Pubbl. Ven, 4 Nov 2022
La disciplina fiscale delle spese anticipate dal professionista
Modifica paginaEditoriale a cura di Francesca Sparano
Nello svolgimento dell’attività professionale è prassi comune sostenere esborsi per spese anticipate per conto di terzi. Tali importi vengono riaddebitati in fattura dal professionista e sono soggetti ad una differente disciplina fiscale a seconda del tipo di spesa sostenuta e degli accordi intercorsi tra le parti.
The taxation of upfront expenses
In carrying out professional activities, it is common to incur in disbursements for upfront expenses on behalf of third parties. These amounts are recharged on the invoice by the professional and are subject to a different fiscal discipline depending on the type of expenditure incurred and the agreements between the parties.Generalmente, il professionista, nello svolgimento della propria attività, sostiene spese per conto di terzi; l’esborso può verificarsi tanto in relazione alla clientela quanto per i costi di studio in condivisione con altri colleghi. Tali importi, ai fini del recupero, vengono addebitati dal soggetto che sostiene il costo attraverso l’emissione di fattura, con l’inserimento di specifiche voci che sono sottoposte ad una particolare disciplina fiscale a seconda delle circostanze.
Il presente contributo, dunque, si prefigge lo scopo di illustrare, nell’orizzonte della normativa fiscale, il riaddebito dei costi anticipati dal professionista e di descriverne i profili di imponibilità.
A tal riguardo, si può rilevare che, in base a quanto disposto dall’art. 54 comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. “TUIR”), in materia di “determinazione del reddito di lavoro autonomo”:
“Il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, […]”.
Al fine di comprendere se nella definizione di reddito di lavoro autonomo, come innanzi esposta, rientrino i rimborsi percepiti dal professionista a titolo di anticipo spese, occorre operare preliminarmente un distinguo tra:
- Esborsi del professionista per il saldo di prestazioni fatturate da terzi in favore del cliente;
- Esborsi del professionista sostenuti per l’espletamento del mandato, ma sulla base di fatture passive intestate direttamente al professionista medesimo;
- Spese calcolate, in base alla legge professionale, come forfetarie, correlate alla prestazione eseguita in favore del cliente.
Per comprendere la rilevanza fiscale di tali importi, occorre rifarsi a quanto disposto dal Codice civile in materia di contratto di mandato, e nello specifico all’art. 1703 c.c.:
“Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra”.
Da questa definizione si ravvisa, in tale fattispecie contrattuale, la presenza di due parti: il mandante che conferisce l’incarico ed il mandatario che si obbliga ad eseguirlo. Quest’ultimo può agire, nell’esercizio del mandato, con o senza rappresentanza a seconda che gli venga o meno conferito il potere di operare in nome e per conto del mandante. Inoltre, nell’espletamento del mandato, il mandatario può sostenere delle spese per conto del mandante, evenienza disciplinata dall’art. 1720 c.c. come di seguito illustrato:
“Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta […]”.
Si può pertanto dire che, la relazione tra il professionista che sostiene le spese ed il terzo in nome e per conto del quale queste sono sostenute, sia di fatto riconducibile al rapporto che si instaura tra le parti del contratto di mandato con rappresentanza come innanzi definito. In tale fattispecie, in base agli accordi presi tra le parti, i documenti di spesa che attestano le anticipazioni pagate dal professionista, sono intestati direttamente al cliente/committente per conto ed in nome del quale il professionista ha agito.
Sotto il profilo fiscale tali anticipazioni, ripagate dal mandante mediante addebito in fattura, rivestono la funzione di veri e propri rimborsi e, in quanto tali, non costituiscono compensi fiscalmente imponibili ai sensi dell'art. 54 comma 1 TUIR.
Contrariamente, in presenza di anticipazioni documentate ed intestate direttamente al professionista, si delinea un rapporto privo del potere di rappresentanza, ed in quanto tale riconducibile alla fattispecie contrattuale del mandato senza rappresentanza come disciplinato dall’art. 1705 c.c.:
“Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.”
