Pubbl. Lun, 6 Mar 2023
La giurisdizione sull´azione di recupero in caso di indebita percezione del reddito di cittadinanza
Modifica paginaL´articolo ripercorre la questione relativa alla giurisdizione sull´azione di recupero a seguito di indebita percezione del reddito di cittadinanza in base alle recenti pronunce sul tema da parte dei Giudici di primo grado e di Appello della Corte dei Conti.
The jurisdiction over recovery action in the case of undue receipt of citizenship income
The article rewiews the issue of jurisdiction over the recovery action for undue receipt of citizenship income based on the recent rulings on the subject by the Court of Auditors´ Judges of First Istance and Appeal CourtsSommario: 1. Caratteristiche del reddito di cittadinanza; 2. Presupposti della giurisdizione contabile con particolare rilievo al rapporto di servizio nel caso di indebita percezione del reddito di cittadinanza; 3. Soluzioni differenti a cui giungono le Sezioni Giurisdizionali e la Sezione Centrale di Appello della Corte dei Conti; 4. Conclusioni.
1. Caratteristiche del reddito di cittadinanza
Il Reddito di Cittadinanza, introdotto dal D.l. n. 4 del 2019, è una misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale.
Si tratta di un sostegno economico a integrazione dei redditi familiari associato a un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari possono accedere sottoscrivendo un Patto per il lavoro ed un Patto per l'inclusione sociale.
La normativa prevede dei requisiti stringenti per poter godere della citata misura.
Sono legittimati a richiedere il reddito di cittadinanza i cittadini maggiorenni in una delle seguenti condizioni: italiani o dell’Unione Europea; cittadini di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, o apolidi in possesso di analogo permesso; cittadini di Paesi terzi familiari di cittadino italiano o comunitario titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente; titolari di protezione internazionale.
È, inoltre, necessario essere residenti in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.
Sono inoltre i previsti una serie di requisiti economici per poter accedere a tale misura.
In base all’art.4 del Dl n. 4 del 2019 l'erogazione del beneficio è condizionata alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, nelle modalità specificato dal citato articolo, nonché all'adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché' altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro e all'inclusione sociale.
Secondo il Comitato scientifico di valutazione del reddito di cittadinanza costituito presso il Ministero del Lavoro, il Reddito di cittadinanza costituisce uno strumento di contrasto alla povertà, individuale e familiare: il principale criterio per accedervi non è la mancanza di una occupazione, ma l’insufficienza delle risorse proprie e della propria famiglia, anche se i beneficiari, nei casi in cui l’età e altre condizioni lo consentano, sono tenuti a rispettare tutti gli impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro (Centri per l’impiego) e all’inclusione sociale (servizi sociali comunali).
L’integrazione di reddito, che costituisce la parte monetaria della misura, ha l’obiettivo di garantire a chi lo riceve di poter soddisfare i bisogni fondamentali, propri e della propria famiglia, e vivere dignitosamente: una abitazione (con i costi connessi), un’alimentazione sufficiente, vestiario, un minimo di mobilità, ecc.[1]
2. Presupposti della giurisdizione contabile con particolare rilievo al rapporto di servizio nel caso di indebita percezione del reddito di cittadinanza
Date tali caratteristiche, nell’ipotesi relativa all’indebita percezione del reddito di cittadinanza da parte del beneficiario e della susseguente azione di recupero, recentemente è emersa una differente valutazione in tema di giurisdizione tra la Sezione Giurisdizionale della Regione Campania e la Seconda Sezione Centrale di Appello della Corte dei conti riguardo la sussistenza della giurisdizione contabile.
Per inquadrare correttamente il tema e per comprendere la portata della questione, è necessario fare una breve disamina sui presupposti della giurisdizione contabile.
A tal proposito va rilevato che è sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti un soggetto legato da un rapporto di servizio ad una pubblica amministrazione che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale a quest’ultima tramite una condotta caratterizzata da dolo o colpa grave.
Alla luce di quanto esposto gli elementi della responsabilità amministrativa sono i seguenti: danno, condotta, elemento soggettivo, rapporto di causalità.[2]
Per quanto concerne l’oggetto della presente indagine, la questione fondamentale che ha portato ad una diversità di orientamenti all’interno della giurisprudenza della Corte dei conti riguarda l’elemento del rapporto di servizio.
Il rapporto di servizio è quella relazione di carattere funzionale in base alla quale una persona fisica o giuridica è inserito nell’organizzazione amministrativa in virtù di un titolo pubblicistico o privatistico e di conseguenza risponde avanti il Giudice contabile di eventuali danni cagionati all’Amministrazione dalla sua condotta.[3]
È interessante notare che il rapporto di servizio, grazie alla giurisprudenza contabile e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ha subito un’evoluzione nel corso del tempo.
