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Pubbl. Mar, 2 Mag 2023

La comunicazione del rischio sismico in Italia: prospettive e limiti

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Davide Marino
Università degli Studi di Milano



L´articolo analizza la comunicazione istituzionale e mediatica del rischio sismico in Italia, evidenziandone le criticità e prospettando alcune soluzioni migliorative. In conclusione, mette in luce come l´attuale proposta di revisione del Codice della protezione civile affidi allo Stato un ruolo di coordinamento affinché il rischio possa essere comunicato più efficacemente ai cittadini.


ENG

Communicating seismic risk in Italy: perspectives and limits

The paper analyses the institutional and media communication of seismic risk in Italy, highlighting the critical issues and proposing some improvement solutions. In conclusion, it highlights how the current proposal to revise the Civil Protection Code gives the State a coordinating role so that the risk can be more effectively communicated to citizens.

Sommario: 1. Premessa; 2. La comunicazione del rischio sismico in Italia; 2.1. Le iniziative istituzionali di educazione al rischio sismico; 2.1.1. Le iniziative istituzionali: quali risultati?; 2.2. La comunicazione mediatica del rischio sismico; 3. Conclusioni.

1. Premessa

Il rischio sismico[1] in Italia è fra i più alti dell’area mediterranea: i terremoti con impatti sociali ed economici rilevanti sono stati frequenti nel corso dei secoli. Limitandosi al periodo che va dall’unità a oggi è avvenuto un disastro sismico in media ogni quattro-cinque anni[2]. Ma solo dopo il terremoto che devastò Messina e la Calabria meridionale nel 1908 lo Stato italiano ha avviato una politica di riduzione del rischio sismico in senso moderno: con il r.d. n. 193/1909 ebbe inizio, infatti, la classificazione sismica del territorio nazionale[3].

In generale, le attività di riduzione del rischio sismico sono finalizzate alla riduzione della vulnerabilità e possono essere ricondotte a due tipologie principali: gli interventi tecnici sugli edifici e sulle infrastrutture e gli interventi sociali sulla popolazione. I primi si sostanziano nella costruzione di nuovi edifici e infrastrutture e nell’adeguamento di quelli già esistenti con criteri antisismici, i secondi nella predisposizione dei piani di emergenza e di soccorso e nell’educazione al rischio della popolazione[4].  

Il presente lavoro pone l’attenzione su quest’ultimo aspetto, con l’obiettivo di analizzare le iniziative di educazione al rischio e, più in generale, l’efficacia della comunicazione del rischio sismico in Italia, intesa come strumento basilare per l’attività di prevenzione, evidenziandone prospettive e limiti.  

2. La comunicazione del rischio sismico in Italia

L’analisi che segue prende in esame da una parte le iniziative istituzionali di comunicazione del rischio sismico degli ultimi quarant’anni, dall’altra gli effetti della comunicazione mediatica in questo ambito. In particolare, per il secondo punto l’influenza dei media verrà analizzata prendendo come riferimento il caso esemplare del terremoto dell’Aquilano del 6 aprile 2009 per il quale la comunicazione del rischio avvenuta prima dell’evento è stata oggetto della vicenda processuale nella quale sono stati imputati sette “esperti” (c.d. processo alla “Commissione grandi rischi”).      

2.1. Le iniziative istituzionali di educazione al rischio sismico

Per quel che riguarda la comunicazione istituzionale, le prime iniziative basate su un approccio organico risalgono alla fine degli anni settanta del secolo scorso, quando nell’ambito del Progetto finalizzato geodinamica[5] venne istituito un gruppo di lavoro denominato Educazione di massa, poi sostituito da Educazione e informazione, nell’ambito del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti[6]. La diffusione di questa iniziativa su scala nazionale cessò con la morte del coordinatore Daniele Postposchl[7] nel 1992, per poi proseguire negli anni seguenti con alcune proposte a carattere locale[8].       

Come afferma Romano Camassi[9] in un’intervista del 2018, riferendosi in particolare alla diffusione di contenuti interattivi, al cartone animato Terremoto e all’indagine conoscitiva denominata Che ne pensi del terremoto?: «tutte cose che pensate oggi risultano avveniristiche. Quella stagione è passata, alcune cose si sono perse, in molti casi siamo tornati indietro, molto indietro. Quello che è stato per un certo tempo l’ufficio formazione e informazione del Servizio sismico nazionale ha prodotto materiali di comunicazione (anche ambiziosi, “impegnativi”, in tanti sensi), poi quella stagione si è esaurita»[10].

Dalla metà degli anni novanta il rapido sviluppo di internet ha trasformato profondamente le modalità di diffusione delle informazioni sui terremoti e le relative attività finalizzate alla comunicazione del rischio sismico. Le prime esperienze di utilizzo del web con finalità principalmente informative ideate dagli istituti poi accorpati nell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia[11] si sono evolute in iniziative con carattere anche formativo.

