Pubbl. Mer, 22 Nov 2023
Concessioni balnerari: Il Consiglio di Stato si esprime sull´ammortizzazione degli investimenti
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Camilla Della Giustina
Con la sentenza n. 9493/2023 i Giudici di Palazzo Spada si sono espressi sulla legittimità di una richiesta di proroga della concessione balneare al fine di ammortizzare l´importo investito. Secondo la posizione dei Giudici di Palazzo Spada, la soluzione concerne la corresponsione di un indennizzo al concessionario uscente, non una proroga automatica del titolo concessorio.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Il caso di specie; 3. La decisione del Consiglio di Stato; 4. Waiting for Godot: aspettando la Corte di Cassazione e il provvedimento del Governo
1. Introduzione
Con sentenza n. 9493/2023[1] il Consiglio di Stato si è espresso sulla legittimità di una richiesta di proroga del rapporto concessorio formulata dal titolare dello stabilimento al fine di ammortizzare l’importo investito.
La novità della pronuncia in esame attiene alla circostanza che essa risulta essere incentrata su di un particolare aspetto, non affrontato fino a questo momento dalla copiosa giurisprudenza formatasi sul tema.
Si chiarisce fin d’ora che da una prospettiva metodologica, il presente contributo rappresenta una ‘nota a sentenza’: di qui, vista non solo la copiosa giurisprudenza formatasi ma, altresì, l’ingente quantità di contributi sul tema, si ritiene non opportuno soffermarsi. In altri termini, l’obiettivo non è quello di realizzare un trattato in tema di concessioni demaniali marittime, bensì, quello di soffermarsi sull’ultima pronuncia del Consiglio di Stato.
L’aspetto innovativo di quest’ultima concerne una possibile soluzione in tema di ammortizzazione dell’importo investito da parte di un titolare di uno stabilimento balneare. Si anticipa sin d’ora che la posizione espressa dal Consiglio di Stato è quella di riconoscere un indennizzo al concessionario uscente.
2. Il caso di specie
La decisione assunta dal Consiglio di Stato trae origine dall’impugnazione avverso una decisione resa dal Tar Toscana. Di qui, ergo, la necessità di analizzare prima di tutto il caso sottoposto all’attenzione del giudice di primo grado per poi analizzare il ricorso avverso detta sentenza.
Per quanto attiene la decisione di primo grado, il titolare di una concessione demaniale[2] chiedeva al Comune di Follonica di prorogare per ulteriori vent’anni il rapporto concessorio per ammortizzare l’intero investimento[3].
L’istanza veniva rigettata dal Comune[4], il quale evidenziava che: la proroga richiesta stride con il diritto dell’Unione Europea, in particolare con la cosiddetta direttiva Bolkestein[5] e con l’articolo 49 TFUE.
Nella motivazione del Comune di Follonica si legge che, di fatto, la proroga concretizza una nuova concessione demaniale; di qui la necessità di rispettare i principi di evidenza pubblica cristallizzati sia nell’articolo 37 del Codice della navigazione[6] e di cui all’articolo 18 del relativo regolamento esecutivo.
A ciò si aggiunga la considerazione secondo cui l’istanza non può ritenersi una richiesta di nuova concessione, con implicita rinuncia a quella attualmente vigente. In base all’articolo 44 del Codice della Navigazione[7], atteso che la rinuncia è possibile solo nei casi tassativamente enunciati. Infine, il Comune sottolinea che la tutela del legittimo affidamento può essere garantita solo al momento in cui saranno stabilite le regole di selezione dei potenziali candidati. Circostanza che, nel caso di specie, non si era verificata.
Alla luce di ciò, il titolare della concessione demaniale marittima ha così presentato ricorso innanzi al T.A.R. Toscana. L’idea alla base del ricorso è che la rideterminazione della durata della concessione demaniale marittima costituirebbe un atto necessario in applicazione dei principi desumibili dalla sentenza “Promoimpresa” della Corte di giustizia europea[8]. Precisamente, secondo la posizione del ricorrente, il prolungamento della concessione si impone ogni volta che il concessionario prova di aver effettuato investimenti non ancora ammortizzati[9].
