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Pubbl. Lun, 4 Dic 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Le procedure di acquisto per incrementare le collezioni museali pubbliche: un confronto tra l´ordinamento italiano e le principali legislazioni europee

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Lia Montereale
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Roma La Sapienza



L´incremento delle collezioni pubbliche, soprattutto museali, costituisce una funzione essenziale per la tutela del patrimonio culturale e per la diffusione della conoscenza e lo sviluppo della cultura. Nonostante le legislazioni europee testimonino eterogenee sensibilità in materia di tutela del patrimonio culturale, esse appaiono “unite” dalla comune finalità di arricchire le proprie collezioni pubbliche attraverso procedure di acquisizione di beni considerati di interesse culturale. Con il presente articolo si intende pertanto analizzare la normativa vigente in Italia in materia di acquisizione di beni culturali, effettuando, allo stesso tempo, un confronto con le legislazioni concernenti alcuni tra i più rilevanti ordinamenti europei (Francia, Spagna, Germania e Inghilterra).


ENG

Acquisition procedures to increase public museum collections: a comparison between the italian system and the main european legislation

The activity of increasing public collections, especially museum collections, is an essential function for the protection of cultural heritage and for the spread of knowledge and the development of culture. Although european legislations have different ways to approach the protection of cultural heritage, they all seem to be ”united” by the common objective of increasing and enhancing their museum collections through the acquisition of goods considered to be of cultural interest. This article, therefore, intends to analyze the legal and administrative procedures in force in Italy, aimed at the acquisition of cultural goods, making, at the same time, a comparison with the legislations concerning some of the most important european systems (France, Spain, Germany and England).

Sommario: 1. Premessa; 2. La legislazione italiana in materia di acquisizioni, a titolo oneroso, di beni culturali mobili; 2.1 L’acquisto in via di prelazione; 2.2 I diritti d’asta; 2.3 L’acquisto coattivo in esportazione; 2.4 L’acquisto a trattativa privata; 3. La legislazione francese; 4. La legislazione spagnola; 5. La legislazione tedesca;  6. La legislazione inglese; 7. Conclusioni.

1. Premessa

Le acquisizioni pubbliche costituiscono un importante strumento di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale. L'articolo 3 "Tutela del patrimonio culturale", del decreto legislativo n. 42 del 2004, recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, d’ora in avanti “codice”, stabilisce che "la tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione". L'articolo 6 "Valorizzazione del patrimonio culturale", dello stesso codice, stabilisce che “la valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale […] al fine di promuovere lo sviluppo della cultura […]".

Le sopra-richiamate disposizioni normative danno attuazione, a loro volta, all’articolo 9 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. […]”.

Il patrimonio culturale custodisce la memoria della comunità nazionale e delle sue radici ideali e materiali e "conservare e valorizzare quel patrimonio, dunque, significa mantenere vivo ed accrescere e diffondere il senso di identità della collettività nazionale"[1]. Diventa quindi di primaria importanza e di interesse generale che lo Stato intervenga con azioni e strumenti giuridici volti, da un lato, a garantire la conservazione e la tutela del patrimonio culturale e, dall'altro, ad assicurare l'incremento del patrimonio storico ed artistico della Nazione, al fine di garantirne la conoscenza e la fruizione collettiva, per il beneficio di visitatori e studiosi.

Sono previste modalità specifiche di acquisizione in base al tipo di collezione. Nei musei archeologici l'incremento dipende in gran parte dall'attività di scavo, in quelli etnografici e di scienze naturali dalle ricerche sul campo. L'acquisizione delle opere può essere inoltre a titolo oneroso o gratuito. Con riferimento alle opere d'arte, queste vengono in gran parte acquisite a tiolo oneroso (anche se non mancano casi di donazioni che costituiscono uno strumento essenziale di crescita delle collezioni pubbliche).   

Tra i provvedimenti di acquisto a titolo oneroso, quelli di gran lunga più utilizzati in Italia sono l'acquisto in via di prelazione, di cui agli articoli 60 e ss. del codice dei beni culturali, e l'acquisto coattivo all'esportazione, di cui all'articolo 70, del predetto codice. Entrambi fanno parte del titolo primo del codice dei beni culturali dedicato alla tutela. È quindi evidente come la tutela e la valorizzazione costituiscano due facce della stessa medaglia, essendo i predetti acquisti provvedimenti di tutela che vanno ad incrementare le collezioni pubbliche, contribuendo alla loro valorizzazione e conoscenza presso il pubblico dei visitatori.

Il presente articolo intende pertanto analizzare le procedure giuridico - amministrative vigenti in Italia, finalizzate all’acquisizione di beni culturali mobili. Nello specifico, verranno analizzate le procedure a titolo oneroso (acquisto in via di prelazione e acquisto coattivo all'esportazione. Un breve cenno verrà fatto anche all'istituto della trattativa privata), effettuando, allo stesso tempo, un confronto con le legislazioni concernenti alcuni tra i più rilevanti ordinamenti europei (Francia, Spagna, Germania e Inghilterra). 

2. La legislazione italiana in materia di acquisizioni, a titolo oneroso, di beni culturali mobili

Al fine di incrementare le collezioni pubbliche (in particolare le collezioni museali statali) mediante le procedure di acquisto a titolo oneroso, la normativa italiana prevede a. l’acquisto in via di prelazione (articoli 60, 61 e 62 del decreto legislativo n. 42 del 2004 recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”) per i beni, appartenenti a soggetti privati, che sono stati dichiarati di interesse culturale in base agli articoli 13 e ss. del predetto codice; b. l’acquisto coattivo in esportazione (articolo 70 del codice); c. l'acquisto a trattativa privata (articolo 21 del regio decreto n. 363 del 1913).

2.1 L’acquisto in via di prelazione

Gli articoli 60, 61 e 62 del codice dei beni culturali disciplinano la c.d. “prelazione culturale”. Il codice attribuisce al Ministero (ma anche alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali interessati) la facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società allo stesso prezzo pattuito nell’atto dispositivo[2].

La giurisprudenza e la dottrina escludono la riconducibilità della prelazione culturale ad una prelazione di diritto comune. La prelazione artistica, diversamente da quella comune, costituisce un vero e proprio procedimento amministrativo che prevede l’intervento acquisitivo pubblico e la presenza di aspetti autoritativi finalizzati all’acquisizione di beni vincolati, al fine di realizzare l’interesse generale. Il procedimento si concretizza nell’esercizio di un potere ablatorio di natura reale che realizza un trasferimento coattivo di beni culturali vincolati, indipendentemente dalla volontà delle parti, le quali non possono fare altro che subire l’esercizio di tale potere, non potendo l’alienante nemmeno recedere[3].

L’acquisto in via di prelazione non si attua attraverso un rapporto negoziale, bensì per l’effetto di una manifestazione di potestà d’imperio di natura ablatoria da parte dell’amministrazione culturale il cui presupposto è dato dall’esistenza di un fatto giuridico atto a trasferire la proprietà del bene culturale dall’originario titolare a un soggetto terzo. L’esistenza di una originaria volontà di trasferire il bene (tra due soggetti privati) mediante un atto dispositivo a titolo oneroso ne attenua in qualche modo il carattere ablatorio rispetto alle procedure ablatorie in senso stretto (ad esempio una espropriazione). L’esercizio dell’acquisto in via di prelazione presuppone, infatti, un atto volontario di disposizione del diritto da parte del proprietario e pertanto il carattere ablatorio dell’intervento pubblico si riduce nell’imposizione all’alienante di una controparte diversa da quella originaria[4].

