per quanto riguarda l'impatto ambientale, sanitario e sismico delle stazioni radio base [44]. I tralicci utilizzati per l'installazione dei ripetitori telefonici devono rispettare le norme sismiche e di solidarietà dell’edificio in cui sono montati, evitando qualsiasi rischio per gli edifici circostanti o per i passanti.

Un'altra sentenza importante, la n. 9500 del 2 novembre 2022, ha riguardato una contestazione relativa all'autorizzazione edilizia rilasciata da un Comune per l'installazione di un impianto di telefonia mobile. I residenti nelle vicinanze hanno contestato l'autorizzazione, sostenendo che fosse stata rilasciata senza rispettare le procedure e violando le normative urbanistiche e ambientali. Il Consiglio di Stato ha esaminato la conformità dell'autorizzazione non solo in relazione alle normative edilizie e urbanistiche, ma anche in merito alle leggi sull'impatto ambientale e sulla salute. Alla fine, il Consiglio di Stato ha confermato che l'autorizzazione fosse conforme alle leggi applicabili.

4.2. Il ruolo degli enti locali

Gli enti locali, tra cui le Regioni e i Comuni, svolgono un ruolo di rilievo nella regolamentazione, autorizzazione e gestione degli impianti di telecomunicazioni, inclusi i ripetitori telefonici. Questi enti esercitano delle competenze specifiche in materia normativa e di pianificazione territoriale.

In particolare, i Comuni sono responsabili della pianificazione urbanistica, assicurandosi che gli impianti siano integrati correttamente nel contesto urbano, nel rispetto dei piani regolatori generali e i regolamenti edilizi, per tutelare l’ambiente e il paesaggio. Inoltre, i Comuni sono coinvolti nel rilascio di permessi di costruzione e concessioni edilizie necessari per l’installazione degli impianti, e l’autorizzazione comunale deve tener conto di disposizioni relative alla sicurezza, salute pubblica e impatto ambientale.

Le Regioni, dal canto loro, sono incaricate di stabilire linee guida generali a livello territoriale, fornendo indicazioni su come applicare le normative in modo uniforme. Possono orientare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e monitorare l’impatto degli impianti sulla salute pubblica. Le Regioni possono emanare linee guida che i Comuni devono seguire nel rilascio delle autorizzazioni [44].

In collaborazione con le Regioni, i Comuni possono identificare le aree idonee per l’installazione degli impianti, come le zone industriali o quelle già destinate ad altre infrastrutture tecnologiche. Al contempo, individuano le aree in cui l’installazione è vietata, per motivi paesaggistici, storici o ambientali. Gli enti locali sono anche responsabili del monitoraggio degli impianti, per assicurarsi che vengano rispettati i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e le normative ambientali e urbanistiche.

In questo modo, gli enti locali contribuiscono a bilanciare le esigenze di progresso tecnologico con la tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, garantendo un’installazione e un controllo degli impianti di telecomunicazioni che rispetti i principi di sostenibilità e armonia territoriale.

La Legge n. 36 del 22 febbraio 2001 stabilisce la ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni e Comuni in materia di telecomunicazioni e protezione dall'elettrosmog. Lo Stato determina i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità. Le Regioni sono incaricate di individuare i siti di trasmissione, nel rispetto dei criteri fissati dallo Stato, assicurando la compatibilità con la tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio. In alcuni casi, le Regioni delegano funzioni specifiche a Province e Comuni, ma sempre nel rispetto della normativa nazionale. I Comuni, a loro volta, possono adottare regolamenti per garantire un inserimento urbanistico e territoriale appropriato degli impianti, riducendo al minimo l’esposizione ai campi elettromagnetici.

Il Decreto Legislativo n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) ha equiparato le infrastrutture delle reti pubbliche di telecomunicazioni alle opere di urbanizzazione primaria, rendendole compatibili con ogni destinazione urbanistica [31]. Questo consente l'installazione degli impianti in qualsiasi area del territorio comunale, nel rispetto del principio di capillarità della rete. Tuttavia, la normativa vieta l'uso di criteri localizzativi che possano limitare indirettamente le emissioni elettromagnetiche.

5. L’iniziativa privata e l’esigenza del progresso tecnologico

L'iniziativa privata è tutelata dall'articolo 41 della Costituzione, che sancisce che "L'iniziativa economica privata è libera", ma precisa che essa "non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Il legislatore ha il compito di definire i programmi e i controlli necessari affinché l'attività economica, sia pubblica che privata, sia orientata e coordinata verso fini sociali.

Questo implica che i privati possano intraprendere attività economiche, ma devono rispettare le normative stabilite dalla Pubblica Amministrazione per tutelare gli interessi pubblici fondamentali, come la salute, l'ambiente e il paesaggio, e sottostare a controlli e autorizzazioni che assicurano la compatibilità tra l'iniziativa economica e gli interessi collettivi [44].

Nel contesto attuale, il progresso tecnologico, strettamente connesso all'innovazione digitale e allo sviluppo infrastrutturale, è promosso sia dallo Stato che dai privati. La Pubblica Amministrazione svolge un ruolo duplice: da un lato, funge da regolatore, imponendo limiti e controlli per proteggere beni essenziali come la salute, l'ambiente, la sicurezza e il paesaggio; dall'altro, stimola il progresso tecnologico attraverso incentivi economici, appalti pubblici e semplificazioni burocratiche. L’obiettivo della PA è mantenere un equilibrio tra la necessità di sviluppo economico e tecnologico, funzionale al benessere collettivo e alla competitività del Paese [45], e la protezione degli interessi pubblici e dei beni comuni, come l'ambiente, la salute e il paesaggio.

Un esempio rilevante è l'installazione di impianti per le telecomunicazioni. Se da un lato queste infrastrutture sono essenziali per l'innovazione tecnologica e per migliorare l'accesso ai servizi digitali, dall'altro possono entrare in conflitto con la tutela della salute pubblica, a causa dei rischi legati all'elettrosmog, o con il paesaggio, che costituisce un bene culturale tutelato dall’art. 9 della Costituzione. Per questo motivo, sono necessari interventi normativi e procedurali che garantiscano la compatibilità tra il progresso tecnologico e la tutela degli interessi collettivi.

In questo contesto, il diritto amministrativo fornisce strumenti fondamentali per bilanciare l'iniziativa privata e il progresso tecnologico con la tutela dei beni pubblici. Tra questi strumenti rientrano la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che analizza le conseguenze di nuovi interventi sul territorio e sulla salute, la pianificazione territoriale e urbanistica, volta a prevenire uno sviluppo infrastrutturale disordinato, e il principio di precauzione, applicato in settori che presentano rischi potenziali per la salute pubblica [7]. Accanto a questi, vi sono le autorizzazioni e le concessioni, che assicurano che ogni attività economica sia svolta nel rispetto delle normative vigenti e compatibilmente con gli interessi della collettività [44].

La Pubblica Amministrazione è chiamata ad agire secondo il principio di proporzionalità, evitando limitazioni eccessive alla libertà economica, ma promuovendo uno sviluppo sostenibile che rispetti la salute pubblica, la sicurezza ambientale e sociale e la tutela del paesaggio, riconosciuto come bene culturale primario. L’obiettivo finale è conciliare il progresso economico e tecnologico con la protezione degli interessi pubblici, assicurando un equilibrio virtuoso tra iniziativa privata e tutela del bene comune.

