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Pubbl. Mar, 26 Mar 2024

La notte come circostanza di tempo necessaria, ma non sufficiente, ai fini della configurabilità della aggravante della minorata difesa

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Alberto Messina
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Palermo



Il presente contributo concerne la sentenza n. 40275 del 2021 con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dirimono il contrasto giurisprudenziale in ordine alla configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa in caso di reato commesso di notte. In particolare, la Corte enuncia un principio di diritto che si pone su una linea intermedia, ritenendo che, stante l´attitudine in astratto della notte a favorire la commissione della condotta criminosa, si ravvisa necessario un accertamento in concreto circa la reale diminuzione delle capacità di difesa pubblica o privata.


ENG

Night as necessary, but not sufficient, circumstance for the purposes of defining the aggravating circumstance of the handicapped defence

The present contribution concerns the judgment n. 40275 of 2021 with which the United Chambers of the Court of Cassation decide the jurisprudential contrast with regard to the configurability of the aggravating circumstance of the handicapped defence in case of crime committed at night. In partiular, the Court set out a principle of law which takes an intermediate line, considering that, given the abstract of the night to favour the commission of criminal conduct, there is a need for a concrete assessment of the real decrease in public or private defence capabilities

Sommario: 1. Caso; 2. I contrapposti orientamenti della Corte di cassazione; 3. Conclusioni: il principio di diritto risolutivo del contrasto.

1. Caso.

Nel caso di specie, il Tribunale di Macerata, all’esito del giudizio abbreviato di cui all’art. 438 c.p.p., pronunciava sentenza di condanna, con la quale dichiarava gli imputati colpevoli di concorso nel reato di furto pluriaggravato ex artt. 61, primo comma, n.5 e 625, primo comma, numeri 5 e 7 del codice penale.

I prevenuti proponevano – disgiuntamente - impugnazione, chiedendo la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Accogliendo la tesi difensiva, la Corte di Appello di Ancona riduceva per entrambi gli imputati la pena ritenuta di giustizia da parte del giudice di prime cure e confermava nel resto la sentenza impugnata.

Nello specifico, la corte territoriale riteneva immune da censure la configurazione delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 61, primo comma, n. 5, e 625, primo comma, n.7 del codice penale – segnatamente, le circostanze aggravanti della “minorata difesa” e dell’esposizione alla pubblica fede – attribuendo rilevanza soltanto al fatto che l’azione fosse stata commessa in orario notturno e ritenendo che la merce sottratta fosse al tempo esposta alla fede pubblica – in quanto, situata in un luogo facilmente accessibile - nonostante il locus commissi delicti fosse sottoposto a videosorveglianza.

Avverso la decisione della Corte di Appello, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, ritenendo che i giudici dei precedenti gradi di giudizio fossero incorsi in violazione di legge in riferimento alla riconosciuta sussistenza delle circostanze aggravanti su esposte.

Il ricorso veniva assegnato alla quinta sezione della Corte di Cassazione la quale - rilevati i contrasti interpretativi in ordine alla sufficienza, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della “minorata difesa”, della commissione del fatto durante l’orario notturno -, ai sensi dell’art. 618, comma 1 del codice di rito, rimetteva la questione alle Sezioni Unite.

Segnatamente, veniva posta la seguente questione: “se la commissione del fatto in tempo di notte configuri, di per sé solamente, la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, c.p. comma 1, n. 5”.

2. I contrapposti orientamenti della Corte di Cassazione.

Un primo orientamento giurisprudenziale più datato riteneva il tempo di notte idoneo di per sé a determinare uno stato di minorata difesa in capo alla persona offesa.

Le fondamenta sulle quali si reggeva tale orientamento, il cui principio è stato affermato in diverse pronunce in sede di legittimità, attenevano alla considerazione che, durante le ore più buie, essendo le strade meno illuminate e venendo esercitato un minore controllo,  fosse  maggiore la possibilità di eludere la vigilanza, nonché di sottrarsi al riconoscimento di eventuali testimoni.[1] 

Più tecnicamente, le singole sezioni della Corte accedevano ad una interpretazione intenzionalistico-teleologica dell’art. 61, primo comma, n.5, c.p., muovendo dal presupposto che l’intenzione del legislatore fosse quella di punire con un trattamento sanzionatorio più severo la condotta di chi, profittando delle circostanze di tempo – per quanto rileva in questa sede, il tempo di notte – ostacolasse la pubblica o privata difesa.[2]

D’altronde, accedendo ad un’interpretazione meramente letterale della norma, è agevole notare come essa descriva una situazione nella quale la pubblica o privata difesa risulti solo “ostacolata”, e non del tutto impossibile.

