Green finance e green fintech: i nuovi doveri degli amministratori
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Laura Corte
Il presente contributo ha lo scopo di descrivere la nascita della cd. finanza sostenibile, tramite l’analisi della normativa e dei principali strumenti di indirizzo dei capitali privati verso impatti positivi per l’ambiente e le generazioni future. In particolare, sarà posto l’accento sul ruolo delle imprese Fintech nella diffusione della green finance, tramite l’integrazione di avanzate tecnologie informatiche nella fornitura di servizi finanziari. Infine, saranno analizzate le conseguenze che tale quadro ha prodotto e produrrà sulla governance delle società finanziarie, osservando la tendenza, nazionale e non, di incrementare il livello di responsabilizzazione del top management, giudicato non più solo in base ai profitti, ma anche per le scelte relative a obiettivi di sostenibilità.
Green finance and green fintech: the newest Directors´ duties
The purpose of this paper is to describe the emergence of sustainable finance, through the analysis of regulations and the main tools for directing private capital toward positive impacts for the environment and future generations. In particular, the role of fintech companies in the spread of green finance will be emphasized through the integration of advanced information technologies in the provision of financial services. Lastly, the paper will analyze the consequences that this framework has produced in the past and will produce in the future on the governance of financial companies, by observing the national and worldwide trend of increasing the level of accountability of top management, which is judged no longer only on the achieved profits, but also for sustainabilty.Sommario: 1. La nascita della finanza sostenibile; 2. Il ruolo del FinTech nella finanza sostenibile; 3. I nuovi doveri degli amministratori.
1. La nascita della finanza sostenibile
Attualmente, nel mondo, si usano troppe risorse rispetto a quelle che il pianeta ha da offrire. Continuando in questo modo, si creerà un giorno una situazione irreparabile. Nel futuro, la realtà odierna in cui viene accettato che le imprese che creano prodotti e servizi agiscono a discapito dell’ambiente verrà osservata con lo stesso stupore con cui noi guardiamo alla schiavitù del passato, modello di economia che nel XVI secolo (e, in qualche area geografica, anche molto più tardi) era generalmente accettato[1].
Il modo tecnicamente più semplice per contrastare l’utilizzo improprio delle risorse naturali e finanziare obiettivi sostenibili è quello di aumentare la spesa pubblica che inevitabilmente grava sui contribuenti. Tuttavia, si incomincia a pensare al capitale privato come a una fonte aggiuntiva per raggiungere questo obiettivo: pertanto, le imprese private devono apprestarsi a ricoprire un ruolo attivo per migliorare la vita delle persone[2].
Nasce una nuova categoria di soggetti attirati da investimenti che garantiscano un ritorno in termini di sostenibilità. Il rapporto Brundtland[3] ha avuto il merito di enunciare per la prima volta il concetto di “sviluppo sostenibile”, come la spinta per le imprese a continuare a crescere, consapevoli, al contempo, della necessità di tutelare le nuove generazioni. Il rapporto Brundtland del 1987, infatti, identifica il concetto di sostenibilità con il soddisfacimento dei bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai propri[4]. Si giunge per la prima volta a pensare i progetti ambientali come possibile motore per lo sviluppo dell’economia[5].
Una delle principali leve per attenuare e affrontare l’impatto del cambiamento climatico è il sistema finanziario[6]. Esso ha, infatti, una funzione essenziale all’interno dell’economia in quanto è in grado di incanalare i fondi di coloro che ne dispongono in eccesso verso coloro che ne hanno bisogno.
La scossa prodotta dalla firma dell’Accordo di Parigi del 2015, che ha stabilito l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature globali, entro la fine del secolo, ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali e, più precisamente, sotto 1,5 gradi per evitare eventi dannosi irreversibili, ha indotto a ritenere che le imprese finanziarie debbano assumere un ruolo centrale nell’attività di sensibilizzazione degli investitori alle tematiche ambientali e sociali. Urge, infatti, una transizione verso una strategia sostenibile e responsabile che investa tutti gli ambiti umani[7].
È questo il quadro nel quale nasce la cd. finanza sostenibile, anche detta green finance. Con la formula finanza sostenibile, si fa riferimento all’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile all’attività finanziaria, con l’obiettivo di creare valore nel lungo periodo[8]. Il fine è quello di indirizzare capitali privati verso operazioni che creino valore nel lungo periodo e, pertanto, realizzino non solo profitti economici, ma anche impatti positivi per l’ambiente e le generazioni future[9]. Rientrano nella green finance, infatti, i prodotti e servizi finanziari forniti per promuovere investimenti responsabili e stimolare tecnologie, progetti, industrie e imprese sostenibili[10].
La green finance rappresenta, dunque, una sfida ad ampio raggio all’interno dei costrutti tradizionali del diritto finanziario[11] in quanto i nuovi strumenti “verdi” puntano a trasformare profondamente le pratiche di investimento convenzionale[12]. Per intraprendere un percorso compatibile con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015, infatti, si dovranno affrontare enormi investimenti in infrastrutture per l’energia, trasporti, approvvigionamento di acqua potabile e servizi igienico-sanitari: si stima[13] che tali investimenti che si aggireranno attorno agli 80-90 trilioni di dollari entro il terzo decennio del secolo.
Chiaramente, la creazione di un mercato della finanza sostenibile necessita di una adeguata regolazione. Per tale ragione l’UE, nel 2016, ha istituito il gruppo di lavoro High-Level Expert Group on Sustainable Finance (anche detto HLEG), che si occupa di elaborare linee guida dirette a dotare il settore finanziario di strumenti utili a orientare il più possibile capitali verso investimenti sostenibili[14].
Nel gennaio 2018, il gruppo di esperti HLEG ha pubblicato la sua relazione finale[15] dalla quale emergono otto raccomandazioni chiave, diverse raccomandazioni trasversali e azioni mirate a specifici settori del sistema finanziario. Sulla base delle raccomandazioni formulate dal gruppo, la Commissione Europea, nel marzo 2018, ha pubblicato il Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile[16] in cui vengono delineate le misure da adottare per la realizzazione di un sistema finanziario che apporti benefici per la società[17].
Al fine di fornire consulenza sui punti del Piano, la Commissione europea ha costituito, nel giugno 2018, il Technical Expert Group on Sustainable Finance (anche detto TEG). Dalla costituzione, le attività del TEG si sono incentrate, inter alia, sulla tassonomia[18] delle attività economiche eco-compatibili, tanto che, nel giugno 2020, è stato emanato il Regolamento (UE) 2020/852[19], che individua i sei obiettivi ambientali giuridicamente rilevanti ai fini della normativa relativa alla finanza ecosotenibile (tra cui l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento, la protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi)[20] e prevede la fissazione, attraverso atti delegati della Commissione Europea, dei criteri di vaglio tecnico (technical screening criteria) per determinare se un’attività economica possa considerarsi ecosostenibile, al fine di individuare il grado di ecosostenibilità dell’investimento nella stessa[21].
Nel dicembre 2019, la Commissione Europea ha lanciato lo European Green Deal, un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, con priorità su decarbonizzazione ed efficientamento delle risorse[22]. In particolare, il Deal mira a far sì che l’Europa sia, entro il 2050, il primo continente a non generare emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse[23].
Per conseguire gli obiettivi di promuovere l’uso efficiente delle risorse, ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento sarà necessario, tra le azioni da intraprendere, investire in tecnologie rispettose dell’ambiente e sostenere l’industria nell’innovazione. Al contempo, il Deal prevede che l’UE debba fornire un sostegno finanziario ai soggetti che risulteranno più colpiti dal passaggio all’economia verde[24].
Infine, la Commissione europea, nel marzo 2020, presenta la proposta della prima legge europea sul clima (European Climate Law) con la quale si intende trasformare in legge l’obiettivo dello European Green Deal. Con l’eventuale approvazione di tale atto, pertanto, l’obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 diverrebbe giuridicamente vincolante, obbligando le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad adottare le misure necessarie a raggiungere l’obiettivo.
Chiarita la base normativa della Green Finance, pare opportuno evidenziare che, ad esempio, all’interno del settore bancario, la finanza sostenibile è un’opportunità che influisce sulla sostenibilità sia in modo diretto sia in modo indiretto[25]. Se infatti, da un lato, le banche dovranno migliorare direttamente il proprio profilo di sostenibilità (procedendo, ad esempio, al perfezionamento dell’infrastruttura energetica degli uffici e delle filiali o diminuendo l’impatto provocato dallo spostamento dei dipendenti o dei clienti), dall’altro dovranno svolgere il centrale ruolo di fautrici dell’investimento green, agevolando, indirettamente, la transizione verso una finanza sostenibile.
In particolare, gli istituti finanziari dovranno verosimilmente procedere al graduale disinvestimento da partecipazioni non in linea con gli scenari di riduzione delle emissioni di gas serra[26] deviando verso imprese e governi ambientalmente e socialmente responsabili[27] e, al contempo, sviluppare strumenti finanziari finalizzati a ottenere sia la crescita economica, sia la riduzione dell’inquinamento.
L’indagine ESG Benchmark del 2017 evidenzia che la maggior parte delle banche in Italia ha costituito specifici servizi e prodotti con finalità ambientale e di sviluppo sostenibile[28]: ad esempio, mutui ipotecari a tassi agevolati per l’acquisto di abitazioni con connessa ristrutturazione per l’efficienza energetica e finanziamenti a condizioni agevolate per favorire il miglioramento delle performance ambientali. Ma il principale strumento in questo ambito sono le obbligazioni verdi (cd. green bond).