6. Tutela del paesaggio e dell’ambiente

L'installazione di infrastrutture per garantire l'accesso ai servizi digitali, si confronta inevitabilmente con la necessità di proteggere valori costituzionali fondamentali, come la salute, l'ambiente e il paesaggio. Questo delicato bilanciamento trova fondamento nell’art. 9 della Costituzione, che riconosce il paesaggio come patrimonio culturale da preservare e valorizzare, e nell’art. 32, che sancisce la tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse collettivo [49].

La protezione del paesaggio è disciplinata anche dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), che impone una valutazione accurata dell'impatto paesaggistico delle opere infrastrutturali per evitare compromissioni [19]. In questo contesto, l'amministrazione è chiamata ad autorizzare nuovi impianti solo dopo aver compiuto un'analisi approfondita degli effetti sul territorio, utilizzando strumenti come l'autorizzazione paesaggistica, la valutazione di impatto ambientale (VIA) e la pianificazione urbanistica, che regolano la localizzazione delle infrastrutture, prevenendo disordini infrastrutturali e tutelando le aree vincolate [16].

La tutela dell'ambiente si intreccia anche con la protezione della popolazione dall'elettrosmog, cioè dalle emissioni di campi elettromagnetici, attraverso l'applicazione del principio di precauzione [7]. Tale principio, introdotto dal diritto dell'Unione Europea e recepito nell'ordinamento italiano, impone alle autorità pubbliche di adottare misure preventive anche in assenza di certezze scientifiche assolute sui potenziali danni per la salute e l'ambiente. Ciò si traduce nell'imposizione di rigorosi limiti alle emissioni, nel monitoraggio continuo degli impianti esistenti e nella pianificazione della loro localizzazione, per ridurre l'esposizione della popolazione e minimizzare gli impatti negativi.

Nel bilanciare progresso tecnologico e la tutela ambientale, la p.A. deve garantire che l'innovazione sia sostenibile e rispettosa dei valori costituzionali. La concessione di autorizzazioni per nuovi impianti implica, dunque, un'azione proporzionata che tenga conto tanto degli interessi economici e tecnologici quanto della salvaguardia della salute pubblica, della sicurezza ambientale e della tutela del paesaggio. La giurisprudenza amministrativa ha ribadito più volte che lo sviluppo tecnologico, pur rappresentando un interesse pubblico rilevante, non può prevalere automaticamente sulla protezione del paesaggio e dell’ambiente [27] [30]. Le sentenze del Consiglio di Stato [22] hanno sottolineato l'obbligo per gli operatori di conformarsi ai limiti normativi e procedurali, evidenziando l'importanza di un controllo rigoroso per prevenire il degrado territoriale [27] [28] [29].

Esempio significativo è fornito da un recente contenzioso tra una società di telecomunicazioni e un ente locale riguardo all'installazione di una stazione radio base in un'area di particolare valore [57]. La vicenda ha avuto inizio nel giugno 2024, quando la società ha richiesto l'autorizzazione per installare un ripetitore all'interno di un parco naturale, un contesto ricco di valore ambientale e paesaggistico. In conformità con le Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Parco, il Comune ha subordinato l'autorizzazione alla realizzazione di compensazioni ambientali, offrendo due opzioni alternative: un progetto di miglioria forestale volto a mitigare l'impatto dell'infrastruttura sul territorio, o il versamento di una somma di denaro destinata a investimenti per valorizzare il Parco [57] .

La società ha contestato le richieste comunali, giudicandole assai onerose e ingiustificate, e riuscendo pure ad ottenere a febbraio 2024 una prima vittoria presso il TAR. Tuttavia, il Consiglio di Stato, in appello, ha ribaltato la decisione di primo grado, riconoscendo piena legittimità alle prescrizioni comunali. Sia stabilito, infatti, che le misure richieste dall'ente locale non costituiscono un ostacolo, bensì rappresentano un congiungimento e un equilibrio tra più progresso tecnologico e  la tutela ambientale. Inoltre, il Consiglio di Stato ha rafforzato il valore degli strumenti regolatori, di cui i Comuni sono titolari, come il Regolamento e il Piano comunale per l'installazione di impianti di telecomunicazione, come strumenti per conciliare le esigenze generali con la protezione del territorio e della biodiversità [57] [40].

Questa decisione assume una rilevanza particolare poiché rafforza il potere regolatorio degli enti locali, confermando la loro capacità di imporre misure compensative e prescrizioni ambientali ragionevoli, senza ostacolare eccessivamente lo sviluppo tecnologico. Al contempo, rappresenta un esempio virtuoso di equilibrio tra innovazione tecnologica e salvaguardia ambientale, dimostrando che è possibile perseguire uno sviluppo sostenibile. La pronuncia responsabilizza anche le società di telecomunicazioni, imponendo loro di considerare le peculiarità dei territori in cui operano e di contribuire attivamente alla loro tutela, evitando interventi che possano comprometterne il valore ambientale [57].

Si vuole così premiare la determinazione e la coerenza dell'azione amministrativa degli enti locali, evidenziando come l'uso di strumenti normativi efficaci possa garantire la protezione del territorio pur permettendo lo sviluppo infrastrutturale necessario. Essa funge anche da precedente rilevante nei rapporti tra pubblica amministrazione e operatori privati. 

7.1. Il diritto alla salute e l’eventuale possibilità di danni

Nell'art. 32 della Costituzione italiana è sancito il diritto alla salute, un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico che tutela non solo dall’insorgere di malattie, ma anche da ogni fattore potenzialmente lesivo del benessere fisico e psicologico dell’individuo. Nel contesto in esame, tale diritto si intreccia con i rischi derivanti dall’installazione e dal funzionamento di impianti di telecomunicazione, responsabili dell'emissione di campi elettromagnetici [17].

Il tema dell'elettrosmog assume una particolare rilevanza quando si parla di salute pubblica. Sebbene non vi sia ancora consenso scientifico unanime sugli effetti a lungo termine dell’esposizione ai campi elettromagnetici, le preoccupazioni per il potenziale impatto sulla salute sono diffuse. In tale scenario, il principio di precauzione impone alle autorità pubbliche l’adozione di misure preventive in presenza di incertezze scientifiche, al fine di evitare danni irreversibili o difficilmente mitigabili [7].

Le possibili conseguenze per la salute legate alle radiazioni elettromagnetiche includono effetti sul sistema nervoso, alterazioni del sonno e, in alcuni casi, l’insorgenza di patologie più gravi. Tuttavia, tali effetti rimangono oggetto di dibattito scientifico. La normativa italiana, in conformità con quella europea, ha introdotto limiti di esposizione rigorosi basati su linee guida fornite da organismi internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Sanità [63] e la International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP), al fine di garantire un’adeguata protezione della popolazione.

Nel diritto amministrativo, la tutela della salute richiede un approccio responsabile da parte delle amministrazioni pubbliche, in particolare attraverso una pianificazione territoriale e urbanistica volta a minimizzare i rischi. Ciò implica l’adozione di misure precauzionali come l’esclusione di impianti in prossimità di aree sensibili, quali scuole, ospedali o zone residenziali densamente popolate.

