Pubbl. Lun, 4 Set 2023
Gli obblighi informativi del mediatore e la relativa responsabilità alla luce della giurisprudenza della Cassazione
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Riccardo Giupese
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda, nella recente Sentenza n. 11371 del 2 maggio 2023 si è pronunciata in tema di obblighi informativi del mediatore, discernendo le rispettive fonti e compiendo un´elencazione delle condotte che possono configurare la loro violazione. Inoltre, la Corte si è soffermata sulle conseguenze, di tipo risarcitorio, a tali violazioni, indicando precisi canoni in base a cui parametrare la quantificazione del danno conseguente.
The mediator´s discosure obligations and related liability in light of Supreme Court
The Supreme Court of Cassation, Second Section, in its recent Judgment No. 11371 of May 2, 2023, ruled on the subject of the mediator's information obligations, discerning their respective sources and making a list of the conduct that can constitute their violation. In addition, the Court dwelt on the consequences, of a compensatory nature, to such violations, indicating precise canons against which to measure the quantification of consequential damages.Sommario: 1. Introduzione; 2. La vicenda e l’inquadramento sistematico; 3. Il contenuto dell’obbligo informativo del mediatore e la controversa questione dell’obbligo di verifica dei registri immobiliari e catastali; 4. La responsabilità del mediatore per violazione dell’obbligo informativo; 5. Conclusioni.
1. Introduzione
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza resa dalla Sezione Seconda Civile n. 11371 del 2 maggio 2023, ha compiuto un’importante opera ricognitiva in materia di rapporto di mediazione, tanto tipica quanto atipica, e, in particolare, in relazione al contenuto specifico dell’obbligo informativo che grava sul mediatore nei confronti delle parti contraenti.
L’esemplificazione delle condotte violative di tale obbligo permette, in via concreata, di riconoscere le fattispecie in cui ricorre la responsabilità del mediatore, precludendo ad un riallineamento della potenziale asimmetria informativa inter partes nonché una maggiore consapevolezza di soggetti che, in molti casi, soprattutto nell’ipotesi della c.d. mediazione immobiliare, assume la qualifica di consumatore.
Pertanto, il presente contributo, ferma la descrizione della vicenda che ha dato corso alla pronuncia in commento, posto l’inquadramento sistematico dell’istituto della mediazione, intende fornire una compiuta illustrazione dell’excursus compiuto nella sentenza de qua dal Supremo Collegio al fine di trarne indicazioni di ordine applicativo nei rapporti negoziali.
2. La vicenda e l’inquadramento sistematico
La citata pronuncia di legittimità trae le mosse dall’azione giudiziaria promossa innanzi al Tribunale di Genova da parte di un cliente nei confronti del titolare di un’agenzia immobiliare, il quale ultimo aveva prestato la propria opera quale mediatore per l’acquisto di un immobile da parte del cliente medesimo.
Al mediatore veniva eccepita la mancata specifica informazione al cliente, in fase precontrattuale, riguardo ai vizi urbanistici ed edilizi di cui era affetto l’immobile e, conseguentemente, veniva richiesto il relativo risarcimento del danno commisurato nell’importo della provvigione già riconosciuta al mediatore.
Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attore, la quale, tuttavia, in sede di gravame, veniva respinta dalla Corte di Appello di Genova.
Il conseguente giudizio innanzi alla Corte di Cassazione ha offerto al Supremo Consesso l’opportunità di compiere un’importante ricognizione, a fronte di una significativa evoluzione giurisprudenziale, circa gli obblighi informativi a cui è tenuto il mediatore immobiliare.
Presupposto indicato dalla Corte al fine di delineare le specifiche obbligazioni informative gravanti sul mediatore è stato quello dell’individuazione della fisionomia giuridica del medesimo soggetto nonché delle relative fonti normative.
Primo elemento meritevole di nota è la riconduzione dei medesimi obblighi tanto al “«mediatore tipico” quanto a quello “atipico”.
Brevemente, si rammenta come ricorra l’ipotesi della mediazione tipica ai sensi dell’art. 1754 c.c. allorquando il mediatore sia colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse, ponendosi in posizione di imparzialità rispetto ai contraenti.
In tale fattispecie, al fine di configurare un rapporto di mediazione non è necessario stipulare un contratto, in quanto alcun legame vi è fra le parti, ma le relative obbligazioni, fra cui quelle del pagamento della provvigione, insorgono per il solo effetto dell’opera mediativa quale «atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico» ai sensi dell’art. 1173 c.c.