Tra le proposte dell’INGV il blog INGVterremoti, canale di comunicazione istituzionale creato nel 2012 per informare sull’attività sismica in corso e sugli studi sismologici svolti dall’istituto.

Un’altra esperienza, con scopi più propriamente educativi, è sorta nel 2002 sulla scorta delle prime attività svolte nell’ambito dei sopracitati PFG e GNDT. Si tratta del progetto Edurisk (finanziato dal Dipartimento della protezione civile all’interno del progetto quadro GNDT-INGV), che ha coinvolto ricercatori di molteplici discipline[12] con l’obiettivo di creare una cultura sismica diffusa nelle scuole, partendo da alcuni principi fondamentali: l’importanza di conoscere il proprio territorio e la sua storia sismica, considerando la memoria come valore primario[13].

Edurisk è stato rivolto ai bambini e ai ragazzi delle scuole, dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria, partendo dal presupposto che dalle decisioni che i più giovani prendono oggi dipenderanno in larga misura le “politiche” di riduzione del rischio sismico (dove si sceglie di abitare, come costruire o riadeguare la propria abitazione) e, di conseguenza, gli effetti dei terremoti futuri.

Con il passare degli anni il materiale didattico è stato ideato e realizzato per ottenere un coinvolgimento emotivo maggiore degli studenti e degli insegnanti attraverso un approccio sempre meno formale e più interattivo. Il lavoro dei ricercatori è stato integrato da esperti nel settore dell’educazione e della comunicazione per bambini e ragazzi e supportato da società operanti nella progettazione educativa e multimediale.

Sebbene il progetto dal punto di vista formale sia terminato da oltre dieci anni, il lavoro è proseguito anche negli anni seguenti e i principi che lo avevano ispirato hanno guidato l’azione dei ricercatori in ambito comunicativo, e più specificamente educativo, da allora sino a oggi[14].

Un’ulteriore iniziativa istituzionale, avviata nel 2011 e giunta nel 2022 alla dodicesima edizione, è la campagna di comunicazione nazionale Io non rischio[15] durante la quale ogni anno, generalmente a metà ottobre, i volontari della Protezione civile, opportunamente formati, informano i cittadini sui rischi naturali (idrogeologico, sismico e tsunami, vulcanico) del territorio in cui vivono. I punti informativi, predisposti in centinaia di comuni su tutto il territorio nazionale, diventano anche luogo di scambio di saperi: l’obiettivo è quello di sensibilizzare la popolazione e aumentare la consapevolezza di ognuno sulla possibilità che le “buone pratiche di protezione civile” possano contribuire a ridurre il rischio in modo concreto.

Col passare degli anni la campagna, oltre a coinvolgere centinaia di migliaia di cittadini, ha suscitato anche l’interesse sempre maggiore dei comuni e delle regioni. Sull’onda degli incontri di piazza, sono stati numerosi i comuni che hanno organizzato incontri pubblici per presentare il Piano di emergenza comunale[16], mentre per le regioni si è trattato di un’occasione utile per sensibilizzare la popolazione sui rischi naturali.

Durante la pandemia da Covid-19 le piazze “fisiche” sono state sostituite da quelle “digitali”: oggi le pagine social delle associazioni di volontariato diffondono durante tutto l’anno informazioni che integrano l’attività svolta nei luoghi fisici. Con il supporto di un altro canale di comunicazione, quello degli spazi virtuali, l’obiettivo di raggiungere gli oltre 8.000 comuni italiani che gli ideatori si sono posti all’inizio del progetto appare meno lontano.

2.1.1. Le iniziative istituzionali: quali risultati?

Per sviluppare e migliorare queste iniziative i ricercatori si sono avvalsi anche delle attività di verifica finalizzate a valutarne l’efficacia e ad apportare le eventuali necessarie correzioni.

In particolare, per il progetto Edurisk, che secondo una stima approssimativa ha coinvolto finora oltre 100.000 studenti e 10.000 insegnanti, sono stati effettuati periodicamente questionari di “gradimento e valutazione”, i quali hanno permesso di perfezionare via via la proposta formativa.

Più complesso, invece, è stato il monitoraggio della campagna Io non rischio, data la diffusione dell’iniziativa su tutto il territorio nazionale e il numero di cittadini coinvolti: i questionari cartacei e online (via internet e telefonici tramite call center del DPC) si sono rivelati insufficienti a fornire risposte affidabili a causa della scarsa significatività del campione analizzato.      

Un altro strumento utilizzato per verificare i risultati degli interventi formativi in generale (non solo Edurisk e Io non rischio) e per rimodularne i contenuti è il Terremoto test[17], questionario tramite internet che ha lo scopo di raccogliere informazioni sulla percezione del rischio sismico in Italia: nonostante anche in questo caso i dati raccolti si basino su un campione non rappresentativo, si può affermare che la consapevolezza di chi ha partecipato, ad esempio, a un’iniziativa con finalità strettamente educative come Edurisk è molto superiore alla media[18].    