L’articolo 59 del codice disciplina la c.d. “denuncia” al Ministero della cultura, di seguito Ministero, e nello specifico alla Soprintendenza competente territorialmente, degli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà, o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali[5]. Tramite la denuncia degli atti di trasferimento del bene culturale, l’amministrazione può monitorare e controllare la circolazione dei beni culturali vincolati appartenenti ai privati. Il negozio traslativo avente ad oggetto un bene culturale vincolato e concluso a titolo oneroso tra due soggetti privati, una volta debitamente denunciato ai sensi dell’articolo 59 del codice, legittima l’amministrazione all’esercizio della prelazione nei tempi e con le modalità indicati dal codice.

Secondo la giurisprudenza prevalente, l’atto dispositivo a titolo oneroso deve prevedere prestazioni corrispettive con reciproco sacrificio patrimoniale delle parti. Oltre che in occasione della compravendita, la prelazione può essere esercitata anche in occasione di una permuta o di una transazione[6]. Non è invece sufficiente il solo contratto preliminare, poiché non determina l’effetto traslativo del diritto di proprietà. Come sopra detto, i presupposti per poter procedere con l’acquisto in via di prelazione sono: 1. l’esistenza di un atto traslativo oneroso a prestazioni corrispettive (secondo l’opinione prevalente) concluso tra due soggetti privati (sono esclusi dalla prelazione gli atti di trasferimento a titolo gratuito, come la donazione, che restano comunque soggetti all’obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 59 del codice); 2. il bene in questione è stato precedentemente sottoposto ad un provvedimento di dichiarazione di interesse culturale, ai sensi dell'articolo 13 del codice (il c.d. vincolo culturale)[7], e validamente notificato, ai sensi dell’articolo 15 del predetto codice[8].

Il successivo articolo 61 prevede che l’acquisto in via di prelazione venga esercitato nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia prevista dal sopracitato articolo 59, del codice. Nel caso in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell’articolo 59, comma 4, del codice. Entro i termini (perentori) sopra indicati (60 giorni oppure 180 giorni in caso di denuncia tardiva o incompleta), il provvedimento di prelazione è notificato all’alienante e all’acquirente. Secondo l’insegnamento consolidato della giurisprudenza, la notificazione del decreto di prelazione costituisce condizione estrinseca di efficacia del provvedimento ablatorio che, pur perfetto dal momento della sua adozione, è inidoneo a produrre i suoi effetti fintanto che non sia portato a conoscenza dei suoi destinatari per mezzo della notifica (atto recettizio), generalmente tramite la raccomandata postale con avviso di ricevimento o tramite la posta elettronica certificata, entro il termine perentorio previsto dalla legge.

La proprietà passa allo Stato dalla data dell’ultima notifica. In pendenza del termine prescritto, l’atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all’esercizio della prelazione e all’alienante è vietato effettuare la consegna della cosa. Le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato. La prelazione deve inoltre fondarsi su un progetto di valorizzazione culturale e indicare le specifiche finalità di valorizzazione del bene, come esplicitato, con riferimento specifico alla prelazione degli enti locali, dall’articolo 62, comma 2, del codice, che si ritiene esprima un principio di portata generale.

2.2 I diritti d’asta

La vendita sul territorio nazionale di beni dichiarati di interesse culturale può avvenire tramite l’intermediazione di una casa d’aste. In questo caso, la denuncia di avvenuta vendita di cui all’articolo 59, del codice, viene effettuata dalla medesima casa d’aste che ha battuto le opere interessate. Ciò, talvolta, determina contenziosi giurisdizionali con l’amministrazione culturale che ha esercitato l’acquisto in via di prelazione per quanto concerne il pagamento dei diritti d’asta. In base ad un parere reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato (parere n. 2842/2002), come richiamato e ribadito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio n. 1960 del 2007; TAR Lombardia nn. 6 e 7 del 2010; TAR Liguria n. 532 del 2021; TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, n. 2365 del 2023), è esclusa ogni pretesa avente ad oggetto i diritti d’asta nei confronti dell’amministrazione che abbia esercitato il diritto di prelazione, in quanto, allo stato della legislazione, non è possibile estendere la nozione di “prezzo” del bene da corrispondere all’alienante anche agli oneri sopportati per giungere alla sua determinazione[9].

Pertanto, qualora la prelazione si effettui a seguito di vendita all’asta, i cosiddetti diritti d’asta non integrano il prezzo del bene e non vanno pagati dall’amministrazione. L’esercizio del potere discrezionale nella prelazione artistica non comporta né l’inserimento dell’amministrazione nel contratto originario né la sua sostituzione alla parte acquirente, bensì la caducazione del contratto, con la conseguente inefficacia delle pattuizioni in esso contenute. L’estraneità al negozio originario provoca l’inopponibilità allo Stato di ogni pretesa avente ad oggetto i diritti d’asta, così come quella relativa al pagamento dell’IVA sugli stessi diritti, pretese esercitabili solo nei confronti della parte privata e non già di un soggetto pubblico, a favore del quale si realizza il trasferimento della proprietà per effetto di acquisizione coattiva e non di cessione nell’ambito dell’esercizio di impresa.

Il sopra-richiamato parere del 2002, reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato, ha rivisto gli argomenti, di segno contrario, addotti in una precedente sentenza del Consiglio di Stato stesso (19 giugno 2001, n. 3241), riesaminandoli alla luce degli orientamenti della giurisprudenza amministrativa e della disciplina civilistica concernente l’istituto della mediazione e giungendo a conclusioni opposte rispetto a quelle contenute nella sentenza del 2001. Dopo un breve riepilogo delle diverse posizioni, la Commissione ha svolto le seguenti considerazioni:

A norma dell'articolo 1353 del Codice civile la condizione sospensiva riguarda appunto il caso in cui le parti subordinano ad un avvenimento futuro incerto l'efficacia del contratto. La circostanza che la condizione sia prevista per legge (e sia addirittura rinforzata col divieto di consegna del bene) non ne cambia la natura. L’articolo 1757 del Codice civile prevede che se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge per il mediatore nel momento in cui si verifica la condizione. Tale previsione è intesa da un lato a differire nel tempo il diritto del mediatore al compenso (al momento in cui si verifica la condizione e il contratto diviene efficace) e dall'altro ad impedire che il mediatore percepisca un compenso nel caso in cui la condizione non si avveri. Ciò premesso, occorre ora individuare con precisione quale sia la condizione cui è sottoposto il contratto di vendita di beni artistici. Si tratta certamente della condizione negativa che lo Stato non eserciti la prelazione. Tale condizione si verifica solo quando è decorso inutilmente il termine per l'esercizio della prelazione. In tale caso la condizione si avvera, il contratto diventa efficace e il mediatore ha diritto al compenso. Nella diversa ipotesi che lo Stato eserciti il diritto di prelazione la condizione non si avvera e il mediatore non può vantare il diritto al compenso”.