I green bond[29] sono titoli a reddito fisso che finanziano investimenti con benefici ambientali o climatici[30]. La domanda per questo tipo di titoli è in aumento in quanto si va diffondendo[31] la convinzione che i green bond possano dirigere in modo efficace il mondo della finanza verso quei settori e quei business che si stanno adattando a un’economia a basse emissioni di carbonio e, in generale, sostenibile. Le banche favoriscono la transizione verde sia emettendo esse stesse green bonds, tanto che le emissioni in obbligazioni verdi da parte di banche italiane hanno raggiunto negli ultimi due anni oltre i 2 miliardi di euro[32], sia coprendo il ruolo di intermediari che organizzano i collocamenti[33].
Perché un’obbligazione possa essere qualificata green, deve possedere le caratteristiche (cc.dd. Green Bond Principles) fissate dall’Associazione internazionale dei mercati di capitali (ICMA)[34]: la selezione del progetto da finanziare; il vincolo dei proventi al progetto selezionato; il deposito di denaro su conto vincolato o trasferito in un portafoglio specifico o comunque tracciato dall’emittente; la rendicontazione, almeno una volta all’anno, dell’utilizzo dei capitali e dei progetti nei quali sono stati impiegati; la certificazione di documenti e obiettivi da parte di un revisore esterno.
Gli emittenti che non rispettino i Green Bond Principles non sono comunque destinatari di sanzioni, in quanto si tratta di una mera autoregolamentazione. Le uniche conseguenze che subiranno deriveranno quindi dal mercato, in termini di possibili ricadute reputazionali[35].
2. Il ruolo del FinTech nella finanza sostenibil
Nonostante l’indubbia portata innovativa dei green bonds, è stato evidenziato che, fino ad oggi, la loro emissione non è stata sufficiente per sviluppare un’industria rispettosa dell’ambiente[36]. A ciò si aggiunga[37] che la finanza verde è caratterizzata da costi di transazione elevati, da asimmetria informativa e dal rischio del cd. green washing[38].
Per le ragioni che precedono, si ritiene che l’integrazione di avanzate tecnologie informatiche nella fornitura di prodotti e servizi finanziari (causata dalla diffusione di imprese FinTech) abbia il potenziale per sbloccare la green finance[39] aumentandone l’ampiezza e l’intensità. Infatti, sostenibilità e innovazione sono entrambi pilastri su cui deve fondarsi la crescita, in particolare nelle banche, costrette a focalizzare l’attenzione sulle questioni ambientali e sull’innovazione tecnologica anche per non perdere il favore delle nuove generazioni[40].
Innanzitutto, l’applicazione della tecnologia digitale può sbloccare la green finance sostenendo un più concreto sviluppo del fenomeno dei green bonds. Come già anticipato, infatti, le obbligazioni verdi devono presentare requisiti più elevati per ottenere la certificazione. La tecnologia digitale può facilitare sia l’emissione che la verifica dei green bonds. L’utilizzo dei cd. blockchain-based smart contracts, infatti, potrebbe rendere sia più efficiente l’emissione delle obbligazioni verdi – diminuendone i costi, i tempi e i rischi di green washing – sia più sicuro il trasferimento di valore[41]. Inoltre, la tecnologia blockchain potrebbe permettere agli investitori di monitorare in tempo reale l’impatto ambientale del loro investimento[42].
In secondo luogo, la tecnologia applicata in ambito finanziario ha il pregio di ridurre il costo delle transazioni, portando, di conseguenza, all’aumento del numero di utenti in grado di approcciarsi alla green finance[43].
Un sistema finanziario, infatti, può ritenersi sostenibile se è in grado di garantire servizi finanziari a tutti coloro che oggi ne sono esclusi[44]. Le imprese FinTech, fornendo servizi finanziari uguali e a prezzi accessibili a tutti, promuovono una finanza inclusiva[45], al contrario sia della finanza tradizionale sia, ancora di più, della finanza verde[46]. Le imprese FinTech, rivolgendosi anche a piccole imprese e individui, hanno anche il pregio di influire sulla loro trasformazione in chiave ecologica.
Inoltre, la digitalizzazione della finanza può facilitare l’individuazione e la raccolta di dati. Attualmente, infatti, i dati relativi al clima non sono facilmente accessibili, determinando spese di ricerca elevate sia da parte degli investitori che delle banche. Le tecnologie digitali come l’intelligenza artificiale, i big data e la blockchain possono, al contrario, offrire l’opportunità di raccogliere dati completi ed efficienti in termini di costo[47].
Le tecnologie digitali possono essere utilizzate non solo per la raccolta di dati relativi al clima, ma anche per la loro analisi[48]. Investitori e istituti finanziari possono, infatti, decidere di avvalersi di aziende FinTech che offrono servizi specializzati in questo campo[49], piuttosto che occuparsi direttamente di analizzare opportunità e rischi legati al clima.
Oltre a questi vantaggi, il FinTech promuove di per sé uno stile di vita verde[50]. L’aumentato ricorso agli acquisti, agli investimenti e alle consulenze per gli investimenti da remoto riduce inutili e i potenziali sprechi.
Emerge, dunque, come il FinTech possa essere un eccellente alleato per un più efficace e rapido raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile[51]. Noto è il caso di Openinvest, Public Benefit Corporation[52] e primo Robo-Advisor socialmente responsabile al mondo. La società offre una piattaforma online di consulenza finanziaria, basata su algoritmi legati a cause sostenibili prescelte dagli investitori, che facilita il collegamento tra clienti e asset manager[53]. Openinvest, infatti, spinge gli investitori verso un portafoglio a basso costo e ben diversificato[54] e poi, una volta individuato il gestore e il portafoglio modello, continua a fornire la struttura di supporto e le interfacce gestendo tutto il trading e l’amministrazione, senza commissioni di intermediazione[55].
Un altro celebre esempio di green fintech può derivare dalla società Datamaran, leader nell’offerta di informazioni e analisi basate sull’utilizzo di tecnologie AI (Intelligenza Artificiale) per gli investimenti responsabili e la gestione di rischi non-finanziari[56]. La società aiuta le aziende nell’identificazione e nel monitoraggio dei rischi esterni al fine di assumere decisioni sostenibili sicure. È celebre in quanto si è distinta affrontando il problema sempre più avvertito dei big data in ambito ambientale che include un’innumerevole quantità di dati non omogenei e sempre da verificare in termini di affidabilità e rilevanza[57].
3. I nuovi doveri degli amministratori
La nuova rilevanza attribuita al tema della sostenibilità ha prodotto e produrrà significative conseguenze sulla governance delle società finanziarie.
Le iniziative europee, dedicando particolare attenzione ai profili dello sviluppo sostenibile e alla responsabilità ambientale e sociale delle imprese, ha condotto all’ampliamento degli interessi che gli amministratori dovrebbero considerare nella definizione delle strategie dell’impresa[58].
Si diffonde negli anni, infatti, l’esigenza di una revisione delle regole preesistenti al fine di fornire maggiore centralità e rilevanza al principio della sostenibilità dell’attività d’impresa.
Tale principio costituisce uno dei fondamenti della Responsabilità sociale d’impresa (RSI) che corrisponde alla «tensione dell’impresa, - e dunque, in primis dei vertici aziendali – a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori di interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle attività aziendali»[59]. L’evoluzione o, per meglio dire, il primo riconoscimento giuridico della RSI si riscontra negli Stati Uniti nella Benefit Corporation, un istituto giuridico che permette di decidere, facendone menzione nell’oggetto sociale, gli obiettivi socialmente responsabili delle società, che anche i futuri amministratori dovranno perseguire.
In Italia, tale esigenza di rinnovamento si manifesta, in via generale, con l’introduzione nel nostro ordinamento (con la legge di stabilità 2016) delle cd. Società Benefit[60], che associano lo scopo di lucro[61] a un ulteriore obiettivo consistente nel migliorare il contesto ambientale e sociale in cui si sviluppano e, per le società quotate (tra cui molte imprese finanziarie), con le novità contenute nel nuovo Codice di Corporate Governace[62] pubblicato nel gennaio 2020.
L’idea che va diffondendosi e sembra in qualche modo considerata anche nel nuovo Codice di autodisciplina[63] è quella di incrementare il livello di responsabilizzazione del top management[64].
Prima di procedere ad un’analisi più approfondita sul nuovo Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020, pare opportuno, tuttavia, evidenziare che la tendenza di responsabilizzazione citata, si inserisce in un più generale contesto di riforma seguito alla recente emanazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (anche noto come Codice della crisi e dell’insolvenza).
Il CCI, con la modifica dell’art. 2086 codice civile[65], estende il dovere degli amministratori di curare un’adeguata struttura organizzativa della società, prima applicabile alle sole S.p.a., a tutte le società in quanto elemento imprescindibile dell’impresa[66]. Tale percorso ha avuto inizio con la riforma del diritto societario del 2003[67] che ha introdotto la disciplina sugli assetti organizzativi, amministrativi e contabili delle imprese.
La riforma del 2003, inter alia, ha infatti avuto il pregio di aver elevato i principi di corretta amministrazione, prima espressamente contemplata soltanto per le società quotate[68], a clausola generale di comportamento degli amministratori. Infatti, recependo quanto prescritto in via implicita dall’art. 149, comma 1, lett. c) del T.U.F.[69], la riforma ha previsto: ai sensi dell’art. 2381, comma 5, codice civile[70], l’obbligo in capo agli organi delegati di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; ai sensi dell’art. 2381, comma 3[71], l’obbligo, in capo al Consiglio di amministrazione, di valutare, sulla base delle informazioni ricevute, l’adeguatezza dell’assetto predisposto; ai sensi dell’art. 2403, comma 1, codice civile[72], l’obbligo, in capo al Collegio sindacale, di vigilare sull’adeguatezza dell’assetto predisposto.
