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Pubbl. Mar, 20 Feb 2024

Il contraddittorio procedimentale in ambito tributario: dal formante giurisprudenziale alla recente positivizzazione quale principio di carattere generale

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Pietro Feola
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno



Dopo un tortuoso percorso, segnato da oscillanti, e talvolta contraddittorie, pronunce della Suprema Corte di Cassazione, sotto la decisiva spinta della Corte Costituzionale, che con la sentenza “monito” n. 47/2023 ha “suggerito” al legislatore, fino a quel momento rimasto sul tema ingiustificatamente silente, di migliorare il sistema tributario mediante la generalizzazione del principio del contraddittorio preventivo, con il recentissimo D.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, di esercizio della delega conferita al Governo con la L. n. 111/2023, è stato finalmente positivizzato con portata di carattere generale il principio dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo nel rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente, allineando in tal modo l’Italia agli standard comunitari.


ENG

The adversarial system in Italian tax inspection proceedings: from case law to the latest juridical positivisation as a general principle

The latest Legislative Decree no. 219 of 30 December 2023 represents a fundamental step forward in making the Italian tax system more efficient. The path to reaching this purpose turned out to be somewhat challenging, and it has been studded with a several number of inconsistent judgements by the Supreme Court of Cassation. However, through the issuing of the key judgement no. 47 of 21 March 2023, the Constitutional Court recommended that a dialogue between taxpayers and tax authorities should be carried out about every and all inspections. The Italian legislator turned this recommendation into a general, compulsory principle by issuing the aforementioned Legislative Decree no. 219/2023, thereby bringing Italian tax legislation in line with the Community standards.

Sommario: 1. Generalità. I principi costituzionali; 2. Il cammino comunitario del contraddittorio endoprocedimentale; 3. Il difficile e lento recepimento del contraddittorio procedimentale nell’ordinamento interno. La tortuosa evoluzione della giurisprudenza; 4. Un inaspettato passo indietro della giurisprudenza; 5. La novella introdotta dalla Legge n. 130/2022: una “mini – riforma”; 6. Il decisivo intervento della Consulta: la sentenza “monito” n. 47 del 2023; 7. La positivizzazione del contraddittorio procedimentale come principio generale dell’ordinamento tributario (D.lgs. n. 219/2023); 8. Conclusioni.

1. Generalità. I principi costituzionali

L’ordinamento tributario italiano conosce diverse forme di contraddittorio endoprocedimentale, riassumibili in due modelli: la "partecipazione-contraddittorio" e la "partecipazione-collaborazione".

Secondo il modello della "partecipazione-contraddittorio", il contribuente non si limita a presentare documenti ed a fornire informazioni all'Amministrazione finanziaria, ma è coinvolto anche nella fase successiva di accertamento del presupposto d'imposta. Questo modello, da un lato, garantisce al contribuente il diritto di partecipare attivamente al procedimento accertativo, dall’altro comporta che l’Amministrazione è gravata dell’onere di valutare attentamente la posizione che il contribuente assume durante la fase partecipativa.

Il modello della “partecipazione-collaborazione” prevede, invece, che il contribuente partecipi solo alla fase acquisitiva di documenti/informazionida parte dell'Ufficio impositivo, mentre rimane in una posizione passiva nel corso della fase successiva di accertamento, durante la quale l'Amministrazione finanziaria agisce unilateralmente secondo lo schema classico autoritativo.

In linea generale, il contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario è finalizzato a rafforzare il diritto di difesa del contribuente e, contemporaneamente, a rendere maggiormente concreti i principi di efficienza, imparzialità e buon andamento dell'Amministrazione finanziaria, affinché gli accertamenti siano il più possibile compiuti e legittimi.

Questa dimensione teleologica del contraddittorio endoprocedimentale trova fondamento primariamente nei principi fondamentali della Costituzione repubblicana, in particolare nel principio di uguaglianza ex art. 3 Cost[1]. Quest’ultimo esprime l’idea che l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo (melius, il dovere) di garantire al contribuente il diritto al contraddittorio già in sede procedimentale, affinché le parti (contribuente e Amministrazione finanziaria) agiscano su di un piano di parità non solo nel processo, ma anche nel procedimento.

Nella stessa prospettiva dialettica deve leggersi anche l’art. 24 Cost.[2], il quale garantisce il diritto di difesa non solo nel processo in senso stretto ma anche nel procedimento, nel luogo, cioè in cui vengono assunte le decisioni da cui poi difendersi in sede giurisdizionale.

In realtà, per lungo tempo la migliore dottrina[3] ha fatto emergere il riferimento all’esclusiva e limitata sfera processuale della garanzia costituzionale del diritto di difesa.

Il principio del contraddittorio procedimentale ha assunto una nuova veste costituzionale con la novella del 1999[4], attraverso la riscrittura dei primi due commi dell’art. 111 della Costituzione, in particolare del secondo comma[5].

Nella riformulazione dell'art. 111 della Costituzione, il legislatore costituzionale ha chiaramente tratto ispirazione dall'art. 6[6] della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Infatti, nonostante non venga esplicitamente menzionato il termine "contraddittorio", la lettera dell’art. 6 CEDU contiene un palese riferimento al diritto del cittadino di essere ascoltato nel corso del procedimento.

Al contrario del diritto comunitario, però, la disposizione costituzionale di cui all’art. 111 Cost. ha espressamente sancito il diritto dei soggetti che ricoprano la posizione di parti del processo di essere posti nelle condizioni di difendersi prima che questo giunga al suo provvedimento terminale; infatti, secondo la dottrina più autorevole[7], l’art. 111 Cost. ha avuto il merito di costituzionalizzare il principio del contraddittorio nell’ambito del giusto processo.

Tuttavia, malgrado le lodevoli intenzioni del legislatore costituzionale, l’applicazione del principio del contraddittorio è stata inizialmente riconosciuto solamente nell'ambito processuale civile e penale.

La nuova veste dell'art. 111 Cost. ha altresì consentito di rileggere l’art. 97 Cost.[8] nell’ottica di una differente prospettiva dei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente.

