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Pubbl. Ven, 31 Mar 2023

Come quantificare il danno nella responsabilità precontrattuale della P.A.

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Alfonso Ruffo
Laurea in GiurisprudenzaAlma mater studiorum - Università di Bologna



Nel presente contributo, viene esaminato il tema della quantificazione del danno nel caso di responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, alla luce della recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1074/2023. Dopo una breve disamina sui caratteri di tale forma di responsabilità, si ci sofferma sugli elementi che compongono il danno, oggetto di risarcimento e su chi incombe l´onere probatorio.


ENG In this contribution, the issue of quantifying the damage in the case of pre-contractual liability of the Public Administration is examined, in the light of recent sentence of the Council of State no. 1074/2023. After a brief examination of the charateristics of this form of liability, we focus on the elements that make up the damage, subject to compensation, and on who bears the burden of proof.

Sommario: 1. La responsabilità precontrattuale: caratteri generali; 2. Il caso: sentenza n. 1074/2023 del Consiglio di Stato; 3. La quantificazione del danno nel caso della responsabilità precontrattuale; 4. Conclusioni.

1. La responsabilità precontrattuale: caratteri generali

La sentenza[1], che viene commentata nel presente contributo, ha ad oggetto la quantificazione del danno nel caso della responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione. Prima di entrare nel merito della questione, si reputa doveroso tracciare le linee di tale forma di responsabilità, in particolar modo nella relazione tra il soggetto pubblico ed il privato cittadino.

Si configura la responsabilità precontrattuale[2] qualora le parti, durante la fase che precede la stipulazione del contratto, pongano in essere comportamenti scorretti, contrari al canone di buona fede. A tal proposito, l’art. 1337 c.c., codificando la c.d. buona fede oggettiva, prevede che le parti durante la fase delle trattative contrattuali si comportino secondo buona fede, melius nel rispetto dei doveri di lealtà e correttezza. Inoltre, l’art. 1338 c.c. prevede che << la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto>>. In tal modo, l’interesse tutelato è la libertà negoziale in modo che nessuno sia, ingiustamente, coinvolto in trattative inutili.

Il fatto che manchi un’espressa previsione sul punto ha portato la dottrina e la giurisprudenza ad interrogarsi sulla natura di tale forma di responsabilità[3]. Difatti, un orientamento giurisprudenziale maggioritario ritiene che si tratti di responsabilità aquiliana, in quanto, il comportamento scorretto di una parte, da cui derivano dei danni alla controparte, viene posto in essere in una fase in cui ancora il contratto non è stato stipulato. Viceversa, un altro orientamento la qualifica come responsabilità contrattuale, considerato che tra le parti viene a crearsi un rapporto da "contatto sociale", che genera reciproco affidamento. Infine, alcuni sostengono che si tratti di un tertium genus di responsabilità. Ciò non rappresenta una mera disquisizione teorica, in quanto in base alla tesi condivisa, discendono diverse conseguenze. Se la responsabilità precontrattuale si consideri di natura aquiliana, il termine prescrizionale è di cinque anni; sono risarcibili persino i danni imprevedibili, e rileva la capacità di intendere e di volere del danneggiante (art. 2046 c.c.). Viceversa, se si considera di natura contrattuale, il termine prescrizionale è decennale, e il risarcimento è relegato, soltanto, ai danni prevedibili (art. 1225 c.c.).

Tracciati, gli aspetti rilevanti di tale forma di responsabilità, è opportuno esaminarla alla luce della relazione tra Amministrazione e privati cittadini.

In primo luogo, bisogna volgere lo sguardo all’art. 1 della legge n. 241 del 1990, il cui comma 2-bis sancisce che << i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede>>. Inoltre, il primo comma del medesimo articolo, prevede che l’azione amministrativa è retta, anche, dai principi dell’ordinamento comunitario, tra cui non si può non citare il legittimo affidamento.