In definitiva, come evidenzia un recente studio che ha analizzato queste esperienze educative, la divulgazione proficua di informazioni sul rischio sismico mette in moto meccanismi di “partecipazione attiva” della popolazione, contribuendo ad alimentare la consapevolezza del singolo e della comunità. Questo avviene anche nei casi in cui l’individuo non abbia vissuto in prima persona un’emergenza sismica. Dallo studio emerge, inoltre, che nei territori in cui c’è un “immaginario[19] ricco” gli individui sono stimolati a pensare e attuare soluzioni per ridurre il rischio, al contrario dove l’immaginario è “povero” i comportamenti proattivi sono frenati. Del resto l’immaginario ricco è anche il risultato dell’incontro degli individui di una comunità, dello scambio di saperi, della partecipazione attiva. Ambedue, immaginario ricco e partecipazione attiva, non possono prescindere da un altro valore fondamentale, la “memoria”: tramandare i fenomeni avvenuti nel passato aiuta a essere consapevoli, a partecipare, a trovare soluzioni[20].

Peraltro, questo processo sarebbe facilitato se il sistema scolastico nazionale contribuisse in modo decisivo a sviluppare una «cultura sismica media»[21] attraverso una programmazione di lungo termine, ma come sottolinea il già citato Romano Camassi a livello ministeriale c’è un’attenzione pressoché nulla su questi temi[22] e «gli Uffici scolastici regionali (e provinciali) sono ormai ridotti a sportelli amministrativi».    

2.2. La comunicazione mediatica del rischio sismico

Un altro canale di comunicazione del rischio sismico è rappresentato dai media: qui di seguito ci si sofferma in particolare sull’attività dei quotidiani e della televisione ponendo al centro dell’analisi il caso esemplare delle vicende mediatiche collegate al terremoto dell’Aquilano del 6 aprile 2009 e al c.d. processo alla “Commissione grandi rischi”[23] che ne seguì. Il fine ultimo è quello di mettere in luce i limiti e le potenzialità dei media all’interno del processo di creazione di una consapevolezza del rischio sismico diffusa.

In merito al giudizio del Tribunale dell’Aquila, oggi si può affermare che il sentimento popolare abbia avuto un ruolo determinante nella definizione delle colpe degli imputati, al di là delle loro reali responsabilità. Con riferimento a tale sentenza Mario Morcellini[24] ha sostenuto che si è trattato di un caso evidente di «blaming o “costruzione del capro espiatorio” su cui far ricadere – anche in assenza di elementi oggettivi di colpa – la responsabilità di una situazione indesiderabile sul piano sociale, fenomeno largamente studiato nell’ambito delle scienze sociali e comportamentali e cruciale negli studi sul rischio»[25].

L’esito finale del processo, con l’assoluzione di sei dei sette imputati, ha poi fortemente depotenziato l’impianto accusatorio e le motivazioni della sentenza di primo grado, fino quasi ad annullarli[26]. Sentenza che, peraltro, è apparsa sin da subito sproporzionata rispetto a quelle che erano le effettive colpe degli esperti che il 31 marzo 2009 avevano partecipato alla riunione della “CGR” convocata dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso per dare una risposta alla crescente preoccupazione della popolazione per l’attività sismica in corso[27].

Preoccupazione unita alla confusione ingenerata dai messaggi contraddittori che giungevano da fonti istituzionali e non istituzionali ai cittadini aquilani nella lunga fase che ha preceduto il terremoto del 6 aprile e che gli stessi organi di informazione hanno contribuito ad acuire, “traducendo” spesso in modo non corretto i pareri degli addetti ai lavori o dando risalto a valutazioni provenienti da fonti poco affidabili[28].               

La stessa intervista del 31 marzo 2009 rilasciata prima della riunione della CGR da Bernardo De Bernardinis[29], e per le cui dichiarazioni «scientificamente errate e certamente rassicuranti» l’allora vice capo della Protezione civile è stato condannato in via definitiva (unico fra i sette imputati) per aver violato «i canoni di diligenza e prudenza»[30], avrebbe potuto essere gestita meglio dagli organi di informazione. Infatti, non tutti i media che ne diffusero i contenuti misero in evidenza che l’intervista era stata rilasciata prima che la CGR si riunisse e che, di conseguenza, De Bernardinis non stava riferendo l’esito della riunione.

Sebbene dal video dell’intervista si evinca che la CGR non si fosse ancora riunita (è lo stesso vice capo della Protezione civile a puntualizzare durante l’intervista che il suo era un ruolo operativo e che le valutazioni strettamente scientifiche sarebbero spettate agli scienziati), è inevitabile che la mancata indicazione della successione degli eventi da parte di alcuni media possa aver generato confusione, inducendo a pensare che i contenuti di quelle dichiarazioni, definiti nella sentenza della stessa Cassazione «rassicuranti», fossero il frutto dell’esito della riunione.   