La Commissione speciale del Consiglio di Stato ritiene dunque di non potere “condividere lo sforzo per riportare all'interno del prezzo il compenso previsto per la mediazione. Tale compenso varia, infatti, in relazione all'importanza della casa d'aste, all'attività che è stata svolta, e ad altre eventuali circostanze che formano oggetto di una separata pattuizione tra il venditore e l'acquirente, da un lato, e la casa, d'aste dall'altro; pattuizione alla quale lo Stato resta del tutto estraneo. Ne consegue che mentre il venditore consegue il risultato che si era prefisso rivolgendosi alla casa d'aste (il prezzo del bene che è stato raggiunto per mezzo della intermediazione) ed è, quindi, tenuto al pagamento della provvigione, né l'acquirente, nei cui confronti il contratto non si è perfezionato (la condizione non si è avverata), né lo Stato (che acquista iure proprio) sono tenuti al pagamento della parte residua. Questa conclusione non sembra possa indurre a dubbi di costituzionalità sulle norme che disciplinano la prelazione artistica. In proposito si deve ricordare che i beni rispetto ai quali lo Stato può esercitare il diritto di prelazione sono ben individuati, pertanto, l'alea di una simile vendita è conosciuta dalla casa d'aste fin dal momento in cui accetta di occuparsi del bene. Inoltre, la casa d'aste sa di poter contare sulla provvigione versata dal venditore. […] La legge resta indifferente alle modalità con le quali le parti si determinano, da un lato, a vendere e, dall'altro, ad acquistare e agli oneri che debbono sopportare per arrivare alla conclusione del contratto (perizie, trasporti, esposizioni, mediazioni, etc.). La legge si limita a garantire al venditore, all'esito di tutte le operazioni preliminari e delle trattative, il prezzo stabilito nell'atto di alienazione”. Questo prezzo, così come può desumersi dall’articolo 60, comma 1, del codice, riguarda esclusivamente il bene in sé, ad esclusione di qualsiasi altro onere.

La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha quindi stabilito che: “Se si pervenisse alla conclusione che lo Stato deve sopportare gli oneri per la mediazione della casa d'aste non si vede, poi, perché dovrebbero escludersi gli oneri per la mediazione fatta da un professionista per una trattativa privata; o gli oneri per la stima del bene; o ancora gli oneri per la pubblicizzazione della vendita. Si tratta infatti, di operazioni che sono tutte volte a pervenire ad una congrua determinazione del prezzo, senza le quali lo specifico contratto non sarebbe concluso. Non a caso la sentenza sopra ricordata n. 3241/2001 si riferisce al costo di funzionamento del meccanismo capace di consentire l'incontro della volontà delle parti private. Una nozione così ampia di “prezzo” rischierebbe, peraltro, di rendere eccessivamente oneroso l'acquisto dei beni artistici da parte dello Stato e aprirebbe la strada anche ad abusi intesi a far lievitare artificialmente i prezzi delle opere compravendute in contrasto con lo spirito della legge, che garantisce al venditore - si badi bene - non un prezzo inferiore al valore di mercato, ma quello corrispondente al valore del bene in se stesso, liberamente determinato dalle parti. Dalle considerazioni che precedono la Commissione trae, pertanto, la conclusione che allo stato della legislazione non sembra possibile allargare la nozione di prezzo del bene anche agli oneri sopportati per giungere alla sua determinazione.

Tale orientamento è stato confermato dalle successive pronunce del giudice amministrativo, anche  recenti, trovando applicazione altresì in occasione di aste giudiziarie, come rilevato dalla sentenza del TAR Liguria n. 532 del 2021, non appellata, che ribadisce a sua volta come, conformemente all’articolo 61, comma 5, del codice, “le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato” (cfr. anche TAR Lombardia, Milano, sez. I, 11 gennaio 2010, n. 6) e come “[…] nonostante i contrari rilievi del ricorrente, non vi è ragione per ritenere che tali condivisi principi non possano trovare applicazione nel caso di una vendita giudiziaria, con conseguente legittimità del provvedimento di prelazione che non prevede il pagamento degli oneri di vendita e fiscali.

La recentissima sentenza n. 2365 del 2023 del TAR per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha confermato, a sua volta, come i diritti d’asta non possano considerarsi ai fini della determinazione del prezzo del bene culturale, essendo l’amministrazione vincolata solo alla corresponsione del prezzo in senso stretto del bene e non all’osservanza delle pattuizioni accessorie che esulano dalla specifica determinazione del prezzo. Il prezzo infatti, secondo il TAR Sicilia, non può ricomprendere oneri accessori che si riferiscono a servizi e utilità ulteriori e che non riflettono il valore della cosa.

2.3 L’acquisto coattivo in esportazione

L’articolo 70 del codice disciplina invece l’acquisto coattivo in esportazione[10]. Il predetto articolo prevede che l’ufficio di esportazione, entro il termine stabilito per il rilascio dell’attestato di libera circolazione (40 giorni), e ove non abbia già provveduto sul medesimo, possa proporre al Ministero (id est, alla Direzione generale competente per materia) l’acquisto coattivo del bene, notiziando della proposta l’interessato.

Il termine per il rilascio dell’attestato è prorogato di 60 giorni. La Direzione generale, ove accolga la proposta, è tenuta a notificare il provvedimento di acquisto - da farsi al medesimo prezzo indicato nella denuncia - entro 90 giorni dalla denuncia stessa. Fino alla notifica del provvedimento di acquisto, l’interessato può ritirare il bene, rinunciando all’esportazione e impedendo così l’acquisto coattivo da parte del Ministero.

Poiché il procedimento di acquisto s’inserisce nel procedimento di rilascio dell’attestato di libera circolazione, l’eventuale decorso del termine perentorio senza che il provvedimento di acquisto sia stato notificato, salvo il caso in cui l’interessato abbia rinunciato all’esportazione, fa rivivere il procedimento originario incardinato presso l’ufficio esportazione e finalizzato al rilascio dell’attestato di libera circolazione o all’imposizione del diniego e contestuale avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale[11]. Nel caso invece in cui l’interessato rinunci all’esportazione, ciò, oltre ad impedire l’acquisto coattivo del bene, comporta la sopravvenuta improcedibilità del procedimento originario (cfr. la circolare n. 5 del 2023 della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio del Ministero della cultura).

2.4 L’acquisto a trattativa privata

Con riferimento agli acquisti di beni culturali secondo la formula della trattativa privata, il decreto del presidente del consiglio dei ministri del 2 dicembre 2019 n. 169 “Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance”, ad oggi vigente, prevede la possibilità per il Ministero della cultura di acquistare beni culturali a trattativa privata. Con specifico riguardo ai musei, l’articolo 18 del predetto decreto stabilisce che la Direzione generale musei “adotta i provvedimenti in materia di acquisti di cose o beni culturali, secondo le modalità di cui all'articolo 21 del Regio decreto 30 gennaio 1913, n. 363, sentiti i direttori generali competenti per materia e previo parere del competente Comitato tecnico-scientificoL'acquisto a trattativa privata delle opere è la modalità attraverso la quale il museo acquisisce le opere a pagamento sul mercato o dai collezionisti  o dagli stessi produttori, soprattutto gli artisti. 

3. La legislazione francese

Dopo aver esaminato la normativa vigente in Italia, si è inteso proseguire il lavoro di studio e analisi mediante il confronto tra l’ordinamento italiano e i principali ordinamenti europei. Con riferimento alle acquisizioni, a titolo oneroso, di beni culturali mobili, l’ordinamento francese prevede sia l’acquisto in via di prelazione sia l’acquisto in occasione di una richiesta di esportazione.