Originariamente, il rapporto di servizio veniva identificato nel rapporto di impiego con l’Amministrazione di appartenenza.
Successivamente, tale nozione ha avuto un notevole ampliamento e, conseguentemente, un’espansione della giurisdizione contabile dal momento che si è ritenuto elemento imprescindibile per la sussistenza del rapporto di servizio non solo l’elemento soggettivo della qualifica del soggetto agente ma l’elemento sostanziale dell’inserimento nell’organizzazione della Pubblica Amministrazione in virtù di un titolo che può essere sia pubblicistico che privatistico.
Sotto tale profilo sono eloquenti le conclusioni a cui giungono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 515 del 24 luglio 2000:”l’esistenza di una relazione funzionale tra l’autore dell’illecito causativo di un danno patrimoniale e l’ente pubblico che subisce tale danno, quale presupposto per un addebito di responsabilità amministrativa, devoluto alla cognizione contabile, è configurabile non solo quando tra i due soggetti intercorra un rapporto di impiego in senso proprio, ma anche quando sia comunque ravvisabile un rapporto di servizio in senso lato, tale cioè da collocare il soggetto preposto in condizione di compartecipe dell’attività amministrativa dell’ente pubblico preponente.”
Ne consegue che si è ritenuta la sussistenza di un rapporto di servizio ai fini della dichiarazione della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in tutte le ipotesi in cui un soggetto, persona fisica o giuridica anche estraneo alla Pubblica Amministrazione, venga utilizzato ai fini dell’utilizzo continuativo di una determinata attività in favore della stessa amministrazione dal momento che, date tali caratteristiche, questi è inserito nell’organizzazione della medesima.
Pertanto, non si guarda più a cosa si è ma a cosa si fa.
3. Soluzioni differenti a cui giungono le Sezioni Giurisdizionali e la Sezione Centrale di Appello della Corte dei Conti
Alla luce della concezione funzionale del rapporto di servizio, si è riconosciuta la giurisdizione della Corte dei conti nell’ipotesi di danno alle pubbliche finanze provocato da soggetti privati destinatari di sovvenzioni o contributi pubblici, i quali abbiano violato gli obblighi riguardanti la finalizzazione delle risorse pubbliche sviando l’impiego del danaro pubblico dal fine tipico e dall’interesse generale per il quale era stato erogato.[4]
L’Ordinanza n. 4511 del 2006 è categorica nell’affermare che:” il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che ben può essere un privato o un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti”.
Per quanto concerne la questione relativa alla giurisdizione sull’indebita percezione del reddito di cittadinanza si segnala un contrasto in senso alla giurisprudenza della Corte dei conti in ordine alla configurazione del rapporto di servizio in capo al destinatario come precedentemente delineato in seguito all’evoluzione giurisprudenziale illustrata.
La Sezione Giurisdizionale Campania, con tre sentenze le n. 335, 336, 337 del 2021, nega la giurisdizione della Corte dei conti sulla circostanza dell’assenza del rapporto di servizio in ordine al beneficiario.
Secondo i Giudici Campani, il reddito di cittadinanza riveste una qualifica esclusivamente assistenziale attraverso la concessione di vantaggi che riguardano solo il beneficiario ed è, dunque, sorretto da mere finalità di solidarietà sociale.
In base a tale asserzione ne deriva che il percettore del reddito di cittadinanza non è inserito in alcun programma di carattere pubblicistico tale da finalizzare l’erogazione del beneficio al perseguimento di determinate finalità stante l’assenza di obblighi di rendicontazione.
Si è osservato che il carattere provvisorio dell’erogazione contrasterebbe con il rinvenimento di un rapporto strumentale tra l’Amministrazione ed il privato; in secondo luogo, non ne risulterebbe mutato lo scopo assistenziale direttamente perseguito dal legislatore, poiché le risorse fruite dal nucleo beneficiario non sono, per loro natura, destinate alla realizzazione di opere o alla soddisfazione di interessi o bisogni collettivi o, comunque, ad attività che abbiano di per sé immediata rilevanza pubblica, in carenza di vincoli di destinazione e di rendicontazione degli importi corrisposti, configurati quali aiuti o sostegni di carattere provvisorio, in attesa dell’inserimento nel mondo del lavoro da parte dei soggetti che ne beneficiano.
Da ciò ne consegue l’impossibilità di poter radicare la giurisdizione contabile dal momento che non è possibile poter configurare un rapporto di servizio come avviene nell’ipotesi di indebita percezione di finanziamenti pubblici.
Ciò non toglie che, ad avviso della Sezione Giurisdizionale Campania, in caso di mancata attivazione per il recupero delle somme indebitamente percepite da parte dell’Amministrazione, sussiste la giurisdizione contabile in capo ai dirigenti e ai funzionari che non abbiano intrapreso le azioni di recupero o abbiano concesso il contributo a soggetti che non ne avevano diritto con dolo o colpa grave.