Pertanto, si riteneva che la commissione del furto in ora notturna integrasse di per sé gli estremi dell’aggravante de qua, in quanto idonea, da sola, ad ostacolare la pubblica o privata difesa.

Sebbene, nella sua nettezza, tale primo orientamento favorisse il ricorso al ragionamento logico-deduttivo della presunzione assoluta che, come tale, è incompatibile con il principio di offensività - il quale postula che le norme penali debbano applicarsi a fatti che siano in concreto offensivi -, più volte, è stato specificato che l’aggravante in esame debba assumersi integrata qualora, in concreto, si verifichi una effettiva minorazione delle capacità di difesa pubblica o privata.[3]

Per un diverso orientamento giurisprudenziale più recente, invece, la commissione del fatto durante la notte non sarebbe, di per sé, sufficiente ad integrare la circostanza della minorata difesa: occorre, ai fini della configurabilità di quest’ultima, che concorrano, insieme alla circostanza di tempo, ulteriori circostanze fattuali, che siano suscettibili di depotenziare, in concreto, le capacità di pubblica o privata difesa[4].

A ben vedere, è agevole notare come entrambi gli orientamenti, seppur contrapposti, richiedano, ai fini della configurabilità dell’aggravante della minorata difesa, la valutazione della concreta incidenza del tempo di notte rispetto alla pubblica o privata difesa[5].

Un ulteriore contrasto giurisprudenziale, che il Supremo Consesso ha individuato nel corso del suo iter argomentativo, concerne la rilevanza, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, della presenza, nel locus commissi delicti, di un impianto di videosorveglianza.

In particolare, la questione verteva sull’idoneità o meno del sistema di videosorveglianza a neutralizzare l’ostacolo della difesa pubblica o privata, nel caso in cui fosse stato commesso un reato in tempo di notte.

Sul punto, si sono manifestati due orientamenti contrapposti: il primo esclude la sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa in presenza di un impianto di videosorveglianza nel locus commissi delicti, qualora venga accertata, in concreto, la sua efficacia[6]; il secondo, diversamente, considera non sufficiente la presenza di un sistema di videosorveglianza nel luogo del commesso reato a far venir meno la situazione di minorata difesa della persona offesa e, di conseguenza, ad escludere l’applicazione della relativa circostanza aggravante, trattandosi questo di uno strumento utile ai soli fini dell’identificazione ex post dell’agente[7].

In tale contesto, osserva la Corte - seppur non enunciando un principio di diritto stricto sensu – che, ai fini dell’esclusione della circostanza aggravante in esame, rilevi il collegamento dell’impianto di videosorveglianza con una centrale operativa di polizia o un istituto di vigilanza privata, in modo da favorire tempestivamente l’arrivo dei soccorsi. Invero, in mancanza di tale collegamento, l’impianto di videosorveglianza si rivelerebbe un mero strumento di identificazione a posteriori dell’autore, privo di qualsivoglia attitudine ad impedire la minorata difesa del soggetto passivo del reato[8].

Recentemente, la  Corte si è trovata a dover fare i conti con un ulteriore contrasto interpretativo, attinente alla configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa in relazione alla sola commissione del fatto ai danni di persona di età avanzata, alla luce dell’introduzione – da parte dell’art. 1, comma 7, della legge 15 luglio 2009, n. 94[9]  – del riferimento all’età della vittima nel testo dell’art. 61, primo comma, n.5, c.p.

In particolare, ci si è chiesti se tale riferimento testuale comportasse o meno un’automatica configurazione della circostanza aggravante in esame.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la sola età avanzata della persona offesa dal reato non è sufficiente a configurare la circostanza aggravante della minorata difesa: occorre, invece, valutare in concreto che ricorrano situazioni dalle quali si denoti una particolare vulnerabilità del soggetto passivo, delle quali l’autore del reato abbia profittato e che abbiano reso più agevole la commissione del fatto[10].