Il Codice del patrimonio francese (“Code du patrimoine”) dedica un apposito titolo, il titolo II, all’acquisto di beni culturali (articoli da L121-1 a L125-1)[12]. All’interno del predetto titolo, il capitolo terzo espone la normativa sulla prelazione di beni culturali (articoli da L123-1 a L123-4). A tal proposito, l’articolo L123-1 del codice francese[13] stabilisce che lo Stato possa esercitare su ogni vendita pubblica o vendita “de gré à gré” di beni culturali, effettuata alle condizioni previste dall’articolo L. 321-9, titolo II recante “Aste pubbliche”, del codice di commercio, un diritto di prelazione per effetto del quale è surrogato all’aggiudicatario o all’acquirente. Sono fornite all’autorità amministrativa, almeno quindici giorni prima, tutte le informazioni utili sui beni posti in vendita e contestualmente sono comunicati giorno, ora e luogo della vendita. La decisione dell’autorità amministrativa avviene entro quindici giorni dalla vendita pubblica o dalla vendita “de gré à gré[14].

Con riferimento invece all’acquisto coattivo in esportazione, si rappresenta quanto segue. Innanzi tutto, appare utile illustrare brevemente la legislazione francese in materia di uscita di beni culturali dai confini nazionali. In base all’articolo L.111-1 del Codice francese, non possono essere esportati definitivamente dal territorio francese i beni che fanno parte dei tesori nazionali (“trésors nationaux”). Di questi beni ne è consentita solo l’uscita temporanea, ad esempio per fini di restauro o per partecipare a mostre all’estero. Negli altri casi, l’esportazione permanente (così come quella temporanea) di beni culturali (gli oggetti che superano le soglie temporali e di valore stabilite dalla legge, diverse per ogni categoria di oggetti, sono considerati beni culturali) è subordinata all’ottenimento di un certificato di esportazione[15]

Al riguardo infatti, il codice francese prevede soglie temporali e di valore, stabilite nell’allegato 1, dell’art. R. 111-1, del predetto codice[16], diverse per ogni categoria di beni. I beni che superano dette soglie (temporali e di valore) sono considerati beni culturali, ragion per cui, per uscire definitivamente dal territorio francese sarà necessario chiedere e ottenere un certificato di esportazione (articolo L111-2, del codice francese).  A titolo esemplificativo, dovrà essere richiesto e ottenuto il permesso di esportazione per i dipinti e i quadri che hanno più di cinquanta anni e un valore economico superiore a trecentomila euro, oppure per le sculture che hanno più di cinquanta anni e un valore superiore a centomila euro, per gli acquerelli, i guazzi e i pastelli con più di cinquanta anni di età e valore superiore a cinquantamila euro, etc..

Va rilevato, inoltre, come, a differenza del certificato di esportazione italiano (attestato di libera circolazione) che ha una validità di cinque anni e senza possibilità di proroga (esauriti i cinque anni, se il bene è in Italia, bisognerà richiedere un nuovo permesso di esportazione), il certificato di esportazione francese prevede una durata che cambia a seconda che si tratti di beni sopra o sotto i cento anni. Per i beni creati da almeno cento anni il certificato ha una validità permanente, laddove per le cose di età inferiore ai cento anni il certificato ha una durata ventennale, con possibilità di rinnovo[17].

La ragione di tale differenza è dovuta “alla necessità di mantenere un controllo amministrativo più intenso nel caso di opere non ancora ‘storicizzate’ da un punto di vista artistico”[18]. Una volta che il certificato di esportazione è stato emesso e durante il suo periodo di validità, è possibile effettuare un numero illimitato di esportazioni temporanee o una uscita definitiva, a prescindere dal soggetto che risulta essere titolare del diritto di proprietà sull’opera. Questa è la ragione per cui il certificato francese gode dell’appellativo di “passport des oeuvres d’art’”[19]. La sua funzione principale è infatti quella di riconoscere (in negativo) che il bene non riveste il carattere di tesoro nazionale e quindi può lasciare il territorio nazionale[20].  

Diversamente dall’attestato di libera circolazione italiano, risulta quindi evidente come il passaporto sia associato al bene per il quale è stato rilasciato e non contiene alcun riferimento al soggetto proprietario del bene o ad un suo eventuale intermediario. Se il bene è destinato ad un paese terzo, il certificato di esportazione sarà accompagnato anche dalla licenza di esportazione europea di cui all’articolo 2, Regolamento (Ce) 116/2009.

Per quanto riguarda l’acquisto coattivo all’esportazione, va evidenziato come, in caso di rigetto al rilascio del sopracitato certificato di esportazione, ogni nuova domanda per lo stesso bene sarà inammissibile per un periodo di trenta mesi a decorrere dalla data del rigetto (art. L.111-6 del Code du Patrimoine: En cas de refus du certificat, toute demande nouvelle pour le même bien est irrecevable pendant une durée de trente mois à compter de la date du refus”). La ragione è da ricercarsi nel fatto che, durante questi 30 mesi, l’autorità amministrativa può presentare un’offerta di acquisto, nell’interesse delle collezioni pubbliche, che tenga conto dei prezzi praticati sul mercato internazionale (articolo L.121-1: "Dans le délai de trente mois prévu à l'article L. 111-6, l'autorité administrative peut, dans l'intérêt des collections publiques, présenter une offre d'achat. Cette offre tient compte des prix pratiqués sur le marché international").

Se, entro due mesi dalla proposta d’acquisto, il proprietario la rifiuta o non indica di accettarla, il rigetto al rilascio del certificato si rinnova e nessun compenso è dovuto al riguardo (“Si, dans un délai de deux mois à compter de l'offre d'achat, le propriétaire la refuse ou n'a pas fait savoir qu'il l'acceptait, le refus de délivrance du certificat est renouvelé. Aucune indemnité n'est due à ce titre”).  In caso contrario, se nell’arco di trenta mesi lo Stato non presenta alcuna offerta di acquisto - ad esempio per mancanza di fondi - il certificato di esportazione non potrà essere rifiutato[21].

4. La legislazione spagnola 

Anche l’ordinamento spagnolo prevede la possibilità che lo Stato eserciti il diritto di prelazione artistica in occasione della cessione di beni culturali (“Derecho de tanteo” o “Adquisición preferente de bienes culturales”), in base alla normativa contenuta nell’articolo 38 della legge 16/1985, del 25 giugno, sul patrimonio storico spagnolo (Ley 16/1985, de 25 de junio, del Patrimonio Histórico Español, artículo treinta y ocho)[22]. La prelazione è un diritto di acquisto che consente allo Stato di intervenire in maniera prioritaria nella cessione di beni culturali tra privati (“Bienes culturales entre particulares”) o in occasione di aste pubbliche (“Bienes pertenecientes al patrimonio histórico artístico español en subasta pública”).

A tal riguardo, l’articolo 38, comma 1, della legge sul patrimonio culturale spagnolo[23] stabilisce che chiunque tenti di vendere un bene dichiarato di interesse culturale o ricompreso nell’inventario generale di cui all’articolo 26 della predetta legge deve darne comunicazione agli enti indicati nell’articolo 6 (vale a dire “Los que en cada Comunidad Autónoma tengan a su cargo la protección del patrimonio histórico” -  cioè coloro che in ciascuna comunità autonoma hanno la responsabilità della tutela del patrimonio storico, nonché “Los de la Administración del Estado” vale dire le autorità statali) e indicare il prezzo e le condizioni alle quali si propone la vendita. Devono inoltre essere comunicate con sufficiente anticipo le aste pubbliche in cui si intende alienare qualsiasi bene che faccia parte del patrimonio storico spagnolo (“Los subastadores deberán notificar igualmente y con suficiente antelación las subastas públicas en que se pretenda enajenar cualquier bien integrante del Patrimonio Histórico Español”).

