Pubbl. Ven, 8 Set 2023
Per il Consiglio di Stato è nuovamente illegittima la proroga del termine di efficacia delle concessioni balneari
Modifica paginaEditoriale a cura di Camilla Della Giustina
Con sentenza n. 7992 del 28 agosto 2023 il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità delle norme italiane (il riferimento va al cd. “Decreto Milleproroghe”) che hanno prorogato il termine di efficacia delle concessioni balneari in essere. La data di scadenza delle concessioni a oggi in essere dovrebbe essere il 31 dicembre 2023.
1. Fatto
La vicenda alla base della sentenza del Consiglio di Stato ha ad oggetto la riforma della sentenza del TAR per la Puglia del 30 gennaio 2020 n. 96 con la quale il predetto TAR ha respinto il ricorso in cui si chiedeva l'annullamente dell'ordinanza di demolizione di uno stabilimento balneare e il diniego della richiesta di permesso di costruire, quale rinnovo dei precedenti.
Più precisamente, il titolare dello stabilimento balneare censurava il diniego opposto dal Comune di Lecce circa il rilascio di alcuni titoli edilizi, quale rinnovo dei precedenti, e il conseguente ordine di demolizione del suo stabilimento. La doglianza si fondava sul parallelismo che, secondo la difesa di parte ricorrente, doveva sussistere tra la durata della concessione e la durata dell’efficacia dei permessi di costruire che consentivano la realizzazione di alcuni manufatti sul demanio marittimo.
In altri termini, il ricorso, tanto in primo grado che in grado di appello, trovava origine in una duplice convinzione del concessionario demaniale. La prima era che i permessi di costruire di cui aveva chiesto la proroga nel 2018 – permessi che sin dall’inizio avevano il loro termine collegato alla concessione – dovessero essere allineati, temporalmente, alla scadenza della concessione balneare di cui era beneficiario dall’anno 2008. La seconda convinzione era da riferire alla autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune nel 2012 e che detta autorizzazione avesse efficacia quinquennale. Di qui, sempre nella ricostruzione di parte ricorrente, il Comune di Lecce non avrebbe dovuto richiedere un nuovo parere dinnanzi all’istanza di rinnovo avanzata dal concessionario. Proprio dal rilascio del parere negativo era derivata l’ordinanza di demolizione delle opere effettuate negli anni da parte del concessionario e, ergo, l’instaurazione del contenzioso amministrativo.
2. La decisione del Consiglio di Stato
A di là delle motivazioni poste a sostegno della legittimità dell’operato della amministrazione comunale, la sentenza dei Giudici di Palazzo Spada merita di essere analizzata per le implicazioni relative alla proroga delle concessioni balneari. Con l’occasione, è stato rimarcato come gli atti di proroga adottati dalle amministrazioni non producano alcun effetto giuridico.
Il Consiglio di Stato, infatti, respingendo l’appello proposto da parte ricorrente nei confronti della sentenza del Tar Lecce, sentenza nella quale risultava soccombente, riprende le consolidate argomentazioni giurisprudenziali ostative alla previsione legislativa della proroga delle concessioni demaniali marittime.
La tematica delle concessioni demaniali viene in rilievo poiché tutti i motivi che l’appellante aveva posto a sostegno della propria posizione, motivi che vennero utilizzati anche per rimarcare il profilo patologico dei provvedimenti impugnati, non possono essere ritenuti ‘vittoriosi’ “laddove non tengano conto della inefficacia della proroga ex lege della concessione demaniale marittima”.
In altri termini, è proprio la difesa di parte appellante, difesa che a parere del Consiglio di Stato richiama un atto di proroga che non fu effettivamente rilasciato da parte del Comune di Lecce, a imporre la precisazione in tema di proroga delle concessioni demaniali marittime. Ancora: sempre in base alla difesa di parte ricorrente sarebbe la concessione demaniale marittima a costituire l’atto, o situazione giuridica, sul quale si fonda il titolo, e la legittimazione, dell’appellante a pretendere il rilascio dei titoli abitativi. Essi, a loro volta, sarebbero funzionali al mantenimento della struttura balneare sul terreno demaniale occupato e che consentirebbero l’esecuzione di interventi migliorativi.