La dottrina e la giurisprudenza, inizialmente, fecero difficoltà a riconoscere una sorte di responsabilità precontrattuale in capo all’Amministrazione, per una serie di ragioni[4]:

  • l’Amministrazione persegue finalità pubbliche;
  • l’operato pubblico si presume essere corretto;
  • l’Amministrazione esercita poteri, anche, discrezionali.

Successivamente, è stato preso in considerazione che l’Amministrazione può agire iure privatorum e stipulare contratti con i soggetti privati. Però, il soggetto pubblico per scegliere il proprio contraente deve porre in essere una procedura, c.d. di evidenza pubblica, improntata ai principi di imparzialità e trasparenza. Per tale ragione, la giurisprudenza ritenne applicabile i principi della responsabilità precontrattuale, solo nel momento in cui venisse a crearsi un rapporto personalizzato tra l’Amministrazione ed il soggetto privato, ossia dal momento dell’aggiudicazione. Tale orientamento, molto contestato, è stato sconfessato, di recente, dal Consiglio di Stato, il quale ha affermato che << nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento>>[5].

Inoltre, il Consiglio di Stato[6] ha sottolineato che si configura la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, non solo laddove il privato dimostri la propria << (…) buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economiche onerose)>>, ma qualora sussistano i seguenti presupposti:

  • tale affidamento sia stato leso da una condotta dell’Amministrazione, che, indipendentemente, dalla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti contraria ai canoni di correttezza;
  • il comportamento scorretto sia imputabile, anche, soggettivamente al soggetto pubblico;
  • il privato provi sia il danno-evento, ossia la lesione della propria libertà negoziale, sia il danno-conseguenza, melius << (…) le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate>>;
  • infine, il privato deve provare il nesso di causalità tra i predetti danni ed il comportamento scorretto dell’Amministrazione.  

Dopo questa breve disamina, è opportuno prendere in considerazione una recente sentenza del Consiglio di Stato, che si sofferma sulla quantificazione del danno nel caso di responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione.

2. Caso: sentenza n. 1074/2023 del Consiglio di Stato

Nel caso di specie[7], l’Amministrazione ha indetto una gara per la dotazione di servizi, la manutenzione e la riqualificazione di aree verde in alcune zone, denominate “Punti verde ristoro”.

In un secondo momento, l’Amministrazione rileva l’illegittimità della predetta procedura, e la annulla d’ufficio.

È opportuno esaminare la motivazione, posta alla base del provvedimento di annullamento, per poter percepire l’illegittimità della procedura di gara.

In primo luogo, l’Amministrazione non ha posto alla base della gara uno studio di fattibilità, come richiesto dell’art. 146 del D. Lgs. 163/2006 (normativa applicabile all’epoca in cui fu espletata la gara oggetto della sentenza in commento), che consente, anche, di poter verificare se vi siano dei vincoli storico-artistici, paesaggistici, archeologici, nelle aree interessate dagli interventi, supra esposti.

In secondo luogo, al bando di gara non è stato allegato il disciplinare della procedura né sono state individuati, concretamente, gli interventi da effettuare ed i criteri per la scelta del concessionario.

Infine, l’Amministrazione adduce che non è stata rispettata la procedura autorizzativa di cui all’art. 52 del Codice dei beni culturali (D. Lgs. 42/2004) e quella prevista dalla delibera del Commissario del Comune di Roma[8].

La ditta aggiudicatrice propone ricorso al T.A.R. Lazio avverso tale provvedimento, adducendo una serie di motivi.

Il giudice di prime cure rigetta tale ricorso, ma la parte ricorrente, riproponendo i medesimi motivi, propone appello dinanzi al Consiglio di Stato.

Sul punto, è necessario esaminare le doglianze della parte ricorrente.

In primo luogo, la ricorrente ritiene che si tratti di una concessione di servizi pubblici e non di lavori, per cui non sarebbe applicabile l’art. 142 del D. Lgs. 163/2006 (in quanto la norma si riferisce solo alle concessioni che abbiano ad oggetto lavori pubblici).