Con la formula ‘adeguati assetti’ si intende l’adeguato allestimento di quel complesso di regole e procedure che garantiscano una definizione chiara e precisa dei ruoli e delle responsabilità interne all’azienda al fine di garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato ad un appropriato livello di competenza e responsabilità[73]. In dottrina[74] sono stati definiti come «il complesso di regole che stabiliscono formalmente chi fa cosa, come e quando questo qualcosa deve essere fatto e chi controlla/vigila su chi quel qualcosa fa».
Il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa[75] introduce una nuova frontiera della responsabilità degli amministratori[76]. L’obbligo di predisporre assetti adeguati, infatti, rappresenta un dovere a contenuto specifico che, in caso di inottemperanza, qualifica un nuovo titolo di responsabilità, sanzionabile di per sé e, pertanto, non più legato al verificarsi di altri inadempimenti.
Di conseguenza, l’introduzione del principio dell’art. 2381 codice civile, e la conseguente estensione avvenuta nel 2019 con la modifica dell’art. 2086 codice civile, sembra attribuire al giudice un potere discrezionale di valutare l’adeguatezza della struttura adottata[77], sindacandone la ragionevolezza. Tuttavia, ammettere un tale potere in capo al giudice significherebbe, innanzitutto, intaccare la regola dell’insindacabilità in sede giudiziale delle scelte degli amministratori[78]; e in secondo luogo, imporrebbe ai giudici di valutare elementi che non sempre hanno la competenza di valutare, portando a un rischio di sistematico rigetto delle azioni di responsabilità contro gli amministratori[79]. Per tale ragione, alcuni in dottrina[80] sostengono che il giudice incontri i limiti della business judgment rule[81], che, pertanto, si applica anche alle decisioni concernenti gli assetti. Tale teoria è smentita da coloro[82] i quali, al contrario, ritengono che i giudici abbiano il potere di sindacare l’osservanza, da parte degli amministratori, del principio di adeguatezza degli assetti giacché la business judgment rule può applicarsi ai soli comportamenti e scelte non imposti dalla legge[83].
Chiarito in grandi linee il tema degli assetti e i dibattiti relativi alla responsabilità degli amministratori nelle imprese, occorre proseguire nell’esame del nuovo Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020[84].
Il Codice 2020, applicabile a partire dal primo esercizio successivo al 31 dicembre 2020, prescrive un sostanziale cambio di approccio rispetto al precedente Codice. Questo, infatti, pur fornendo già alcune indicazioni sull’importanza di una visione sostenibile dell’attività d’impresa[85], mancava di una chiara attribuzione al Consiglio di amministrazione della responsabilità di considerare il tema della sostenibilità come parte integrante e fondamentale nella definizione delle strategie d’impresa[86].
Nel nuovo Codice, al contrario, la gestione dei temi di sostenibilità non è più una scelta autonoma della governance, fino ad ora obbligata a sacrificare il valore della società nel suo complesso in favore di una massimizzazione dei vantaggi per gli azionisti, ma diventa essa stessa un obiettivo strategico della società[87]. La sostenibilità entra come parte integrante nelle strategie di business determinando, di conseguenza, l’aumento della platea di destinatari beneficiari dell’attività dell’impresa[88]. Le attività della società, pertanto, non solo creeranno profitto agli azionisti, ma andranno a soddisfare anche gli interessi di altri stakeholder, interni ed esterni[89].
Il nuovo approccio sposato dal Codice di autodisciplina condurrà il mercato, in modo quasi naturale, a giudicare imprese e top management sulla base delle scelte relative a obiettivi di sostenibilità[90]. Una conferma del diffondersi di questo nuovo approccio, non solo a livello nazionale ma anche (e soprattutto) a livello internazionale, deriva da Larry Fink[91], il quale, nella sua lettera del 14 gennaio 2020[92], avverte gli amministratori delegati mondiali sul fatto che la società BlackRock will be increasingly disposed to vote against management and board directors when companies are not making sufficient progress on sustainability-related disclosures and the business practices and plans underlying them[93].
Al fine di aumentare la sensibilità verso l’obiettivo della sostenibilità e, al contempo, di responsabilizzare l’organo di gestione, il nuovo Codice è intervenuto anche sulle politiche di remunerazione degli amministratori, dei componenti dell’organo di controllo e del top management, prevedendo, all’art. 5[94], che esse siano funzionali al perseguimento del successo sostenibile della società. Nella Raccomandazione 27, il Codice stabilisce che gli obiettivi di performance debbano essere predeterminati, misurabili e legati in parte significativa a un orizzonte di lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi strategici della società, oltre che finalizzati a promuoverne il successo sostenibile, comprendendo, ove rilevanti, anche parametri non finanziari. Da ciò sembra discendere[95] che il mancato perseguimento di obiettivi di successo sostenibile potrebbe giustificare la restituzione di componenti variabili[96].
Nonostante, da un punto di vista valoriale, le novità introdotte dal Codice siano meritevoli di plauso, è stato evidenziato che, da un punto di vista giuridico, la formulazione dell’art. 1[97] – che prescrive che l’organo di gestione debba perseguire l’obiettivo di creare valore nel lungo termine a beneficio non solo degli azionisti, ma anche per altri stakeholder – non si presta a garantire né una guida ex ante agli amministratori, né un metro per valutarne ex post le decisioni. Infatti, come avviene anche per le Società Benefit, il potere concesso agli amministratori di tener conto degli interessi di diversi stakeholder nell’operare le proprie scelte, non fa altro che aumentare la loro discrezionalità, potenziando la loro posizione[98].
Pertanto, quella che, a prima vista, sembra una limitazione nei poteri degli amministratori, in realtà nasconde un ampliamento della discrezionalità loro concessa di poter scegliere, ad esempio laddove non sia possibile perseguire contemporaneamente un guadagno e un beneficio collettivo, quale interesse far prevalere e quale, invece, sacrificare, data l’assenza di una graduatoria degli interessi[99]. L’espansione del perimetro della discrezionalità degli amministratori, facilitando la giustificazione delle loro scelte, aumenterà, di conseguenza, anche il rischio di comportamenti opportunistici.
In ogni caso, le modifiche apportate al previgente Codice di autodisciplina, che si inseriscono in un quadro europeo e internazionale nel quale si prende coscienza della necessità di un cambio di passo rispetto al passato, evidenziano il ruolo primario ormai assunto nell’ambito dell’organizzazione dell’impresa dalla sostenibilità, che, nell’opinione di alcuni, diventerebbe perfino motore della governance[100].
In questo ambito, sorgono importanti iniziative di social impact banking, ossia programmi volti a identificare, finanziare e promuovere imprese che dimostrano di generare un impatto sociale positivo nei territori in cui la banca opera[101]. Si pensi, ad esempio, a Mediobanca S.p.a., che, nel nuovo piano strategico 2019-2023, ha inserito obiettivi qualitativi e quantitativi (quali investimenti responsabili, supporto alla transizione energetica, riduzione impatto ambientale diretto) nella politica di remunerazione a breve e a lungo termine del top management[102]. Oppure, si pensi a Unicredit che, nel 2017, ha lanciato un programma che consta di tre filoni di intervento: il Microcredito[103], volto a fornire ai microimpreditori che intendono sviluppare nuove imprese sia finanziamenti, sia servizi (ad esempio piattaforme digitali per sviluppare il business plan) sia dei tutor che li assistano nei primi tempi dell’attività[104]; l’Impact Financing che, al contrario, è volto a erogare finanziamenti, a condizioni più vantaggiose, a imprese che sviluppano progetti a forte impatto sociale; e, infine, l’educazione finanziaria, ossia un programma realizzato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione che fornisce ai giovani studenti degli istituti superiori le prime nozioni economiche e di imprenditorialità[105].
Il quadro normativo in materia di finanza sostenibile è, tuttavia, in continuo mutamento. Va infatti rilevato che, nell’ambito del Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile, pubblicato nel marzo 2018 sulla base delle raccomandazioni fornite dal gruppo di esperti HLEG, nella azione 10[106], la Commissione Europea si è impegnata a realizzare un approfondimento e un’attività di consultazione sulla possibile necessità di obbligare, con un intervento a livello europeo, per via legislativa, i Consigli di amministrazione ad agire nell’interesse di lungo periodo della società e a sviluppare e pubblicare una strategia sulla sostenibilità.
All’esito di tali analisi, la Commissione ha pubblicato una Proposta di iniziativa sulla governance societaria sostenibile[107], che tra le ipotesi include la possibilità di intervenire, con un atto legislativo europeo, sui doveri degli amministratori nei confronti degli stakeholders[108] in quanto, ad ora, sarebbe ancora favorita una visione short-term focalizzata in maniera preponderante sugli interessi finanziari degli azionisti[109].
Tali proposte, pur essendo state aspramente criticate in ambito non solo accademico[110], confermano la forte sensibilità acquisita, anche a livello europeo, sul tema della sostenibilità e della sua integrazione nella prospettiva strategica dell’impresa. L’intenzione della Commissione di privilegiare un approccio normativo mostra l’ulteriore accelerazione che sta subendo il tema della sostenibilità, già ampiamente mutato a seguito sia dell’evoluzione dell’autodisciplina e delle prassi delle società quotate europee sia del parallelo sviluppo dell’interesse degli investitori per la finanza sostenibile.