La giurisprudenza amministrativa ha svolto un ruolo cruciale nell’indirizzare il bilanciamento tra progresso tecnologico e tutela della salute. In diverse pronunce, il Consiglio di Stato ha sottolineato che lo sviluppo tecnologico deve necessariamente rispettare i diritti fondamentali, ribadendo che la protezione della salute prevale sugli interessi economici e tecnologici [14].

7.2. Gli studi sulla salute condotti a livello internazionale 

In una società avanzata, che si fonda su una progredita scienza giuridica, è essenziale bilanciare gli interessi coinvolti in ogni questione trattata, cercando di armonizzare e rendere equilibrate le decisioni. 

Per quanto concerne il progresso tecnologico, è fondamentale che esso venga conciliato con le conoscenze della scienza medica, considerando i potenziali effetti sulla salute derivanti dalle onde elettromagnetiche emesse dai ripetitori telefonici.

Nonostante alcuni studi abbiano rilevato effetti biologici significativi, la comunità scientifica internazionale non ha ancora raggiunto una conclusione definitiva sulla relazione causale tra l’esposizione alle radiazioni dei ripetitori telefonici e l’insorgenza di gravi malattie. Tra gli studi più rilevanti spicca quello condotto dall'Istituto Ramazzini di Bologna nel 2018: centro di ricerca indipendente noto per i suoi studi sui rischi ambientali per la salute, ha eseguito una ricerca sui ratti da laboratorio per esaminare gli effetti a lungo termine dell’esposizione a campi elettromagnetici simili a quelli generati dai ripetitori telefonici. In particolare per coloro che vivono vicino a stazioni base di telefonia mobile, con l’obiettivo di determinare se l'esposizione prolungata a queste radiazioni potesse essere associata a malattie [58] [66].

I risultati suggerirono che i ratti esposti ai campi elettromagnetici svilupparono tumori al cuore e al cervello con una frequenza maggiore per i ratti maschi. I tumori si manifestarono in seguito ad una continua esposizione di nove ore al giorno per due anni [33]. Tuttavia, lo studio è stato criticato, in quanto le dosi di radiazione somministrate ai ratti sarebbero molto superiori a quelle tipiche per gli esseri umani. Seppur altri suggeriscono che in alcuni contesti si potrebbero in effetti raggiungere.

Un altro studio di rilievo in questo ambito è quello del National Toxicology Program (NTP) degli Stati Uniti [59], pubblicato anch’esso nel 2018, esaminando gli effetti dell’esposizione alle radiofrequenze, una forma di radiazione non ionizzante simile a quella emessa dai telefoni cellulari e dai ripetitori telefonici. I ricercatori hanno esposto ratti a livelli di radiazione simili a quelli che un essere umano potrebbe sperimentare utilizzando un telefono cellulare nel corso di un lungo periodo. L’esposizione è durata due anni ed i risultati hanno mostrato una correlazione tra l’esposizione alle radiofrequenze e l’aumento dei tumori cardiaci. Sono state inoltre rilevate alterazioni nei tessuti, segno di una risposta biologica alle radiazioni, ma alcuni ricercatori hanno anche riscontrato danni al DNA.

Questi studi, pur contribuendo a una maggiore consapevolezza riguardo ai potenziali rischi per la salute, non forniscono conclusioni definitive, rendendo necessarie ulteriori ricerche per valutare con maggiore certezza i rischi legati all’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Un altro studio significativo, condotto nel 2017 dal National Institute for Research in Environmental Health di Bhopal, India, ha riscontrato degli effetti da radiazioni emesse dai telefoni cellulari e dai ripetitori telefonici sulla salute, con un focus particolare sugli effetti neurologici e biologici [60].

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso il International Agency for Research on Cancer, ha classificato nel 2014 le radiazioni a radiofrequenza come "possibilmente cancerogene" (Gruppo 2B), ma ha anche precisato che non esistono evidenze sufficienti per affermare che queste radiazioni causino tumori o altri danni gravi alla salute [63]. Nel 2011, l’European Commission ha pubblicato un rapporto che, pur riconoscendo alcuni effetti biologici leggeri, ha concluso che non esistono prove sufficienti per affermare che l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti possa causare danni significativi alla salute [64].

7.3. Una possibile soluzione normativa

Considerando quanto esposto nel capitolo precedente, non è possibile affermare con certezza che la comunità scientifica sia unanime nel ritenere completamente sicure le radiazioni elettromagnetiche. Alcuni studi suggeriscono che, sebbene il rischio possa essere trascurabile a distanze significative, superiori ai cento metri da una stazione base, la situazione cambia quando ci si avvicina a queste fonti [47]. In particolare, l’esposizione prolungata a campi elettromagnetici potrebbe avere effetti rilevanti sulla salute, con possibili impatti sul sistema nervoso centrale e su quello cardiovascolare. Questo rende indispensabile una regolamentazione attenta e rigorosa.

In tale contesto, diventa fondamentale adottare misure precauzionali che bilancino il progresso tecnologico con la protezione della salute pubblica. L’art. 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute, che non solo deve essere tutelato nei confronti delle scelte individuali, ma anche rispetto alle decisioni dello Stato, specialmente quando queste potrebbero trascurare variabili scientifiche o mediche di rilievo.

Leggi che consentano l’installazione indiscriminata di ripetitori telefonici, senza un’adeguata valutazione dei rischi, potrebbero entrare in conflitto con il principio costituzionale di tutela della salute. Dare per scontato che tutti gli studi scientifici siano concordi sulla sicurezza delle onde elettromagnetiche è un approccio riduttivo, potenzialmente pericoloso. Ignorare questa incertezza significherebbe rischiare di adottare politiche incostituzionali, contrarie al diritto alla salute che la Costituzione si impegna a proteggere.

8. Gli studi scientifici e la possibile rilevanza giuridica

Gli studi scientifici rivestono un ruolo cruciale nella valutazione dei rischi associati agli impianti di telecomunicazione e all'esposizione ai campi elettromagnetici, poiché forniscono le evidenze necessarie per comprendere gli effetti sulla salute e sull'ambiente. In particolare, quando si tratta di danni alla salute derivanti da esposizioni prolungate, la rilevanza giuridica degli studi scientifici diventa fondamentale, sia per l'adozione di misure preventive che per la definizione delle politiche pubbliche in materia di protezione della salute e dell’ambiente [35].

Nel contesto del diritto amministrativo, gli studi scientifici rappresentano uno degli strumenti principali per guidare le decisioni delle istituzioni. La normativa ambientale e sanitaria deve svilupparsi sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche. È pertanto essenziale che le politiche pubbliche si fondino su dati scientifici aggiornati e attendibili.

Nel caso degli impianti di telecomunicazione, le incertezze scientifiche impongono il ricorso al principio di precauzione, secondo il quale, in presenza di rischi potenziali non completamente accertati dalla scienza, le autorità competenti sono tenute ad adottare misure protettive per prevenire danni irreversibili o gravi, anche in assenza di una prova scientifica definitiva [7]

Gli studi scientifici sono altresì determinanti nelle valutazioni di impatto ambientale, necessarie per l’autorizzazione degli impianti che potrebbero avere effetti dannosi. Valutazioni che precedono l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti di telecomunicazione, prevedono una consultazione scientifica per accertare se l’impianto possa comportare rischi per la salute pubblica o l’ambiente.

