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Pubbl. Mar, 15 Dic 2015

Opposizione a decreto ingiuntivo: grava sull´opponente l´obbligo di esperire il tentativo di mediazione

Lucio Orlando


La Terza Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 24629, pubblicata in data 3.12.2015, pone fine ad una diatriba giurisprudenziale molto accesa


La Corte di Cassazione - III Sez. Civile, con la sentenza n. 24629, pubblicata in data 3.12.2015, ha preso posizione su una delle questioni più problematiche che si sono prospettate in tema di mediazione obbligatoria, ossia su chi grava l’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

La Corte di Cassazione - III Sez. Civile, con la sentenza n. 24629, pubblicata in data 3.12.2015, ha preso posizione su una delle questioni più problematiche che si sono prospettate in tema di mediazione obbligatoria, ossia su chi grava l’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

La Suprema Corte, componendo quindi il contrasto creatosi nella giurisprudenza di merito, ha ritenuto che è sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria.

La fattispecie concreta riguardava un ricorso per Cassazione avverso una sentenza con la quale la Corte d’Appello di Torino – in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo  aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato improcedibile l’opposizione proposta per il mancato avvio della mediazione obbligatoria ai sensi  dell’art. 5 d.lgs n. 28 del 2010.

La Corte di Cassazione, partendo dalla ratio normativa dell'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 ed alla sua finalità, deflazionare il carico di lavoro degli organi giurisdizionali, cercando di definire stragiudizialmente le controversie, stabilisce che l'onere di esperire il tentativo di mediazione deve essere necessariamente posto a carico di chi ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.

In questa prospettiva la norma mira a rendere il processo la extrema ratio e cioè l’ultima possibilità dopo che altre possibilità sono state precluse. La Corte parte dall'affermazione che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l'opposizione, si verifica una inversione tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che nel giudizio di opposizione il creditore del rapporto sostanziale diventa l'opposto, che è attore in senso sostanziale nonostante sia convenuto in senso processuale, mentre il debitore diventa l'opponente, che è, invece, convenuto in senso sostanziale nonostante sia attore in senso processuale.

Questa costruzione può portare "ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale  la parte sulla quale grava l'onere. Ma in realtà - avendo come guida il criterio ermeneutico dell'interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione - la soluzione deve essere quella opposta. E' l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E' dunque sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perché è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga".

La Suprema Corte conclude affermando che: "una soluzione differente risulterebbe irrazionale perché premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice". Quindi, in definitiva, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, dopo l'udienza di comparizione parti, nella quale il giudice si pronuncia sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, lo stesso assegna alle "parti" il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, ma per "parti", nella fattispecie in esame, s'intende esclusivamente il debitore opponente che, pertanto, avrà l'onere di avviare il procedimento di mediazione sotto pena, in mancanza, di improcedibilità dell'opposizione e contestuale consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.