In senso opposto, il T.A.R. Toscana ha tuttavia rigettato il ricorso evidenziando che la regola generale, desumibile dal diritto dell’Unione Europea, è quella del divieto di meccanismi che prevedano proroghe più o meno automatiche del rapporto concessorio.
In quest’ottica, la richiesta avanzata dal concessionario di ottenere una proroga sulla scorta di quanto previsto dalla concessione rilasciata in proprio favore – la quale fa salvo il comma 4-bis dell’articolo 3 del DL. 400/1993[10] - si pone in contrasto con i principi affermati sia dall’Adunanza Plenaria[11] che dalla Corte Ue[12].
Si precisa che nelle more dell’instaurato giudizio, la società ricorrente inviava al Comune di Follonica una comunicazione con la quale ri-affermava la propria intenzione di avvalersi della facoltà di ottenere il prolungamento della concessione fino all’anno 2030[13]. Sul punto, il Comune adottava un ulteriore provvedimento negativo[14] che veniva impugnato con ulteriori motivi aggiunti: si deve evidenziare che la ricorrente deduceva anche la violazione dell’art. 6 L. 241/1990.
Anche in detta ipotesi il Tribunale[15] respingeva il ricorso integrandolo con motivi aggiunti. Con riferimento alla possibilità di ottenere la proroga ex art. 3 co. 4-bis DL. 400/1993 il T.A.R. Toscana evidenziava come si tratta “di un effetto giuridico costruito, nell’an, quale proroga legale, laddove la valutazione concreta dell’entità e della rilevanza economica delle opere, limitando l’incidenza dell’attività valutativa caso per caso al solo dimensionamento quantitativo, è destinato a rilevare solo in punto di dosimetria della durata all’interno della cornice normativamente prefissata. Ne discende che, anche sotto tale angolo prospettico, l’assetto assiologico e la modulazione organizzativo-procedurale delineata dalle citate decisioni dell’Adunanza Plenaria devono trovare rigorosa applicazione, con conseguente congruità istruttorio-motivazionale dei gravati provvedimenti”.
In conclusione, dunque, il prolungamento del rapporto concessorio non può ritenersi compatibile con i principi affermati dalla giurisprudenza, nazionale e sovranazionale.
Avverso la decisione di primo grado, il titolare della concessione ha proposto appello, deducendo l’erroneità della sentenza sotto plurimi aspetti[16] che, tuttavia, sono stati tutti rigettati dal Consiglio di Stato.
3. La decisione del Consiglio di Stato
Come è già stato preannunciato, i giudici di appello hanno respinto il ricorso presentato confermando quindi, tanto la pronuncia di primo grado quanto la legittimità dell’operato dell’amministrazione comunale. Sia il Tar Toscana che il comune di Follonica, infatti, hanno dato una corretta applicazione ai principi di derivazione europea come interpretati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Sebbene il ricorrente abbia articolato il proprio ricorso in sei differenti motivi, è possibile sostenere come la maggior parte di essi attengano al rispetto del cd. legittimo affidamento. Nella ricostruzione di parte ricorrente, il legittimo affidamento sarebbe da riferire al già richiamato art. 3, comma 4-bis, DL. 400/1993. Quest’ultima disposizione, come già evidenziato in precedenza, concerne il prolungamento del rapporto concessorio alla luce degli investimenti programmati ed effettuati. Tuttavia, viene evidenziato dal Consiglio di Stato come codesta disposizione contrasti con il diritto unionale, di qui, ergo, la disapplicazione della previsione legislativa.
Ulteriore elemento di infondatezza dell’asserita lesione del legittimo affidamento giace sulla considerazione in base alla quale la concessione è stata rilasciata in un momento successivo[17] all’entrata in vigore della Direttiva Bolkestein.
Infine, viene ritenuto infondata anche il richiamo all’art. 36 Codice della Navigazione: i Giudici di Palazzo Spada sottolineano che se si dovesse accogliere questa doglianza, di fatto, al ricorrente verrebbe riconosciuta una “rendita di posizione”. Essa, a sua volta, determinerebbe “una radicale violazione delle regole della concorrenza per oltre venti anni”. Si tratterebbe di una situazione intollerabile che risulterebbe tale “anche quando si debbano considerare, in un’ottica di bilanciata ponderazione dei contrapposti interessi, gli investimenti effettuati”[18].