L'art. 97 Cost. garantisce il buon andamento e l'imparzialità dell'Amministrazione, a cui richiede di tenere un comportamento leale e responsabile. Ciò implica un’attenta ponderazione degli interessi pubblici e privati nonché, dal punto di vista organizzativo, l'osservanza delle regole di efficacia ed economicità.

Secondo un'interpretazione "garantista", l'art. 97 Cost. è stato concepito per garantire anche le esigenze partecipative. Tra queste, assume particolare rilevanza proprio il principio del contraddittorio, inteso come strumento di garanzia “nel” procedimento. Applicato alla fase procedimentale, il contraddittorio favorisce l'emersione di tutti gli interessi coinvolti, assicurando sia la completezza della fase istruttoria, sia l'imparzialità ed efficacia dell'azione amministrativa.

Questa prospettiva si basa sull'idea che, mediante la dialettica, il confronto e l'integrazione delle conoscenze, sia possibile giungere a decisioni più imparziali e conformi alla realtà dei fatti.

 

2. Il cammino comunitario del contraddittorio endoprocedimentale

Per l’affermazione del contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario è stata decisiva la spinta comunitaria, da parte soprattutto della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.

Sono, in particolare, due le sentenze della Corte di Giustizia UE ad aver avuto il merito di aprire la strada al generale riconoscimento, in ambito tributario, della doverosità del contraddittorio endoprocedimentale.

Si tratta delle sentenze suggestivamente identificate come “Sopropè” e “Kamino”, le quali affermano principi pressochè sovrapponibili, per cui ci si limita all’analisi solo della prima delle due.

È anzitutto necessario inquadrare i dati di fatto della sentenza c.d. “Sopropè”[9].

La società Sopropè aveva presentato un reclamo alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sostenendo la violazione del suo diritto di difesa da parte degli Uffici doganali portoghesi. La società riteneva, in particolare, di non aver avuto la possibilità di un'audizione preventiva dopo le verifiche fiscali e che il breve termine di 8 giorni concessole per tale audizione non fosse sufficiente per il pieno esercizio del diritto di difesa. Dall'altra parte, l'Amministrazione portoghese aveva sostenuto che il principio del rispetto del diritto di difesa non si applicasse al procedimento di audizione preventiva previsto dalla Legge Generale Tributaria[10].

Nel pronunciarsi sulla questione, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che il rispetto del diritto alla difesa è un principio generale del diritto comunitario, da garantire anche in ambito endoprocedimentale. Questo principio si applica, quindi, ogni volta che un'Amministrazione si appresta ad adottare un provvedimento lesivo nei confronti di un soggetto, anche in assenza di una specifica disposizione comunitaria che lo contempli esplicitamente.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha inoltre sostenuto che, qualora i termini per l'esercizio del diritto di difesa non siano stabiliti dal diritto dell'UE, spetta al diritto nazionale il compito di regolarli, seppur nel rispetto di due condizioni: a) che siano equiparati a quelli previsti per individui o imprese in situazioni analoghe a livello nazionale; b) che non ostacolino in modo sostanziale l'esercizio del diritto di difesa garantito dal diritto dell'UE. Ovviamente, la Corte ha riconosciuto agli Stati membri la piena discrezionalità nel fissare tali termini, purché essi restino in linea con i valori fondamentali dell'Unione Europea.

In definitiva, la sentenza “Sopropè” ha stabilito che il principio del contraddittorio deve essere rispettato prima dell'emissione di un provvedimento. Per questo motivo, l'autorità competente deve sempre tenere in considerazione tutte le prove prodotte dal contribuente. Questa sentenza, quindi, inquadra il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel diritto di difesa del contribuente come elemento fondamentale per un procedimento equo e partecipato. In altre parole, il contribuente ha il diritto di essere ascoltato e di presentare le proprie argomentazioni prima che il provvedimento finale sia emesso dall’autorità competente. Questo garantisce che la decisione finale sia basata su fatti accurati e su una valutazione completa delle prove presentate.

Il diritto di poter formulare una difesa già nella fase endoprocedimentale costituisce ormai un principio definitivamente acquisito al diritto comunitario, trovando un puntuale riferimento sia nell’art. 6 CEDU[11], sia nella CDFUE[12], in particolare negli artt. 47[13] e 48[14], nonché nell’art. 41[15], che garantisce il diritto ad una buona amministrazione.

La sentenza “Sopropè” ha trovato conferma in tante altre pronunce della Corte di Giustizia, con le quali è stato costantemente ribadito che il diritto di essere ascoltati prima dell'adozione di provvedimenti individuali pregiudizievoli è incluso nel diritto ad una buona amministrazione e che il principio del contraddittorio endoprocedimentale prevede che la difesa del contribuente debba essere espletata prima dell'emissione di un qualunque provvedimento lesivo[16].

 

3. Il difficile e lento recepimento del contraddittorio procedimentale nell’ordinamento interno. La tortuosa evoluzione della giurisprudenza

Se, sul piano comunitario, è da tempo pacifico il riconoscimento del contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario, vuoi per le norme previste dalle Carte, vuoi per le innumerevoli pronunzie della Corte di Giustizia UE, lo stesso non può dirsi per l’ordinamento italiano.

Le decisioni della Corte di Cassazione sul tema sono state numerosissime. È tuttavia necessario farne una cernita, puntando l’attenzione su quelle che hanno segnato le tappe fondamentali del percorso interpretativo della Suprema Corte: si tratta, fondamentalmente, delle sentenze gemelle nn. 19667[17] e 19668[18] del 2014 e della sentenza n. 24823[19] del 2015, la cui lettura mette in evidenza orientamenti non propriamente univoci sulla questione del contraddittorio procedimentale in ambito tributario.

Le divergenze interpretative della Corte di Cassazione riguardo alla presenza o meno di un obbligo generalizzato al contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario hanno radici profonde.

Già in sede di interpretazione dell'art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000)[20], la Corte di Cassazione ne aveva limitato il campo di applicazione[21], focalizzando l’analisi esclusivamente sulle conseguenze e sugli effetti di un'omissione nelle attività di "accessi, ispezioni e verifiche fiscali" da parte dell'Amministrazione finanziaria. Gli Ermellini avevano quindi concluso nel senso che, in caso di omissione di dette attività, l'Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto garantire al contribuente il contraddittorio endoprocedimentale, consentendogli di presentare le proprie osservazioni entro il termine dilatorio di 60 giorni prima dell'emissione dell'avviso di accertamento.

