Pubbl. Gio, 26 Nov 2015
Improcedibilità per particolare tenuità del fatto anche in assenza della persona offesa
Modifica paginaCommento alla sentenza della Cassazione, SS.UU., n. 43264 del 27 ottobre 2015.
La Quinta Sezione penale, con ordinanza del 10 aprile-15 maggio 2015, ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione del contrasto giurisprudenziale sorto in merito al seguente quesito: “se la mancata comparizione della persona offesa alla udienza davanti al giudice di pace implichi di per sé una opposizione a che il procedimento sia definito con una dichiarazione di particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 34, comma 3, d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274”.
L’art. 34 del d.lgs. 274/2000 disciplina, dunque, l’esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto.
In particolare, esponendo brevemente quanto disposto dalla norma in questione, il comma 1 sancisce che il fatto possa dirsi di particolare tenuità se il danno o il pericolo sono esigui, se trattasi di un episodio occasionale, se il grado di colpevolezza non giustifica l’esercizio dell’azione penale.
Il giudice deve tenere in considerazione tali elementi e compararli non solo con l’interesse tutelato dalla norma violata, ma anche se il proseguo del procedimento possa arrecare dei pregiudizi alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato.
Siffatta disciplina può trovare, quindi, applicazione non solo nel dibattimento, ma anche nel corso delle indagini; in quest’ultima ipotesi sarà il Pubblico Ministero, rilevata la tenuità del fatto, a presentare una richiesta di archiviazione. Il giudice potrà disporre l’archiviazione con la formula di “non doversi a procedere”, ma solo se non risulta essere sussistente un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento (comma 2, art. 34 d.lgs. n. 274/2000).
A tal proposito, le Sezioni Unite in commento hanno precisato che il giudice potrà desumere l’interesse della persona offesa da qualsiasi elemento di valutazione, tra cui anche il formale atto di opposizione. In tale ultima ipotesi, dunque, il procedimento continuerà il suo corso, tuttavia in sede dibattimentale, le Sezioni Unite affermano che “la persona offesa potrà inibire la dichiarazione di improcedibilità per particolare tenuità del fatto solo reiterando formalmente, in quella sede, la sua dichiarazione di opposizione, che non potrebbe ripetere automaticamente da quella eventualmente già espressa”.
In altri termini, non sarebbe valida una dichiarazione di opposizione della persona offesa effettuata “ora per allora”.
Per completezza, il comma 3 dell’art. 34, dispone che dopo l’esercizio dell’azione penale, il giudice può dichiarare con sentenza la particolare tenuità del fatto solo se la persona offesa e l’imputato non si oppongono.
Orbene, così sinteticamente richiamata la disciplina dettata dall’art. 34, sulla problematica oggetto di rinvio alle Sezioni Unite – come riportati anche in sentenza – si sono registrati due diversi orientamenti.
Un primo orientamento, ritiene che la mancata comparizione della persona offesa rappresenterebbe un fatto neutro e, pertanto, non potrebbe essere ricondotto ad una volontà di non opposizione (in tal senso viene citata nella sentenza Cass. Pen., Sez. 5, n. 49781/2012 e Cass. Pen., Sez. 5, n. 33763/2013).
Sempre all’interno del medesimo filone interpretativo, pur non escludendo che possa desumersi la volontà di non opposizione della persona offesa da fatti concludenti e sintomatici, tuttavia si ritiene che tali fatti debbano presentare la caratteristica dell’univocità e, dunque, essere “specificamente rivelatori di una volontà non ostativa a un siffatto esito liberatorio del procedimento” (vengono citate, Cass. Pen., Sez. 5, n. 244609/2009, n. 16689/2004 e n. 17965/2014).
Un secondo orientamento, al contrario, ritiene che la non comparizione in udienza da parte della persona offesa equivalga ad una volontà (evidentemente implicita) di rinuncia a tutte le sue facoltà processuali, tra cui anche quella di opposizione alla definizione del procedimento per particolare tenuità del fatto (Cass. Pen., Sez. 4, nn. 25917/2004 e 41702/2004 e Cass. Pen., Sez. 3, n. 48096/2013).
Ricostruiti in tali termini il contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite osservano che entrambi gli orientamenti impostano il loro ragionamento partendo però dal medesimo errato presupposto.
In particolare, osservano che le due contrapposte tesi qualificano la mancata presenza della persona offesa in termini indicativi di una volontà implicita in senso negativo (secondo il primo degli orientamenti), oppure in senso positivo (come fa il secondo orientamento).
In altri termini, si tratta di accertare se vi è un’adesione implicita o esplicita da parte della persona offesa.
Tuttavia, la Suprema Corte individua proprio in tale presupposto comune ad entrambi gli orientamenti, cioè l’accertamento dell’adesione, l’errore che conseguentemente si ripercuote nelle tesi suddette.
Infatti, l’art. 34 d.lgs. 274/2000 non richiede espressamente che vi sia un’adesione da parte della persona offesa (e dell’imputato), piuttosto chiede una precisa presa di posizione consistente nell’opposizione.
Tale conclusione è si allinea a quanto affermato anche dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 63 del 2007, la quale ha stabilito che l’art. 34 “prevede ai fini dell’operatività dell’istituto de quo, nella fase successiva all’azione penale, non già una condizione positiva (il consenso), ma una condizione negativa (la non opposizione; se l’imputato e la persona offesa non si oppongono)”.
Per di più le Sezioni Unite precisano che siffatta volontà di opposizione deve essere necessariamente espressa, “non potendosi desumere da atti o comportamenti che non abbiano il carattere di una formale ed inequivoca manifestazione di volontà”. Nondimeno, la volontà di opposizione può essere espressa tramite memorie e deve ritenersi implicita se la persona offesa si sia costituita parte civile.
Ovviamente, la persona offesa deve essere stata messa in grado di poter esprimere la sua opposizione e dunque occorre che venga correttamente citata in dibattimento. Ciò, peraltro, non vuol dire che “la legge impone un’apposita convocazione della persona offesa specificamente preordinata a raccogliere la sua eventuale opposizione”.
Inoltre, la Suprema Corte si preoccupa di precisare che l’opposizione rientra tra gli atti c.d. personalissimi, con la conseguenza che deve pervenire direttamente dalla persona offesa oppure a mezzo di procuratore speciale. Dunque, non può rappresentare siffatta volontà il difensore o altri soggetti, ad eccezione dell’ipotesi di persona offesa minore, interdetta o inabilitata.
Pertanto, dopo aver stabilito che l’art. 34 non richiede una espressa adesione da parte della persona offesa (e dell’imputato) alla definizione del procedimento per particolare tenuità del fatto, ma semmai la norma chiede una opposizione da parte di tali soggetti, le Sezioni Unite concludono che l’assenza della persona offesa che è stata regolarmente citata o che è irreperibile, non è un fatto di per sé ostativo affinché il giudice possa valutare la sussistenza della particolare tenuità con la conseguente dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale, poiché dall’assenza della persona offesa non è possibile desumere alcuna volontà di opposizione.