Riferendosi proprio all’intervista di De Bernardinis prima della riunione, Giacomo Cavallo[31] ha affermato che «tanto i media quanto la cittadinanza stessa applicarono evidentemente un filtro tranquillizzante alle informazioni ricevute, e il messaggio risultante non può essere attribuito alla “CGR”», arrivando ad affermare che «bisognerebbe chiedersi invece perché» nell’ambito del processo «non si sia identificato un concorso di colpa da parte dei “media”»[32].

D’altra parte la difficoltà degli organi di informazione italiani a comunicare correttamente in questo settore è manifesta, per due ordini di motivi, collegati tra loro: «sono raramente interessati a diffondere una conoscenza scientifica solida e a contribuire a costruire una cultura dei disastri, essendo attratti soprattutto dagli eventi estremi e dalle loro conseguenze»[33] e, proprio per questo, le redazioni dei giornali e delle televisioni sono spesso carenti di personale in grado di diffondere adeguatamente questo tipo di cultura.

Anche Romano Camassi evidenzia che «i “media” prendono spesso scorciatoie, andando a inseguire il singolo scandalo, il “caso”, senza peraltro spesso fare su quello un lavoro realmente approfondito, o facendosi “imbeccare” da singoli “esperti”» e propone di tornare «al giornalismo d’inchiesta […] Qualcuno lo ha fatto e lo sta facendo: il lavoro avviato da Wired e continuato da iniziative di data-journalism[34]. Ma lo stesso lavoro, serio, approfondito, costante, andrebbe fatto in ambito locale, senza ricerca dello scandalo»[35].    

Risulta chiaro che la soluzione dei problemi messi in evidenza da questi autorevoli esponenti della comunità scientifica richieda l’investimento di risorse ingenti, in termini di tempo e finanziarie (si pensi ad esempio al reclutamento o alla formazione di figure specializzate), per ottenere risultati nel medio e lungo periodo. In sostanza un cambio di paradigma della comunicazione mediatica che, nel panorama attuale, appare difficilmente realizzabile.

3. Conclusioni

Alla luce delle criticità emerse analizzando la comunicazione del rischio sismico in Italia a livello istituzionale e mediatico, che ne frenano lo sviluppo nella prospettiva di accelerare il processo finalizzato alla creazione di una consapevolezza diffusa, in quest’ultima parte si cercherà di prospettare quali cambiamenti sistemici possano contribuire a realizzare il “salto di qualità” auspicato.  

La maggiore attenzione e il coinvolgimento diretto della “politica” appaiono essere i presupposti necessari per raggiungere questo obiettivo in modo efficace.

Per molto tempo, infatti, i terremoti sono stati considerati come manifestazioni della volontà divina, ai quali non si poteva porre rimedio[36]. Negli ultimi anni, però, qualcosa sembra muoversi verso un approccio attivo nella risposta ai disastri naturali. Come sostiene David Alexander[37] riferendosi al nuovo orientamento dello studio dei disastri occorre passare «da una attenzione esclusiva alla risposta ai disastri, a un’enfasi sulla prevenzione e mitigazione. Questa non è certo un’idea nuova, ma ci sono voluti decenni per convincere politici e amministratori pubblici a intraprendere questo percorso», e ne spiega le ragioni: «in termini politici, è difficile non spendere denaro per la risposta a un disastro accaduto, ma è relativamente facile evitare le spese per la prevenzione e la mitigazione»[38]

A tal proposito sono palesi gli ostacoli che i decisori politici riscontrano, soprattutto a livello locale dove il rapporto con i membri della propria comunità è più diretto, nell’attuare politiche preventive finalizzate alla riduzione del rischio. Le cause sono molteplici: dai contrastanti interessi socioeconomici, in un settore come quello immobiliare spesso contaminato dalle infiltrazioni criminali, fino alla difficoltà di comunicare queste politiche in modo adeguato, anche per via della carente cultura del rischio che permea la società nel suo insieme.  

In generale, l’attuale instabilità del sistema partitico italiano che appare ancora essere immerso in una lunga fase di transizione dopo la “stagione di tangentopoli”[39] non aiuta a definire una programmazione di lungo periodo, che costituisce il presupposto necessario per dare continuità all’attività di prevenzione in ambito sismico.

In attesa dell’auspicabile equilibrio, che potrebbe essere raggiunto con l’alternanza al governo di maggioranze stabili e dotate di un’identità più definita, in grado di elevare il dibattito politico e spingerlo nella direzione di pianificare azioni strutturali indipendenti dalle forze partitiche che si succedono alla guida del Paese, si deve notare che alcuni tentativi sono stati fatti negli ultimi anni, sebbene la  loro attuazione abbia risentito della sopramenzionata instabilità del sistema.

Si pensi ad esempio al progetto Casa Italia avviato durante il governo Renzi nel 2017 e al c.d. Superbonus 110% introdotto dal governo Conte II nel 2020[40] il cui sviluppo è stato complicato proprio per le ragioni appena riportate.

