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Pubbl. Ven, 17 Feb 2023

Le caratteristiche funzionali e dimensionali come criterio discretivo per individuare il titolo edilizio necessario per la realizzazione di una tettoia

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Antonietta D Elia
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Salerno



Il Tribunale Amministrativo per l’Umbria, con la decisione n. 825 del 21 novembre 2021, richiamati consolidati principi sulla configurabilità della nozione di costruzione in ambito edilizio, si sofferma sulle caratteristiche funzionali e dimensionali di una tettoia, nell’ottica dell’individuazione del titolo occorrente per la sua legittimazione edilizia


ENG The Administrative Court for Umbria, in its decision no. 825 of 21 November 2021, referring to consolidated principles on the configurability of the notion of construction in the context of building construction, dwells on the functional and dimensional characteristics of a roof, with a view to identifying the title required for its construction legitimacy.

Sommario: 1. La nozione di costruzione in senso edilizio; 2. Tettoia vs pergolato, ci risiamo; 3. Conclusioni.

1. La nozione di costruzione in senso edilizio

Non c’è dubbio che l’ambito urbanistico-edilizio detiene il podio nella classifica delle materie oggetto di interventi della giustizia amministrativa, con pronunce soventi ripetitive di consolidati principi, talvolta innovative.

La sentenza in commento affronta ancora una volta il tema del titolo edilizio occorrente per la realizzazione di una tettoia e lo fa partendo dalla ben nota nozione giurisprudenziale di “costruzione” in senso edilizio, individuata nella presenza di opere che attuino una “trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, intesa come modifica dello stato dei luoghi caratterizzata da stabilità, a prescindere dai materiali usati, quando si tratta di soddisfare esigenze oggettivamente non precarie del soggetto che tale trasformazione ponga in essere” [1].

La fonte definitoria della nozione edilizia di “nuova costruzione” risiede nell’art. 3, co. 1, lett. e), del d.P.R. n. 380/2001[2], il quale fa rientrare in tale categoria la realizzazione di “e.1) manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6)”, ovvero “gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”, nonché la realizzazione di “depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.

Si correla a tale aspetto definitorio, il successivo art. 10 del medesimo d.P.R. n. 380/2001, il quale, ribadita la subordinazione a permesso di costruire degli interventi di nuova costruzione come delineati supra all’art. 3, co. 1, include in siffatta tipologia edilizia, seguendo un criterio classificatorio di stampo generale e residuale, anche tutte le trasformazioni edilizie ed urbanistiche del territorio “non rientranti nella manutenzione ordinaria o straordinaria, nel restauro e risanamento conservativo, ovvero nella ristrutturazione edilizia”.

2. Tettoia vs pergolato, ci risiamo

In tale contesto si colloca la problematica, affrontata dal T.A.R. per l’Umbria, del regime edilizio cui è assoggettata la realizzazione di una tettoia, condotta non seguendo un criterio assoluto ed unitario, ma tracciando una linea di demarcazione riferita alle caratteristiche strutturali e funzionali dell’opera.

Sotto il profilo strutturale, secondo i giudici umbri, risulta irrilevante il materiale impiegato nella realizzazione della tettoia per l’individuazione del titolo edilizio a tal prescritto, essendo piuttosto determinanti le dimensioni quale elemento sintomatico capace di determinare una significativa e permanente alterazione dello stato dei luoghi.

Né una tettoia che, per dimensioni, comporti una significativa alterazione dello stato dei luoghi, può essere ricondotta alla nozione di “pertinenza” e come tale sottratta alla necessità del permesso di costruire per la sua realizzazione.

Sul punto, si è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui il concetto di “pertinenza” previsto dal diritto civile “va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire”[3].

Dunque, la natura accessoria qualificante l’opera pertinenziale[4] - che si connota in relazione all’elemento dimensionale, il quale deve necessariamente essere ridotto rispetto alla costruzione principale, nonché a quello funzionale, configurabile nell’uso servente e di autonoma utilizzazione dell’opera accessoria - non può trovare rispondenza nella realizzazione della tettoia de qua, sia per le specifiche caratteristiche dimensionali e funzionali della tettoia in questione, sia perché nella fattispecie scrutinata dal T.A.R. per l’Umbria la tettoia risultava realizzata insieme ad altre opere (forno, fondo e legnaia), con conseguenziale loro valutazione complessiva e globale, in termini di impatto territoriale, non isolata ed atomistica[5].

Ma, soprattutto, assume rilievo decisivo, ai fini del regime edilizio applicabile, il profilo funzionale della tettoia ovvero la sua concreta destinazione.