La Suprema Corte aveva infine stabilito che, nel caso in cui l'atto impositivo fosse stato emesso ante tempus (cioè, prima della scadenza dei 60 giorni concessi dall'ordinamento), lo stesso sarebbe stato considerato illegittimo. La violazione di tale termine rappresentava una deviazione inaccettabile dal modello normativo, rintracciabile nei principi di derivazione costituzionale e comunitaria, che promuoveva la collaborazione e la buona fede nei rapporti tra l'Amministrazione finanziaria e il contribuente.

Ma l’esplicito riconoscimento, da parte del giudice di legittimità, del principio del contraddittorio procedimentale in ambito tributario si è avuto solo con le sentenze "gemelle", pronunciate a Sezioni Unite, n. 19667 e n. 19668 del 2014.

Con queste due pronunce la Cassazione ha cercato di dissipare i dubbi riguardo la garanzia del contraddittorio preventivo durante i controlli "a tavolino", stabilendo che gli Uffici impositivi hanno l'obbligo generale di attivare sempre il contraddittorio endoprocedimentale prima di adottare un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente. In mancanza di tale contraddittorio, l'atto impositivo risulta nullo.

Trattandosi di sentenze, per l’appunto, “gemelle” ben si può procedere ponendo l’attenzione sulla sola pronuncia n. 19967/2014.

La controversia risolta con tale sentenza ha origine nell'impugnazione da parte del contribuente della comunicazione di misure cautelari reali a seguito del mancato pagamento di alcune cartelle esattoriali.

Nel caso specifico, l'Agenzia delle Entrate, solo dopo aver emessa la misura cautelare reale, aveva avvisato il contribuente moroso. L'avviso prevedeva che, se il pagamento non fosse stato effettuato entro sessanta giorni dalla notifica della cartella, si sarebbe proceduto a rendere operativa la già adottata misura cautelare.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che il preavviso di fermo amministrativo costituisse, in sostanza, l'unico mezzo per il contribuente di essere informato dell'avvio di tale procedura nei suoi confronti. Questo preavviso era parte integrante di una serie di procedure volte a garantire una tutela completa al contribuente come destinatario del provvedimento. La Corte ha inoltre stabilito che il preavviso di misura cautelare svolge una funzione analoga a quella dell'avviso in mora all'interno di una procedura esecutiva esattoriale e, come tale, deve essere considerato un atto suscettibile di impugnazione.

Pertanto, proprio in quanto atto che può essere impugnato dinanzi al giudice tributario, «l’iscrizione ipotecaria presuppone una specifica comunicazione al contribuente», come previsto dall’art. 21 del D. Lgs. n. 546/1992[22].

Quindi, con la sentenza n. 19667/2014 le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che l'Amministrazione finanziaria è tenuta ad attivare, a pena di nullità, il contraddittorio endoprocedimentale prima di adottare qualsiasi provvedimento che potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi del contribuente.

Questa pronuncia ha rappresentato un notevole passo in avanti da parte della Suprema Corte. Con essa è stato per la prima volta affermato che il diritto al contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio generale applicabile a tutti i procedimenti tributari, stabilendo inoltre che, in caso di mancata attivazione del contraddittorio, l'avviso di accertamento sarà considerato nullo, in quanto espressione di un potere sovrano da esercitare in modo partecipato al fine di garantire il diritto di difesa e un’istruttoria adeguata[23].

Con la sentenza in esame, dunque, la Suprema Corte ha stabilito che, indipendentemente da una normativa specifica, nell'ordinamento tributario italiano esiste un obbligo a carico dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, da estendere anche alle misure cautelari a carico del contribuente[24].

In conclusione, con tale sentenza il contraddittorio endoprocedimentale è stato riconosciuto come principio generale immanente dell'ordinamento, pur in difetto di un espresso fondamento normativo.

 

4. Un inaspettato passo indietro della giurisprudenza

Ad appena un anno dalle sentenze “gemelle” del 2014, che sembravano aver definitivamente aperto la strada all’affermazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale come principio generale dell’ordinamento italiano, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24823 del 2015 resa anch’essa a Sezioni Unite[25], ha compiuto un’inaspettata giravolta interpretativa. Con questa decisione il giudice della legittimità è ritornato sui propri passi, affermando che nel nostro ordinamento tributario non è rinvenibile un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, a meno che non sia espressamente previsto dalla legge.

Per analizzare al meglio tale sentenza e capirne funditus le motivazioni, occorre partire dalle vicende che avevano portato il giudizio all’esame della Suprema Corte.

La Trump Trade s.r.l., società operante nell’ambito della compravendita immobiliare, propose ricorso avverso l’avviso di accertamento IRPEG, IRAP ed IVA relativo all’annualità 2003, notificatole il 18 novembre 2008. L’Agenzia delle Entrate aveva emesso tale avviso sul presupposto che, durante il controllo della documentazione fornita dalla società a confronto con i prezzi effettivamente fatturati, era emerso che il valore di alcune proprietà immobiliari compravendute sarebbe stato di molto superiore a quanto dichiarato. L’Agenzia aveva quindi ridefinito l’imponibile con una tassazione più alta, utilizzando un metodo analitico-induttivo per recuperare il reddito così maggiorato dal volume degli affari. A fondamento del ricorso, la società contribuente deduceva l’illegittimità dell’accertamento per mancata consegna del verbale di chiusura delle operazioni, in violazione di quanto previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), all’epoca ancora vigente, nonché il difetto di motivazione del provvedimento impugnato e l’infondatezza della pretesa impositiva (in sostanza, la ricorrente lamentava una violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale). L’adita Commissione Provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello proposto da Trump Trade, fu tuttavia riformata dalla Commissione regionale. Quest’ultima, aderendo alla prima delle doglianze opposte dall’appellante, rilevò l’illegittimità dell’avviso di accertamento e ne dispose l’integrale annullamento per violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente. Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate presentava ricorso per Cassazione, sostenendo che l’art. 12, comma 7, dello Statuto si sarebbe dovuto applicare solo agli accertamenti che derivano da “accessi, ispezioni o verifiche presso i locali dell’attività del contribuente” e non a tutte le tipologie di accertamenti.