L’attuale governo[41] ha annunciato un cambio di passo affinché l’attività di prevenzione assuma un ruolo prioritario: in un’intervista rilasciata a Il Giornale della Protezione Civile.it il 5 marzo 2023, il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare Sebastiano Musumeci ha dichiarato che è prossima una revisione del Codice della protezione civile[42] per «fare della Protezione civile uno strumento di prevenzione oltre che di emergenza. Sino a ora la protezione civile nella sua articolazione è stata immaginata come lo strumento essenziale per intervenire sul territorio quando il danno è già compiuto. L’Italia d’altra parte non è una nazione propensa alla cultura della prevenzione; non so se si tratti di un fatto antropologico o di una scelta politica»[43].

Nella proposta di revisione viene riservata un’attenzione particolare alla comunicazione del rischio. Come sottolinea lo stesso ministro «ogni cittadino deve avere la consapevolezza di vivere in un territorio con alta, media o bassa esposizione al rischio [...] Nessuno deve poter dire “Io non sapevo”. Ecco perché la comunicazione è diventata un obiettivo del mio programma: attraverso i depliant, la direzione scolastica, le televisioni, la carta stampata, le esercitazioni». Allo Stato spetterebbe il compito di coordinare la comunicazione a livello centrale per renderla omogenea su tutto il territorio nazionale, allo scopo di raggiungere anche i comuni più piccoli. E per fare questo il ministro, previa verifica dei costi e della fattibilità operativa dell’iniziativa, intende rivolgersi principalmente ai «ragazzi delle scuole medie, rendendoli l’anello di collegamento fra le istituzioni e le famiglie»[44].

Almeno nelle intenzioni, sembra che l’azione proposta si prefigga di fornire una prima soluzione ai punti critici che limitano lo sviluppo virtuoso della comunicazione istituzionale e mediatica, come analizzati nei paragrafi precedenti: da una parte un maggior coinvolgimento del sistema scolastico attraverso i giovani, dall’altra quello degli organi di informazione per favorire la diffusione di una cultura del rischio evitando la “spettacolarizzazione” o la “ricerca dello scandalo a tutti costi” che, come già messo in luce, troppo spesso caratterizza la comunicazione in questo ambito.

Occorre qui evidenziare che si tratta di processi lenti, i cui risultati effettivi saranno visibili soprattutto nel lungo periodo, ben oltre il tempo di una singola legislatura. Sarà quindi necessario garantire continuità a queste iniziative, indipendentemente dalle maggioranze politiche che si alterneranno al governo. In questa prospettiva, chi elabora la proposta oggi ha anche il dovere di gettare le basi sociopolitiche ed economiche affinché i futuri governi abbiano a disposizione le risorse necessarie per proseguire agevolmente sulla via tracciata.        

Musumeci nell’intervista ha anche dato risalto alla formazione sottolineando l’importanza di avere un «volontariato ben formato» che «diventa anello preziosissimo nella filiera del sistema di protezione civile»: per questa ragione lo Stato avrà «il dovere di verificare in che modo la formazione», di competenza regionale, «venga assicurata»[45].

Formazione che, si ritiene, dovrebbe poter contare anche sull’apporto diretto dell’università la quale, in collaborazione ad esempio con le istituzioni scientifiche, potrebbe avere un ruolo preminente nella creazione di figure specializzate nella comunicazione del rischio. Questo gioverebbe non solo alla comunicazione mediatica, ma agli stessi enti di ricerca e alle università[46].  

Così facendo, si prefigura uno Stato con il compito di coordinare e garantire le attività dei soggetti preposti ad attuare le politiche finalizzate a formare il cittadino, renderlo consapevole e partecipe. In tutto ciò si coglie una linea di continuità con la via tracciata da Giuseppe Zamberletti, padre della protezione civile italiana[47], e al contempo il proposito di valorizzarla, rinnovandola.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Per una definizione preliminare di rischio sismico e dei fattori che lo compongono (pericolosità, vulnerabilità ed esposizione) si veda https://ingvterremoti.com/faq/ (ultimo accesso 14/04/2023).

[2] Per approfondire l’argomento si veda E. GUIDOBONI, G. VALENSISE, D. MARIOTTI, C. CIUCCARELLI, F. BERNARDINI, M.G. BIANCHI, G. TARABUSI, A. COMASTRI, Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia negli ultimi 150 anni (1861-2011), Bologna, 2011.

[3] Nascita ed “evoluzione” della classificazione sismica in Italia sono trattati in D. MARINO, Normativa sismica e prevenzione, in Riv. Cammino Diritto,  2022, n. 6.

[4] L’attività di riduzione del rischio sismico può essere attuata solo riducendo la vulnerabilità, non essendo possibile intervenire sulla componente naturale, ovvero la pericolosità.

[5] Il PFG del CNR è stato un progetto di ricerca multidisciplinare condotto da ricercatori specializzati in geologia strutturale, ingegneria sismica, sismologia e vulcanologia fra il 1976 e il 1981 con lo scopo di valutare e ridurre il rischio sismico e vulcanico in Italia.