Proprio questo passaggio viene corroborato successivamente nella sentenza: sebbene con riferimento a una disposizione differente, l’art. 3 comma 4-bis DL. 400/1993. Viene precisato dal Giudice amministrativo di appello che codesto meccanismo “conduce a conseguenze illegittime e aberranti, riconoscendo al concessionario la facoltà di ottenere il rinnovo della concessione per ben venti anni – fino almeno al 2030 – sulla base degli investimenti effettuati, mentre una siffatta conseguenza è radicalmente contrastante con il diritto unionale perché garantisce un prolungamento del rapporto ben oltre ogni legittimo affidamento in ipotesi riposto sulla possibilità di ammortizzare gli investimenti effettuati in un tempo congruo”[19].
Come già precisato in questo contributo, l’aspetto innovativo di detta pronuncia attiene all’importanza che viene riconosciuta alla tutela degli investimenti effettuati, medio tempore, dai concessionari. Sul punto il Consiglio di Stato richiama il proprio precedente orientamento, quello cristallizzato nelle cd. “sentenze gemelle” nelle quali viene puntualizzato che l’affidamento del concessionario trova protezione non in forza del meccanismo della “proroga automatica, ma al momento di fissare le regole per la procedura di gara”[20].
A detta considerazione viene aggiunto un elemento, cioè, la necessità che “le procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni siano, ove ne ricorrano i presupposti, supportate dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli eventuali investimenti effettuati dai concessionari uscenti”[21]. In aggiunta a ciò viene confermato che la tutela degli investimenti assume importanza nel momento in cui l’amministrazione avvia una procedura a evidenza pubblica finalizzata a individuare un nuovo concessionario. Proprio in detto momento gli investimenti già effettuati dal concessionario devono essere contemperati con gli altri interessi che vengono in rilievo.
4. Waiting for Godot: aspettando la Corte di Cassazione e il provvedimento del Governo
Come la famosa opera teatrale dell’irlandese Samuel Becket ruota attorno alla condizione dell’attesa, lo stesso può dirsi in tema di concessioni balneari. Waiting for Godot appartiene cd. ‘teatro dell’assurdo’: nell’opera Vladimir ed Estragon aspettano Mr. Godot il quale, tramite ‘messaggeri’, comunica che “non verrà oggi, ma domani”. Il culmine dell’assurdo avviene con la scena finale riassumibile nel seguente dialogo tra Vladimir ed Estragon: “Well? Shall we go? – Yes, let’s go!” ma, alla fine, non si muovono.
Con questo riferimento letterario in mente è possibile interpretare l’infinita vicenda delle concessioni demaniali marittime. La sentenza n. 9493/2023 del Consiglio di Stato si pone in perfetta continuità con l’orientamento che, ad oggi, può ritenersi prevalente. Esso poggia su un atteggiamento favorevole all’indizione di una procedura di gara, procedura che, proprio come nell’opera teatrale poc’anzi citata, si comporta come Mr. Godot.
Tuttavia sembra che un ‘messaggero’ isolato comunichi qualcosa di differente: è lapalissiano che il riferimento sia alla recente sentenza del T.A.R. Lecce[22] di inizio novembre 2023. Con detta pronuncia il T.A.R. Lecce ha ritenuto che la scadenza delle concessioni sia il 31 dicembre 2024 e non il 31 dicembre 2023 sulla scorta di una duplice considerazione: dall’imminente riforma del settore e delle determinazioni governative circa i criteri da utilizzare nel determinare la scarsità della risorsa. La conclusione cui giunge il Tar Lecce è che rimane ancora incerta la possibilità, o meglio, l’opportunità di applicare la Direttiva Bolkestein.
Come nel teatro dell’assurdo, dove Mr. Godot non arriva mai e Vladimir ed Estragon, seppur in attesa, alla fine, rimangono fermi nelle proprie posizioni, una situazione di eterna attesa caratterizza il settore delle concessioni balneari.