Nel dirimere tale controversia, le Sezioni Unite hanno posto la distinzione tra i casi di accertamento in materia di tributi armonizzati (IVA, accise, dazi, ecc.) e quelli in cui si tratta di tributi non armonizzati.

Nel primo caso, attraverso l’espresso richiamo all'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, la Corte ha ritenuto che «il diritto di ogni persona ad essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio», riconoscendo così la diretta applicazione del contraddittorio endoprocedimentale ai tributi armonizzati.

Secondo la sentenza in esame, nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria svolga un accertamento per verificare il corretto adempimento dell'IVA, è essenziale attivare il contraddittorio preventivo con il contribuente prima di emettere l'atto impositivo, in modo da consentire al contribuente di esporre le proprie osservazioni e obiezioni durante la verifica fiscale in corso, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. L'omissione del contraddittorio endoprocedimentale comporta l'invalidità dell'atto impositivo successivo.

Al contrario, sempre secondo la sentenza resa a Sezioni Unite n. 24823 del 2015, nel caso in cui l’accertamento riguardi i tributi non armonizzati «l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contradditorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, in cui tale obbligo sia previsto da specifica norma di legge».

Quindi, con la sentenza n. 24823/2015 le SS.UU. hanno sostenuto che il contraddittorio preventivo deve essere attuato solo se esplicitamente riconosciuto dalla normativa nazionale, come nel caso degli accertamenti in materia di studi di settore o degli accertamenti sintetici[26].

L’art. 12 comma 7 dello Statuto, nell’interpretazione datane dalla sentenza n. 24823 del 2015, non avrebbe consentito di affermare «un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell’Amministrazione fiscale».

In sintesi, con tale sentenza n. 24823/2015 è stato sì stabilita la necessità del contraddittorio preventivo per i tributi armonizzati, ma al contempo si è affermato che questo principio può essere applicato solo se previsto da specifiche norme interne per i tributi non armonizzati, escludendo quindi il confronto tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria quando la verifica fiscale avviene presso l'Ufficio impositivo, come nei controlli "a tavolino".

In definitiva, la sentenza n. 24823/2015 ha rappresentato una significativa quanto inaspettata battuta d’arresto rispetto al processo espansivo del principio del contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario, mettendo tuttavia in luce numerose criticità ed aporie interpretative.

Innanzitutto, va ricordato per i tributi armonizzati e per quelli non armonizzati viene comunemente adottato uno stesso procedimento. Si avrebbe, quindi, seguendo le coordinate interpretative fornite dalla Suprema Corte con la sentenza n. 24823/2015, che l’omissione del contraddittorio endoprocedimentale dovrebbe paradossalmente comportare una nullità parziale dell’atto impositivo, limitatamente cioè ai soli tributi armonizzati. Esemplificando, mentre la pretesa relativa al pagamento dell’IVA sarebbe illegittima per violazione del contraddittorio, al contrario la pretesa relativa al pagamento dell’IRPEF (o IRES) e dell’IRAP non sconterebbe tale profilo di illegittimità procedimentale, perché l’Amministrazione finanziaria non sarebbe obbligata a confrontarsi preventivamente con il contribuente per gli accertamenti effettuati “a tavolino”[27], in assenza di una norma interna che espressamente lo imponga.

Si tratta di una soluzione che già da un punto della prassi applicativa appare irragionevole e difficile da attuare[28]: significherebbe che un accertamento basato su una verifica fiscale effettuato “a tavolino”, ossia presso gli uffici dell’Amministrazione finanziaria, concederebbe garanzie differenziate al contribuente a seconda del tributo in questione. Non sembra una soluzione accettabile, già sul piano della ragionevolezza. Il contraddittorio endoprocedimentale non può essere applicato a scacchiera, a seconda del tributo, essendo l’attività accertativa unitaria.

Un altro aspetto critico della sentenza in esame riguarda il rapporto con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione. Non è accettabile la tesi, sostenuta nella sentenza n. 24823/2015, secondo cui il principio del contraddittorio endoprocedimentale non sia direttamente estrapolabile dall’art. 97 Cost. Vi si legge, infatti,che«l’art. 97 Cost. non reca, in alcuna delle sue articolazioni, il benché minimo indice rivelatore dell’indefettibilità del contraddittorio endoprocedimentale».

Ma, contrariamente a quanto sostenuto dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24823/2015, è fondamentale riconoscere l’importanza di garantire un “giusto procedimento” anche in materia tributaria. Infatti, non si può trascurare l’importanza di un’Amministrazione finanziaria che segua il “buon andamento” della procedura e della condotta e di conseguenza è doveroso prevedere il contraddittorio preventivo prima dell’emissione di ogni atto impositivo, come strumento capace di garantire la correttezza dell’avviso di accertamento[29].

Nella sentenza n. 24823/2015 si sostiene, inoltre, che il contraddittorio preventivo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, nei sessanta giorni successivi alla notifica del verbale di accertamento, andrebbe garantito esclusivamente a seguito di indagini, controlli e ispezioni svolte presso il luogo in cui il contribuente svolge la propria attività, come previsto letteralmente dall’art. 12 comma 7 dello Statuto, nella versione all’epoca vigente.

Anche da questo punto di vista vengono in evidenza aspetti problematici[30].

La Suprema Corte non ha considerato che, prima ancora che nell’art. 12 dello Statuto, il principio del contraddittorio preventivo trova fondamento nel precedente art. 6, comma 2[31], il quale implica l’obbligo di informare il contribuente anche quando l’indagine sia svolta “a tavolino” e nell’art. 10[32] che valorizza i principi di correttezza, collaborazione e buona fede, sempre allo scopo di favorire il dialogo tra le parti coinvolte nel procedimento.

5. La novella introdotta dalla Legge n. 130/2022: una “mini – riforma”

La pandemia da Covid-19 ha rappresentato una fase di transizione fondamentale, contribuendo in modo decisivo all’introduzione di una necessaria riforma della giustizia tributaria.