Il collegio parte dal presupposto che nella procedura di gara non siano stati definiti i criteri della scelta del contraente né sia stata individuata la prestazione, nel dettaglio, oggetto di concessione. Per tale ragione, al di là della qualificazione della concessione, è stato violato il terzo comma dell’art. 30 del D. Lgs. 163/2006 (norma applicabile alla concessione dei servizi), il quale prevede che la scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei principi europei e da quelli definiti dal codice dei contratti pubblici (quali la trasparenza, la pubblicità, la parità di trattamento e l'imparzialità).

Inoltre, come ha ribadito il giudice di primo grado, qualora i lavori siano strumentali alle concessioni di servizi e siano diretti a realizzare opere pubbliche che diventano di proprietà dell’Amministrazione aggiudicatrice, deve trovare integrale applicazione il codice dei contratti pubblici. Ciò sia se i lavori siano eseguiti dai medesimi concessionari, sia se questi ultimi (come se fossero stazioni appaltanti) li affidano a terzi.

La seconda doglianza è la contestazione della predisposizione dello studio di fattibilità.

In tal caso, il collegio, come il giudice di primo grado, ritiene che debba essere redatto uno studio di fattibilità prima della realizzazione dei lavori pubblici, in modo che siano delineati le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economiche dei predetti lavori. D’altra parte, prima della realizzazione delle opere pubbliche è necessaria la predisposizione di una progettazione preliminare in modo che siano definiti i caratteri della prestazione, e ciò non venga rimessa alla discrezionalità tecnica del concessionario (vanificando anche le finalità di qualità, sostenibilità, e quelle economiche ed ambientale ed il rispetto delle regole sulla qualificazione ed esecuzione dei lavori). Infine, lo studio di fattibilità consentirebbe di rapportare gli interventi con le zone interessate, verificando se sussistano vincoli di carattere storico-artistico, archeologico, paesaggistico.

Tralasciando gli ulteriori motivi di doglianza sulle mancate autorizzazioni richieste, è opportuno trattare il tema centrale del presente contributo, ossia la quantificazione del danno, nel caso della responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione.

Nel caso, supra esaminato, sia il giudice di primo grado che il Consiglio di Stato ritengono, del tutto, legittimo l’annullamento d’ufficio della procedura di gara in quanto risulta essere contra legem. Allo stesso tempo, riconoscono la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, in quanto il privato è stato coinvolto in una procedura invalida ab origine per fatto imputabile all’Amministrazione. A tal punto, il giudice di primo grado afferma che la << (…) condotta colposa dell’amministrazione si è concretizzata sia nell’indizione di una gara “contra legem” sia nell’induzione dei partecipanti a confidare nel fisiologico sviluppo della gara e dei suoi esiti finali>>.

Inoltre, il Consiglio di Stato specifica che si tratta di una responsabilità precontrattuale c.d. pura[9], in quanto l’Amministrazione non adotta provvedimenti illegittimi, bensì pone in essere comportamenti scorretti. Difatti, riprendendo le parole del Collegio, si configura una responsabilità precontrattuale c.d. pura qualora l’Amministrazione << (…) con un proprio comportamento contrario a buona fede, leda il legittimo affidamento riposto dal privato nella conclusione del contratto, incidendo negativamente sul suo diritto all’autodeterminazione in ambito negoziale e, quindi, violando una posizione di diritto soggettivo. La configurabilità di tale fattispecie ricorre tipicamente laddove l’amministrazione incida con atto di autotutela su di una gara già culminata nell’atto di aggiudicazione e il privato aggiudicatario avanzi una richiesta risarcitoria che fa leva sulla scorrettezza della stazione appaltante>>.

Delineati i caratteri della responsabilità, per cui è chiamata a rispondere l’Amministrazione, nel prossimo paragrafo sarà esaminata la quantificazione del danno, alla luce della sentenza, appena, commentata.

3. La quantificazione del danno nel caso della responsabilità precontrattuale

Per quanto concerne il risarcimento del danno, è opportuno distinguere l’interesse negativo rispetto all’interesse positivo[10].