Diversamente, la c.d. mediazione atipica, istituto giuridico di introduzione giurisprudenziale[1] si concretizza nel rapporto giuridico scaturente dall’incarico ricevuto dal mediatore da uno dei contraenti (o da entrambi) per svolgere una attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione di uno specifico affare[2].
Ciò posto, la Corte, nel caso di specie, ha rintracciato le fonti da cui trarre gli specifici obblighi informativi in capo al mediatore negli artt. 1759, comma 1 c.c., negli artt. 1175 e 1176 c.c. nonché nell’art. 3, comma 1 della Legge n. 39/1989.
In particolare, il citato art. 1759 c.c.[3] viene letto e declinato alla luce dei principi di cui alle altre disposizioni individuate.
Ed infatti, mentre il dettato di cui agli artt. 1175 e 1176 c.c. va ad offrire un prisma generale attraverso cui valutare la condotta del mediatore secondo i crismi della correttezza e della diligenza del buon padre di famiglia, la Legge n. 39/1989, testo normativo disciplinante della professione del mediatore, all’art. 3, comma 1, sottolinea come lo stesso sia soggetto professionale chiamato ad operare «ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare».
Pertanto, posti tali principi generali, emerge la figura del mediatore quale soggetto professionale qualificato a cui imputare specifici obblighi giuridici a tutela dei complessivi interessi delle parti mediate ai fini della conclusione o meno dell’affare-
3. Il contenuto dell’obbligo informativo del mediatore e la controversa questione dell’obbligo di verifica dei registri immobiliari e catastali
Ferma la figura del mediatore per come delineata, la Corte, nella sentenza in commento, sostanziando quanto previsto dall’art. 1759 c.c., il quale permette di configurare la responsabilità del mediatore ogni qual volta egli fornisca, per dolo o colpa professionale, informazioni non rispondenti al vero rilevanti per la conclusione o meno dell’affare, ha individuato specificatamente quali informazioni possono in tal senso rilevare.
In particolare, la Cassazione ha ritenuto rilevanti tutti quegli elementi che avrebbero indotto le parti contraenti a modificare il contenuto del contratto, stringendolo a condizioni diverse da quelle frutto dell’errata informazione resa dal mediatore, fra cui: la contitolarità del diritto di proprietà; lo stato di insolvenza di una delle parti; prelazioni; opzioni; il rilascio di autorizzazioni amministrative[4]; la provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione[5]; la solidità delle condizioni economiche dei contraenti[6]; iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli gravanti sull’immobile; l’effettiva titolarità del bene in capo al venditore.
Tale elencazione, ad ogni modo non costituente una classificazione tassativa, permette, all’evidenza, di cogliere il ruolo sostanziale del mediatore, cioè quello di garante della simmetria informativa fra le parti contraenti, elemento questo necessario a determinare un sinallagma contrattuale consapevole ed equilibrato in relazione ai reciproci interessi.
Simile principio, pur sostanzialmente incontestato nella giurisprudenza di legittimità[7], ha trovato ed ancor’oggi trova nella sua concreta declinazione ed applicazione un rilevante contrasto in relazione al materiale contenuto degli obblighi gravanti sul mediatore.
In particolare, si registra un evidente ed irrisolto contrasto in giurisprudenza in merito alla sussistenza o meno in capo al mediatore di verificare o meno, mediante l’accesso ai relativi registri immobiliari, di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile oggetto dell’attività di mediazione.
I due contrapposti orientamenti, al fine di valorizzare le rispettive conclusioni, attenzionano aspetti differenti riguardanti l’istituto, ovvero da una parte il precipitato applicativo dell’art.1759, comma 1 c.c. ed il connesso concetto di “sicurezza dell’affare”, dall’altro le caratteristiche soggettive del mediatore così come emergenti dalla rispettiva legge professionale[8].
Ed infatti, l’orientamento che depone per la ricomprensione di tale obbligo fra quelli imposti ex lege al mediatore[9] considera la sussistenza o meno di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli un elemento in grado di determinare e forgiare la volontà delle parti di contrarre.