[1] Di Cesare P., Impresa, etica e B Corporation intervento nell’ambito del progetto Giardino delle Imprese, FONDAZIONE GOLINELLI
[2] Puschmann T., Hugo Hoffmann C., Khmarskyi V., How Green FinTech Can Alleviate the Impact of Climate Change—The Case of Switzerland in Swiss FinTech Innovation Lab, Department of Banking and Finance, University of Zurich, 2020, pag. 1 «The most straightforward way to finance this goal is to boost government spending, which inevitably burdens taxpayers or affects under-invested sectors. Private capital is an additional source to achieve this goal».
[3] World Commission on Environment and Development, Our Common Future, (cd. rapporto Brundtland), 1987.
[4] World Commission on Environment and Development, Our Common Future, (cd. rapporto Brundtland), 1987: «Humanity has the ability to make development sustainable to ensure that it meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs».
[5] Centodieci.it, Cos'è la finanza sostenibile (e perché è importante), 12 luglio 2019, disponibile al link https://www.centodieci.it/innovability/finanza-sostenibile-cos-e/
[6] Puschmann T., Hugo Hoffmann C., Khmarskyi V., How Green FinTech Can Alleviate the Impact of Climate Change—The Case of Switzerland in Swiss FinTech Innovation Lab, Department of Banking and Finance, University of Zurich, 2020, pag. 1 «The financial system, in general, has an essential function within the economy. It is channeling funds from those with surplus funds to those with shortages of funds».
[7] Etica SGR, Accordi di Parigi sul clima: uno studio ha calcolato i guadagni globali se centrassimo gli obiettivi, 2020, disponibile al link https://www.eticasgr.com/storie/approfondimenti/accordi-di-parigi-sul-clima
[8] Di Noto A., Che cos’è la finanza sostenibile e perché sta prendendo il largo, in Il Sole 24 Ore, 23 giungo 2020, disponibile al link https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/06/23/finanza-sostenibile-esg/
[9] The European House – Ambrosetti, Le Banche del Futuro, 2020, pag. 154.
[10] PWC, Exploring Green Finance Incentives in China, 2013: «For the banking sector, green finance is defined as financial products and services, under the consideration of environmental factors throughout the lending decision making, ex-post monitoring and risk management processes, provided to promote environmentally responsible investments and stimulate low-carbon technologies, projects, industries and businesses.»
[11] La diffusione della green finance e, di conseguenza, dell’adozione di decisioni di investimento che tengano conto di fattori ambientali e sociali, ha indotto la Commissione europea, nel marzo 2018, a pubblicare un Piano d'Azione per la finanza sostenibile, in cui vengono delineate le misure da adottare per la realizzazione di un sistema finanziario che apporti benefici per la società [come sostiene Confindustria, Finanza sostenibile: stato dell’arte e prospettive di sviluppo, 2019, Presentazione del workshop dedicato alla finanza sostenibile, del 15 maggio 2019, Roma, nell’ambito di EXCO2019. Disponibile al link http://economiacircolare.confindustria.it/finanza-sostenibile-stato-dellarte-e-prospettive-di-sviluppo/#:~:text=Il%20Piano%20ha%20lo%20scopo,stabilito%20l'obiettivo%20di%20ridurre], proseguendo il percorso già intrapreso con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile [si v. CONSOB, Finanza sostenibile, disponibile al link http://www.consob.it/web/area-pubblica/finanza-sostenibile].
[12] Perez. O., (2007), The New Universe of Green Finance: From Self-Regoulation to Multi-Polar Governance, Working Paper n. 1-07, 2007, Bar-llan University, pag. 3 disponibile al link: http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.535.1969&rep=rep1&type=pdf «Green finance represents a wide-ranging challenge to the traditional constructs of financial law. 2 New ‘green’ instruments threaten to transform conventional investment practices (‘ethical investment’)».
[13] G20 insight, Fostering sustainable global growth through green finance – what role for the G20? 2017 «For a 2°C compatible pathway, the G20 countries face an enormous investment. The investment required in infrastructure for energy, transport, potable water supply and sanitation, as well as telecommunications over the next 15 years is estimated to be around US$ 80–90 trillion». Si v. anche Bhattacharya A., Meltzer JP., Oppenheim J., Qureshi Z., Stern N., Delivering on sustainable infrastructure for better development and better climate. Brookings Institution, 2016.
[14] The European House – Ambrosetti, Le Banche del Futuro, 2020, pag. 146.
[15] Final report of the High-Level Expert Group on sustainable finance, 31 gennaio 2018, disponibile al link https://ec.europa.eu/info/publications/180131-sustainable-finance-report_en
[16] Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, Bruxelles, 8.3.2018 COM(2018) 97 final. Il piano si sostanzia in dieci punti mirati a favorire la canalizzazione degli investimenti finanziari verso un’economia maggiormente sostenibile; a considerare la sostenibilità nelle procedure per la gestione dei rischi e a rafforzare la trasparenza e gli investimenti di lungo periodo. Tra i punti del Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile emergono: stabilire un “linguaggio comune” in Europa per la Finanza Sostenibile; creare etichette UE per i prodotti finanziari green basate sulla tassonomia; richiedere che le assicurazioni e gli investitori istituzionali consiglino i clienti sulla base delle loro preferenze in materia di sostenibilità; aumentare la trasparenza nella rendicontazione delle informazioni non finanziarie.
[17]Confindustria, Finanza sostenibile: stato dell’arte e prospettive di sviluppo, 2019, Presentazione del workshop dedicato alla finanza sostenibile, del 15 maggio 2019, Roma, nell’ambito di EXCO2019. Disponibile al link http://economiacircolare.confindustria.it/finanza-sostenibile-stato-dellarte-e-prospettive-di-sviluppo/#:~:text=Il%20Piano%20ha%20lo%20scopo,stabilito%20l'obiettivo%20di%20ridurre
[18] The European House – Ambrosetti, Le Banche del Futuro, 2020, pag. 148, definisce la tassonomia «come uno strumento per aiutare investitori, aziende, emittenti e promotori di progetti ad affrontare la transizione verso una Low-Carbon economy».
[19] Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.
[20] ASVIS – Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, Position paper 2020, Finanza per lo sviluppo sostenibile, pag. 8.
[21] Comitato Italiano Corporate Governance, Relazione 2020 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate (8° rapporto sull’applicazione del codice di autodisciplina), pag. 21.
[22] Forum per la Finanza Sostenibile, EU Green Deal: come accelerare la decarbonizzazione dell’economia? Presentazione del Webinar Explaining how the European Green Deal can accelerate the transition towards decarbonised economy, 2020.
[23] Commissione europea, Comunicazione della Commissione. Il Green Deal europeo, Bruxelles, 11 dicembre 2019, COM(2019) 640 final.
[24] La transizione verso un’economia verde (cd. Just Transition Mechanism) deve essere giusta e inclusiva. Serve per mettere al primo posto le regioni, industrie e i lavoratori che dovranno affrontare le maggiori sfide per completare i cambiamenti necessari a raggiungere gli obiettivi della strategia. Infatti, si prevede una mobilitazione di almeno 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 per le regioni più colpite. Il Just Transition Mechanism avrà tre forme di finanziamento: il Just Transition Fund (o JTF), un meccanismo di finanziamento dedicato alla Just Transition nell’ambito di InvestEU22, uno strumento per i prestiti al settore pubblico con il sostegno della Banca Europea per gli Investimenti sostenuto dal bilancio dell’UE. Cfr. The European House – Ambrosetti, Le Banche del Futuro, 2020, pag. 149.
[25] The European House – Ambrosetti, Le Banche del Futuro, 2020, pag. 163.
[26] Il disinvestimento per le banche dai settori energetici più inquinanti, infatti, non è un’operazione immediata. Oltre alle conseguenze negative che si abbatterebbero sui lavoratori delle imprese più inquinanti, a seguito dello studio Kishan S., Tartar A., Gambrell D., The Other Fossils in the Boardroom. The sustainable revolution hasn’t reached the top levels of the biggest U.S. and European banks, giugno 2020, è stato evidenziato che il rallentamento nel disinvestimento dalle attività economiche inquinanti è conseguenza anche della formazione e delle ex carriere dei dirigenti di molti istituti di credito. L’analisi della carriera dei top manager di 20 grandi banche europee e statunitensi ha mostrato che tra i 600 dirigenti abbondavano gli ex manager di industrie dell’energia fossile o di azienda che (ancora) non fanno a meno dei fossili: auto, aerei, chimica.
In Italia, le banche che hanno annunciato il disinvestimento dai settori energetici più inquinanti sono Intesa Sanpaolo, Assicurazioni Generali e UniCredit. Cfr. Sani F., Investimenti ESG e il ruolo della finanza nella lotta al climate change, novembre 2020 in https://www.savetheplanet.green/
[27] PICTEC Asset Management, Ecco come la green finance può ridisegnare il capitalismo per un mondo più sostenibile, aprile 2020, disponibile al link https://www.am.pictet/it/blog/articoli/sviluppo-sostenibile/ecco-come-la-green-finance-puo-ridisegnare-il-capitalismo-per-un-mondo-piu-sostenibile
[28] ABI, Banche sempre più attive per lo sviluppo sostenibile, 11 aprile 2018, disponibile al link https://www.abi.it/Pagine/news/RsiILCLIENTE.aspx
[29] Il primo green bond fu emesso nel 2007 dalla Banca Europea degli Investimenti. Il primo green bond italiano è stato emesso nel 2014 dalla Hera S.p.a. Il primo Green Bond di Stato è stato, invece, emesso dalla Polonia nel 2016, e poi dalla Francia nel 2017.