La situazione di eterna incertezza e attesa[23], tuttavia, non è essa stessa funzionale a garantire la tutela della concorrenza nel settore turistico e, al tempo stesso, non risulta essere coerente con la tutela dell’ambiente marino. Il quadro appena descritto diviene ancora più complesso poiché vi sono differenti diritti e interessi da bilanciare tra di loro.
Non si tratta solamente di tutelare la concorrenza[24] nell’accesso alla gestione di un bene pubblico ma anche di tutela dell’ambiente, di tutela della proprietà e relativo indennizzo per le opere realizzate ma anche di gestione ‘sostenibile’ di un bene “da maneggiare con cura”[25]. In altri termini, proprio quale conseguenza del cambiamento climatico, si assiste a un innalzamento del livello del mare, di qui, ergo, una progressiva erosione delle coste[26].
Un altro aspetto che non viene preso in considerazione concerne non solamente il pagamento dell’indennizzo ma anche chi, con quali modalità dovrà corrisponderlo e l’impatto che questo potrebbe avere sulle finanze dello Stato[27]. Secondo un orientamento presente in dottrina[28], infatti, l’indennizzo dovrebbe essere ritenuto a carico dell’amministrazione al fine di evitare una disparità di trattamento tra il concessionario uscente e il concessionario aspirante durante la procedura di gara[29].
Volendo concludere, gli interrogativi che giacciono sono molteplici e le risposte a essi totalmente assenti. Sebbene all’orizzonte sembri incombere una procedura di infrazione a carico dell’Italia[30] sarebbe opportuno che la disciplina della concorrenza di derivazione europea dovrebbe essere bilanciata con le peculiarità proprie del territorio italiano. Come già sostenuto, probabilmente, una comparazione con l’ordinamento britannico potrebbe rappresentare un punto di partenza nella gestione e pianificazione del territorio costiero[31].
[1] Consiglio di Stato, sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493.
[2] Ultima Spiaggia s.r.l.
[3] Il cui ammontare era di oltre un milione di euro: al fine di ammortizzare detta somma, infatti, sarebbero stati necessari ulteriori 21. Di qui la proroga veniva richiesta fino al 2036. L’istanza aveva quali base normativa l’art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400/1993, successivamente convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 494.
[4] Protocollo n. 16566 del 15 maggio 2018, recante quale oggetto ““Istanza di proroga ex comma 4-bis dell'art. 3 decreto-legge n. 400/1993 s.m.i. – provvedimento di rigetto”.
[5] Direttiva n. 123/06/CE.
[6] “1. Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. 2. Al fine della tutela dell'ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico- ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. 3. Qualora non ricorrano le ragioni di preferenza di cui ai precedenti commi, si procede a licitazione privata”.
[7] “1. In caso di revoca parziale, il concessionario ha facoltà di rinunziare alla concessione dandone comunicazione all' autorità concedente nel termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento di revoca. 2. La stessa facoltà spetta al concessionario anche quando l' utilizzazione della concessione sia resa impossibile in parte, in conseguenza di opere costruite per fini di pubblico interesse dallo Stato o da altri enti pubblici. 3. Se l' utilizzazione è resa totalmente impossibile la concessione si estingue”.
[8] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15.
[9] Appare evidente come la tematica delle concessioni demaniali non attenga solamente alla gestone del bene demaniale, alla tutela della concorrenza ma abbia dei riflessi anche in relazione alla gestione di un’impresa, l’impresa marittima. Si rinvia a P. de GIOIA CARABELLESE, C. DELLA GIUSTINA, Diritto del lavoro e del techno-busines law. Dal law of master and servant britannico all’Industry 5.0. Un research textbook, Pacini, 2022.
[10] In base a detta disposizione le concessioni possono avere una durata non superiore a vent’anni, in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.
[11] M.A. SANDULLI, Sulle “concessioni balneari” alla luce delle sentenze nn. 17 e 18 dell'Adunanza Plenaria, in Giustiziainsieme.it, 16 febbraio 2022, N. DURANTE, È davvero sceso il sipario sulle concessioni turistico-ricreative?, in www.giustizia-amministrativa, 26 aprile 2022; M.P. CHITI, Juger l'administration c'est aussi légiférer? L'Adunanza Plenaria sulle concessioni demaniali marittime, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2021, 869 ss.; M. TIMO, Concessioni balneari senza gara ... all'ultima spiaggia, in Riv. giur. ed., 2021, 1596 ss.