L’interesse negativo si compone di due voci:

  • il danno emergente, consistente nelle spese che la parte ha sostenuto, durante la fase delle trattative;
  • il lucro cessante riguardante le occasioni di guadagno perdute (a cui la parte ha dovuto rinunciare), essendo la parte coinvolta nelle predette trattative.

Viceversa, l’interesse positivo riguarderebbe la relativa prestazione che spetterebbe alla parte, in forza del contratto. 

Quando si configura la responsabilità precontrattuale, ancora, non è stato stipulato il contratto per cui oggetto del risarcimento non può che, essere, unicamente, l’interesse negativo.

Sul punto, sulle orme della sentenza commentata, si sottolinea come i giudici tendano a riconoscere il danno emergente, ossia le spese sostenute durante la fase delle trattative (che nel caso esaminato sarebbe la procedura di gara), viceversa, richiedano per il lucro cessante, corrispondente ai mancati guadagni, un’espressa prova dalla parte privata danneggiata.

Ciò, anche, alla luce del principio di vicinanza della prova, in quanto solo la parte privata sarà capace di poter dimostrare che, durante la fase delle trattative, abbia ricevuto delle occasioni di guadagno che ha dovuto rifiutare.  Per tale ragione, una volta configurata una scorrettezza dell’Amministrazione che abbia inciso sulla libertà negoziale di un soggetto, il lucro cessante deve essere provato dal ricorrente, e non può essere presunto.

Difatti, come ha sostenuto la Corte di Cassazione in relazione alla quantificazione del danno per responsabilità precontrattuale << (…) il risarcimento deve esser ragguagliato al "minor vantaggio o al maggior aggravio economico" determinato dal comportamento tenuto dall'altra parte in violazione dell'obbligo di buona fede, salvo che sia dimostrata l'esistenza di ulteriori danni che risultino collegati a detto comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (…)>>[11].

Mentre nell’ambito della responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è limitato all’interesse negativo, viceversa, in caso di illegittima mancata aggiudicazione del contratto, il danno risarcibile si estende al c.d. interesse positivo. Difatti, il danno risarcito sarà il mancato guadagno che l’impresa avrebbe conseguito, laddove fosse stata aggiudicatrice dell’appalto. Inoltre, accanto a tale componente del lucro cessante, la giurisprudenza ritiene che sia risarcibile, laddove provato, il c.d. danno curriculare che consiste nel << (…) pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto>>[12]. In tal caso, il lucro cessante, comprensivo del danno curriculare, dovrà essere dimostrato dalla parte ricorrente, alla luce sia dell’art. 2697[13] c.c. che dell’art. 124[14] c.p.a.

Nell’ambito della responsabilità precontrattuale, nel momento, in cui l’Amministrazione annulli l’aggiudicazione per fatto ad essa imputabile, questa dovrà risarcire i danni che il privato ha subito per aver riposto affidamento incolpevole nella conclusione del contratto. Come detto, i danni sono limitati all’interesse negativo suddivisibile in due voci: le spese inutilmente sostenute (danno emergente) e, laddove dimostrato, le occasioni di guadagno perdute. Tale lucro cessante dovrà essere provato e non si potrà ricorrere a presunzioni basate sull’id quod plerumque accidit (come, invece, sosteneva il ricorrente nella sentenza, supra, esaminata).

4. Conclusioni

Come è emerso, anche, l’Amministrazione, durante la fase che precede la stipulazione del contratto, deve comportarsi secondo correttezza e buona fede. Difatti, nel momento in cui, tramite un comportamento scorretto, leda la posizione di legittimo affidamento che il privato abbia riposto nella conclusione del contratto, è chiamata a rispondere per responsabilità precontrattuale. In tal caso, spetterà al privato il risarcimento dei danni, consistenti nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara, e nelle occasioni perdute (laddove dimostrate), per aver confidato nella conclusione del contratto con la Pubblica Amministrazione.