[30] Ehlers T., Packer F., Green bond finance and certification, in BIS Quarterly Review, settembre 2017, pag. 89 «Green bonds are fixed income securities which finance investments with environmental or climate-related benefits. Green bonds are an integral component of “green finance” more generally, which aims to “internalize environmental externalities and adjust risk perceptions” for the sake of increasing environmentally friendly investments».
[31] Zucca A. C., Insight Investment chiede alle banche di “spingere l'economia globale verso un futuro sostenibile”, 5 aprile 2018, disponibile in https://www.milanofinanza.it/
[32] Venturi R., Green bond, quasi la metà sono emessi sul mercato europeo in https://www.investiremag.it/, 23 novembre 2020.
[33] Caparello A., Green bond: superano i 2 miliardi le emissioni bancarie in Italia, 23 novembre 2020 in https://www.wallstreetitalia.com/.
[34] L’associazione ICMA è un’associazione con base in Svizzera che si dedica all’analisi di una vastissima gamma di questioni relative alle pratiche di mercato e ai problemi di regolamentazione che influenzano ogni aspetto del funzionamento dei mercati internazionali. ICMA si occupa in particolare di quattro aree centrali: i mercati primari, i mercati secondari, il mercato dei collaterali e repo e il mercato dei green bond green e dei bond con finalità sociali. Cfr. https://www.icmagroup.org/; https://www.aipb.it/it
[35] D’Angerio V., Green bond, ecco cosa sono e come funzionano in Il Sole 24 Ore, 24 gennaio 2020, disponibile al link https://www.ilsole24ore.com/art/green-bond-ecco-cosa-sono-e-come-funzionano-AC9tKqDB
[36] Cen T, He R., Fintech, Green Finance and Sustainable Development in Advances in Social Science, Education and Humanities Research, Atlantis press, Parigi, 2018, volume 291, pag. 222 «Bond issuance is insufficient for developing environmentally friendly industry» e pagg. 223-224 «So unfortunately, green bonds just raised an estimated $130 billion in 2017 [11]. Less than 1% of Advances in Social Science, Education and Humanities Research, volume 291 223 global bonds are labelled as green, and less than 1% of the holdings by global institutional investors are environmentally-friendly infrastructure assets».
[37] Cen T, He R., Fintech, Green Finance and Sustainable Development in Advances in Social Science, Education and Humanities Research, Atlantis press, Parigi, 2018, volume 291, pag. 224 «Additionally, green finance is characterized as high trade costs, limited coverage, and insufficient product. Green finance needs an innovation, and fintech has the potential to increase the breadth and depth of green finance».
[38] Con la formula green washing si intende una forma di pubblicità ingannevole che le aziende utilizzano con il solo scopo di trarre un beneficio economico dalla denominazione green, pur non agendo, in concreto, a tutela dell’ambiente.
[39] Nassiry D., The role of fintech in unlocking green finance: policy insights for developing countries in ADBI Working Paper Series, 2018, N. 883, pag. 1.
[40] Adonopoulos G., Fintech ed ecosostenibilità guidano il futuro delle banche in https://www.money.it/, 23 settembre 2020.
[41] Le caratteristiche intrinseche della tecnologia blockchain, che consistono nella creazione di un database che rimuove la necessità di intermediari di fiducia, come banche o altre istituzioni, garantiscono che il trasferimento di valore sia a prova di manomissione e sicuro, assicurando così l’autenticità di tutti i dati al suo interno. La blockchain è quindi altamente trasparente: una registrazione di tutte le transazioni è disponibile in modo permanente, permettendo a tutti gli utenti del sistema di vedere, in tempo reale, le nuove transazioni che vengono aggiunte al database. Cfr. Mauderer S., The role of fintechs in green finance, intervento al 4° Forum German-Singaporean Financial Forum su “Grün-Tech: How can fintechs and banks work hand in hand for sustainable finance”, evento virtuale, 25 novembre 2020, pag. 2. Cfr. Nassiry D., The role of fintech in unlocking green finance: policy insights for developing countries in ADBI Working Paper Series, 2018, N. 883, pag. 2.
[42] Mauderer S., The role of fintechs in green finance, intervento al 4° Forum German-Singaporean Financial Forum su “Grün-Tech: How can fintechs and banks work hand in hand for sustainable finance”, evento virtuale, 25 novembre 2020, pag. 2 «I see two immediate benefits of using digital technology here: more efficiency and more credibility – and these relate to both the issuance as well as the verification process of green bonds. With regard to efficiency, using “blockchain-based smart contracts” could smooth the complex issuance process of green bonds, saving costs and time for issuers. This could open up the green bond market to a wider investor base, including retail investors. A study shows that using blockchain can greatly reduce the typical denomination of green bonds. In terms of costs, there would be no difference between a USD 10 and a USD 10 million green bond on the blockchain. In turn, this would also make the issuance of green bonds a viable option for a new and much broader range of companies and project developers and could give a much-needed boost to the supply side. Besides, the built-in features of blockchain technology ensure that the transfer of value is tamper-proof and secure, thus ensuring credibility. Furthermore, by leveraging blockchain, Internet of things (IoT) and AI, readings from sensors in solar panels, for example, could be uploaded directly to the distributed ledger. This allows investors to monitor the environmental impact of their investment in real time».
[43] Cen T, He R., Fintech, Green Finance and Sustainable Development in Advances in Social Science, Education and Humanities Research, Atlantis press, Parigi, 2018, volume 291, pag. 224 «Fintech will lead to green finance more users and lower capital cost. Fintech companies are good at both personalized marketing or precision marketing. Benefit from wider channels and lower customer acquisition cost, fintech users are more extensive. Meanwhile, banks have capital and brand advantages, and the credit cost is low as well».
[44] PICTEC Asset Management, Il fintech e la transizione verso una finanza eco-sostenibile, gennaio 2018, disponibile al link https://www.am.pictet/it/blog/articoli/sviluppo-sostenibile/il-fintech-e-la-transizione-verso-una-finanza-eco-sostenibile
[45] Cen T, He R., Fintech, Green Finance and Sustainable Development in Advances in Social Science, Education and Humanities Research, Atlantis press, Parigi, 2018, volume 291, pag. 224 «Fintech provides equal and affordable financial services to the poor, promoting inclusive finance. Traditional finance use to be criticized not inclusive, the green finance is even worse».
[46] In particolare, la green finance è tradizionalmente not inclusive in quanto, ad oggi, i partecipanti sono esclusivamente grandi società e governi.
[47] Mauderer S., The role of fintechs in green finance, intervento al 4° Forum German-Singaporean Financial Forum su “Grün-Tech: How can fintechs and banks work hand in hand for sustainable finance”, evento virtuale, 25 novembre 2020, pag. 1 «First, FinTechs can facilitate the collection of data. Currently, climate-related data is often not readily available. This typically leads to high search costs as investors and banks have to do their due diligence. In fact, the relevant data may not even be identified at all. As a result, climaterelated risk is not priced adequately. Innovative solutions could help to identify and collect the necessary and relevant climate-related data. Digital technologies such as artificial intelligence (AI), big data and blockchain offer opportunities to gather comprehensive data in a cost-efficient way».
[48] Mauderer S., The role of fintechs in green finance, intervento al 4° Forum German-Singaporean Financial Forum su “Grün-Tech: How can fintechs and banks work hand in hand for sustainable finance”, evento virtuale, 25 novembre 2020, pag. 1 «Investors and banks can use such data in their analysis, modelling and evaluation of climaterelated risk and opportunity – or they can team up with FinTechs offering specialized services in this field. Often enough start-ups are faster in developing the necessary technological innovations than long-established institutions».
[49] Come chiarito dall’autrice, i progressi nella scienza dei dati consentono l’analisi di ampi set di dati climatici provenienti da agenzie di stampa, da enti pubblici, da rapporti meteorologici, ecc. L’analisi dei big data aiuta nella misurazione dell’impatto economico complessivo del rischio climatico su base locale.
[50] Cen T, He R., Fintech, Green Finance and Sustainable Development in Advances in Social Science, Education and Humanities Research, Atlantis press, Parigi, 2018, volume 291, pag. 224 «Fintech Provides Green Lifestyle. Fintech itself is green. Fintech transforms financial service to green, low-carbon and time-saving industry. Purchasing, investing, and investment advisory can be done through a cellphone, reducing the frequency of driving to the bank counter, getting rid of unnecessary trading cost and potential waste. Mobile payment will reduce cash use».