Sul punto, invero, appare incontestabile la circostanza per la quale la sussistenza di un’iscrizione o trascrizione pregiudizievole, quale ad esempio un’ipoteca, sull’immobile oggetto di mediazione condizioni l’apprezzamento che può averne un potenziale acquirente, e ciò sotto diversi aspetti quali la possibile escutibilità del bene ad opera del terzo titolare di ipoteca; l’incidenza sul valore del bene medesimo e quindi sulla determinazione del suo prezzo; la sua futura potenziale commerciabilità futura.
Ignorare o non verificare l’esistenza di simili iscrizioni, quindi, porrebbe in essere una condotta tale da ingenerare una falsa rappresentazione della realtà nel potenziale acquirente, circostanza utile a determinare una decisiva alterazione della sua volontà negoziale.
Diversamente, il contrapposto orientamento[10] che esclude l’obbligo per il mediatore di verificare lo stato delle iscrizioni o trascrizioni immobiliari afferma l’inesigibilità di tale prestazione da un soggetto quale il mediatore.
Difatti, l’accesso e l’estrazione di visure dagli appositi registri immobiliari viene considerata quale operazione tecnico-giuridica qualificata e specialistica che esula dalle conoscenze e dalle competenze del mediatore, che sarà di ciò gravato solo previo specifico accordo in tal senso.
Sul punto, infatti, simile orientamento tende a “smarcare” tale condotta dal novero di quelle ricomprese nel concetto di “ordinaria diligenza” unanimemente richiesta al mediatore ai fini di cui all’art. 1759, comma 1 c.c., operando, quindi, un decisivo ridimensionamento delle competenze e, complessivamente, del ruolo del mediatore.
In relazione a simile contrasto, la Sentenza n. 11371 del 2 maggio 2023 appare, anche se solo in un breve inciso, ponderare le due contrapposte posizioni.
In merito, infatti, la Corte, da una parte, anche in maniera tranciante, include la verifica delle «[…] iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e (al)la titolarità del bene in capo al venditore […]» fra gli obblighi gravanti sul mediatore discendenti dal disposto di cui all’art. 1759 c.c., dall’altro, in ogni caso, afferma che: « […] con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989, si desume, invero, la natura professionale dell'attività del mediatore, il quale (pur non essendo tenuto, se non in forza di uno specifico impegno contrattuale, a svolgere apposite indagini di natura tecnico - giuridica) riveste comunque un ruolo che gli permette di "svolgere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare" […]».
Attraverso simile considerazione, la Suprema Corte ha immesso nel complessivo ragionamento svolto e nel sostanziale principio di “responsabilizzazione” del mediatore immobiliare, un appunto potenzialmente limitativo del medesimo principio di diritto enunciato, e ciò al fine di “non chiedere troppo” ad una figura professionale che, nei fatti, non possiede competenze tali da permettere un’esaustiva e perita analisi, strettamente tecnica e giuridica, circa le condizioni dell’immobile oggetto di mediazione nonché dell’affare medesimo.
A parere di chi scrive, pur apprezzando lo sforzo conciliativo profuso dalla Corte nella sentenza in commento, è la medesima legge regolatrice della professione del mediatore a richiedere a tale soggetto competenze tali da permettere di svolgere «ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare», e ciò in maniera ineludibile verso le garanzie di “sicurezza dell’affare” sancite dall’art. 1759 c.c.
4. La responsabilità del mediatore per violazione dell’obbligo informativo
Espressa conseguenza del completamento di fattispecie di responsabilità del mediatore secondo le coordinate tracciate, è la debenza del risarcimento del danno conseguente alla condotta difforme incidente sul negozio, tanto nel caso in cui l’affare sia stato concluso quanto in caso contrario.
In tal ultima ipotesi, infatti, il deficit informativo recato dal mediatore ben potrebbe determinare un danno consistente nel non aver consentito ad una parte la conclusione di un contratto che sarebbe stato conveniente, tanto in termini assoluti o comparativi, quanto relativamente ai singoli interessi di parte.
In tale ipotesi, il danno andrà direttamente e specificatamente provato da colui che allega di averlo subito, secondo l’ordinaria disciplina del lucro cessante.
Diversamente, circa l’ipotesi di conclusione di un affare “falsato” dall’informazione inesatta resa dal mediatore, la commisurazione del danno viene determinata dalla Corte, nella sentenza in commento, con locuzione invero ampia, «[…] nel minor vantaggio o nel maggior aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte che siano state effetto del deficit informativo subito, o anche nell’importo della provvigione corrisposta nella prospettiva di un affare che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per raggiungere gli scopi prefissi dal contraente […]».