In base all'articolo 38, comma 2, della legge 16/1985, entro i due mesi successivi alle comunicazioni di cui sopra (comma 1 della sopra richiamata legge), l’amministrazione statale può avvalersi del diritto di prelazione per sé, per un ente di beneficenza o per qualsiasi ente di diritto pubblico, obbligandosi al pagamento del prezzo convenuto (“Dentro de los dos meses siguientes a la notificación referida en el apartado anterior, la Administración del Estado podrá hacer uso del derecho de tanteo para sí, para una entidad benéfica o para cualquier entidad de derecho público, obligándose al pago del precio convenido, o, en su caso, el de remate en un período no superior a dos ejercicios económicos, salvo acuerdo con el interesado en otra forma de pago”).

Nel caso delle aste pubbliche, l’amministrazione generale dello Stato esercita il diritto di prelazione in asta attraverso un rappresentante del Ministero della cultura, il quale, al momento della determinazione del prezzo d’asta del bene messo in vendita, manifesta l’intenzione di avvalersi di tale diritto, lasciando sospesa l’aggiudicazione del bene (“La Administración General del Estado podrá ejercer el derecho de tanteo mediante la comparecencia de un representante del Ministerio de Cultura en la subasta, el cual, en el momento en que se determine el precio de remate del bien subastado, manifestará el propósito de hacer uso de tal derecho, quedando en suspenso la adjudicación del bien”).

Tutte le amministrazioni possono godere di questo diritto. Tuttavia, lo Stato ha la “priorità” sugli altri ogni volta che cerca di acquisire beni mobili per un museo, un archivio o una biblioteca di proprietà statale (“El ejercicio de tales derechos por parte de la Administración del Estado tendrá carácter preferente siempre que se trate de adquirir bienes muebles para un Museo, Archivo o Biblioteca de titularidad estatal”).

Con riferimento all’acquisto coattivo in esportazione, si rappresenta quanto segue. Innanzi tutto, appare utile illustrare brevemente la legislazione spagnola in materia di uscita di beni culturali dai confini nazionali. In base alla normativa spagnola (Ley 16/1985), vi sono tre tipi di richiesta di esportazione[24]: 1. definitiva; 2. temporanea con possibilità di vendita/ “Temporal con posibilidad de venta” (il primo e il secondo tipo fanno riferimento alle richieste dei privati per la movimentazione di beni di interesse culturale/ Las dos primeras tienen carácter privado y son las que solicitan los particulares para el tráfico de bienes culturale)[25]; 3. temporanea: quest’ultima riguarda solo i beni del patrimonio culturale spagnolo che possono temporaneamente essere trasferiti all’estero, per scopi scientifici, di restauro o per la partecipazione a mostre.

Con riferimento ai beni di proprietà privata, la presentazione di una domanda di esportazione definitiva o di esportazione temporanea con possibilità di vendita è considerata una offerta irrevocabile di vendita a favore dello Stato, il cui prezzo è il valore indicato nella domanda di esportazione (articolo 33, della legge 16/1985[26] e articolo 50, del Real Decreto 111/1986[27]). Quando il permesso di esportazione non viene concesso, l’amministrazione ha un termine di sei mesi per accettare o rifiutare espressamente l’offerta e, in caso di accettazione, avrà un anno per il pagamento. Il rigetto della domanda di esportazione non implica l’accettazione dell’offerta, che deve essere sempre espressa (“La negativa a la solicitud de exportación no supone la aceptación de la oferta, que siempre habrá de ser expresa”). Il mancato rispetto delle scadenze da parte dell’amministrazione dello Stato, come normativamente indicate, impedirà l’esercizio del diritto di acquisto e il proprietario potrà nuovamente disporre del bene[28].

Anche l’ordinamento spagnolo prevede, similmente all’ordinamento italiano, la possibilità di acquistare beni mediante l’esercizio della trattativa privata (“Ofertas directas de venta”). Talvolta, infatti, privati ​​o enti non pubblici offrono direttamente allo Stato i propri beni. Il privato può presentare l’offerta di vendita direttamente alla Direzione generale dei beni culturali e delle belle arti del Ministero della cultura spagnolo o attraverso un ente pubblico interessato ad incrementare le proprie collezioni[29].

Lo Stato inoltre può acquistare beni culturali in occasione di aste pubbliche all’estero (“subastas en el extranjero”)[30]. In questo caso non ha alcun diritto di prelazione e agisce come privato, pertanto il rappresentante dello Stato presenterà le proprie offerte fino ad aggiudicarsi, eventualmente, il bene (“El Estado puede comprar bienes culturales en subastas públicas en el extranjero. En este caso, no posee ningún derecho de adquisición preferente y actúa como un particular, por ello, el representante del Estado tiene que pujar hasta adquirir el bien”). La destinazione del bene e il suo costo complessivo sono indicati con delibera della Direzione generale dei beni culturali e delle belle arti del Ministero della cultura spagnolo.

5. La legislazione tedesca 

Proseguendo con l’analisi e il confronto tra gli ordinamenti europei in materia di procedure di acquisizione, a titolo oneroso, di beni culturali mobili, la legge tedesca sulla protezione dei beni culturali (art. 23, comma 6, del Kulturgutschutzgesetz, KGSG) prevede che, laddove in occasione di una richiesta di rilascio di un permesso di esportazione, lo Stato rigetti la predetta richiesta, le autorità competenti dovranno valutare se effettuare l’acquisto del bene culturale (oggetto della richiesta di esportazione), al fine di renderlo fruibile al pubblico. La procedura non crea tuttavia un obbligo legale di acquisto dell’oggetto e non influisce sulla decisione di respingere la richiesta di esportazione.

Se il proprietario del bene culturale, la cui domanda di esportazione è stata respinta, dimostra di trovarsi in difficoltà economiche, le autorità federali (Länder) interessate sono tuttavia obbligate ad agevolare le condizioni  per l'acquisto da parte di una istituzione tedesca responsabile della conservazione ed esposizione di beni culturali.

Dopo aver ricevuto una offerta di acquisto da parte di un'istituzione responsabile per la conservazione del patrimonio culturale, al proprietario è concesso un termine di sei mesi per decidere se accettare l’offerta. Se il proprietario rifiuta l’offerta, un’altra domanda di esportazione potrà essere presentata solo dopo un periodo di cinque anni. La ragione risiede nella circostanza che una nuova domanda di esportazione potrebbe dare un risultato diverso solo dopo il decorso di un certo periodo di tempo[31].

 

6. La legislazione inglese 

L’ordinamento inglese, con riferimento all’esportazione di beni culturali, prevede la seguente struttura organizzativa: un “Department for digital, culture, media and sport” (che fornisce l’indirizzo politico) e due “non departmental public bodies” (da esso dipendenti) che analizzano le richieste di esportazione ricevute[32]. Si tratta dell’“Arts Council of England”, che rilascia le licenze di esportazione e svolge funzioni operative, e della “Reviewing Committee on the export of works of Art”, che svolge funzioni consultive in merito all’esportazione di beni culturali.