Secondo la sentenza in commento, una tettoia che sia diretta a “soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale” necessita del permesso di costruire.

Ciò ancor di più nella fattispecie sottoposta al vaglio giurisdizionale del T.A.R. per l’Umbria, trattandosi di una tettoia realizzata su di un’area paesaggisticamente vincolata, nel cui ambito “il divieto di incremento dei volumi esistenti imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume (Cons. Stato, sez. VI, n. 7584 del 15 novembre 2021)”.

3. Conclusioni

Nonostante il delineato intervento chiarificatore, continua a rimanere assai incerta la qualificazione urbanistico-edilizia di una tettoia.

Seguendo la traiettoria ermeneutica tracciata dal T.A.R. per l’Umbria, per ritenere assoggettabile la tettoia al regime concessorio “non è necessario che l’alterazione dello status quo ante dell’assetto urbano avvenga mediante realizzazione di opere murarie”, in quanto “le opere preordinate a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale, incidenti sul tessuto urbanistico edilizio, a prescindere dal materiale impiegato sono subordinate al rilascio del titolo edilizio”.

Non mancano, tuttavia, recentissime pronunce che fanno discendere la necessità o meno del titolo abilitativo per la realizzazione di una tettoia, dalla valutazione di ulteriori fattori, quali le specifiche finalità assolte dall’intervento, a seconda cioè che la tettoia sia di arredo, di riparo o di protezione dell'immobile[6].

In tale prospettiva, la tettoia realizzata in aderenza al fabbricato principale e che presenti una volumetria e una superficie relativamente ridotta non è subordinata al rilascio del permesso di costruire[7]

L’incertezza interpretativa in subiecta materia risulta comprovata anche da numerose pronunce del Consiglio di Stato, secondo cui non è possibile affermare “in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il titolo edilizio maggiore e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare come è realizzata”, […] essendo sempre necessario verificare “nello specifico se essa possa rientrare nell’attività edilizia libera quale elemento di arredo delle aree pertinenziali degli edifici, ai sensi dell’art. 6 lett. e quiniquies D.P.R. 380/2001[8].


Note e riferimenti bibliografici

[1] cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, n. 5393 del 21 novembre 2017; Cons. St., sez. VI, n. 419 del 27 gennaio 2003.

[2] Testo Unico dell’Edilizia, emanato con d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, che detta i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia. Da ultimo, interessato da plurimi interventi di modifica (Decreto legislativo n. 207 dell’8 novembre 2021; d.l. n. 50 del 17 maggio 2022, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 91 del 15 luglio 2022; d.l. n. 115 del 9 agosto 2022, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 142 del 21 settembre 2022).

[3] TAR Lazio, Latina, sez. I, n. 587 del 3 agosto 2015; TAR Napoli, sez. II, n. 601 del 30 gennaio 2015; Cons. St., sez. VI, n. 1391 del 5 marzo 2018; Cons. St., sez. VI, n. 1155 dell’11 marzo 2017.

[4] Dunque unicamente “se non configurano né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l'alterazione del prospetto o della sagoma dell'edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d'uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell'assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico) sono qualificabili come arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all'appartamento cui accede, in quanto tali riconducibili agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell'art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001”. (Cass. penale, sez. III, n. 38473 del 31 maggio 2019; Cons. St., sez. VI, n. 3172 del 28 giugno 2017); ed ancora TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 1470 del 23 giugno 2022; TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 613 del 4 marzo 2022; Cons. St., sez. VI, n. 4001 del 2 luglio 2018).

[5] Cons. St., sez. VI, n. 309 del 13 gennaio 2020,; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 789/2013; TAR Campania, Salerno, sez. I, n. 17/2016.

[6] TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 609 del 3 marzo 2022; TAR Campani, Napoli, sez. VIII, n. 6146 dell’1° ottobre 2021.

[7] Così TAR Napoli, sez. IV, n. 1802 del 14 maggio 2020, secondo cui “gli interventi consistenti nell’istallazione di tettoie o di altre strutture analoghe che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire solo ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono […] tali strutture necessitano del permesso di costruire quando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione dell’edificio e alle parti dello stesso su cui vengono inserite o, comunque, una durevole trasformazione del territorio con correlato aumento del carico urbanistico. Alle condizioni descritte, infatti, la tettoia costituisce una nuova costruzione assoggettata al regime del permesso di costruire”.

[8] Cons. St., sez. II, n. 3329 del 25 maggio 2020.