Una delle argomentazioni poste a fondamento di tale prima tesi è tratta dalla considerazione che quello dell’invecchiamento è un processo soggettivo: alcuni soggetti di età avanzata possono subire un decadimento cognitivo rapido, mentre altri possono mantenere una lucidità che gli consenta di reagire dinanzi a certe condotte che non richiedano l’interazione fisica tra autore e persona offesa. Si ravvisa, pertanto, opportuna, ai fini della configurabilità dell’aggravante in esame, una valutazione in concreto da parte del giudice di merito, il quale è chiamato a verificare se l’età avanzata abbia facilitato la commissione del fatto da parte dell’autore che ne ha profittato[11].

Tuttavia, se quanto detto con riferimento alla reattività non fisica è vero, lo stesso non può dirsi per la reattività fisica la quale, inevitabilmente, viene sempre meno con il trascorrere del tempo. Facendo leva su tale ultima considerazione, infatti, un orientamento contrario ritiene che una valutazione da parte del giudice di merito non occorra qualora il reato presupponga una interazione fisica tra autore e persona offesa di età avanzata, essendo in re ipsa, l’agevolazione del reo all’agire illecito[12]

3.  Conclusioni: il principio di diritto risolutivo del contrasto.

Gli ermellini fanno espresso richiamo alla Relazione al codice penale del Guardasigilli al Re, la quale richiede all’interprete di effettuare, ai fini della configurazione della circostanza aggravante della minorata difesa, una triplice verifica.

In particolare, il giudice deve accertare, innanzitutto, l’esistenza della circostanza di tempo, di luogo o di persona . A riguardo, il collegio, sulla base delle c.d. massime di esperienza, cioè “giudizi ipotetici a contenuto generale, indipendenti dal caso concreto, fondati su ripetute esperienze ma autonomi da esse, e valevoli per nuovi casi”[13],  riconosce l’idoneità in astratto della notte ad ostacolare la pubblica o privata difesa: durante l’orario notturno, infatti, le strade sono buie, la maggior parte delle persone è dedita al riposo e la vigilanza pubblica è meno intensa.

In secondo luogo, occorre valutare se, in concreto, dall’esistenza della circostanza in esame sia derivata una diminuzione delle capacità di difesa, sia pubblica che privata. L’interprete è chiamato, dunque, ad indicare in motivazione tutte quelle ragioni dalle quali si denoti che, in presenza di una delle circostanze richiamate, la capacità di difesa pubblica o privata ne sia risultata ostacolata[14].

Infine, è necessario attenzionare la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’agente il quale, consapevolmente, ha profittato della circostanza idonea ad ostacolare la pubblica o privata difesa.

Sulla scorta di tali “istruzioni”, le Sezioni Unite enunciano i principi di diritto risolvendo, altresì, alla stregua della medesima ratio, la questione inerente alla configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa nel caso di commissione del fatto ai danni di persona di età avanzata: «ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c. d. "minorata difesa", prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, c.p., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità - oggetto di profittamento - in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato»;

In conclusione, «la commissione del reato "in tempo di notte" può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto».


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. Cass. pen., sez. V, 16/01/1969, n. 34.

[2] Cfr. Cass. pen., sez. V, 26/02/2018, n. 20480.

[3] Cfr. Cass. pen., sez. II, 17/02/1969, n. 352.

[4] Cfr. Cass. pen., sez. II, 19/05/2021, n. 20327.

[5] Cfr. Cass. pen., sez. V, 04/05/2020, n. 15674.

[6] Cfr. Cass. pen., sez. V, 06/02/2019, n. 32813.

[7] Cfr. Cass. pen., sez. IV, 14/02/2019, n. 10060.

[8] Cass. pen., sez. V, 14/01/2021, n. 12051.

[9] Recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.

[10] Cfr. Cass. pen., sez. II, 23/09/2010, n. 35997.

[11] Cfr. Cass. pen., sez. II, 23/09/2020, n. 37865.

[12] Cfr. Cass. pen., sez. V, 21/02/2019, n. 12796.

[13] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 07/03/2003, n. 31706.

[14] Cfr. Cass. pen., sez. V, 02/02/2010, n. 8819.