In base allo “Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence (emanato dal “Department for digital, culture, media and sport”, 2020) e alle “Procedures and guidance for exporters of works of art and other cultural goods (emanate dall’Arts Council of England, 2021), l’ordinamento inglese prevede i seguenti tipi di licenze di esportazione, delle quali due sono aperte e una è individuale:

-  una licenza generale aperta di esportazione per oggetti di interesse culturale (Open general export  licence - Ogel)[33], che consente l’esportazione permanente del bene, a condizione che il valore economico dell’oggetto sia inferiore ad una certa soglia (la quale cambia a seconda della tipologia di bene). Le predette soglie sono individuate dal Segretario di Stato del Department for Media, Culture and Sport (a titolo esemplificativo, per i dipinti ad olio o a tempera di oltre cinquant’anni - eccetto i ritratti di personaggi storici britannici -  la soglia di valore deve essere inferiore a £180.000, per qualsiasi positivo o negativo fotografico di oltre cinquant’anni è richiesta una soglia di valore inferiore a £ 10.000, etc.);

-  una licenza aperta di esportazione individuale (Open individual export licence Oiel), dedicata agli esportatori abituali (“Exporters who regularly export items (e.g. for fairs) may obtain an OIEL for certain documents, manuscripts or archives and such licenses may be issued for certain other classes of cultural goods”). Sono anche previste le seguenti tipologie di licenza Oiel: 1.una tipologia per “Museums and Galleries”, la quale permette l’esportazione temporanea di qualsiasi oggetto di proprietà di un museo per un periodo di tre anni (prorogabili di altri tre) senza dover richiedere una licenza di esportazione individuale; 2. una tipologia per “Objects of Cultural Interest”, la quale permette l’esportazione permanente di qualsiasi bene importato nel Regno Unito entro 50 anni dalla data di esportazione[34].

- Una licenza individuale di esportazione (Individual Export Licence), richiesta se il bene ha  una soglia pari o superiore alle soglie di età e di valore previste per l’ottenimento della licenza Ogel e il bene non può essere esportato utilizzando una licenza individuale aperta Oiel (“If you are intending to export a cultural object that is valued at or above the age and value thresholds in the OGEL and cannot be exported under the OGEL and it cannot be exported under an OIEL, you must apply for an individual licence”)[35]. Pertanto, se gli oggetti hanno un valore economico pari o superiore alle soglie finanziarie stabilite per la licenza Ogel e sono presenti nel Regno Unito da più di 50 anni, vengono indirizzati ad un "expert adviser" per valutare se costituiscono tesoro nazionale (Normally only those objects that are valued at or above the financial thresholds in the OGEL, and which have been in the UK for more than 50 years, are referred to an Expert Adviser for consideration as to whether they are a national treasure”)[36].

È infatti vietata l’esportazione definitiva dei beni che superino le specifiche soglie di età e valore previste dalla legge, qualora sussista almeno uno dei Waverley Criteria, introdotti nel 1952 per valutare l’interesse culturale di un bene. Secondo lo “Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence”, la valutazione è effettuata dalla sopracitata “Reviewing Committee”, composta da otto membri esperti in vari campi. Tali criteri sono a. di tipo estetico (dovrà essere valutata l’eventuale eccezionale importanza estetica del bene), b. di tipo storico (dovrà essere valutato lo stretto legame del bene con la storia e la vita inglese), c. dovrà essere tenuto in considerazione l’eccezionale significato per lo studio di una particolare branca dell’arte, della conoscenza o della storia. Il bene sottoposto ad indagine deve rientrare in una delle tre categorie di criteri.

La Reviewing Committee dovrebbe quindi porsi le seguenti domande di analisi storico-artistica e cioè se il bene in questione sia strettamente collegato con la storia inglese e la vita della Nazione (Waverley One:  Is it closely connected with our history and national life?”); se sia di notevole rilevanza dal punto di vista estetico (“Waverley Two: Is it of outstanding aesthetic importance?”); se sia di eccezionale importanza per lo studio di qualche particolare ramo dell’arte, del sapere o della storia (“Waverley Three - Is it of outstanding significance for the study of some particular branch of art, learning or history?). Se il bene non è considerato un tesoro nazionale, la Reviewing Committee propone il rilascio della licenza di esportazione[37]

Con riferimento alla possibilità di acquistare il bene presentato per l’esportazione all’estero, lo “Statutory guidance” prevede che, qualora sussista uno dei Waverley Criteria sopracitati, la “Reviewing Committee” possa rimandare la decisione relativa al rilascio della licenza di esportazione al fine di consentire, a chi lo desideri, l’acquisto del bene per riuscire a trattenerlo all’interno del Regno Unito. Il prezzo offerto dovrà essere pari o superiore al prezzo equo di mercato (“The Reviewing Committee will recommend the fair market price at which an offer to purchase should be made). Si apre così il periodo denominato “deferral period[38]. Se invece non dovesse manifestarsi un serio interesse ad acquistare, la “Reviewing Committee” proporrà che la licenza di esportazione venga rilasciata (“If there is no serious expression of interest to purchase during the first deferral period, a licence will normally be granted ”).

7. Conclusioni

Alla luce dell’analisi condotta con il presente lavoro, emerge come, nonostante le legislazioni europee esaminate testimonino eterogenee sensibilità in materia di tutela del patrimonio culturale ("patrimonio culturale", “trésors nationaux”, “patrimonio artístico, histórico o arqueológico nacional”, “des nationalen Kulturguts von künstlerischem, geschichtlichem oder archäologischem, national treasures”), esse, al fine di assicurarne la conservazione e la tutela e di garantire l'incremento del patrimonio storico ed artistico della Nazione, prevedano strumenti giuridici di acquisizione di beni considerati di interesse culturale, per la diffusione della conoscenza e la fruizione collettiva, per il beneficio di visitatori e studiosi.

Le acquisizioni e l’incremento delle collezioni pubbliche sono attività fondamentali per preservare le testimonianze culturali e storiche delle civiltà e promuoverne la conoscenza verso i diversi pubblici nazionali e internazionali. Allo stesso tempo, prima di procedere all’acquisizione di un bene messo in vendita, si rivela altrettanto fondamentale l’uso della diligenza e il dovere di accertarsi che esso non sia stato illecitamente esportato dal paese di origine e/o provenienza. L'incremento delle collezioni dei musei è un elemento che si può definire fisiologico e costituisce un'operazione delicata che implica consapevolezza culturale e responsabilità. Il codice etico dell'ICOM[39] richiede, al riguardo, che il museo adotti e renda pubblica la propria politica di acquisizione e che vi si attenga[40]. Si tratta di una forma molto importante di trasparenza, a garanzia delle implicazioni etiche di acquisizione.

Diventa quindi fondamentale il rispetto delle convenzioni internazionali in materia di lotta al traffico illecito dei beni culturali (cfr. Unesco 1970, concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, e Unidroit 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati)[41], nonché della legislazione europea (cfr. la direttiva 2014/60/UE, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, e il regolamento (UE) 2019/880 relativo all’introduzione e all’importazione di beni culturali [42]).

In occasione dell’acquisizione di beni culturali per le proprie collezioni, il museo è tenuto ad “indagare” sulla legittimità della provenienza e a verificare, con la dovuta diligenza la legalità dell’acquisto, accertandosi, ad esempio, che esista un valido titolo di proprietà, che i beni non provengano da scavi archeologi clandestini e che non siano stati importati e/o esportati illecitamente. Al riguardo, è importante evidenziare come, con specifico riferimento all’Italia, il legislatore nazionale, in attuazione della Convezione di Nicosia del 2017 (“Convention on Offences relating to Cultural Property”), abbia dimostrato di aver dedicato una sempre maggiore attenzione alla tutela del patrimonio culturale. Nella gazzetta ufficiale n. 68 del 22 marzo 2022, è stata infatti pubblicata la legge 9 marzo 2022 n. 22, recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”, che ha dato autonoma rilevanza penale ai reati contro il patrimonio culturale, introducendo nel codice penale il titolo VIII-bisDelitti contro il patrimonio culturale”, parte dei quali di nuova introduzione (ad esempio il reato di importazione illecita)  ed altri corrispondenti alle figure delittuose prima collocate nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, che pertanto sono state abrogate[43].