[6] Il GNDT è stato istituito nell’ambito del CNR con d. interm. del 7 luglio 1983 e riconfermato periodicamente con successivi decreti ministeriali. In base alla l. n. 225/1992 diventa organo della Protezione civile per il coordinamento della ricerca scientifica nel settore della mitigazione del rischio sismico (artt. 11 e 17). A partire dal 1991 si assiste a una consistente riduzione delle risorse messe a disposizione del gruppo, fino al trasferimento dal CNR al neoistituito INGV (d.lgs. n. 381/1999). Il programma triennale 2000-2002 è l’ultimo riconducibile all’operatività del GNDT, prima della sua dismissione.

[7] Daniele Postpischl, sismologo dell’Università di Bologna, ha contribuito in modo rilevante allo sviluppo della sismologia moderna. Il Catalogo dei terremoti italiani dall’anno 1000 al 1980, pubblicato nell’ambito del PFG nel 1985, è noto come “catalogo Postpischl”.

[8] Il seminario Educazione ai rischi naturali tenuto a Genova nel settembre del 1991 è stato l’ultimo dibattito pubblico di carattere nazionale sull’argomento, mentre per l’ambito locale si ricordano, fra le varie iniziative, la pubblicazione dell’opuscolo Conoscere per difendersi. Il terremoto (a cura di S. Raccichini, 1990) e la promozione di campagne informative per le scuole.

[9] Romano Camassi, laureato in Pedagogia (con una tesi in Storia moderna), è un ricercatore dell’INGV che da oltre trent’anni si occupa di sismologia. È coautore dei principali cataloghi sismici italiani e da circa un ventennio è impegnato in progetti di educazione al rischio sismico. 

[10] M. STUCCHI, L’educazione al rischio sismico: un bilancio parziale (colloquio con Romano Camassi), in terremotiegrandirischi.com, 13/12/2018 (ultimo accesso 14/04/2023).

[11] L’INGV è un ente di ricerca nel campo delle geoscienze, con attenzione specifica alla sismologia, alla vulcanologia e alle tematiche ambientali istituito con d.lgs. n. 381/1999 (si è costituito formalmente il 10 gennaio 2001). In esso sono confluiti l’Istituto nazionale di geofisica (ING), l’Osservatorio vesuviano (OV), l’Istituto internazionale di vulcanologia (IIV) di Catania, l’Istituto di geochimica dei fluidi (IGF) di Palermo e l’Istituto di ricerca sul rischio sismico (IRRS) di Milano. Tra le sue funzioni, definite all’art. 2 dello statuto (Missione): la progettazione e il coordinamento di programmi nazionali e internazionali di ricerca finalizzati in particolare alla valutazione della pericolosità sismica, vulcanica e ambientale; la sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale in collaborazione con il DPC; lo svolgimento di attività di formazione anche in convenzione con le università e altre istituzioni di alta formazione.

[12] Al progetto, nato dalla collaborazione tra ricercatori dell’INGV e dell’OGS (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale), hanno partecipato geofisici, geologi, sismologi storici, ingegneri delle strutture, psicologi dell’emergenza, specialisti della formazione e della comunicazione.

[13] Occorre evidenziare che nell’ambito del progetto sono state sviluppate anche attività formative a livello regionale, sempre rivolte alla scuola, finalizzate alla riduzione del rischio vulcanico. 

[14] Oggi le iniziative sviluppate sulla base del progetto iniziale si avvalgono di una piattaforma (https://www.edurisk.it) ideata per supportare la formazione scolastica, e non solo, a diffondere la conoscenza del rischio sismico, vulcanico e derivante da altri eventi naturali. Il materiale didattico realizzato a questo scopo è consultabile nella sezione “I materiali” (ultimo accesso 14/04/2023).

[15] Alla proposta iniziale promossa dall’Associazione nazionale delle pubbliche assistenze (ANPAS), hanno aderito il Dipartimento della protezione civile (DPC), l’INGV, ReLUIS (Consorzio della rete dei laboratori universitari di ingegneria sismica e strutturale) e fondazione CIMA (Centro internazionale in monitoraggio ambientale). L’iniziativa si avvale anche del sostegno della Conferenza delle regioni e delle province autonome e dell’Associazione nazionale dei comuni Italiani (ANCI).

[16] L’art. 12 co. 1 del d.lgs. n. 1/2018 (Codice della protezione civile) stabilisce che «lo svolgimento, in ambito comunale, delle attività di pianificazione di protezione civile e di direzione dei soccorsi con riferimento alle strutture di appartenenza, è funzione fondamentale dei Comuni».

[17] Il questionario è disponibile per la compilazione all’indirizzo https://www.terremototest.it (ultimo accesso 14/04/2023).