Inoltre, gli studi scientifici forniscono la base per la regolamentazione dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici. Le linee guida internazionali, come quelle stabilite dall'IICNIRP e dall'OMS, si fondano su ricerche scientifiche approfondite e sono utilizzate dai legislatori per stabilire i livelli massimi di esposizione consentiti. Questi limiti, derivanti da studi epidemiologici, biologici e fisici, sono essenziali per tutelare la salute umana e l’applicazione nei vari ordinamenti giuridici rappresenta.

9. Giudizio sulla costituzionalità della normativa

Il giudizio sulla costituzionalità della normativa relativa agli impianti di telecomunicazione e al rischio elettromagnetico deve essere compiuto tenendo conto dei principi costituzionali che tutelano la salute, l’ambiente, il paesaggio e la libertà economica, nonché in coerenza con i principi generali del diritto amministrativo. La Costituzione riconosce la salute come un diritto fondamentale, stabilendo che la Repubblica debba tutelarla sia come interesse individuale che collettivo. Tale principio giustifica limitazioni all'iniziativa privata quando questa minaccia il benessere della collettività. Nel contesto degli impianti di telecomunicazione, la protezione della salute dei cittadini assume un valore centrale, soprattutto in presenza di incertezze scientifiche riguardo ai potenziali rischi derivanti dall’esposizione prolungata ai campi elettromagnetici.

Parallelamente, la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale costituisce un altro elemento essenziale nella valutazione delle normative in materia di impianti tecnologici. L’installazione di impianti di telecomunicazione, infatti, deve essere compatibile con la salvaguardia di aree di particolare valore paesaggistico o storico. Le autorizzazioni per la loro installazione devono essere attentamente valutate per evitare impatti visivi e ambientali che possano compromettere il patrimonio naturale e culturale, un aspetto che risulta fondamentale per preservare l'identità del territorio.

Al contempo, la libertà economica, pur essendo riconosciuta dalla Costituzione, deve sempre essere esercitata nel rispetto dell’utilità sociale. La libertà di impresa non può prevalere sull’interesse pubblico, e pertanto, l’attività economica legata all'installazione degli impianti tecnologici, pur contribuendo al progresso economico e alla diffusione delle tecnologie, non deve mai compromettere la salute o l’ambiente. Le normative in materia di telecomunicazioni devono quindi bilanciare lo sviluppo tecnologico con il rispetto dei beni collettivi, come la salute e l’ambiente, che sono anch'essi tutelati dalla Costituzione.

In questo scenario, il principio di precauzione assume un ruolo fondamentale [7], specialmente in relazione agli impianti di telecomunicazione. Esso implica che, in presenza di rischi potenziali non completamente accertati dalla scienza, le autorità competenti devono adottare misure di protezione, anche in assenza di prove scientifiche definitive, per evitare danni irreversibili alla salute e all’ambiente. Questo principio è sancito dal diritto dell'Unione Europea e applicato nel diritto amministrativo italiano, ed è in linea con l'esigenza di tutelare i diritti fondamentali della persona, come la salute, anche in assenza di certezze scientifiche.

La giurisprudenza amministrativa, da parte sua, è chiamata a interpretare e applicare questi principi, garantendo che le normative siano proporzionate e adeguate a proteggere la salute e l’ambiente [46], senza compromettere in maniera irragionevole i diritti delle imprese. In tale contesto, è fondamentale che la trasparenza e l’accesso alle informazioni scientifiche siano assicurati, affinché non venga abusata l’assenza di prove certe per giustificare restrizioni eccessive [25] sulle attività economiche [36]. In definitiva, la compatibilità costituzionale delle normative in materia di telecomunicazioni e di rischio elettromagnetico dipende dalla capacità di bilanciare gli interessi pubblici con la libertà economica, sempre nel rispetto dei diritti fondamentali della persona [36].

10. Diritto alla trasparenza in materia di impianti di telecomunicazioni

La trasparenza in materia di impianti di telecomunicazione è un principio cardine per la tutela dei diritti dei cittadini, assumendo particolare rilevanza nei progetti che possono influire direttamente sulla salute e sull’ambiente. Garantire trasparenza significa informare adeguatamente i cittadini sui progetti che li riguardano, favorendo la loro partecipazione attiva al controllo delle decisioni pubbliche, elemento essenziale di un sistema democratico.

Questo diritto trova fondamento nell’art. 21 della Costituzione italiana, che tutela la libertà di espressione e, implicitamente, il diritto dei cittadini a essere informati su questioni di interesse pubblico. La trasparenza consente infatti un controllo consapevole sulle attività amministrative e una partecipazione informata alle decisioni che incidono sulla collettività. A livello normativo, la Legge 241/1990 rafforza questo principio, riconoscendo ai cittadini il diritto di accedere agli atti amministrativi, inclusi quelli riguardanti la pianificazione e l’autorizzazione di impianti di telecomunicazione. Questo diritto comprende anche l’accesso alle informazioni scientifiche utilizzate per determinare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici [51] e valutare gli impatti ambientali e paesaggistici delle installazioni [31].

A livello europeo, la Direttiva 2003/4/CE regola l’accesso del pubblico alle informazioni ambientali, imponendo agli Stati membri di rendere disponibili dati rilevanti in modo chiaro e accessibile. In Italia, la trasparenza si concretizza nelle procedure di pianificazione e autorizzazione degli impianti, dove le autorità locali e nazionali devono garantire che le informazioni siano comprensibili e facilmente reperibili. Tra queste informazioni rientrano la localizzazione e le caratteristiche degli impianti, le valutazioni di impatto ambientale e le misure di sicurezza adottate per proteggere la salute pubblica [16], in particolare rispetto all’esposizione ai campi elettromagnetici [51].

Organismi competenti come l’AGCOM e le agenzie territoriali svolgono un ruolo cruciale nella supervisione dell’installazione e del funzionamento degli impianti, verificando il rispetto dei limiti di esposizione elettromagnetica [23]. Inoltre, queste autorità sono responsabili di comunicare tempestivamente e in modo trasparente i dati relativi alla salute pubblica e all’ambiente, come i risultati delle misurazioni e gli aggiornamenti normativi, per garantire ai cittadini un’informazione costante e affidabile.

Va sottolineata l’importanza di strumenti online, come il portale lteitaly.it, che consentono di visualizzare la posizione delle antenne e dei ripetitori telefonici sul territorio. Questi strumenti non solo garantiscono trasparenza sulla presenza di impianti, ma offrono anche utili informazioni sulla copertura della rete per i consumatori.

Tuttavia, si è spesso evidenziata la necessità di implementare sistemi che permettano di monitorare in tempo reale le emissioni di ciascun ripetitore, attraverso strumenti di calcolo dei campi elettromagnetici e delle radiazioni prodotte. Tale soluzione potrebbe rafforzare ulteriormente la trasparenza e accrescere la fiducia dei cittadini nella gestione delle infrastrutture di telecomunicazione.