Da ciò parrebbe discendere, al netto dell’accertamento dell’inadempimento del mediatore e della sua diretta causalità al danno lamentato, la non debenza della provvigione in capo al mediatore o il suo integrale recupero qualora già corrisposta, quasi secondo un meccanismo presuntivo, ovviamente oltre il maggior danno che dovesse essere provato.
In tal modo, la perdita del diritto alla provvigione da parte del mediatore parrebbe assumere la veste di “misura” dell’inadempimento, se di inadempimento può parlarsi anche nell’ipotesi di c.d. mediazione tipica.
In quest’ottica, si segnala quanto espresso dal Tribunale di Milano, Sez. V, nella Sentenza n. 7007/2021, laddove il medesimo Giudicante, in un caso in cui il mediatore aveva omesso il controllo circa la sussistenza di trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli, in verità esistenti sull’immobile oggetto dell’affare, aveva determinato la perdita del diritto alla provvigione per il solo fatto della violazione dell’obbligo, ritenendo ininfluente la sussistenza di un concreto pregiudizio in capo all’acquirente.
Simile automatismo, invero, avulso da qualsiasi riferimento al danno conseguenza relativo all’inadempimento ex art. 1456 e ss. c.c., parrebbe inquadrarsi nella diversa fattispecie del grave inadempimento propedeutico alla risoluzione contrattuale, la quale, come noto, importa la retrocessione delle prestazioni, qualora eseguite.
5. Conclusioni
Dall’analisi svolta emerge come la Sentenza n. 11371 del 2 maggio 2023 compia una necessaria ricognizione in tema di obblighi informativi del mediatore, dettagliandone le fonti, la portata generale e molte e concrete esemplificazioni, nonché le conseguenze della sua violazione in termini risarcitori.
Del pari, l’enunciazione dei principi indicati nella sentenza de qua, pur valorizzando la natura professionale del mediatore e riempiendo di contenuto le attività a cui tale soggetto è tenuto, parrebbe protendere per una limitazione di quanto possa dallo stesso pretendersi in adempimento del rapporto mediativo.
Simile approccio, tuttavia, non sussistendo un elenco tassativo delle verifiche e delle attività ascrivibili in capo al mediatore, potrebbe condurre a strumentalizzazioni tali da eludere e quindi escludere ipotesi di responsabilità del mediatore medesimo.
Inoltre, simile orientamento parrebbe mal conciliarsi con il dettato normativo di cui al combinato disposto fra l’art. 3, comma 1 della Legge n. 39/1989 e l’art. 1759 c.c., che, per tabulas, ricomprende nelle attività del mediatore tutte quelle strumentalmente connesse e necessarie all’affare ai fini della sicurezza dello stesso nei confronti delle parti, in ottica di garanzia della simmetria informativa degli stessi.
Alla luce degli orientamenti contrapposti e della difficoltà nel conciliare gli interessi ed i principi connessi, si impone lo specifico vaglio del giudice di merito, il quale, in concreto, sarà chiamato a valutare se il mediatore abbia dolosamente o colposamente inciso sulla rappresentazione della realtà materiale giuridica dell’affare nonché sulla conseguente formazione della volontà negoziale delle parti.
[1] Cfr. Cass. Sez. Unite, Sent. n. n. 19161/2017
[2] Cfr. Cass. Civ. Sez. II, Sent. n. 28269/2019
[3] L’art. 1759 è norma appartenente al Capo XI, Titolo III, Libro IV del codice civile in materia di mediazione, secondo cui: «Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione».
[4] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 11371/2023.
[5] Cfr. Cass. Civ. sez. II, Sent. n. 965/2019.
[6] Cfr. Cass. Civ. Sez. II, Sent. n. 20512/2020.
[7] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 15577/2022; Trib. di Spoleto, Sent. n. 939/2019; Trib. di Teramo, Sent. n. 916/2013.
[8] Cfr. la già richiamata Legge n. 39/1989.
[9] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 27482/2019; Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 18140/2015; Trib. di Milano, Sez. V, Sent. n. 7007/2021.
[10] Cfr. Cass. Civi., Sez. II, Sent. n. 8849/2017; Cass. Civ. Sez. III, Sent. n. 6926/2012; Trib. di Massa, Sent. n. 500/2016;