Ad una soluzione completamente opposta giunge la Seconda Sezione Centrale di Appello con la sentenza n. 468 del 28 ottobre 2022.
La ricostruzione del Giudice di Appello prende le mosse dall’esame della natura del reddito di cittadinanza.
Sotto tal profilo il reddito di cittadinanza, in base al disposto del D.L. n. 4 del 2019, ha la finalità di favorire la reimmissione nel mercato del lavoro di persone idonee, contrastando, in tal modo, il bisogno e il disagio sociale per i nuclei familiari più fragili e marginalizzati, privi di prospettive di occupabilità nel breve periodo.
Appare, perciò, prevalere la dimensione dell’istituto di politica attiva dell’occupazione e la sua natura propulsiva relativamente al mondo del lavoro.
Le numerose condizionalità che contraddistinguono la misura, tutte finalizzate all’inserimento lavorativo del percettore, unitamente al dato letterale del testo normativo, escludono la riconducibilità di tale forma di intervento ad una prestazione di natura prevalentemente assistenziale come, al contrario, sostenuto dalla Sezione Giurisdizionale Campania.
La Sezione Centrale d’Appello, di conseguenza, configura l’esistenza del rapporto di servizio connotato dalla partecipazione attiva dell’interessato richiedente il beneficio alla ricerca di una occupazione e dalla soggezione ad una variegata tipologia di obblighi e vincoli che si pongono quali precipue condizioni alla stessa percezione del beneficio.
Il rapporto di servizio assume rilievo come relazione soggettiva tra il privato e l’amministrazione, come dimensione oggettiva riferita al coacervo degli obblighi di servizio la cui violazione costituisce il primo anello della responsabilità e come momento di collegamento ad un fine pubblico che determina l’assoggettamento alla giurisdizione contabile.[5]
Alla luce di quanto esposto, vista la configurabilità di un rapporto di servizio tra il percettore del reddito di cittadinanza e l’Amministrazione erogatrice del sussidio, la Seconda Sezione Centrale di Appello ritiene sussistente la giurisdizione della Corte dei conti in ipotesi di indebita percezione dello stesso.
In merito alle conclusioni cui giunge la Seconda Sezione Centrale di Appello secondo cui sussiste la giurisdizione della Corte dei conti sulla circostanza secondo cui il reddito di cittadinanza sarebbe essenzialmente una misura fondamentale di politica attiva del lavoro, va contro le conclusioni espresse dal Comitato scientifico di valutazione del Reddito di Cittadinanza costituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Come già osservato, secondo il Comitato Scientifico, il Reddito di Cittadinanza è principalmente uno strumento di contrasto alla povertà individuale e familiare.
A tal proposito si è osservato che “la maggior parte dei beneficiari non è “occupabile” nel breve-medio periodo, per l’età, le condizioni di salute, i carichi familiari, l’estrema lontananza dal mercato del lavoro. Un’analisi dei dati INPS nel 2021 evidenzia che due terzi degli allora 3.7 milioni di beneficiari non risultavano presenti negli archivi INPS degli estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019, cioè non avevano avuto alcun rapporto di lavoro formale nei due anni precedenti. Escludendo i minorenni, che sono un quarto del totale dei percettori, in questa condizione si trovava un numero consistente di adulti che, di conseguenza, difficilmente avrebbero potuto trovare un lavoro nel breve-medio periodo. Allo stato attuale, circa la metà dei beneficiari del RdC è indirizzata non ai centri per l’impiego, ma ai servizi sociali comunali, per la stipula di un patto di inclusione. Anche chi è teoricamente occupabile, inoltre, deve poter soddisfare i propri bisogni e quelli dei propri familiari, quindi ha bisogno di un sostegno economico contro la povertà, fino a quando, riuscirà – se riuscirà - a trovare un’occupazione che gli/le consenta di uscire dalla povertà e di non aver più bisogno del RdC. Si aggiunga, poi, che tra i beneficiari ci sono anche persone occupate, che tuttavia non guadagnano a sufficienza per sé e la propria famiglia.”
Pertanto, secondo il Comitato Scientifico” il RdC opera di fatto prevalentemente come uno strumento di contrasto alla povertà sia perché integra redditi insufficienti, sia perché i Centri per l’Impiego cui parte dei beneficiari viene indirizzata non sono generalmente in grado di attuare adeguate misure di politica attiva del lavoro.”[6]
4. Conclusioni
Alla luce di quanto esposto, si ritiene che la soluzione adottata in primo grado dalla Sezione Giurisdizionale Campania relativa al diniego della giurisdizione contabile sull’assunto che il reddito di cittadinanza sia una misura di carattere preminentemente assistenziale, appare equilibrata ed in linea con la natura della misura come delineata dal Comitato scientifico di valutazione del reddito di cittadinanza costituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.