11. La disciplina urbanistica degli impianti di telecomunicazione

La disciplina urbanistica degli impianti di telecomunicazione comprende l'insieme delle normative e delle procedure che regolano l'installazione e la gestione di tali impianti sul territorio, cercando di conciliare le esigenze di progresso tecnologico con la necessità di tutelare l'ambiente, la salute pubblica e il paesaggio. L'espansione della tecnologia e l’aumento della domanda di servizi di telecomunicazione rendono necessaria una regolamentazione precisa e dettagliata per evitare conflitti con gli interessi collettivi, garantendo al contempo che l’installazione degli impianti avvenga nel rispetto delle norme ambientali e paesaggistiche.

L'installazione degli impianti di telecomunicazione è disciplinata principalmente dal Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003), che stabilisce le linee guida generali relative alle infrastrutture di telecomunicazione. Tuttavia, la disciplina urbanistica si inserisce nel contesto delle normative locali e regionali, che determinano modalità specifiche e restrizioni in base alle caratteristiche territoriali e ambientali delle aree destinate ad accogliere gli impianti.

Nonostante le normative nazionali, gli impianti devono rispettare i piani urbanistici locali, che regolano l'uso del suolo, la destinazione delle aree [31] [34] e le condizioni per l'installazione di infrastrutture. Ogni comune ha infatti la facoltà di adottare regolamenti che stabiliscono le modalità di localizzazione e le caratteristiche degli impianti, con l’obiettivo di prevenire il degrado urbano e paesaggistico, e di tutelare al contempo la salute pubblica e l’ambiente [32]. La pianificazione urbanistica è quindi chiamata a valutare gli impatti visivi, acustici e ambientali degli impianti, soprattutto nelle aree urbane densamente popolate o in contesti paesaggistici di pregio, come le zone tutelate da vincoli culturali o ambientali. Gli impianti non devono alterare l’estetica o l'integrità di aree residenziali, storiche o naturali.

L’installazione degli impianti, sia fissi che mobili, richiede generalmente specifici permessi urbanistici e autorizzazioni amministrative. L’iter autorizzativo può variare in base alla tipologia dell’impianto e alla zona in cui viene previsto. In aree soggette a vincoli paesaggistici, storici o ambientali, le autorizzazioni sono subordinate ai pareri delle soprintendenze e delle autorità competenti per la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. Inoltre, per alcuni impianti di maggiore dimensione o situati in prossimità di aree sensibili, è obbligatoria la valutazione d’impatto ambientale (VIA), che esamina gli effetti sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, con particolare riferimento all’esposizione ai campi elettromagnetici.

Un aspetto rilevante della disciplina urbanistica riguarda la valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico degli impianti di telecomunicazione. Le normative urbanistiche impongono che gli impianti non compromettano la qualità del paesaggio e l’armonia dell’ambiente circostante. In particolare, devono essere minimizzati gli effetti visivi, acustici e radioelettrici, utilizzando tecnologie che riducano al minimo l’impatto. Per gli impianti ubicati in zone ad alta sensibilità ambientale o paesaggistica, le autorità locali sono obbligate a eseguire una valutazione accurata prima di concedere le autorizzazioni. Ad esempio, in aree protette da vincoli ambientali o paesaggistici, l’autorizzazione può essere rilasciata solo se si dimostra che l’impianto non compromette l’equilibrio ecologico o il valore culturale del territorio.

I comuni possono integrare le normative nazionali e regionali con regolamenti urbanistici specifici, che stabiliscono limiti per l’altezza degli impianti, la loro visibilità e l’impatto estetico sull’ambiente circostante. Possono inoltre definire aree in cui è vietata l’installazione di impianti, come quelle a alta densità abitativa, prossime a scuole o ospedali, o caratterizzate da un particolare valore ambientale. In alcuni casi, sono previsti incentivi per le imprese di telecomunicazioni che scelgano soluzioni più rispettose dell’ambiente e della sicurezza dei cittadini, come l'adozione di antenne a basse emissioni elettromagnetiche o l’utilizzo di spazi già urbanizzati, evitando così la costruzione in aree non edificate. 

Un altro aspetto significativo riguarda la partecipazione pubblica. Le normative prevedono infatti, in molti casi, una fase di consultazione pubblica, durante la quale i cittadini e le associazioni locali possono essere informati sui progetti e esprimere opinioni o preoccupazioni. La partecipazione consente di raccogliere osservazioni sulla compatibilità del progetto con l’ambiente e con le esigenze della comunità, garantendo che l’installazione degli impianti sia il frutto di un processo trasparente e condiviso.

12.1. I danni patrimoniali immobiliari 

I danni patrimoniali immobiliari causati dalle antenne di telefonia costituiscono una problematica significativa per i proprietari di immobili. Le antenne per la telefonia mobile possono avere un impatto negativo sia sui valori immobiliari che sulla qualità dell'ambiente circostante.

Un aspetto rilevante di questi danni è il danno estetico o visivo. Le antenne, specialmente quando collocate in aree residenziali o urbane densamente popolate, possono alterare il panorama e l’aspetto architettonico degli edifici vicini. La presenza di impianti visibili, come torri o pali con antenne, può ridurre l'attrattiva di un immobile, abbassandone il valore.

Il danno estetico è uno degli aspetti più frequentemente sollevati dai proprietari di immobili situati nelle vicinanze di impianti di telefonia. L’installazione di un'antenna nelle vicinanze di un immobile destinato a uso residenziale o commerciale può influire sulla percezione complessiva della zona e, di conseguenza, sul valore di mercato della proprietà. La presenza di antenne può inoltre influenzare la domanda di acquisto o affitto, con potenziali acquirenti o inquilini che potrebbero essere riluttanti a vivere o investire in un'area in cui è visibile un impianto di telecomunicazioni [4].

Sebbene non esistano prove scientifiche definitive che provino una correlazione tra l’esposizione ai campi elettromagnetici e danni alla salute, il timore di effetti negativi sulla salute può influenzare il valore patrimoniale degli immobili. La percezione del rischio legato all’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche emesse dalle antenne potrebbe far ritenere meno desiderabile un’area. 

La sensazione di essere esposti a potenziali rischi, unita all’inquinamento elettromagnetico, può ridurre il benessere complessivo dei residenti, con conseguente impatto negativo sulla domanda di immobili nelle vicinanze.

Uno degli effetti patrimoniali più tangibili è il deprezzamento del valore degli immobili. Il deprezzamento può derivare da una combinazione di fattori, come la vicinanza. Inoltre, gli immobili situati in zone dove le antenne sono visibili o dove c'è una concentrazione elevata di impianti possono essere considerati meno desiderabili [47].