[12] Il T.A.R., infatti, ha precisato che “l’amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi eurounitari della libera circolazione dei servizi, della par condicio, dell’imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 cod. nav., è tenuta ad indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico”, dovendosi, quindi, pianamente concludere che la proroga legale delle concessioni demaniali in assenza di gara non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento”. T.A.R. Toscana, sez. II 8 marzo 2021, n. 363.
[13] Art. 1, comma 2, c.d.m. n. 2/2010.
[14] Nota prot. n. 35902 del 23 ottobre 2018.
[15] T.A.R. Toscana, sez. III, 26 gennaio 2022, n. 79.
[16] In maniera maggiormente analitica, il ricorso al Consiglio di Stato venne articolato in sei differenti e distinti motivi, tutti rigettati.
[17] Come emerge dal ricorso e dalla sentenza la concessione è stata rilasciata dopo il 28 dicembre 2009.
[18] Consiglio di Stato, sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493, paragrafo 6.2.
[19] Consiglio di Stato, sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493, paragrafo 9.1.
[20] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 novembre 2021, n. 17-18. Questo passaggio riprende la sentenza “Promoimpresa” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
[21] Consiglio di Stato, sez. VII, 3 novembre 2023, n. 9493, paragrafo 6.4 che, a sua volta, richiama un passaggio delle “sentenze gemelle”.
[22] T.A.R. Lecce 2 novembre 2023, n. 1223 e 1224.
[23] Sul punto parte della dottrina ha evidenziato come “[i] problemi si sarebbero dovuti risolvere in via prioritaria da parte della politica, che non ha fatto altro che procrastinare le diverse criticità emerse da tempo a livello europeo con ripetute norme di proroga. L'inidoneità delle soluzioni e il fallimento della politica si ripercuote sul giudice amministrativo, al quale viene passato «il cerino acceso ». Ma dal giudice, nella specie l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, non si può pretendere di sbrogliare una simile matassa di problemi, data la competenza primaria del legislatore al riguardo”. C. VOLPE, Le concessioni demaniali marittime una fine o un inizio? Correzioni di rotta e nuovi approdi, in www.giustizia-amministrativa.it, 21 novembre 2022, 15
[24] Si rimanda a A. GIANNACCARI, Stessa spiaggia, stesso mare. Di concessioni demaniali marittime e (assenza di) concorrenza, in Mercato Concorrenza e Regole, fasc. 2/2021, 307 ss.
[25] Per questa espressione si rimanda a C. DELLA GIUSTINA, La proroga delle concessioni demaniali marittime: il bene spiaggia da una prospettiva europea e di common law britannico, in Cammino Diritto, n. 9/2023.
[26] Si richiama un contenzioso californiano peculiare poiché tre comuni costieri della California hanno citato in giudizio un ampio gruppo di grandi aziende produttrici di carbonio chiedendo un risarcimento del danno legato al clima per i costi sostenuti per la costruzione di dighe marittime. California Superior Court, County of Marin, County of Marin v. Chevron Corp. et al., Case No. CIV 1702586.
[27] Appare evidente il riferimento all’equilibrio di bilancio ex art. 81 Cost.
[28] A. CUTOLO, Concessioni demaniali: indennizzo o punteggio maggiorato al concessionario uscente? Le scelte del legislatore ad un anno dalle sentenze gemelle dell’adunanza plenaria, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, fasc. 6/2022, pp. 527 ss.
[29] Vi sono altri due orientamenti. Un primo ritiene che il pagamento dell’indennizzo dovrebbe essere a carico del concessionario subentrante e un secondo, invece, l’indennizzo dovrebbe tradursi in un diritto di superfice che inciderebbe temporaneamente sul regime demaniale. V. Vallario, Il demanio marittimo, Hoepli, 1970.
[30] Si scrive in data 16 novembre 2023.
[31] C. DELLA GIUSTINA, La proroga delle concessioni demaniali marittime: il bene spiaggia da una prospettiva europea e di common law britannico, cit.