Posta questa premessa, i giudici amministrativi d’appello intervengono in modo puntuale circa la questione della proroga delle concessioni demaniali: “La questione circa la successione di norme nazionali recanti la previsione di una “proroga automatica ex lege” delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo in essere (fin d)alla data del 30 dicembre 2009 e il contrasto di dette disposizioni con l’ordinamento eurounitario (nello specifico con le previsioni della direttiva n. 123/2006 e con alcune disposizioni del TFUE) e con l’interpretazione dello stesso (in particolare con riferimento alla ridetta direttiva) recata dalla nota sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa) e dalla più recente conferma della predetta Corte (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. III, sentenza 20 aprile 2023, in causa C-348/22) nonché, ancora, dalla giurisprudenza dei giudici nazionali (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 9 ottobre 2021 nn. 17 e 18 e, già prima, questa Sesta Sezione, con sentenza 18 novembre 2019 n. 7874 nonché, da ultimo, ancora la Sezione, con sentenza 1° marzo 2023 n. 2192, disapplicando anche la più recente disposizione normativa recante una previsione di proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, conv. in l. 24 febbraio 2023, n. 14, in quanto “si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato”), sono ampiamente note e non è necessario riprodurre qui nuovamente l’intera questione, anche per non appesantire lo sviluppo dell’esame del presente contenzioso”.
A ciò viene aggiunta la considerazione secondo cui “la circostanza per cui gli atti di proroga eventualmente adottati da una amministrazione (come è avvenuto nel caso di specie) in violazione del diritto eurounitario, segnatamente in contrasto con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, non producono alcun effetto giuridico”. Appare evidente la perfetta aderenza con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Una volta conclusa questa disgressione, i Giudici di Palazzo Spada evidenziano come sussista “una evidente infondatezza di tutti i profili di censura dedotti dall’appellante attraverso i quali egli ritiene di poter irrobustire la propria posizione contestativa nei confronti dei provvedimenti impugnati sul presupposto che i titoli edilizi sono stati temporalmente allineati ai termini “prorogati ex lege” della concessione demaniale marittima 4/2008, non avendo tale proroga (sempreché rilasciata) alcun valore giuridico”.
La pretesa avanzata da parte ricorrente circa la proroga ex lege della concessione demaniale marittima a uso turistico ricreativo fu definita in senso sfavorevole all’appellante in un precedente contezioso (TAR per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sez. I, 3 marzo 2021 n. 347). Detta sentenza aveva dichiarato il diritto dell’appellante a ottenere un provvedimento favorevole alla proroga della concessione demaniale e annullato i provvedimenti di diniego. Tuttavia, il Consiglio di Stato (sez. VII, sentenza n. 3903 del 17 maggio 2022) aveva accolto l’appello proposto dal Comune di Lecce poiché aveva accertato la legittimità del diniego opposto dal Comune stesso alla proroga del rapporto concessorio.
Da qui, risulta evidente il difetto in capo all’appellante del necessario titolo di legittimazione in relazione alle aree del demanio marittimo sulle quali insistono le opere oggetto della controversia.
Infine, per quanto attiene all’autorizzazione paesaggistica, il ricorso viene rigettato per due motivi, essenzialmente. In primis, viene sostenuta la validità del termine quinquennale dell’autorizzazione paesaggistica, autorizzazione che era scaduta. In secundis, il Consiglio di Stato, richiamando la propria precedente giurisprudenza, evidenzia come le modifiche apportate nel corso degli anni siano da qualificarsi “costruzioni nuove” “non perché siano state realizzate ex novo ma perché la loro consistenza e incidenza sul territorio nonché l’impatto che su di esso manifestano, impongono che il loro mantenimento sia “riesaminato” tenendo conto della rilevanza “fisica” rivestita e dell’impatto prodotto”.
Alla luce di questo, era necessario che il Comune richiedesse i pareri alle competenti Autorità, tra cui il parere idrogeologico ad esempio.