Dal punto di vista giuridico, chi subisce danni patrimoniali a causa dell'installazione di impianti di telecomunicazione può cercare di ottenere un risarcimento. I proprietari di immobili danneggiati possono intraprendere azioni legali per chiedere il risarcimento per il deprezzamento del valore della loro proprietà. L'onere della prova è significativo, poiché occorre dimostrare che i danni siano direttamente correlati all’installazione dell’impianto e grava nei confronti del proprietario leso [4]

Per quanto riguarda il danno patrimoniale derivante dall'installazione di antenne telefoniche nelle vicinanze di abitazioni, la giurisprudenza si è frequentemente espressa a favore del privato che ha subito una riduzione del valore del proprio immobile. Tuttavia, le sentenze evidenziano che la quantificazione del danno dipende da una serie di fattori. In primo luogo, va considerata la vicinanza dell’edificio al ripetitore telefonico; in secondo luogo, è essenziale valutare la visibilità dell’impianto dalla proprietà. Sebbene non sempre venga preso in considerazione dai giudici, l’autore ritiene che un ulteriore elemento da tenere in considerazione sia il contesto in cui l’immobile si trova. Ad esempio, in una città con un mercato immobiliare generalmente più vivace, il valore dell’immobile potrebbe rimanere relativamente stabile o subire una riduzione contenuta. Al contrario, in un piccolo paese, dove il mercato immobiliare è già leso a causa della crisi economica, la presenza di un’antenna potrebbe ridurre significativamente l’attrattiva, determinando una quasi totale perdita di valore.

Nel 2005, il Tribunale di Bologna [41] ha riconosciuto il danno patrimoniale subito dal proprietario di un appartamento che si era opposto all’installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare sul tetto dell’edificio condominiale. Il Tribunale ha affermato che tale intervento aveva leso il diritto di proprietà sulle parti comuni, comportando una diminuzione del valore dell’immobile dovuta alle preoccupazioni relative ai possibili effetti sulla salute [55].

Nel 2018, un giudice di Piacenza [52] ha accertato che la costruzione della stazione radio base aveva determinato una riduzione permanente del valore degli immobili circostanti, condannando la società costruttrice a risarcire il danno. Analogamente, nel 2023, il Tribunale di Perugia ha riconosciuto che gli appartamenti situati nelle vicinanze di antenne telefoniche subiscono una perdita di valore [53]. Un caso simile è stato trattato dal Tribunale di Forlì, che nel 2009 ha condannato la società costruttrice di un ripetitore telefonico a risarcire il danno al proprietario dell’immobile danneggiato [54].

Tuttavia emerge anche una lacuna nella responsabilità del proprietario dell’edificio [9] o del fondo che ha concesso l’autorizzazione all’installazione della stazione radio base. Infatti, adottando una normale diligenza, il proprietario avrebbe dovuto prevedere che la sua decisione potesse arrecare un danno economico agli immobili circostanti.

12.2. Il nuovo concetto di immissioni

Quando si affronta il tema delle immissioni elettromagnetiche prodotte dagli impianti di telecomunicazioni, come i ripetitori telefonici, è corretto fare riferimento all’art. 844 c.c., che disciplina le immissioni, ovvero la propagazione di fattori disturbanti causati dall’uomo. Si tratta di fenomeni originati all’interno di un fondo che, tuttavia, si diffondono verso i fondi vicini, come nel caso di propagazioni di fumo, calore, esalazioni o rumori.

Le immissioni si distinguono in due categorie principali: materiali e immateriali. Le prime consistono in attività svolte da terzi, mentre le seconde riguardano direttamente le propagazioni. Non rientrano in questa definizione le cosiddette immissioni ideali, come la diffusione di immagini ritenute sgradevoli o inquietanti.

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha affrontato numerose questioni relative alle immissioni, accompagnata da diversi interventi legislativi, spesso resi necessari dal progresso industriale e dalla crescente diffusione di questi fenomeni. In linea di principio, nessuno può essere impedito dall’esercitare un’attività all’interno del proprio fondo, poiché ciò rappresenta una normale espressione del diritto di proprietà. Tuttavia, se le immissioni superano la soglia di normale tollerabilità, si può chiedere la cessazione del comportamento lesivo.

La determinazione della normale tollerabilità non può basarsi su criteri soggettivi o individualistici, come la particolare sensibilità di una persona, ma deve tenere conto delle caratteristiche del luogo e del normale utilizzo del fondo. Ad esempio, in una zona industriale o commerciale è più tollerabile la presenza di rumori o emissioni rispetto a un’attività che opera in un centro abitato o in un’area storica.

Se le immissioni non superano la normale tollerabilità, non è possibile richiedere né la cessazione dell’attività né un risarcimento. Se, invece, si verifica un superamento della soglia, ma giustificato da esigenze produttive – come nel caso di attività industriali o commerciali – non si può ottenere l’interruzione dell’attività. In questi casi, il giudice può comunque disporre l’adozione di misure per ridurre le immissioni o riconoscere un indennizzo ai proprietari dei fondi vicini.

Un soggetto non può pretendere né la cessazione delle immissioni né un indennizzo se queste erano già presenti prima dell’acquisto del suo immobile. Infine, se le immissioni superano la normale tollerabilità e non sono giustificate da esigenze produttive, si può ottenere un risarcimento. L’azione per far cessare le immissioni è imprescrittibile.

Secondo la giurisprudenza, non è possibile utilizzare i limiti stabiliti dalle normative in materia di tutela ambientale come criterio per determinare la normale soglia di tollerabilità delle immissioni. Queste normative sono destinate a proteggere l'ambiente e la salute pubblica, ma non regolano i rapporti tra i vicini (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 1° febbraio 1993, n. 1226, in FI 1993, I, 1452; Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 1974, n. 247). 

Tuttavia, per le immissioni rumorose, è possibile fare riferimento ai limiti relativi ai rumori nocivi per la salute, in quanto è ampiamente riconosciuto che il rumore, se supera una certa soglia, può arrecare danni alla salute (cfr. Corte di Appello di Milano, sentenza 20 novembre 1991, in G. civ. 1992, con nota di De Tilla, che evidenzia l’efficacia patogenetica del rumore disturbante come dato acquisito dalla scienza medica). 

Le pronunce più recenti, però, chiariscono che i limiti di rumorosità stabiliti dalle normative amministrative (D.P.C.M. 14 novembre 1997) sono volti a proteggere la salute pubblica e non possono essere applicati automaticamente nei rapporti tra privati. Pertanto, il superamento di tali limiti non implica automaticamente l'intollerabilità delle immissioni ai sensi dell’art. 844 c.c.; è necessaria una valutazione specifica delle circostanze del caso concreto (cfr. Corte di Cassazione, ordinanza 31 luglio 2024, n. 21479).

Un'importante estensione della disciplina delle immissioni all'art. 844 c.c. ha riguardato le radiazioni elettromagnetiche, già nel 1977, quando la Corte di Cassazione ha incluso tra le immissioni anche quelle nocive, considerando la materialità dell'immissione come una fenomeno che influisce oggettivamente sul corpo umano (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3889 del 7 settembre 1977). In quella fattispecie, la Corte ha censurato la decisione di non procedere penalmente nei confronti di alcuni responsabili della Radio Vaticana per la presunta violazione dell'art. 674 c.p., relativo al "getto pericoloso di cose". La Corte ha ritenuto che, nonostante la Radio Vaticana fosse un ente ecclesiastico, l'emissione di onde elettromagnetiche oltre i limiti consentiti costituisse un illecito penale, rientrante nella giurisdizione dello Stato italiano.

13. La possibilità di una responsabilità amministrativa e penale

 

La questione della responsabilità, sia amministrativa che penale, connessa agli impianti di telecomunicazione e ai danni patrimoniali immobiliari causati dalle antenne telefoniche, si articola principalmente in relazione a violazioni delle normative urbanistiche, ambientali e di sicurezza, nonché a danni derivanti da installazioni non conformi o dalla mancate misure di protezione.