Nonostante l’aumento delle istanze di riforma e la contestuale proposizione di numerosi disegni di legge, la situazione è sembrata stagnante fino all’arrivo del PNRR[33], che ha visto la pandemia come un’opportunità per implementare una risposta organizzata e sistematica alla crisi.

Nell’ambito della riflessione più ampia contenuta nel PNRR sulle difficoltà del “Sistema Paese” e sulle riforme necessarie per superarle, ci si è naturalmente soffermati anche sulla questione della giustizia, questa volta però non limitatamente, come accaduto spesso, ai consueti nodi strutturali dei processi civili e penali, ma anche con riferimento agli “interventi finalizzati a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione”.

Gli obiettivi di deflazione e di riduzione dei tempi del processo tributario sono stati correlati al miglioramento della qualità generale della giurisdizione tributaria, con l’obiettivo di dare vita ad una magistratura tributaria professionalizzata dedita esclusivamente alla materia tributaria[34].

Con la legge 31 agosto 2022, n. 130[35] è stata, per l’appunto, approvata la riforma della giustizia e del processo tributario che, da un lato, ha inciso sull’organizzazione del sistema e dall’altro lato ha influito, talvolta profondamente, su alcuni istituti cruciali del processo tributario.

Ma, pur apprezzando le linee essenziali della riforma, non si può mancare di rilevare le lacune che presenta l’impianto della legge n. 130/2022, la quale non ha colto l’occasione, a garantire finalmente la parità delle armi fra Amministrazione e contribuente, di positivizzare in termini generali il principio del contraddittorio endoprocedimentale nella fase istruttoria del procedimento. Ciò nonostante che la Commissione “Della Cananea”[36] avesse di fatto riconosciuto un legame tra l’istruttoria procedimentale e la fase processuale, suggerendo come una più completa partecipazione del contribuente al procedimento avrebbe prodotto un effetto deflattivo del contenzioso tributario.

Nella relazione del 30 giugno 2021[37] la Commissione “Della Cananea” aveva, infatti, proposto di introdurre nello Statuto dei diritti del contribuente una norma a garanzia del diritto dei contribuenti di essere sentiti prima dell’emanazione di ogni atto impositivo a prescindere dalla natura del tributo, evidenziando che «il diritto del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale è espressione anche del principio di buon andamento ed imparzialità amministrativa ex art. 97 Cost.; principio a sua volta richiamato dalle “collaborazione e buona fede” che debbono improntare i rapporti tra contribuente ed amministrazione ai sensi dell’art. 10 Statuto del Contribuente (l. n. 241/2000)».

 

6. Il decisivo intervento della Consulta: la sentenza “monito” n. 47 del 2023

Un punto di svolta in tema di contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario si è avuto solo con la sentenza della Corte costituzionale n. 47 del 21 marzo 2023[38].

Con questa pronuncia il giudice delle leggi ha “suggerito” al legislatore di migliorare il sistema tributario mediante la generalizzazione del principio del contraddittorio preventivo.

Inizialmente, il giudice a quo aveva evidenziato che un'interpretazione dell'art. 12, comma 7, dello Statuto conforme a Costituzione, ovvero orientata a estendere la sua applicabilità oltre gli accertamenti che seguono ispezioni, accessi e verifiche dirette presso il contribuente, sarebbe stata ostacolata dalla giurisprudenza precedente, in particolare dalla sentenza della Corte di Cassazione del 9 dicembre 2015, n. 24823[39], fautrice della distinzione tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati ai fini dell’applicazione del contraddittorio preventivo.

Come già visto, secondo la Cassazione l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, ex art. 12, comma 7 dello Statuto del contribuente, non sarebbe stato applicabile nel caso di indagini “a tavolino”[40], in quanto non esplicitamente contemplato dalle norme di diritto interno. Pertanto, esso avrebbe potuto trovare applicazione solamente in ipotesi di “accessi, ispezioni e verifiche” presso i locali del contribuente, salvi i “casi di particolare e motivata urgenza[41].

A parere della Corte Costituzionale, l’ostacolo dettato dalla sentenza n. 24823/2015 della Cassazione avrebbe generato una palese violazione dell’art. 3 Cost., in virtù di un’ingiustificata disparità di trattamento.

Questi principi, in verità, già erano stati espressi anche dalla Corte di Cassazione, con le sentenze n. 18184 del 29 luglio 2013[42] e n. 19667 del 18 settembre 2014[43]. In particolare, con quest’ultima pronuncia la Cassazione aveva affermato che «il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost., e il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.».

Per sottolineare l’importanza del principio del contraddittorio, la Consulta ha ripreso gli stessi concetti, evidenziando che il contraddittorio endoprocedimentale, in quanto manifestazione del principio del “giusto procedimento”, ha acquisito un’importanza cruciale in ambito tributario. Esso, infatti, da un lato, mira a migliorare l’efficacia dell’accertamento fiscale, contribuendo al corretto funzionamento dell’Amministrazione finanziaria; dall’altro, salvaguarda i diritti dei contribuenti, consentendo loro di correggere eventuali errori a loro sfavore[44].

La ratio del contraddittorio endoprocedimentale, quindi, secondo il giudice delle leggi, non risiede nella natura delle verifiche condotte dell’Amministrazione finanziaria, ma piuttosto nella necessità di assicurare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa; allo stesso modo, appare irragionevole anche la distinzione nel trattamento dei tributi armonizzati e non armonizzati[45].

Tuttavia, la Corte Costituzionale non ha ritenuto opportuno generalizzare il principio del contraddittorio attraverso una sua sentenza, in quanto questo «potrebbe creare disfunzioni nel sistema tributario, imponendo un’unica tipologia partecipativa per tutti gli accertamenti, anche “a tavolino».

Al termine di questo ragionamento, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata dal giudice a quo, auspicando un intervento del Legislatore diretto a colmare le lacune evidenziate.

 

7. La positivizzazione del contraddittorio procedimentale come principio generale dell’ordinamento tributario (D.lgs. n. 219/2023)

A seguito della sentenza “monito” della Corte Costituzionale n. 47/2023 e dell’approvazione della legge delega per la riforma del sistema fiscale[46], il Legislatore tributario si è effettivamente attivato per colmare le lacune segnalate dal giudice delle leggi.