Note e riferimenti bibliografici

[1]Cons. di St, sez. V, n. 1074, 4/03/2023.

[2]Per approfondire si rinvia a D. IANNI, La responsabilità precontrattuale: il contratto concluso a condizioni non convenienti per omessa informazione della controparte, in Riv. Camm. Dir., 5/2021.

[3]Cfr. T. FACCIOLINI, Responsabilità precontrattuale: il risarcimento è circoscritto all’interesse negativo, in Riv. Camm. Dir., 12/2021. Sul punto, si v., ampiamente, F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. II, Ed. III, CEDAM, Milano, 2015, p. 652 ss. Si v., anche. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Ed. XX, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2021, p. 881 ss.

[4]Cfr. F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, DIKE Giuridica, Ed. XV, Roma, 2022, p. 285 ss.

[5]Cons. di St., Ad. Pl, n. 5, 4/05/2018. 

[6]Cons. di St., Ad. Pl, n. 5, 4/05/2018. 

[7]Cons. di St, sez. V, n. 1074, 4/03/2023.

[8]La delibera richiede che i progetti di riqualificazione di aree verdi e manufatti, che eventualmente esistono in ville e parchi giochi, debbano rispettare le normative inerenti ai vincoli monumentali e paesistici che sussistono nelle aree interessate. Inoltre, tale delibera prevede che per le zone vincolate, previo parere delle Soprintendenze, i bandi di gara dovrebbero prospettare dei criteri-guida per la progettazione, avente ad oggetto strutture di punti ristoro.

[9]Sul punto, si v. F. GARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 282. L’A. sottolinea come la dottrina distingua la responsabilità precontrattuale c.d. pura << (…) in cui il soggetto pubblico non adotta provvedimenti illegittimi, ma tiene comportamenti illeciti contrari agli artt. 1337 e 1338 c.c. (…)>> dalla responsabilità precontrattuale c.d. spuria <<(...) discendente dalla adozione di provvedimenti illegittimi nel corso della procedura di evidenza pubblica>>.

[10]Sul punto si v. A. PETRUCCI, Fondamenti romanistici del diritto europeo. La disciplina generale del contratto, I, Giappichelli, 2018, Torino, p. 161. L’A. sottolinea come tale bipartizione risale all’esperienza giuridica tedesca del XIX secolo, ed è << (…) negativo l’interesse di ciascuno dei potenziali contraenti a non essere coinvolto in trattative inutili e lo calcola facendo la differenza tra il patrimonio attuale della parte lesa e quello che sarebbe stato il suo patrimonio, qualora non fosse entrata in trattative (…); [e tale interesse n.d.r.] si contrappone così all’interesse positivo corrispondente all’interesse al corretto adempimento del contratto validamente conclusosi (…) e calcolato come la differenza tra patrimonio attuale della parte lesa e patrimonio che essa avrebbe avuto a seguito dell’adempimento>>. Si v., anche, T. FACCIOLINI, Responsabilità precontrattuale: il risarcimento è circoscritto all’interesse negativo, cit.

[11]Cass. civ., sez. III, n. 24795, 8/10/2008.

[12]Cons. St, Ad. Pl., n.2, 12/05/2017.

[13]Art. 2697 c.c. << chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda>>.

[14]Art. 124, comma 1, c.p.a.: << L'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato>>.

Bibliografia

F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, DIKE Giuridica, Ed. XV, Roma, 2022;

D. IANNI, La responsabilità precontrattuale: il contratto concluso a condizioni non convenienti per omessa informazione della controparte, in Riv. Camm. Dir., 5/2021;

T. FACCIOLINI, Responsabilità precontrattuale: il risarcimento è circoscritto all’interesse negativo, in Riv. Camm. Dir., 12/2021;

F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. II, Ed. III, CEDAM, Milano, 2015;

F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Ed. XX, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2021;

A. PETRUCCI, Fondamenti romanistici del diritto europeo. La disciplina generale del contratto, I, Giappichelli, 2018, Torino.