[51] Licata P., Fintech leva per sviluppo sostenibile, l’Onu battezza la task force evitarlo in Agenda Digitale, 31 gennaio 2019, disponibile al link https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/fintech-leva-per-sviluppo-sostenibile-lonu-battezza-la-task-force/
[52] Sulle Benefit Corporation: Bainbridge S., The Business Judgment Rule as Abstention Doctrine, in University of California Los Angeles School of Law.Law & Economics Research Paper Series, 2003, pag. 1; Brakman Reiser D., Benefit corporations. A sustainable form of organization?, in Brooklyn Law School, Legal Studies, 2011, n. 293, pag. 602; Callison J. W., Benefit Corporations, Innovation and Statutory Design, in Regent University Law Review, 2013, pag. 2 e ss.; Castellani G., De Rossi D., Rampa A., Le società benefit. La nuova prospettiva di una Corporate Social Responsibility con commitment, Fondazione nazionale dei commercialisti, 2016, pagg. 5 14 e 16; Hiller J. S., The Benefit Corporations and Corporate Social Responsibility, in Journal of Business Ethics, Berlino, Springer, 2013, vol. 118, pagg. 289-290; Honeyman R., The B Corp Handbook. How to use business as a force for good, San Francisco, Berret-Koehler, 2014, pag. 1, 9-11; Hopkins J., Low-profit limited liability companies:high-risk tax fad or legitimate social investment planning opportunity?, in Cardozo law review “De Novo”, 2014, pag. 35 e 36; Lovett IV T., Basel V., The Role of the Constituency Statute in the Shareholders’ World, in Lindquist vennum PLLP, 2011, pag. 1; Molteni M., Responsabilità sociale e performance d'impresa. Per una sintesi socio-competitiva, Milano, Vita e Pensiero, 2004, pag. 11; Pippin S., Weber J., Benefit corporations and B corps: New opportunities for accountants, 2016; Reiser D., Benefit corporations. A sustainable form of organization?, Wake Forest Law Review, 2011; pag. 616; Sabeti H., The for benefit enterprise, in Harvard Business Review, Brighton, Harvard Business Publishing, 2011, pag. 3; Stout L., Why We Should Stop Teaching Dodge v. Ford, in Virginia Law and Business review, Cornell Law Faculty Publications, 2008, pag. 164 e 165; Tina A., L’esonero della responsabilità degli amministratori delle S.P.A., Milano, Giuffrè, 2008, pag. 134; Toffoletto A., Note minime a margine di Laudato si’, in Società 2015, pag. 1203 e ss.
[53] https://zephyrnet.com/it/ La piattaforma OpenInvest aggiunge BlackRock al suo mercato, 10 settembre 2020
[54] https://it.time4invest.com/ Revisione Openinvest
[55] https://zephyrnet.com/it/ La piattaforma OpenInvest aggiunge BlackRock al suo mercato, 10 settembre 2020
[56] Di Turi A., Sustainable fintech, la vera rivoluzione in https://changes.unipol.it/, 11 ottobre 2018.
[57] Cfr. https://www.datamaran.com «Datamaran is the market leader in external risk management - trusted by blue-chip companies and global partners. It is the only software in the world that supports a data-driven business process for monitoring external risks and opportunities.
We offer a different path, one that helps companies cut through the complexities and understand their external risks across the value chain. Whether you are looking to start your journey or make the next leap, Datamaran can help you». E cfr. https://www.datamaran.com/about-us/ «For too long, external risks have been ignored. Understanding and monitoring external risks, like pandemics, climate change and diversity and inclusion, is business-critical. They have profound financial implications, as demonstrated by the World Economic Forum Global Risk Report. And yet, most companies are unprepared and often get blindsided because they do not have sufficient processes in place. Traditionally, these risks have been managed through ad-hoc projects and programs dependent on manual research and subjective opinions. In a constantly shifting global space, this is no longer sufficient».
[58] Comitato Italiano Corporate Governance, Relazione 2020 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate (8° rapporto sull’applicazione del codice di autodisciplina), pagg. 3 e 4.
[59] Molteni M., Responsabilità sociale e performance d'impresa. Per una sintesi socio-competitiva, Milano, Vita e Pensiero, 2004, pag. 11.
[60] Sulle Società Benefit: Bertarini G., La società benefit: spunti di riflessione sulle nuove prospettive del settore non profit, in Diritto e Giustizia, Milano, Giuffrè, 2016, pag. 9 e ss; Castellani G., De Rossi D., Rampa A., Le società benefit. La nuova prospettiva di una Corporate Social Responsibility con commitment, Fondazione nazionale dei commercialisti, 2016, pagg. 5, 14, 16; Castellani G., De Rossi D., Rampa A., Le società benefit (Parte II). In requiem alle imprese sociali, Fondazione nazionale dei commercialisti, 2016, pagg. 4, 17; Corsini M., L’ultima idiozia legislativa? Nascono le Società-Benefit, in Miglioverde, 2016, disponibile su https://goo.gl/JY4nwj; Del Barba M., Società Benefit: restituire all’imprenditore la centralità del suo sogno per rendere sostenibile il modello di sviluppo, in Archivio della generatività sociale, 2016, disponibile su https://goo.gl/AsnUls.; Di Stefano G., Benefit Corporation, Italia primo paese europeo a proporre una legge, in Futuro Quotidiano, 2016 disponibile su https://goo.gl/OQovb4; Montalenti P., Interesse sociale e amministratori, in L’interesse sociale tra valorizzazione del capitale e protezione degli stakeholder, Quad. Giur. Comm., 2010, pag. 91; Pagamici B., L'arrivo della società benefit rischia di far sparire l'impresa sociale, in Italia Oggi, 2016, disponibile a https://goo.gl/nfDu9T; Randazzo R., B-corp, Società benefit e imprese sociali: cosa le separa e cosa le unisce, in Vita, 2016, disponibile su https://goo.gl/iL0wyp; Riolfo G, Le società “benefit” in Italia: prime riflessioni su una recente innovazione legislativa, in Studium Iuris, Padova, CEDAM, 2016, parte 6, pagg. 724, 725, 726, 727, 730; Riolfo G, Le società “benefit” in Italia: prime riflessioni su una recente innovazione legislativa, in Studium Iuris, Padova, CEDAM, 2016, parte 7-8, pagg. 819, 820, 821,822; Siclari D., Le società Benefit nell’ordinamento italiano, in Rivista trimestrale del diritto dell’economia, 2016, pagg. 36-48; Riva D, Le società Benefit, in Federnotizie; 2016, diponibile su https://goo.gl/C9ubyu; Stella Richter m., Forma e contenuto dell’atto costitutivo delle società per azioni, in Trattato delle società per azioni, Torino, UTET, 2004 pag. 242 e ss.; Testa A., Legge di stabilità 2016. Le società Benefit ed i limiti di interpretabilità della norma, in Quotidiano giuridico, 2016; Visconti G., Società Benefit: attività sociale senza rinunziare agli utili, in Fisco e Tasse, 2016; La disciplina delle società Benefit, in www.assonime.it, sezione Circolari, pag. 3-30.
[61] Sullo scopo di lucro, che sarà oggetto di analisi nei paragrafi 2.1 e ss. del capitolo II: Angelici C., Diritto commerciale, Roma-Bari, Laterza, 2002, pag. 33; Asquini A., Profili d’impresa, in Rivista del diritto commerciale, Milano, Vallardi, 1943, pag. 9; Belviso U., Scopo mutualistico e capitale variabile nelle società cooperative, Milano, Giuffrè, 2012, pag. 26; Bigiavi W., La professionalità dell'imprenditore, Padova, CEDAM, 1948, pagg. 64 e ss.; Campobasso G.F., in Diritto commerciale, vol. I, Diritto dell’impresa, Torino, UTET, 2013, pag. 34; Casanova M., Impresa e azienda: (Le imprese commerciali), Torino, UTET, 1974, pag. 30; Cottino G., L’imprenditore, Padova, CEDAM, 2001, pag. 437, 440 e 441; Ferrara F. Jr. in Ferrara F. Jr e Corsi F., Gli imprenditori e le società, Milano, Giuffrè, 1980, pag. 43; Ferri G., Manuale di diritto commerciale, Torino, UTET, 1950 pag. 27 e ss.; Ferri G., Manuale di diritto commerciale, Torino, UTET, 2010, pagg. 48-50; Galgano F., Diritto commerciale. L'imprenditore, Bologna, Zanichelli, 1996, parte I, pag. 23; Graziani A., Diritto delle società, Napoli, Morano, 1951, pag. 67; Libonati B., Corso di diritto commerciale, Milano, Giuffrè, 2008, pag. 15; Messineo F., Studi di diritto delle società, Milano, Giuffrè, 1949, pagg. 5, 6, 27 e 28; Oppo G., Lo scopo di lucro nell’impresa, in Rivista di diritto civile, Padova, CEDAM, parte I, 1976, pag. 595; Santini G., Tramonto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, in Rivista di diritto civile, Padova, CEDAM, 1973, parte I, pag. 155 e 160.
[62] Il Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020, come meglio si vedrà, prevede che l’organo di amministrazione guidi la società perseguendone il successo sostenibile. Tale principio è riscontrabile anche negli altri ordinamenti europei: nel UK Corporate Governance Code del 2018 che stabilisce «A successful company is led by an effective and entrepreneurial board, whose role is to promote the long-term sustainable success of the company, generating value for shareholders and contributing to wider society», nel Belgian Code of Corporate Governance del 2020 che prevede «The board should pursue sustainable value creation by the company, by setting the company’s strategy, putting in place effective, responsible and ethical leadership and monitoring the company’s performance», nel francese Corporate Governance Code of Listed Corporations è sancito il principio secondo cui l’organo di gestione «endeavours to promote long-term value creation by the company by considering the social and environmental aspects of its activities», nel German Corporate Governance Code è previsto che «The Management Board develops the enterprise strategy, coordinates it with the Supervisory Board and ensures its implementation»..
[63] Il primo Codice di corporate governance di autodisciplina delle società quotate venne varato nel 1999. Oggi, è promosso e monitorato, con cadenza annuale, da un Comitato costituito da ABI, ANIA, ASSONIME, Confindustria, Borsa Italiana, Assogestioni. L’adesione al Codice è di tipo volontario in ragione della sua natura squisitamente privata. Cfr. Marchetti P., Il nuovo Codice di autodisciplina delle società quotate, in Rivista delle società, Milano, Giuffrè, 2020, pag. 268.