In attuazione della legge n. 111/2023, è stato approvato dal Governo il D.lgs. n. 219/2023 (“Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente”)[47] con il quale, per quanto qui d’interesse, a partire dal 18 gennaio 2024 è stato generalizzato il principio del contraddittorio procedimentale, attraverso l’introduzione dell’art. 6-bis nello Statuto dei diritti del contribuente e la contestuale abrogazione dell’art. 12, comma 7.

Ad oggi, l’obbligo dell’Ufficio impositivo di garantire il contraddittorio riguarda “tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria[48]. La locuzione rimanda, com’è evidente, all’elenco di cui all’art. 19, comma 1 del D.lgs. n. 546/1992[49].

Tuttavia, è presente una restrizione. Risultano, infatti, espressamente esclusi dall’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale tutti gli “atti automatizzati”, “sostanzialmente automatizzati”, “di pronta liquidazione”, “i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione” e “di controllo formale delle dichiarazioni[50].

La fase di contraddittorio preventivo prevede l'invio da parte dell'Ufficio di una bozza dell'atto impositivo, che probabilmente fungerà da anticipazione dell'atto di accertamento finale che verrà eventualmente emesso dopo la procedura amministrativa.

Una volta ricevuta la bozza in questione, il contribuente dispone di 60 giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni e osservazioni[51] ovvero per consultare e ottenere una copia degli atti del fascicolo, senza che durante tale spazio temporale sia consentito emettere un qualsivoglia atto di natura accertativa[52].

La novità più significativa apportata dal D.lgs. n. 219/2023 riguarda il comma 4 dell’art. 6-bis, a norma del quale “L’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere.”. Tale disposizione, infatti, rappresenta un passo cruciale per l’estensione del principio del contraddittorio preventivo nel procedimento accertativo tributario alla (quasi) generalità[53] degli accertamenti.

È bene ricordare che secondo l’abrogato art. 12 comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, il termine dell’avviso di accertamento ottemperava ad una duplice funzione: non solo garantiva al contribuente il diritto di esporre la propria versione dei fatti prima dell’emissione dell’atto impositivo, ma richiedeva anche all’Amministrazione finanziaria di utilizzare pienamente i suoi poteri istruttori, esaminando attentamente le prove contenute nel processo verbale di constatazione ed evitando di riprodurne acriticamente il contenuto nella motivazione dell’avviso di accertamento[54]. Però, nonostante la previsione stringente di cui all’art. 12 comma 7, la prevista scadenza poteva essere elusa dalla previsione dei “casi di particolare e motivata urgenza”, nei quali era possibile adottare direttamente l’atto impositivo prima dell’epilogo dei sessanta giorni.

Infatti, sebbene l’art. 12 comma 7 sottolineasse l’importanza della partecipazione del contribuente nella prevista finestra temporale, nulla disponeva in caso di mancato rispetto del termine dilatorio di cui sopra.

Invero, l’inosservanza dell’abrogato art. 12 comma 7 da parte dell’Amministrazione finanziaria è stata interpretata dalla giurisprudenza[55] quale motivo di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus[56].

La Corte di Cassazione, già nella sentenza n. 6088/2011[57], era intervenuta sulla questione stabilendo che “ai sensi del combinato disposto di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, c. 7, e alla L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies, l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine dei sessanta giorni, da parte degli organi di controllo, non è per ciò stesso nullo ma, atteso il generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi – ivi compresi quelli dell’Amministrazione Finanziaria -, tale è da considerarsi solamente laddove non rechi motivazione sull’urgenza che ne ha determinato una siffatta adozione”.

Più di recente, sempre la Cassazione, nell’ordinanza n. 15843/2020 ha statuito, riguardo il termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall’art. 12 comma 7 dello Statuto, che “detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione finanziaria e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva[58].

Ed ecco che, in mancanza di una disciplina dettagliata circa i vizi di invalidità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, sono stati introdotti i successivi artt. 7-bis[59], 7-ter[60] e 7-quater[61].

In primo luogo, a norma dell’art. 7-bis, gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono annullabili per violazione di legge, compresi le norme riguardanti la competenza, il procedimento, la partecipazione del contribuente e la validità degli atti.

In secondo luogo, a norma dell’art. 7-ter, gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono nulli se sono affetti da difetto assoluto di attribuzione, se sono adottati in violazione o elusione di giudicato o se presentato ulteriori vizi di nullità introdotti da successive disposizioni di legge.

Ancora, l’art. 7-quater chiarisce che l’omissione o l’errata indicazione delle informazioni richieste dall’art. 7, comma 2 dello Statuto dei diritti del contribuente[62] non costituisce vizio di annullabilità dell’atto, ma viene considerata alla stregua di una mera irregolarità.

8. Conclusioni

Il diritto tributario, grazie al rilevante contributo della dottrina e della giurisprudenza, è notevolmente mutato nei suoi caposaldi, portando il contraddittorio preventivo ad essere un principio immanente dell’ordinamento.

L’elaborazione pretoria ha rappresentato l’insostituibile retroterra concettuale nel quale si è innestata la cruciale sentenza “monito” della Corte Costituzionale n. 47/2023, che ha spinto il legislatore a recepire in via formale nell’ordinamento tributario il principio del contraddittorio endoprocedimentale.

Alla luce della recentissima riforma dello Statuto del contribuente, può dirsi compiuto il percorso evolutivo del principio del contraddittorio preventivo in ambito tributario, essendosi completata l’opera di rafforzamento della posizione del contribuente nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.

Per un giudizio finale che possa ritenersi compiuto, occorre tuttavia verificare in concreto l’applicazione che nella prassi l’Amministrazione Finanziaria farà delle nuove disposizioni e, soprattutto, attendere l’interpretazione che ne fornirà la giurisprudenza.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Art. 3 Cost: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

[2] Art. 24 Cost: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.”.

[3] Vedi SATTA F., Contraddittorio e partecipazione nel procedimento amministrativo, 2020, pagg. 299 e ss., secondo il quale l’interagire del cittadino con la Pubblica Amministrazione nell’ambito del procedimento amministrativo è cosa molto diversa da quanto avviene nel processo. Non si tratta, infatti, dell’esercizio di un diritto di difesa rispetto a una pretesa di un altro soggetto innanzi a un giudice, bensì dell’assicurazione della possibilità di “contribuire alla formazione delle decisioni dell’autorità amministrativa affinché meglio si conoscano gli interessi coinvolti e se ne tenga conto”. 