In caso di violazioni, come installazioni in aree non autorizzate o protette, le autorità competenti possono imporre sanzioni amministrative, tra cui multe, la rimozione dell’impianto o la sospensione delle attività. La competenza è del giudice ordinario [43].

Anche le violazioni delle normative ambientali possono dar luogo a responsabilità amministrativa, prevedendo sanzioni per mancato rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici o per l’omissione delle procedure obbligatorie di valutazione d’impatto ambientale. Nel caso in cui un impianto superi i limiti di legge relativi all’inquinamento elettromagnetico, i gestori possono essere ritenuti responsabili, con obbligo di adottare misure correttive o risarcire i danni [9].

La responsabilità penale, sebbene meno frequente, sussiste per i violazioni gravi che comportino danni significativi all’ambiente, alla salute pubblica o al benessere delle persone.

Ad esempio, qualora un impianto di telecomunicazione generi livelli di esposizione ai campi elettromagnetici assai superiori ai limiti stabiliti dalla legge. Tanto elevati da causare danni notevoli e irreversibili alla salute pubblica. Situazioni analoghe possono sorgere quando l’installazione avviene senza una corretta valutazione dei rischi delle misure di sicurezza previste dalla normativa.

Inoltre, violazioni delle leggi urbanistiche, come la costruzione di impianti senza autorizzazione o in zone vietate, possono configurare reati come abuso d’ufficio o costruzione abusiva, con conseguenze penali per i responsabili. Anche per gli uffici pubblici. 

La giurisprudenza si è pronunciata in passato riguardo alle onde elettromagnetiche in ambito penale, chiarendo che le onde emesse dagli impianti di radiodiffusione non costituiscono un'azione illecita ai sensi dell'art. 674 c.p. Questo articolo si riferisce esclusivamente alla condotta di "gettare cose" già esistenti, intendendo con tale espressione oggetti fisici, mentre le onde elettromagnetiche rappresentano flussi di energia che non possono essere considerati "cose" in senso giuridico. In altre parole, non si configurano come oggetti materiali che possano essere "gettati" da un luogo elevato. Di conseguenza, l'art. 674 c.p. non si applica alla propagazione delle onde elettromagnetiche, in quanto queste non rientrano nella definizione di "cose" protetta dalla norma [21]

14. L’emersione nel linguaggio comune di una nuovo tipo di inquinamento ambientale: “l’elettrosmog

L'emergere di una nuova forma di inquinamento ambientale, comunemente noto come elettrosmog, ha attirato crescente attenzione sia da parte dell’opinione pubblica che della comunità scientifica, soprattutto in concomitanza con la diffusione capillare degli impianti di telecomunicazione e dei dispositivi elettronici. Il termine “elettrosmog” descrive l’accumulo di radiazioni elettromagnetiche nell’ambiente, generate da apparecchiature tecnologiche come telefoni cellulari, antenne, ripetitori e altre infrastrutture di telecomunicazione [1]. Sebbene queste radiazioni siano invisibili e spesso impercettibili, il loro potenziale impatto sull’ambiente e sulla salute solleva importanti interrogativi.

Una delle principali preoccupazioni riguarda i possibili effetti dell’elettrosmog sulla salute umana. Le radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti, pur non avendo energia sufficiente per ionizzare gli atomi o danneggiare direttamente il DNA, possono influenzare cellule e tessuti attraverso meccanismi biologici complessi. Sebbene i risultati degli studi in questo campo siano talvolta controversi, il dibattito rimane aperto, specialmente in relazione all’esposizione prolungata e ai possibili effetti cumulativi.

L’elettrosmog non solleva preoccupazioni soltanto per la salute umana, ma anche per l’ambiente naturale. Alcuni studi indicano che l’esposizione continua a campi elettromagnetici potrebbe alterare il comportamento di diverse specie animali, come insetti, uccelli e pesci, influendo negativamente sui loro ritmi migratori, sulla capacità di orientamento e sui processi riproduttivi. Questi effetti, se confermati, potrebbero avere ripercussioni significative sugli ecosistemi e sulla biodiversità.

L’esigenza di bilanciare il progresso tecnologico con la tutela della salute e dell’ambiente rende necessario un approccio regolamentare più rigoroso e un continuo monitoraggio degli effetti dell’elettrosmog, sia a livello scientifico che normativo.

15. Conclusioni

In un contesto di rapida evoluzione tecnologica, la gestione degli impianti per le telecomunicazioni e il fenomeno dell'elettrosmog si configurano come una delle sfide più significative per l'ordinamento giuridico. Da un lato, è imprescindibile promuovere il progresso delle infrastrutture necessarie per soddisfare le crescenti esigenze di comunicazione e connessione in un mondo sempre più globalizzato; dall'altro, è fondamentale tutelare la salute dei cittadini, l'ambiente e il paesaggio, che rappresentano beni di primaria importanza.

La giurisprudenza e le politiche ambientali devono trovare soluzioni che non solo incoraggino lo sviluppo delle tecnologie, ma che siano anche in grado di minimizzare i rischi legati all'esposizione ai campi elettromagnetici. In questo scenario, è essenziale adottare un approccio normativo che integri le esigenze di crescita con la protezione dei diritti fondamentali, seguendo principi di cautela e previsione basati su evidenze scientifiche e sul principio di precauzione [7].

Un orientamento verso una regolamentazione equilibrata, che concili innovazione e tutela del benessere collettivo, rappresenta la via per raggiungere un progresso sostenibile, rispettoso dei valori ambientali e sanitari. Le future evoluzioni normative dovranno consolidare una solida base giuridica per la protezione dei cittadini, senza compromettere la competitività del settore delle telecomunicazioni, prestando attenzione alle sfide emergenti legate all'elettrosmog e ai suoi impatti.


Note e riferimenti bibliografici

[1] A. CONTALDO, “Ancora in tema di elettrosmog da antenne per la telefonia mobile”, in Il Diritto dell'informazione e dell'informatica, 2/2001.

[2] A. G. ANNUNZIATA, “La lettura costituzionale dell'art. 844 c.c. negli stretti confini tra tutela reale e tutela personale”, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell'ambiente, 1/2010.

[3] C. SALAZAR, “Elettrosmog e stress ambientale un approccio psicologico alla valutazione di pericolosità dei campi elettromagnetici”, in Rivista Giuridica della Scuola, 2/2002.

[4] E. L. AL-QAISI, “Elettrosmog e diritto di proprietà. Il commento”, in Responsabilità comunicazione impresa, 3-4/2005.

[5] F. G. SCOCA, Diritto amministrativo, 2011.

[6] F. PERES, S. ROSOLEN, “Elettrosmog e reato di getto pericoloso di cose. La Corte di Cassazione su Radio Vaticana”, in Rivista giuridica dell'ambiente, 1/2009.

[7] G. D. COMPORTI, “Contenuto e limiti del governo amministrativo dell'inquinamento elettromagnetico alla luce del principio di precauzione”, in Rivista giuridica dell'ambiente, 2/2005.