[64] Attisano F. D., La centralità della sostenibilità nella corporate governance del terzo millennio, 9 marzo 2020, disponibile al link https://www.riskcompliance.it/
[65] Il 2086 codice civile è modificato dall’art. 375 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che prevede: «La rubrica dell'articolo 2086 del codice civile è sostituita dalla seguente: ‘Gestione dell'impresa’.
2. All'articolo 2086 del codice civile, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: ‘L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale’».
[66] L’estensione a tutti i tipi sociali è una naturale conseguenza del fatto che l’adeguatezza degli assetti è un elemento implicitamente incluso all’interno del requisito dell’organizzazione dell’art. 2082 codice civile Così De Mari, M., L'adeguatezza degli assetti, in AA. VV., Assetti adeguati e modelli organizzativi, diretta da Irrera M., Bologna, Zanichelli, 2016, pag. 25 evidenzia la stretta relazione tra assetti e impresa come attività organizzata.
[67] D.lgs 17 gennaio 2003, n. 6, Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003.
[68] Montalenti P., La responsabilità degli amministratori nell’impresa globalizzata in Giurisprudenza Commerciale, Milano, Giuffè, 2005, IV, pag. 444.
[69] L’art. 149, comma 1, lett. c) del T.U.F. prevede che «Il collegio sindacale vigila: a) sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo; b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; c) sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione; c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi; d) sull'adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell'articolo 114, comma 2».
[70] L’art. 2381, comma 5, codice civile prevede «Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al Consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.».
[71] L’art. 2381, comma 3, codice civile prevede «Il Consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega [2405, 2421, n. 6]; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione».
[72] Art. 2403, comma 1, codice civile «Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione [2623, n. 3] ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile [2423, 2432] adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento».
[73] CNDCEC - Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate, 28 febbraio 2018.
[74] De Mari, M., L'adeguatezza degli assetti, in AA. VV., Assetti adeguati e modelli organizzativi, diretta da Irrera M., Bologna, Zanichelli, 2016, pag. 27.
[75] Dapprima ai sensi delle modifiche apportate dalla riforma del 2003, e poi ai sensi delle modifiche del Codice della crisi e dell’insolvenza delle imprese.
[76] Buonocore V., Adeguatezza, precauzione, gestione, responsabilità: chiose sull’art. 2381, commi terzo e quinto, del codice civile, in Giurisprudenza Commerciale, Milano, Giuffè, 2006, I, pag. 28.
[77] Buonocore V., Adeguatezza, precauzione, gestione, responsabilità: chiose sull’art. 2381, commi terzo e quinto, del codice civile, in Giurisprudenza Commerciale, Milano, Giuffè, 2006, I, pag. 5.
[78] Miller R. T., Oversight liability for risk-management failures at financial firms in S. Cal. L. Rev, 2010, pag. 87 «In other words, if courts were to review oversight claims under an objective standard, they would necessarily become involved in reviewing certain business decisions on the merits—namely, decisions as to what kind of information and reporting system the company should have».
[79] Miller R. T., Oversight liability for risk-management failures at financial firms in S. Cal. L. Rev, 2010, pagg. 99-100 « Indeed, if a court attempted to specify the substantive riskmanagement responsibilities of the board, it could surely do no more than announce some generalized, almost platitudinous standard—for instance, that boards should adopt “reasonable” risk-management practices consistent with the firm’s business and other relevant factors. Such vacuous guidance from a court would not improve actual risk-management practices at all. Furthermore, if a court did such a thing, then in subsequent suits based on alleged failures by the board to comply with the duty the court had announced, the issue would become whether the board’s actual riskmanagement practices were reasonable in the circumstances. The court would then be required to determine this issue—which would involve reviewing for reasonability all the substantive risk-management decisions of the firm, decisions that the court is unequipped to make. There would likely be a battle of experts, but in practice the result would almost always be that the court would defer to the judgments of the board as to which risk-management models and systems were reasonable, and so, undoubtedly after protracted litigation, the directors would prevail unless they had not implemented the kinds of systems they themselves thought they should—unless, that is, they had consciously disregarded their duties. That, of course, is the current law under Caremark».
[80] Boggio L., L’organizzazione e il controllo dellla gestione finanziaria nei gruppi in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, II, Torino, UTET, 2014, pag. 1500; Calandra Buonara V., L’amministrazione della società per azioni nel sistema tradizionale in Trattato di Diritto Commerciale, diretto da Costi R., IV, Torino, Giappichelli, 2019, pagg. 300; Ferrarini G., Funzione del Consiglio di amministrazione, ruolo degli indipendenti e doveri fiduciari in I controlli societari, a cura di Di Noia C., Bianchini M., Milano, Egea, 2010, pagg. 50 ss; Ferrarini G., Controlli interni e strutture di governo societario in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Vol. III, Torino, UTET, 2006, pagg. 23 e 25; Maugeri M., Note in tema di doveri degli amministratori nel governo del rischio di impresa (non bancaria) in Rivista ODC, 2014, 1, pag. 12; Kutufà I., Adeguatezza degli assetti e responsabilità gestoria in Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber amicorum Antonio Piras, Torino, Giappichelli, 2010, pagg. 725 ss.; Luciano A. M., Adeguatezza organizzativa e funzioni aziendali di controllo nelle società bancarie e non, in Rivista del Diritto Commerciale, Padova, Piccin, 2017, I, pag. 362;
[81] Con la formula business judgment rule si fa riferimento a un principio di diritto che comporta l’insindacabilità giudiziale delle scelte imprenditoriali degli amministratori di società, assolvendo la funzione di circoscrivere il rischio per le decisioni che si rivelino errate. Si v. Benedetti L., L’applicabilità della business judgment rule alle decisioni organizzative degli amministratori in Rivista delle società, Milano, Giuffrè, 2019, pag. 413.
[82] Amatucci C., Adeguatezza degli assetti, responsabilità degli amministratori e business judgment rule in Giurisprudenza Commerciale, Milano, Giuffè, 2016, I, pagg. 643 ss.; Brizzi F., Doveri degli amministratori e tutela dei creditori nel diritto societario della crisi, Torino, Giappichelli, 2015, (nt. 3); Galletti D., L'insorgere della crisi e il dover essere nel diritto societario. Obblighi di comportamento degli organi sociali in caso di insolvenza su ilfallimentarista.it, 27 settembre 2012, pag. 25; Montalenti P., La gestione dell’impresa di fronte alla crisi fra diritto societario e diritto concorsuale in Rivista di diritto societario, Giappichelli, Torino, 2011, pag. 828; Montalenti P., Amministrazione e controllo nelle società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma in Rivista delle società, Milano, Giuffrè, 2013, pag. 260; Mozzarelli M., Appunti in tema di rischio organizzativo e procedimentalizzazione dell’attività imprenditoriale in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Giappichelli, Torino, 2010 (nt. 12); Sacchi R., L’organismo di vigilanza ex d.lgs n. 231/2001 in Corporate governance e ‘sistema dei controlli’ nelle S.p.a., Giappichelli, Torino, 2013, pag. 90; Spiotta M., La responsabilità in Diritto del governo delle imprese, diretto Irrera M., Giappichelli, Torino, 2016, pag. 310.
[83] Angelici C., Le società per azioni. Vol. 1: Principi e problemi in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, Giuffrè, 2012, 407.
[84] Il nuovo Codice, rivolto a tutte le società con azioni quotate sul Mercato gestito da Borsa Italiana S.p.a., prevede un totale di sei articoli suddivisi in principi (che definiscono gli obiettivi di una buona governance) e in raccomandazioni (che indicano i comportamenti che il Codice reputa adeguati a realizzare gli obiettivi indicati nei princìpi). L’adesione al Codice è volontaria e basata sul principio comply or explain, pertanto, eventuali differenze rispetto a quanto prescritto dal codice devono essere comunicate e motivate nella relazione sulla governance che le società sono tenute a redigere annualmente.
[85] Bocconi S., Governance per l’impresa green «si farà cosi», in Finanza & Imprese, Corriere della Sera del 21 gennaio 2020.
[86] Grieco P., Lettera del Presidente del Comitato alle Società quotate, 22 dicembre 2020, pag. 7 «Il Codice vigente fornisce già alcune indicazioni sull’importanza di una visione sostenibile dell’attività d’impresa, raccomandando che la politica di gestione dei rischi valuti gli elementi “che possono assumere rilievo nell’ottica della sostenibilità nel medio-lungo periodo dell’attività dell’emittente” (art. 1.C.1, lett. b). Il Codice inoltre, nel commento all’articolo 4, fornisce alcune indicazioni organizzative per le società appartenenti all’indice FTSE MIB, volte ad attribuire a un comitato endo-consiliare specifiche funzioni di supporto al consiglio in materia di sostenibilità. Il Comitato osserva come, nonostante un buon grado di applicazione di queste indicazioni, in molti casi manchi una chiara attribuzione al Consiglio di amministrazione della responsabilità di considerare il tema della sostenibilità come parte integrante e fondamentale nella definizione delle strategie d’impresa».
[87] Attisano F. D., La centralità della sostenibilità nella corporate governance del terzo millennio, 9 marzo 2020, disponibile al link https://www.riskcompliance.it/
[88] Bocconi S., Governance per l’impresa green «si farà cosi», in Finanza & Imprese, Corriere della Sera del 21 gennaio 2020.
[89] Attisano F. D., La centralità della sostenibilità nella corporate governance del terzo millennio, 9 marzo 2020, disponibile al link https://www.riskcompliance.it/
[90] Bocconi S., Governance per l’impresa green «si farà cosi», in Finanza & Imprese, Corriere della Sera del 21 gennaio 2020.