[4] L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2.

[5] Art. 111, comma 2, Cost: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.” 

[6] Art. 6, comma 1, CEDU: “Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.” 

[7]Secondo ACCORDINO P., Problematiche applicative del “contraddittorio” nei procedimenti tributari, Giuffrè, 2018, pag. 18, in seguito a un corposo dibattito sulla dimensione da attribuire al principio, si è arrivati alla sua “posivitizzazione” e alla attribuzione allo stesso della garanzia costituzionale espressa. Questo significa che il contraddittorio deve essere riconosciuto come canone fondamentale e principio generale di un processo che rispetti i requisiti di giustizia.

[8]Art. 97, comma 1, Cost: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” 

[9] Corte di Giustizia Ue, sentenza 18 febbraio 2008, C – 349/07, “SOPROPÈ / FAZENDA PÚBLICA”. 

[10] Ci si riferisce alla normativa portoghese in materia di dogane e tributi.

[11] Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

[12] Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea.

[13] Art. 47 Carta dei Diritto Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), rubricato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

[14] Art. 48 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), rubricato “Presunzione di innocenza e diritti della difesa”: “Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato.

[15] Art. 41 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), rubricato “Diritto ad una buona amministrazione”: “Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Ogni persona ha diritto al risarcimento da parte dell’Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. Ogni persona può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue dei trattati e deve ricevere una risposta nella stessa lingua.”.

[16] Tra le tante, si ricordano: la sentenza 16 ottobre 2019, causa C – 189/18, “Glencore”, con la quale è stato ribadito che il principio del contraddittorio rappresenta un principio generale dell’U.E.; la sentenza 4 giugno 2020, causa C – 430/19, “SCCF srl”; la sentenza 24 febbraio 2022, causa C – 582/20, “SC Cridar Cons srl”. Più recentemente, con sentenza 19 gennaio 2023, causa C – 680/20, la Corte di Giustizia, al punto 54, ha affermato che«in ogni caso la produzione, nel corso del procedimento, di prove idonee a dimostrare l’inidoneità a produrre effetti restrittivi fa sorgere l’obbligo, per detta autorità garante della concorrenza, di esaminarle. Infatti, il rispetto del diritto di essere ascoltato, il quale, secondo giurisprudenza costante, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, esige che le autorità garanti della concorrenza ascoltino l’impresa in posizione dominante, il che implica che esse prestino tutta l’attenzione richiesta alle osservazioni prodotte da quest’ultima ed esaminino, con cura e imparzialità, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e, in particolare, le prove prodotte da detta impresa».

[17] Cass., SS.UU., sentenza 18 settembre 2014, n. 19667, “M. C. / EQUITALIA SUD S.P.A.”. 

[18] Cass., SS.UU., sentenza 18 settembre 2014, n. 19668, “C.G. / EQUITALIA GERIT S.P.A.”. 

[19] Cass., SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823 “AGENZIA DELLE ENTRATE / TRUMP TRADE S.R.L.”. 

[20] Per il testo integrale dell’art. 12 L. n. 212/2000, consultare: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2000-07-27;212~art1-com2

[21] Cfr. Cass., SS.UU., sentenza 29 luglio 2013, n. 18184, “AGENZIA DELLE ENTRATE / CA.BI.GEL S.a.S.”. 

[22] Art. 21, D. Lgs. n. 546/1992: “Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo. Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”. 

[23]Così MARCHESELLI A., Ogni tipo di atto del Fisco va preceduto dal contraddittorio, a pena di nullità, in Ipsoa Quotidiano, 25 settembre 2014. 

[24] Vedi punto n. 18 sentenza Cass. SS.UU. n. 19967/2014: “Può affermarsi il seguente principio di diritto: anche nel regime antecedente l’entrata in vigore dell’articolo 77, comma 2 bis, Decreto del Presidente della Repubblica, introdotto con Decreto Legge n. 70 del 2011, l’amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 77 deve comunicare al contribuente che procede alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che, per coerenza con altre analoghe previsioni normative presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto. L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il “contraddittorio endoprocedimentale”, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo. Tuttavia, in ragione della natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione, accertandone l’illegittimità”.

[25] Cass., SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823 “AGENZIA DELLE ENTRATE / TRUMP TRADE S.R.L.”. 

[26]Sul punto, cfr. BRUZZONE M., Torna al vaglio della consulta il contraddittorio preaccertativo nelle indagini “a tavolino” – l’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 è davvero incostituzionale?, in GT-Riv. giur. trib., marzo 2016, pagg. 249 e ss. 

[27]Cfr.SAMMARTINO S., Il diritto al contraddittorio endoprocedimentale, in Rass. trib., aprile 2016, pagg. 986 e ss. 

[28] Sul punto, diffusamente, si rinvia alle riflessioni di CARINCI A., DEOTTO D., Il contraddittorio tra regola e principio: considerazioni critiche sul revirement della Suprema Corte, in Il Fisco, marzo 2016, pagg. 207 e ss. 

[30] Un’attenta analisi in tal senso la troviamo in BEGHIN M., Il contraddittorio endoprocedimentale tra disposizioni ignorate e principi generali poco immanenti – Il commento, in Corr. trib., luglio 2016, pagg. 479 e ss. 

[31] Art. 6, co. 2, L. n. 212/2000: “L’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppur parziale, di un credito”. 

[32] Per il testo integrale dell’art. 10 l. n. 212/2000 consultare: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2013/09/10/statuto-del-contribuente

[33] Ci si riferisce al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato il 13 luglio 2021 con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea. Per il testo integrale del PNRR consultare: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf

[35]Per il testo integrale della Legge 31 agosto 2022, n. 130 consultare: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/09/01/22G00141/sg

[36] Ci si riferisce alla Commissione, che ha preso il nome dal suo illustre Presidente, istituita dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro della giustizia, che ha avuto il merito di redigere un’approfondita relazione, licenziata nel 2021, sulla riforma della giustizia tributaria. 