Infine, si rileva l'importanza che ciascun museo si astenga dall'acquisire ciò che non è in grado di conservare adeguatamente o esporre almeno temporaneamente al pubblico. Ogni aggiunta alla collezione implica, infatti, anche oneri futuri in termini di risorse umane ed economiche da impiegare. Allo stesso tempo, il  museo dovrebbe evitare di acquisire oggetti che nelle proprie collezioni rischierebbero di passare inosservati e agevolarne invece l'acquisizione da parte di un museo meno conosciuto che potrebbe valorizzarlo meglio, aumentando nel contempo la propria attrattiva per il pubblico[44].


Note e riferimenti bibliografici

[1]  Il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, a cura di Tamiozzo, Milano, 2005, 5.

[2] L’articolo 60 del codice stabilisce che “il Ministero o, nel caso previsto dall'articolo 62, comma 3, la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento.

[3] Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di Sandulli, Milano, 2019, 604-605.

[4] Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di Sandulli, Milano, 2019, 606.

[5] Articolo 59 del codice dei beni culturali: “Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero. La denuncia è effettuata entro trenta giorni: a) dall’alienante o dal cedente la detenzione, in caso di alienazione a titolo oneroso o gratuito o di trasferimento della detenzione; b) dall’acquirente, in caso di trasferimento avvenuto nell’ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso; c) dall’erede o dal legatario, in caso di successione a causa di morte. Per l’erede, il termine decorre dall’accettazione dell’eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; per il legatario, il termine decorre dalla comunicazione notarile prevista dall'articolo 623 del codice civile, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile. La denuncia è presentata al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni. La denuncia contiene: a) i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali; b) i dati identificativi dei beni; c) l’indicazione del luogo ove si trovano i beni; d) l’indicazione della natura e delle condizioni dell’atto di trasferimento; e) l’indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal presente Titolo. Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise.

[6] Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di Sandulli, Milano, 2019, 608.

[7] Articolo 13, del codice dei beni culturali “Dichiarazione dell’interesse culturale”: “la dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’articolo 10, comma 3”.

[8] Articolo 15, del codice dei beni culturali “Notifica della dichiarazione”: “la dichiarazione prevista dall’articolo 13 è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento. Ove si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo”.

[9]La questione, in realtà, era già stata oggetto di un parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, reso con nota n. 6194 del 3 ottobre 1997, che, in ordine al quesito circa la legittimità della corresponsione dei diritti d'asta, pretesa dal soggetto che aveva svolto attività di intermediazione nell'alienazione di un bene vincolato ai sensi della L. 1 giugno 1939, n.1089,aveva tracciato linee utili per la configurazione giuridica dell'istituto, così come disciplinato dagli artt. 30-34 della Legge 1089/1939. Detto parere evidenziava che l‘esercizio del potere discrezionale previsto dall'art. 31, non comporta l'inserimento dell'Amministrazione nel contratto originario, e la sua sostituzione alla parte acquirente, bensì la caducazione del contratto, con la conseguente inefficacia delle pattuizioni in esso contenute, G. VECCIA, Prelazione artistica: orientamenti giurisprudenziali a confronto, in Notiziario 68-70, Ministero per i beni e le attività culturaliufficio studi, 2002, 143 ss.

[10]1. Entro il termine indicato all’articolo 68, comma 3, l’ufficio di esportazione, qualora non abbia già provveduto al rilascio o al diniego dell'attestato di libera circolazione, può proporre al Ministero l’acquisto coattivo della cosa per la quale è richiesto l’attestato di libera circolazione, dandone contestuale comunicazione alla regione e all’interessato, al quale dichiara altresì che l’oggetto gravato dalla proposta di acquisto resta in custodia presso l’ufficio medesimo fino alla conclusione del relativo procedimento. In tal caso il termine per il rilascio dell’attestato è prorogato di sessanta giorni.  2. Il Ministero ha la facoltà di acquistare la cosa per il valore indicato nella denuncia. Il provvedimento di acquisto è notificato all’interessato entro il termine perentorio di novanta giorni dalla denuncia. Fino a quando non sia intervenuta la notifica del provvedimento di acquisto, l’interessato può rinunciare all’uscita dell’oggetto e provvedere al ritiro del medesimo. 3. Qualora il Ministero non intenda procedere all’acquisto, ne dà comunicazione, entro sessanta giorni dalla denuncia, alla regione nel cui territorio si trova l’ufficio di esportazione proponente. La regione ha facoltà di acquistare la cosa nel rispetto di quanto stabilito all’articolo 62, commi 2 e 3. Il relativo provvedimento è notificato all’interessato entro il termine perentorio di novanta giorni dalla denuncia”.

[11] Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, qualora la proposta di acquisto non vada a buon fine per ragioni legate alla mancanza di disponibilità finanziarie da parte dell’amministrazione, o per la necessità di disporre ulteriori approfondimenti scientifici che comportano, pertanto, il superamento del termine perentorio di 90 giorni, oppure a causa dell’assenza di un progetto di valorizzazione museale, l’ufficio di esportazione può decidere se rilasciare o negare l’attestato di libera circolazione originariamente richiesto.Tale conclusione sembrerebbe confortata dal regio decreto n. 363 del 1913, il quale, all’articolo 142 stabilisce che: “Qualora il Governo non intenda acquistare la cosa, lo significherà all’ufficio di esportazione, il quale procederà all’emissione della licenza, sempreché non intenda imporre sulla cosa il veto all’esportazione”. Si veda, in tal senso, anche il chiarimento fornito dalla circolare n. 1 del 2023 della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio del Ministero della cultura.

[12] www.legifrance.gouv.fr

[13]L'Etat peut exercer, sur toute vente publique ou vente de gré à gré de biens culturels réalisée dans les conditions prévues par l'article L. 321-9 du code de commerce, un droit de préemption par l'effet duquel il se trouve subrogé à l'adjudicataire ou à l'acheteur”.

[14] “La décision de l'autorité administrative intervient dans les quinze jours qui suivent la vente publique ou la notification de la transaction de gré à gré” (articolo L123-1, paragrafo III).

[15]L'exportation temporaire ou définitive hors du territoire douanier des biens culturels, autres que les trésors nationaux, qui présentent un intérêt historique, artistique ou archéologique et entrent dans l'une des catégories définies par décret en Conseil d'Etat est subordonnée à l'obtention d'un certificat délivré par l'autorité administrative” (articolo L111-2).

[16]Catégories de biens culturels mentionnées à l'article R. 111-1”.

[17] Articolo L111-2 del Code du Patrimoine: “L'exportation temporaire ou définitive hors du territoire douanier des biens culturels, autres que les trésors nationaux, qui présentent un intérêt historique, artistique ou archéologique et entrent dans l'une des catégories définies par décret en Conseil d'Etat est subordonnée à l'obtention d'un certificat délivré par l'autorité administrative. Ce certificat atteste à titre permanent que le bien n'a pas le caractère de trésor national. Toutefois, pour les biens dont l'ancienneté n'excède pas cent ans, le certificat est délivré pour une durée de vingt ans renouvelable”.

18] A. PIRRI VALENTINI, Il controllo della circolazione internazionale delle opere d’arte, Milano, 2023, 145-146.

