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Pubbl. Lun, 16 Nov 2015

L´Avvocato può trattenere le somme liquidate in sentenza a titolo di onorario

Giuseppe Ferlisi
AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno


Importante sentenza Cassazione sugli onorari nella professione forense


Con una importante sentenza, Cassazione n. 23017/2015 (in allegato al presente articolo) della Seconda Sezione Civile, depositata l'11 Novembre 2015, gli ermellini hanno stabilito il diritto del difensore a tenere per sé le somme liquidate in sentenza a carico della controparte, a titolo di pagamento di diritti ed onorari, senza avvisare il cliente che non lo ha ancora pagato, con effetto liberatorio tra le parti.

Con una importante sentenza, Cassazione n. 23017/2015 (in allegato al presente articolo) della Seconda Sezione Civile, depositata l'11 Novembre 2015, gli ermellini hanno stabilito il diritto del difensore a tenere per sé le somme liquidate in sentenza a carico della controparte, a titolo di pagamento di diritti ed onorari, senza avvisare il cliente che non lo ha ancora pagato, con effetto liberatorio tra le parti.

Il fatto

La vicenda prende spunto da una condanna da parte del giudice di primo grado avverso la parte soccombente, condannata a pagare le spese processuali alla controparte, la quale ottemperava risultando, però, vittoriosa in fase di gravame.

Chiedeva pertanto alla società soccombente la restituzione le somme versate per il primo grado, ma questa si difendeva sostenendo di non aver mai ricevuto nulla e chiamando in causa il proprio avvocato, che a sua volta deduceva di aver trattenuto direttamente le somme versate dalla controparte alla società-cliente, "quale corrispettivo per l'attività difensiva svolta a suo favore", peraltro senza avvisarla.

Gli effetti

La causa è arrivata così in Cassazione, dove i giudici hanno teso ad escludere l'applicazione dell'art. 44 del codice deontologico forense (oggi art. 31), che ricordiamo dà diritto all'avvocato di trattenere le somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari se non li ha ancora ricevuti dalla parte assistita, sino a poter riverberare la sua "efficacia dispositiva aldilà del rapporto d'opera intellettuale" intercorso tra l'avvocato e la sua assistita, né tra questa e la controparte, visto che le norme del codice deontologico "non sono assimilabili a norme di diritto operanti nell'ordinamento generale " e non possono applicarsi a casi non attinenti alla rigida materia deontologica.

Detto questo, il ragionamento fatto dalla Corte di Cassazione, è stato che se è pur vero che "il procuratore ad litem, se non è specificamente autorizzato, non è legittimato a riscuotere le somme dovute al proprio cliente ed a liberare il debitore", nondimeno, tale pagamento, pur eseguito a soggetto non legittimato a ricevere, comporta l'estinzione del carico debitorio gravante sul cliente nei confronti del proprio avvocato nei termini postulati dall'art. 1188, 2° comma, ultima parte, c.c.

In definitiva, il difensore non è tenuto a comunicare al proprio assistito di aver ricevuto le somme versate dalla controparte se trattenute a titolo dei propri onorari.

L’avvocato se non specificamente autorizzato, non può riscuotere le somme dovute al proprio cliente e liberare il debitore; tuttavia, qualora il legale incassi le somme liquidate in sentenza, tale fatto comporta l’estinzione del debito per il debitore.
E questo perché, lo risottolineamo, le norme del codice deontologico, che vietano la percezione di somme senza comunicazione al cliente, non sono assimilabili a norme di diritto operanti nell’ordinamento generale e, pertanto, non possono in alcun modo avere una efficacia sul rapporto d’opera intellettuale fra avvocato e cliente. Pertanto, l’omesso avviso di aver percepito i compensi dalla controparte non ha alcuna rilevanza sul pagamento.