In questo caso, gli esborsi sostenuti a titolo di anticipo ed intestati al professionista stesso, sono assimilati ai compensi percepiti nell’esercizio di arte o professione, e, pertanto, assoggettati a tassazione.
Il professionista che opera sulla base di un mandato senza rappresentanza, deve addebitare in fattura le anticipazioni, conteggiandole ai fini del calcolo della base imponibile della ritenuta di cui all’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e registrandole nella propria contabilità a titolo di ricavo per la prestazione del servizio.
Le previsioni anzi delineate descrivono, pertanto, il trattamento fiscale degli anticipi spese, in relazione alle imposte sui redditi delle persone fisiche. Per quanto riguarda invece la rilevanza fiscale ai fini IVA di tali importi, occorre rifarsi a quanto disposto dall’art. 15 del Testo Unico IVA (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), in materia di “Esclusioni dal computo della base imponibile”:
“Non concorrono a formare la base imponibile: […] 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate;”
Più nello specifico, a tal riguardo, la Risoluzione 180/E del 13 novembre 2001 dell’Agenzia delle Entrate, definisce il concetto di “spese regolarmente documentate” e le condizioni di imponibilità ai fini IVA, come segue:
“per spese sostenute in nome e per conto della controparte e regolarmente documentate devono considerarsi quelle risultanti da documenti intestati al committente del servizio al quale vengono successivamente rimessi, al fine del conseguente rimborso, da parte del prestatore del medesimo servizio. Soltanto in tale eventualità le somme che vengono restituite al prestatore del servizio possono considerarsi alla stregua di un rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, ai sensi del citato articolo 15 del DPR n. 633 del 1972; in caso contrario le medesime somme rimborsate costituiscono un vero e proprio corrispettivo versato a fronte della prestazione di servizi resa.”
Si può, pertanto, affermare che il requisito necessario a garantire la non imponibilità degli importi riaddebitati in fattura a titolo di rimborso, sia la corretta intestazione dei documenti di spesa; in mancanza di tale condizione, gli importi sostenuti a titolo di anticipo assumono rilevanza fiscale, sia ai fini del calcolo delle imposte sui redditi, sia ai fini della definizione dell’imponibile IVA.
Diverso è invece l'orientamento dell'Amministrazione Finanziaria in materia di tassazione degli importi percepiti dal professionista a titolo di rimborso spese per i costi comuni dello studio professionale. A tale riguardo l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 38/E del 23 giugno 2010, ha disposto quanto segue:
“Ai fini reddituali le somme incassate per il riaddebito dei costi ad altri professionisti per l’uso comune degli uffici non costituisce reddito di lavoro autonomo e quindi non rileva quale componente positivo di reddito. È corretto ritenere che il costo sostenuto può essere dedotto dal professionista solo parzialmente, vale a dire per la parte riferibile alla attività da lui svolta e non anche per la parte riaddebitata o da riaddebitare ad altri.”
Dal tenore della disposizione sopra enunciata, pertanto, risulta evidente l'esclusione dalla base imponibile IRPEF del riaddebito di tali importi, e la limitazione della deducibilità dei costi sostenuti alla sola parte rimasta a carico del professionista.
Per quanto riguarda infine la rilevanza fiscale ai fini IVA di detti anticipi, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata a tal proposito disponendone l’imponibilità, come indicato nella Circolare 58/E del 18 giugno 2001, 2.3:
“Il riaddebito, da parte di un professionista, delle spese comuni dello studio utilizzato da più professionisti non costituiti in associazione professionale, da lui sostenute, deve essere realizzato attraverso l'emissione di fattura assoggettata ad IVA”.
Risoluzione 180/E del 13 novembre 2001;
Circolare 38/E del 23 giugno 2010;
Circolare 58/E del 18 giugno 2001, 2.3;