[18] Per un quadro più approfondito sulla percezione del rischio sismico in Italia si veda M. CRESIMBENE, F. LA LONGA, Terremoti: tra percezione e realtà, in Terremoti, Comunicazione, Diritto. Riflessioni sul processo alla “Commissione Grandi Rischi”, a cura di Amato, Cerase, Galadini, 2015, Milano, 227-244.

[19] In questo contesto, con riferimento agli eventi naturali (terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni, ecc.), per “immaginario” si intende la rappresentazione da parte del singolo individuo di questi fenomeni, in base alle esperienze vissute direttamente o a come tali emergenze sono state recepite tramite i racconti di altri.

[20] L’analisi si riferisce allo studio di E. ERCOLANI, R.D. CAMASSI, F. BRASINI, D. MODONESI, V. CASTELLI, V. PESSINA, Comunicare ed educare al rischio, le strade possibili, in Quaderni di Geofisica, 2022, n. 182, 25-26.

[21] A. AMATO, F. GALADINI, Gli argomenti della scienza nel processo dell’Aquila alla “commissione grandi rischi”, in Analysis. Rivista di cultura e politica scientifica, 2013, a. 15, n. 3-4, 26-27 e 31.

[22] Si tratta di competenze spettanti al Ministero dell’istruzione e del merito (MIM), così ridenominato (rispetto alla denominazione precedente di Ministero dell’istruzione, MI) a ottobre 2022 dal governo Meloni, e del Ministero dell’università e della ricerca (MUR), nati nel 2020 dalla suddivisione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) operata dal governo Conte II.

[23] La Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è l’organo di collegamento fra la Protezione civile e la comunità scientifica incaricata di dare al Capo dipartimento pareri tecnico-scientifici finalizzati a migliorare la capacità di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi. Attualmente l’attività della commissione è delineata dall’art. 20 del d.lgs. n. 1/2018 (Codice della protezione civile), mentre il d.p.c.m. dell’8 febbraio 2023 ne definisce composizione e modalità di funzionamento.

[24] Mario Morcellini è professore emerito di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso la Sapienza Università di Roma. Ha ricoperto e ricopre numerose cariche sia a livello universitario che per altre istituzioni. È autore di ricerche sulla comunicazione televisiva e stampata, nonché sui comportamenti comunicativi e digitali dei giovani e degli adulti.

[25] Mario Morcellini è citato in AMATO, GALADINI, Gli argomenti della scienza nel processo dell’Aquila alla “commissione grandi rischi” cit., 29.

[26] Il 22 ottobre 2012 il Tribunale dell’Aquila ha condannato a sei anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose sette esperti (sismologi e ingegneri) che a vario titolo avevano partecipato alla riunione della CGR tenutasi all’Aquila il 31 marzo 2009. I sette imputati sono stati ritenuti colpevoli di «negligenza, imprudenza, imperizia» a causa di «una “valutazione dei rischi connessi” all’attività sismica in corso sul territorio aquilano dal dicembre 2008 approssimativa, generica ed inefficace in relazione alle attività e ai doveri di “previsione e prevenzione” […] fornendo, in occasione della detta riunione, sia con dichiarazioni agli organi di informazione sia con la redazione di un verbale […] informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie […] sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell’attività sismica in esame» (Trib. dell’Aquila sent. n. 380/2012). Il 10 novembre 2014 la Corte d’appello ha poi assolto sei dei sette imputati («il fatto non sussiste»), condannando il solo Bernardo De Bernardinis, con riduzione della pena da 6 a 2 anni (App. dell’Aquila sent. n. 3317/2014). Decisione confermata anche in via definitiva il 20 novembre 2015 (Cass. IV Sez. pen. sent. n. 2221/2015).  

[27] Per un’analisi dettagliata della sentenza della Corte di cassazione si veda Giacomo Cavallo, Una lettura della sentenza della Cassazione, in terremotiegrandirischi.com, 11/05/2016 (ultimo accesso 14/04/2023).

[28] Per un’analisi dettagliata della confusione mediatica precedente al terremoto del 6 aprile 2009 si veda AMATO, GALADINI, Gli argomenti della scienza nel processo dell’Aquila alla “commissione grandi rischi” cit., 18-25.

[29] L’intervista è consultabile all’indirizzo https:/youtube.com (ultimo accesso 14/04/2023).

[30] S. IANNACONE, Terremoto dell’Aquila, perché gli scienziati della Commissione grandi rischi sono stati assolti?, in Wired, 23/11/2015 (ultimo accesso 14/04/2023).

[31] Giacomo Cavallo, astrofisico in pensione, ha seguito, commentandole, le diverse fasi del processo fino alla sentenza definitiva. In particolare, è stato autore di una critica molto meticolosa e severa della sentenza di primo grado (l’articolo integrale La sentenza “Grandi Rischi”: una lettura critica della motivazione è disponibile all’indirizzo https://processoaquila.files.wordpress.com, ultimo accesso 14/04/2023), che ha suscitato interesse anche in campo non strettamente scientifico. 