[19] Ibid.

[20] Ibid.

[21]A l'issue de ce délai, en l'absence d'offre d'achat présentée par l'Etat, le certificat mentionné à l'article L. 111-2 ne peut plus être refusé.” (articolo L121-1).

[22] www.boe.es

[23] Articolo 38, paragrafo 1: “Quien tratare de enajenar un bien declarado de interés cultural o incluido en el Inventario General al que se refiere el artículo 26 deberá notificarlo a los Organismos mencionados en el artículo 6 y declarar el precio y condiciones en que se proponga realizar la enajenación.

[24] www.culturaydeporte.gob.es: “exportación/importación; exportación de bienes culturales; tipos de exportación”.

25] Ibid.

[26] Articolo 33 della legge 16/1985: “Salvo lo previsto en el artículo 32, siempre que se formule solicitud de exportación, la declaración de valor hecha por el solicitante será considerada oferta de venta irrevocable en favor de la Administración del Estado que, de no autorizar dicha exportación, dispondrá de un plazo de seis meses para aceptar la oferta y de un año a partir de ella para efectuar el pago que proceda. La negativa a la solicitud de exportación no supone la aceptación de la oferta, que siempre habrá de ser expresa”.

27]Real Decreto 111/1986, de 10 de enero, de desarrollo parcial de la Ley 16/1985, de 25 de junio, del Patrimonio Histórico Español (BOE de 28 de enero de 1986)”. Articolo 50: “1. La declaración del valor del bien objeto de la solicitud de salida definitiva hecha por el solicitante será considerada oferta de venta irrevocable en favor de la Administración General del Estado, siendo su precio el valor señalado. Los mismos efectos tendrá la solicitud de autorización de salida temporal con posibilidad de venta en el extranjero. 2. Cuando no se conceda el permiso para la exportación, la Administración del Estado, a través del Ministerio de Cultura, dispondrá de seis meses, a partir de la resolución, para aceptar la oferta de venta, y de un año, desde la aceptación, para efectuar el pago que proceda”.

[28] Articolo 50, paragrafo 4, del Real Decreto 111/1986: “El incumplimiento por parte de la Administración del Estado de los plazos señalados en este artículo supondrá la caducidad de su derecho de adquisición y se reintegrará a su titular en la libre disposición del bien.

[29] www.culturaydeporte.gob.es: “adquisición de bienes culturales; modos de adquisición de bienes culturales; ofertas directas de venta”.

[30] www.culturaydeporte.gob.es“adquisición de bienes culturales; modos de adquisición de bienes culturales; subastas en el extranjero”.

[31] www.kulturgutschutz-deutschland.de:  “Cultural property of national significance; purchase option”.

[32] A. PIRRI VALENTINI, Il controllo della circolazione internazionale delle opere d’arte, Milano, 2023, 151-152.

[33]Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence”, paragraph 4, page 3: “The OGEL, which can be used by any exporter, may permit the permanent export of objects valued below specified financial thresholds […]”, https://www.artscouncil.org.uk

 “Procedures and guidance for exporters of works of art and other cultural goods, Part I: Export Control, paragraph 5, page 3: “The OGEL may permit the permanent export to any destination […] of certain classes of cultural goods provided the value of the object is less than the figure specified in the OGEL for the relevant class. It removes the need to apply for an individual licence”. https://www.artscouncil.org.uk

[34] "Procedures and guidance for exporters of works of art and other cultural goods", Part I: Export Controlparagraph 7, page 4: “There is also (i) a Museums and Galleries OIEL which permits the temporary export of any object owned by or under the care of the museum holder for a period of up to three years without having to apply for an individual export licence and (ii) an Objects of Cultural Interest OIEL which allows the permanent export of any goods imported into the UK within 50 years of the date of export […]”.

[35]Procedures and guidance for exporters of works of art and other cultural goods, Part I: Export Control", paragraph 8, page 4.

[36]Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence”, page 5.

[37]Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence, page 7, paragraph 17: “The Reviewing Committee will advise Ministers about whether or not an object satisfies one or more of the Waverley criteria and should therefore be considered to be a national treasure on the basis that its departure from the UK would be a misfortune. If the object is not considered to be a national treasure, the Reviewing Committee recommends that an export licence should be granted.

[38]Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence, page 7, paragraph 18: “Where the Reviewing Committee advises that the object is a national treasure, it will recommend that a decision on the licence application is deferred for an initial period (normally two to four months, although longer can be recommended) to provide an opportunity for a serious expression of interest to purchase the object to be made to the owner (the first deferral period) followed by a further period in which the sale should complete (the second deferral period). The Reviewing Committee will recommend the fair market price at which an offer to purchase should be made. The second deferral period commences following the signing of an Option Agreement. The second deferral period is usually a maximum of six months, except for exceptionally expensive objects when more time may be needed to raise the funds.

[39] International Council of Museums è l'organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali impegnata a preservare, ad assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale.

[40] M.V. MARINI CLARELLI, Il Museo nel mondo contemporaneo, Roma, 2022, 101.

[41] Per un approfondimento sulle convenzioni internazionali, si vedano T. ALIBRANDI, P.G.FERRI, I beni culturali e ambientali in Commentario di legislazione amministrativa. Milano 1985; M. FRIGO, La circolazione internazionale dei beni culturali, Milano, 2001; S. ITALIA , Il Traffico illecito delle opere d’arte, 2019. 

[42] Per un approfondimento sulle nuove regole europee in materia di introduzione e importazione di beni culturali (regolamento UE 2019/880), si veda MONTEREALE L., Le piattaforme digitali e la circolazione internazionale dei beni culturali: analisi della normativa europea sull’importazione dei beni culturali, in Riv. Cammino Diritto, 2023.

[43] Per un approfondimento sulla nuova disciplina italiana concernente i reati contro il patrimonio culturale, si vedano CASS., Ufficio del Massimario e del Ruolo, Servizio Penale. Relazione su novità normativa. Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale (legge 9 marzo 2022 n. 22). Relazione n. 34/22. Roma, 21 giugno 2022; R.TAMIOZZO, Per la tutela del patrimonio culturale, Roma, 2023, 358 ss.

[44] M.V. MARINI CLARELLI, Il Museo nel mondo contemporaneo, Roma, 2022, 102 ss.

Bibliografia

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Riferimenti normativi

- Italia:

Decreto legislativo n. 42 del 2004, recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.

Regio decreto n. 363 del 1913.

- Francia:

Code du patrimoine, www.legifrance.gouv.fr

- Spagna:

Ley 16/1985, de 25 de Junio, del Patrimonio Histórico Español, artículo treinta y ocho, www.boe.es 

Real Decreto 111/1986, de 10 de enero, de desarrollo parcial de la Ley 16/1985, de 25 de junio, del Patrimonio Histórico Español (BOE de 28 de enero de 1986).

Ministerio de cultura y deporte, adquisición de bienes culturales, www.culturaydeporte.gob.es

Ministerio de cultura y deporte, exportación de bienes culturales, tipos de exportación,  www.culturaydeporte.gob.es

- Germania:

Kulturgutschutzgesetz, KGSG, Cultural property of national significance - purchase option, www.kulturgutschutz-deutschland.de

- Inghilterra:

Statutory guidance on the criteria to be taken into consideration when making a decision about whether or not to grant an export licence, www.artscouncil.org.uk

Procedures and guidance for exporters of works of art and other cultural goods, Part I: Export Control, www.artscouncil.org.uk