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Pubbl. Lun, 22 Gen 2024

La Corte di giustizia boccia l’Italia, le ferie non godute vanno pagate

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Editoriale a cura di Ilaria Taccola



Per la Corte di giustizia, i lavoratori del pubblico impiego hanno sempre diritto a godere delle proprie ferie previste. Ristrettezze di bilancio ed esigenze di conti non sono una giustificazione valida per non retribuire le ferie eventualmente non godute, tanto che se il lavoratore che non ha potuto fruire di tutti i giorni di ferie annuali retribuite prima di dare le dimissioni, questi ha diritto a un’indennità finanziaria.


Con sentenza del 18 gennaio 2024 (C‑218/22), la Corte di Giustizia Europea ha affermato che, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE e l’articolo 31, paragrafo 2, della  Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea è da considerare illegittima la norma nazionale (articolo 5, comma 8, del decreto - legge 6 luglio 2021, n. 95) che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.

La Corte costituzionale nella sentenza n. 95/2016, aveva dichiarato che l’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95, applicabile ai dipendenti pubblici e che prevede, fatte salve talune eccezioni, che non possa essere prevista alcuna monetizzazione per le ferie retribuite non godute, era conforme ai principi sanciti dalla Costituzione italiana, senza violare quelli del diritto dell’Unione e neppure le norme di diritto internazionale. La Corte costituzionale avrebbe tenuto conto sia delle esigenze di contenimento della spesa pubblica sia dei vincoli organizzativi per il datore di lavoro pubblico, rilevando che tale normativa mirava a reprimere il ricorso incontrollato alla «monetizzazione» delle ferie non godute, nonché a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie. Secondo quest’ultima, il divieto di versare un’indennità finanziaria sarebbe escluso qualora le ferie non siano state godute per ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore, come la malattia, ma non in caso di dimissioni volontarie.

Per la Corte di giustizia è opportuno ricordare che, quando il rapporto di lavoro è cessato, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile. Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 prevede che, in caso di fine del rapporto di lavoro, il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti.

Conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che un lavoratore, che non sia stato in condizione di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato. Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro.

Tale disposizione osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in condizione di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto.


Note e riferimenti bibliografici