[32] G. CAVALLO, Una lettura critica della sentenza del processo “Grandi Rischi”, in terremotiegrandirischi.com, 06/03/2014 (ultimo accesso 14/04/2023).

[33] G. VALENSISE, G. TARABUSI, E. GUIDOBONI, G. FERRARI, The forgotten vulnerability: A geology-and history-based approach for ranking the seismic risk of earthquake-prone communities of the Italian Apennines, in International Journal of Disaster Risk Reduction, 2017, n. 25, 298 (traduzione del testo originale in lingua inglese).

[34] Romano Camassi si riferisce agli articoli di R. SAPORITI, Terremoto, le scuole italiane sono sicure? Non lo sappiamo, in Wired, 07/09/2016 (ultimo accesso 14/04/2023) e di E. TOLA, Scuole sicure: verifica sulla mappa cosa è stato fatto nell’edificio dove studia tuo figlio, in Agi, 25/09/2017 (ultimo accesso 14/04/2023) nei quali si svolgono indagini su scala nazionale.

[35] M. STUCCHI, L’educazione al rischio sismico: un bilancio parziale (colloquio con Romano Camassi) cit.

[36] Cfr. E. GUIDOBONI, J.P. POIRIER, Storia culturale del terremoto dal mondo antico a oggi, Soveria Mannelli, 2019.

[37] David Eric Alexander insegna Pianificazione e gestione dell’emergenza all’UCL Institute for risk and management reduction. Conduce studi sui disastri da più di quarant’anni (ha vissuto direttamente il terremoto dell’Irpinia-Basilicata del 23 novembre 1980, che ha danneggiato gravemente la casa in cui abitava). Tra le principali aree di ricerca: la pianificazione e gestione dell’emergenza e le teorie sulla riduzione del rischio da disastri.

[38] D.E. ALEXANDER, Disastri possibili: prevedere dove portano le tendenze attuali e il ruolo della teoria, in Prevedibile/imprevedibile: eventi estremi nel prossimo futuro, a cura di Guidoboni, Teti, Mulargia, Soveria Mannelli, 2015, 23.

[39] Sulla «mancata o incompleta transizione istituzionale e di sistema politico» in Italia si veda S. ROGARI, La scienza storica. Principi, metodi e percorsi di ricerca, Torino, 2013, 154.

[40] Si tratta di iniziative, come altre dello stesso tenore, apprezzabili ma che hanno risentito dell’instabilità dei governi e delle relative politiche, che in questo settore più che in altri, data la lentezza intrinseca dei tempi di attuazione, dovrebbero essere perseguite in modo coerente e continuativo per poter essere efficaci. Per un quadro completo dell’attività del Dipartimento Casa Italia si veda https://www.casaitalia.governo.it/generali (ultimo accesso 14/04/2023).

[41] Il governo presieduto da Giorgia Meloni è in carica dal 22 ottobre 2022.

[42] Quando si sta scrivendo l’articolo la proposta di revisione è in corso di definizione. Per approfondimenti sull’argomento si veda D. MARINO, Il Codice della protezione civile e la prevenzione sismica, in Riv. Cammino Diritto, 2021, n. 7.

[43] L. CALZOLARI, Musumeci: la riforma del Codice di protezione civile e il ruolo dello Stato, in ilgiornaledellaprotezionecivile.it, 05/03/2023 (ultimo accesso 14/04/2023).

[44] CALZOLARI, Musumeci: la riforma del Codice di protezione civile e il ruolo dello Stato, cit.

[45] CALZOLARI, Musumeci: la riforma del Codice di protezione civile e il ruolo dello Stato, cit.

[46] Sul punto si veda A. AMATO, F. GALADINI, Gli argomenti della scienza nel processo dell’Aquila alla “commissione grandi rischi” cit., 26. Sul ruolo della scuola e dell’università in materia di prevenzione sismica si veda anche M. GALIZIA, Il ruolo dei tecnici nell’emergenza post-sisma: l’importanza della cultura della prevenzione sismica nella formazione scolastica e universitaria, in terremotiegrandirischi.com, 31/03/2022 (ultimo accesso 14/04/2023). Per quel che riguarda le esperienze oltre i confini nazionali, si mette in evidenza l’esperienza francese dotata della rete di formatori IFFO-RME (www.iffo-rme.fr, ultimo accesso 14/04/2023) della quale Romano Camassi, pur non considerandola «un’esperienza avanzatissima sul piano della definizione dei contenuti, strategie di azione», apprezza il fatto che si tratta di «iniziativa nazionale, consolidata nel tempo, che coinvolge una marea di soggetti, dai ministeri (ambiente, istruzione, interni), alle università, ecc. Esattamente quello che manca a noi» (M. STUCCHI, L’educazione al rischio sismico: un bilancio parziale (colloquio con Romano Camassi) cit.).

[47] Per un ritratto di Giuseppe Zamberletti si veda S. VENTURA, Zamberletti e la Protezione Civile, in il lavoro culturale, 04/02/2019 (ultimo accesso 14/04/2023).

Bibliografia

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