[37]Per il testo integrale della relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria del 30 giugno 2021 consultare: https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_DELLACANANEA_relazione_finale_30giu21.pdf

[38] Corte Cost., sentenza 21 marzo 2023, n. 47, resa su impulso della Commissione tributaria regionale per la Toscana nella controversia vertente tra “VILLA LENA SOCIETA’ AGRICOLA SRL / AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI FIRENZE”. Per il testo integrale della sentenza consultare: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2023:47

[40] In tal senso vd. anche Cass., sentenza 13 gennaio 2023, n. 861, “P.V. / AGENZIA DELLE ENTRATE”; Cass., sentenza 27 gennaio 2023, n. 2541, “AGENZIA DELLE ENTRATE / M.G.”; Cass., sentenza 1° marzo 2023, n. 609; Cass., sentenza 15 marzo 2023, n. 7464.

[43] Cfr. MARCHESELLI A., Il contraddittorio deve precedere ogni provvedimento tributario, in Corr. trib, 2014, pagg. 3019 e ss.; TUNDO F., Diritto al contraddittorio endoprocedimentale anche in assenza di una previsione normativa, in Rass. giur. trib., 2014, pagg. 937 e ss.

[44] Cfr. punto 5.6 sentenza Corte Cost. 22 marzo 2023, n. 47.

[46] Legge 9 agosto 2023, n. 111, “Delega al Governo per la Riforma Fiscale”.

[47] Per consultare il testo integrale del D.lgs. n. 219/2023: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2023-12-30;219

[48] Art. 6-bis, co. 1 L. n. 212/2000.

[49] L’elenco a cui  ci si  riferisce contiene: l’avviso di accertamento; l’avviso di liquidazione; il provvedimento che irroga sanzioni; l’avviso in mora; la cartella di pagamento; l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973; il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973; gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2 D.lgs. n. 546/1992; il rifiuto espresso o tacito della restituzione dei tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art.  10-quater della L. n. 212/2000; il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quinquies della L. n. 212/2000; il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di  rapporti tributari; la decisione di rigetto dell’istanza di apertura della procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva UE 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE; ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado.

[50]Art. 6-bis, comma 2, L. n. 212/2000: “Non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi del presente articolo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione”.

[51] Su questo aspetto cfr. DEOTTO D., Il Pvc non sempre congela il contraddittorio, in IlSole24Ore, 26 gennaio 2024, secondo il quale, da un primo raffronto tra l’abrogato art. 12, comma 7, dello Statuto e l’introdotto art. 6-bis, non sembra che il contribuente possa più far valere il suo punto di vista dopo la consegna del processo verbale di constatazione; tuttavia, appare altresì possibile sostenere che non vi sia alcun divieto esplicito alla presentazione di memoria all’amministrazione. Questo porta a due diverse strade da seguire: una prima che prevede un contraddittorio con argomenti già corretti rispetto agli errori dell’Amministrazione finanziaria; una seconda in cui vi è un contraddittorio che non presenta tale revisione e in cui l’Amministrazione di certo non tenderà a ridurre le proprie pretese. Inoltre, l’Autore osserva come la presentazione di memorie in risposta al Pvc non produce gli stessi effetti penalizzanti che si avrebbero presentando le stesse dopo la comunicazione dello schema di atto impositivo.

[52]Art. 6-bis, comma 3, L. n. 212/2000.

[53] Si parla di “quasi” generalità degli accertamenti poiché l’obbligo generalizzato di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale di cui all’art. 6-bis non sussiste per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione, di controllo formale delle dichiarazioni (individuati con d.m. del Ministro dell’Economia e delle Finanze), per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione. Ancora, a norma della circolare n. 2/2024, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiarito che sono esclusi dall’ambito di operatività dell’art. 6-bis “(…) in ossequio al principio di specialità, gli atti per i quali è già previsto a livello legislativo un modello procedimentale conchiuso che per sé ricomprende una fase di interlocuzione preventiva tra amministrazione finanziaria e contribuente (…)”.

[54] Cfr. CIMINO F., L’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine previsto per il contraddittorio anticipato: tra nullità ed inesistenza giuridica, in Dir. e prat. trib., III, 2009, pag. 447.

[55] Vedi Cass., sez. civ., ordinanza 23 luglio 2020, n. 15843; Cass., SS.UU., sentenza 29 luglio 2013, n. 18184. Invero, prima del D.lgs. n. 219/2023 non era presente nell’ordinamento una sanzione espressa di nullità. Ed in passato, solo alla luce della sentenza Cass., SS.UU., n. 18184/2023 si ritenne che la conseguenza invalidante si producesse pure in assenza di una previsione espressa di nullità laddove il requisito formale e procedimentale violato avesse avuto attinenza al contenuto effettuale proprio dell’atto.

[56] Con atto impositivo emesso “ante tempus” si intende quell’atto adottato dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento scaturente dal verbale di conclusione dell’attività di accertamento (salvo specifiche ragioni di urgenza).

[57] Cass., sez. trib., sentenza 11 marzo 2011, n. 6088, “AGENZIA DELLE ENTRATE / F.A.A.”.

[58] Cfr. punto 2 ordinanza Cass. n. 15843/2020.

[59] Art. 7-bis L. n.  212/2000 (articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. g), D.lgs. n. 219/2023): “Gli atti dell’Amministrazione finanziaria impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria sono annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti. I motivi di annullabilità e infondatezza dell’atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio”.

[60] Art. 7-ter L. n. 212/2000 (articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. g), D.lgs. n. 219/2023): “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono nulli se viziati per difetto assoluto di attribuzione, adottati in violazione o elusione di giudicato, ovvero se affetti da altri vizi di nullità qualificati espressamente come tali da disposizioni entrate in vigore successivamente al presente decreto. I vizi di nullità di cui al presente articolo possono essere eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria, sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato, fatta salva la prescrizione del credito”.

[61] Art. 7-quater L. n. 212/2000 (articolo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. g), D.lgs. n. 219/2023): “La mancata o erronea indicazione delle informazioni di cui all’articolo 7, comma 2, non costituisce vizio di annullabilità”.

[62] Art. 7, co. 2, L. n. 212/2000: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.”.