[8] G. PIGLIALARMI, “Elettrosmog e principio di precauzione: una lettura giuslavoristica”, in Il Lavoro nella giurisprudenza, 2/2024.

[9] M. A. MAZZOLA, “Elettrosmog. Immissioni elettromagnetiche e responsabilità civile”, in Rivista giuridica dell'ambiente, 3-4/2009.

[10] M. C. FRATTAGLI, “Immissioni di onde elettromagnetiche: quando è esclusa la risarcibilità del danno ingiusto o l'indennizzabilità per fatto lecito altrui, per il deprezzamento del valore commerciale di un bene immobile contiguo ad un impianto di telefonia mobile”, in Il Foro Toscano, 1/2009.

[11] M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2019.

[12] M. P. GENESIN, “Il TAR Lazio fa il punto sulle competenze comunali in materia di elettrosmog dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione”, in Il Foro amministrativo T.A.R., 9/2004.

[13] M. O. NOBILI, “Elettrosmog: il Governo impugna davanti alla Corte Costituzionale ulteriori disposizioni regionali contrastanti con la legge quadro n. 36/2001”, in Rassegna giuridica dell'energia elettrica, 3/2002.

[14] M. O. NOBILI, “Elettrosmog: inesistenza di pericoli per la salute umana in presenza del rispetto dei valori fissati dal D.p.c.m. 8 luglio 2003 relativo agli elettrodotti”, in Rassegna giuridica dell'energia elettrica, 3/2006.

[15] M. O. NOBILI, “Elettrosmog: per il Consiglio di Stato, la riserva allo stato della determinazione dei limiti di esposizione e dei parametri per la tutela della salute (art. 4 della legge n. 36 del 2001) costituisce principio fondamentale ai sensi del novellato art. 117 Cost”, in Rassegna giuridica dell'energia elettrica, 3/2002.

[16] M. SPAGNUOLO, “Elettrosmog, localizzazione impianti e poteri del Comune”, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 23-24/2006.

[17] R. DI LEGAMI, “Antenne per telefonia cellulare, elettrosmog e danno alla salute”, in Danno e responsabilità, 4/2001.

[18] R. F. IANNONE, “Inquinamento elettromagnetico e ambiente salubre nella normativa di protezione”, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell'ambiente, 1/2010.

[19] T. ALIBRANDI, I beni culturali e ambientali, Milano 1995.

[20] V. GIORGIANNI, “L'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di elettrosmog”, in Rassegna di diritto civile, 1/2006.

[21] Cassazione penale Sez. I sentenza n. 8102 del 27 febbraio 2002.

[22] Consiglio di Stato (Sez. VI), 08/10/2024, n. 8073.

[23] Consiglio di Stato (Sez. VI), 19/04/2024, n. 3540.

[24] Consiglio di Stato (Sez. VI), 28/03/2023, n. 3201.

[25] Consiglio di Stato (Sez. VI), 09/05/2023, n. 4647.

[26] Consiglio di Stato (Sez. VI), 13/03/2023, n. 2621.

[27] Consiglio di Stato (Sez. II), 06/12/2021, n. 8141.

[28] Consiglio di Stato (Sez. II), 22/11/2021, n. 7782.

[29] Consiglio di Stato (Sez. VI), 22/07/2021, n. 5515.

[30] Consiglio di Stato (Sez. VI), 10/06/2021, n. 4462.

[31] Cassazione Civile (Sez. II), 11/03/2021, n. 6897.

[32] Consiglio di Stato (Sez. VI), 09/01/2013, n. 44.

[33] Cassazione Civile (Sez. Lavoro), 12/10/2012, n. 17438.

[34] TAR Campania (Na) – Sez. VII, 11/02/2011, n. 00911.

[35] Cassazione Penale (Sez. III), 09/06/2011, n. 23262.

[36] TAR Veneto (Sez. II), 01/02/2011, n. 00175.

[37] Consiglio di Stato (Sez. VI), 24/09/2010, n. 07128.

[38] TAR Emilia Romagna – Sez. II, 27/09/2010, n. 07907.

[39] TAR Emilia Romagna (Sez. Parma, Sez. I), 26/01/2010, n. 00032.

[40] TAR Emilia Romagna (Sez. Parma), 23/12/2004, n. 893.

[41] Tribunale Civile di Bologna, 08/03/2005, n. 1886.

[42] Cassazione Penale, 16/09/2005, n. 33735.

[43] Cassazione Civile, 28/10/2005, n. 20994.

[44] Cassazione Penale, 18/11/2005, n. 41598.

[45] TAR Lazio, 19/06/2006, n. 04809.

[46] Consiglio di Stato, 04/09/2006, n. 05096.

[47] Consiglio di Stato, (Sez. VI), 02/11/2022, n. 9500.

[48] Consiglio di Stato 26/Agosto/2003 n. 4847.

[49] Decreto Legislativo 4 settembre 2002, n. 198.

[50] Decreto Legislativo 1 agosto 2003, n. 259.

[51] Legge 22 febbraio 2001, n. 36.

[52] Tribunale civile di Piacenza, sentenza 709, del 02/11/2018.

[53] Giudice di pace di Perugia, sentenza del 2023.

[54] Tribunale civile di Forlì, sentenza del 2009.

[55] Tribunale civile di Bologna, sentenza 1886, del 08/03/2005.

[56] Corte EDU, Grande Camera, Scordino c. Italia (n. 1), sentenza del 29 marzo 2006, ricorso n. 36813/97.

[57] Sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1200 del 6 febbraio 2024.

[58] https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/03/23/ripetitori-tumori-ratti/?utm_source

[59] https://www.infoamica.it/confermato-il-rischio-cancerogeno-della-radiazione-di-cellulari-2g-e-3g/

[60] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412024001387#:~:text=These%20found%20no%20increase%20in,to%20the%20incidence%20time%2Dtrend

[61] (argomento trattato nel servizio RAI Report, dal minuto 27:45 al minuto al minuto 30:00) https://www.raiplay.it/video/2024/05/Drizza-le-antenne---Report-26052024-9936063b-aa6e-4fb4-bd33-e169ba3cdd51.html

[62] https://www.allertaespropri.it/espropri-e-antenne-di-telefonia

[63] https://www.infoamica.it/loms-ha-classificato-i-campi-elettromagnetici-radiofrequenze-come-possibile-cancerogeni-per-luomo/

[64] https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/690012/EPRS_STU(2021)690012_IT.pdf

[65] https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/24_dicembre_16/colosseo-monolite-bianco-spunta-fra-i-palazzi-e-un-antenna-per-telefonia-la-preoccupazione-dei-residenti-e196c9d9-55be-4d62-8282-2c95cf6a5xlk.shtml

[66] Žura, N., Vince, S., Perić, P., Vilić, M., Malaric, K., Rimac, V., Golubić Ćepulić, B., Vajdić, M., Giura, I., Milinković Tur, S., Poljičak Milas, N., Samardžija, M., Nemir, G., Telebuh, M., & Žura Žaja, I. (anno). Esposizione in vitro a breve termine del sangue umano alle frequenze della rete 5G: anche il sesso e la frequenza influiscono sulla morfometria degli eritrociti? [Dettagli sulla rivista o conferenza]. https://www.mdpi.com/2227-9059/13/2/478?