[91] Fondatore e presidente del colosso finanziario BlackRock, la più grande società di investimento nel mondo con sede a New York. Black Rock, infatti, investe in migliaia di società a livello internazionale e in molte di esse si colloca tra i soci più rilevanti.
[92] Ormai da alcuni anni, l’invio dell’annual letter da parte di Larry Fink rappresenta uno dei momenti più attesi dai mercati finanziari e dagli osservatori. Più di una volta, infatti, le indicazioni fornite da Larry Fink hanno segnato precise linee di tendenza. Cfr. Strampelli G., Gli investitori istituzionali salveranno il mondo? Note a margine dell’ultima lettera annuale di BlackRoc, in Rivista delle società, Milano, Giuffrè, pag. 54.
[93] Fink L., lettera ai CEO del 14 gennaio 2020: alla luce del lavoro già effettuato nella divulgazione, e considerando i crescenti rischi di investimento che circondano la sostenibilità, saremo sempre più propensi a votare contro i dirigenti e i consiglieri di amministrazione quando le società non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali ad essa connessi.
[94] Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020, art. 5 «Remunerazione Princìpi XV. La politica per la remunerazione degli amministratori, dei componenti dell’organo di controllo e del top management è funzionale al perseguimento del successo sostenibile della società e tiene conto della necessità di disporre, trattenere e motivare persone dotate della competenza e della professionalità richieste dal ruolo ricoperto nella società. XVI. La politica per la remunerazione è elaborata dall’organo di amministrazione, attraverso una procedura trasparente. XVII. L’organo di amministrazione assicura che la remunerazione erogata e maturata sia coerente con i princìpi e i criteri definiti nella politica, alla luce dei risultati conseguiti e delle altre circostanze rilevanti per la sua attuazione».
[95] Marchetti P., Il nuovo Codice di autodisciplina delle società quotate, in Rivista delle società, Milano, Giuffrè, 2020, pag. 272.
[96] Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020, art. 5, racc. 27, lett. e) «Le intese contrattuali che consentano alla società di chiedere la restituzione, in tutto o in parte, di componenti variabili della remunerazione versate (o di trattenere somme oggetto di differimento), determinate sulla base di dati in seguito rivelatisi manifestamente errati e delle altre circostanze».
[97] Codice di Corporate Governance delle Società Quotate 2020, art. 1, co.1 «L’organo di amministrazione guida la società perseguendone il successo sostenibile».
[98] Solenne V., Commento al Nuovo Codice di Corporate Governance Compliance, 16 maggio 2020, disponibile al link https://www.pandslegal.it/
[99] Corso S., Le società benefit nell’ordinamento italiano: una nuova “qualifica” tra profit e non-profit, in Le nuove leggi civili commentate, Padova, CEDAM, fasc. 5, 2016, pag. 1016.
[100] Amato G., Pierotti N., Deloitte Legal, Macrì L., Il successo sostenibile nel Codice di Autodisciplina 2020: ruolo dell’organo di amministrazione e remunerazione in https://www.dirittobancario.it/, 2020, pag. 3.
[101] ITALIA Informa, Unicredit, Social Impact Banking, 2020, disponibile a link https://italia-informa.com/unicredit-social-impact-banking.aspx
[102] Negri Clementi A., C’è un nuovo obiettivo da perseguire per le imprese, quello del successo sostenibile. Il ruolo degli amministratori indipendenti, 3 aprile 2020, disponibile al link https://bebeez.it/
[103] Dal lancio del progetto al 30 settembre 2019, Social Impact Banking ha erogato in Italia 2.247 prestiti di Microcredito per un importo di 44 milioni 350mila di euro. È stata inoltre riconosciuta con il Premio Microcredito MF Innovazione Award 2019 per la categoria Sustainable Business. Cfr. Italia Informa, Unicredit, Social Impact Banking, 2020, disponibile a link https://italia-informa.com/unicredit-social-impact-banking.aspx
[104] Unicredit, Pascazio:“Con Social Impact Banking costruiamo una società più equa e inclusiva, 20 gennaio 2020, disponibile al link https://quifinanza.it/finanza/unicredit-pascazio-con-social-impact-banking-costruiamo-una-societa-piu-equa-e-inclusiva/344600/
[105] Unicredit, Pascazio:“Con Social Impact Banking costruiamo una società più equa e inclusiva, 20 gennaio 2020, disponibile al link https://quifinanza.it/finanza/unicredit-pascazio-con-social-impact-banking-costruiamo-una-societa-piu-equa-e-inclusiva/344600/
[106] Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, Bruxelles, 8.3.2018 COM(2018) 97 final «Azione 10: promuovere un governo societario sostenibile e attenuare la visione a breve termine nei mercati dei capitali 1. Per promuovere un governo societario che favorisca maggiormente gli investimenti sostenibili, la Commissione svolgerà entro il secondo trimestre del 2019 un lavoro di analisi e di consultazione presso le parti interessate per valutare: i) l’eventuale necessità di imporre ai consigli di amministrazione di elaborare e divulgare una strategia in materia di sostenibilità, compresa una due diligence lungo l’intera catena di approvvigionamento, nonché obiettivi di sostenibilità misurabili; e ii) l’eventuale necessità di chiarire le norme che impongono agli amministratori di agire nell’interesse a lungo termine dell’impresa. 2. La Commissione inviterà le autorità europee di vigilanza a raccogliere elementi a dimostrazione dell’indebita pressione a breve termine esercitata dai mercati dei capitali sulle imprese e a ponderare, se necessario, ulteriori azioni sulla base di questi elementi entro il primo trimestre del 2019. Più specificamente, la Commissione invita l’ESMA a raccogliere informazioni sulla visione a breve termine indebita nei mercati dei capitali, valutando: i) la rotazione del portafoglio e i periodi di possesso delle azioni da parte dei gestori di attività; ii) se nei mercati dei capitali siano in uso prassi che generano una indebita pressione a breve termine nell’economia reale».
[107] Commissione europea, Documento di consultazione sulle iniziative proposte in materia di sustainable corporate governance, posto in consultazione il 26 ottobre 2020 fino all’8 febbraio 2021.
[108] Commissione europea, Documento di consultazione sulle iniziative proposte in materia di sustainable corporate governance, «An EU level initiative could include the appropriate combination of the following corporate (company) and directors’ duties with a view to requiring (still to be determined categories of) limited liability companies “not to do harm” and to empowering corporate directors to integrate wider interests into decisions, building also on existing corporate governance mechanisms: (…) company directors to take into account all stakeholders’ interests which are relevant for the longterm sustainability of the firm or which belong to those affected by it (employees, environment, other stakeholders affected by the business, etc.), as part of their duty of care to promote the interests of the company and pursue its objectives; company directors to define and integrate stakeholders’ interests and corporate sustainability risks, impacts and opportunities into the corporate strategy – following appropriate procedures – with measurable and time-bound, science-based targets where relevant, including as regards climate targets aligned to the Paris agreement, biodiversity and deforestation targets, etc. and according also to the company’s size and activity, and to implement such strategy through proper risk management and impact mitigation procedures».
[109] Commissione europea, Documento di consultazione sulle iniziative proposte in materia di sustainable corporate governance «A new study shows that many companies, in particular those listed on regulated markets, face pressure to focus on generating financial return in a short timeframe and redistribute a large part of the income generated to shareholders, which may be to the detriment of the long-term development of the company, as well as of sustainability. Short-term focus in corporate directors’ remuneration incentivises improving share price performance and corporate income distribution patterns show a strong trend towards declining investment. Between 1992 and 2018 the ratio of total shareholder payouts – i.e. dividend payments and share buybacks – to corporate net income, increased from 20% to 60% in listed European companies. Simultaneously, business investment – in terms of the ratio of capital expenditure and research and development spending to net income – has declined by 45% and 38% respectively. Over the last two decades, these indicators seem to have stabilised around high levels of pay-outs and low investment intensity». Lo studio cui la Commissione si riferisce nel documento di consultazione citato e volto ad analizzare lo stato dell’arte circa i doveri fiduciari degli amministratori nel contesto della corporate governance e della sostenibilità dell’attività di impresa è realizzato dalla società Ernst &Young.
[110] I professori dell’Harvard Law School e dell’Harvard Business School (Roe, Spamann, Fried, Wang, Ramseyer, Ferrell, Kraakman, Bebchuk, Clark), e delle Associazioni (Assonime, EuropenIssuers, Medef, Federation of Finnish Enterprises) evidenziano, innanzitutto, che lo studio di Ernst &Young sul quale si basa la proposta della Commissione sia discutibile per la scarsa trasparenza e coerenza del campione di imprese considerate. In secondo luogo, numerose critiche sono state sollevate anche in relazione alla equiparazione degli interessi degli azionisti con la creazione di valore a breve termine, alla ricostruzione parziale e incompleta delle discipline nazionali e all’inadeguatezza delle proposte sui sistemi di enforcement rispetto alla consolidata impostazione delle azioni di responsabilità e, in particolare, della giurisprudenza sulla business judgement rule. In terzo luogo, sono stati sopravvalutati gli effetti negativi che lo short-termism di una parte degli investitori può avere sulla governance delle imprese, così come sono stati sottovalutati gli effetti positivi che l’attivismo dei fondi può avere sulla governance e sulla performance di lungo termine della società in cui investono. Cfr. Comitato Italiano Corporate Governance, Relazione 2020 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate (8° rapporto sull’applicazione del codice di autodisciplina), pagg. 25 e 26.