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Pubbl. Mar, 28 Feb 2023

Il mistero dei cold case: analisi ed evoluzione per la risoluzione dei delitti irrisolti

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Francesco Andrea Carratú
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L’articolo ha la finalità di esaminare il fenomeno dei cold case, ossia dei casi irrisolti senza un colpevole. La ricerca di un assassino dopo molti anni è un compito arduo in quanto sono molteplici le componenti che devono funzionalmente coesistere onde si possa giungere all’arresto del colpevole e, in tale ottica, la tecnologia ha compiuto un enorme progresso consentendo alle Forze di Polizia di sfruttare i vantaggi acquisiti. In Italia sono ancora tanti i casi irrisolti anche a distanza di anni, tuttavia in alcune circostanze si verifica la riapertura delle indagini.


ENG

The mystery of the cold cases: analysis and evolution for the resolution of unsolved crimes

The article aims to examine the phenomenon of cold cases, namely unsolved cases without a culprit. The search for a murderer after many years is an arduous task as there are many components that must functionally coexist in order for the perpetrator to be arrested, and from this point of view, technology has made enormous progress allowing the Police Forces to exploit the advantages acquired. In Italy there are still many unsolved cases even after many years, however in some circumstances the investigations are reopened.

Sommario: 1. Premessa; 2. Il fenomeno dei cold case; 3. Casi particolari in Italia; 4. La riapertura di un’indagine; 5. Conclusioni.

1.Premessa

«Quando si premedita freddamente un delitto, si premeditano freddamente anche i sistemi per celarlo». Una frase divenuta famosa e proferita da Sherlock Holmes, il più celebre personaggio ideato dalla penna del grande scrittore scozzese Arthur Conan Doyle. Sebbene tale espressione sia stata coniata in un contesto di romanzi gialli di pura fantasia, ancora oggi è attuale e ricorrente proporla per le vicende che siamo portati ad ascoltare, visto in che modo assurge agli onori della cronaca, frequentemente, la parola “omicidio” sia sui notiziari televisivi, sia sui quotidiani. 

I casi di omicidio compiuti sono molteplici e le ragioni sono varie: femminicidio, lite condominiale, rapina terminata male. Insomma, ragioni per cui, quasi sempre, le Forze di Polizia riescono ad arrestare immediatamente l’assassino; ma per quanto riguarda l’omicidio premeditato, che rispetto all’omicidio semplice differisce «nella quantità della spinta e nella quantità della passione criminosa»1, le piste che portano all’arresto imminente non sono semplici e, per quanto sia fondamentale dare subito riscontro alle indagini nelle prime quarantotto ore, spesso possono volerci giorni, settimane o addirittura mesi alla cattura del colpevole.

Dunque, l'omicidio può essere definito come la morte provocata da lesioni volontariamente comminate da un’altra persona e, per quanto riguarda il nostro ordinamento giuridico, l’art. 575 del c.p. disciplina la pena prevista per i casi di omicidio: “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. L’art. 577 comma 1, n. 3 del c.p., invece, prevede le circostanze aggravanti per le quali si applica l’ergastolo tra cui, appunto, la premeditazione2.

Si può affermare, allora, che la circostanza aggravante della premeditazione «è integrata da due elementi: uno, ideologico o psicologico, consistente nel perdurare, nell’animo del soggetto, di una risoluzione criminosa ferma e irrevocabile; l’altro, cronologico, rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile fra l’insorgenza e l’attuazione di tale proposito»3. Inoltre, proprio in relazione al reato di omicidio è importante stabilire la disamina di aver agito per motivi futili, visto che dall’effettiva rilevanza di tali motivi può, in aggiunta, scaturire l’aggravamento della pena prevista comminando l’ergastolo4.

Così analizzando quanto dianzi esposto sembra non esserci apparentemente alcun motivo di riflessione; purtuttavia, esistono alcuni casi che rimangono irrisolti dopo mesi di indagini, ricerche e interrogatori da parte degli inquirenti a cui alla fine non segue la cattura dell'omicida. Sono i cosiddetti cold case, casi inconclusi senza un colpevole.

2. Il fenomeno dei cold case

Da secoli l’omicidio è considerato uno tra i reati più gravi e, ripetutamente, in passato è capitato di non riuscire ad identificare l’assassino; perciò, sulla base di dati e testimonianze raccolte risulta tangibile come nell’antichità l’idea di omicidio «differisce profondamente dalla nostra che trova il proprio fondamento, sottolinea A. Tulin, oltre che nei valori Giudeo-Cristiani, nei codici romani e nella legge Franco-Germanica»5.

Attualmente, grazie al progresso della tecnologia e delle scienze forensi la cattura di un’omicida avviene nella maggior parte dei casi, malgrado non manchino casi irrisolti, salvo appunto la rilevanza di nuove prove o indizi utili a riaprire il caso.

Studiosi e professionisti non sono concordi sulla definizione di cold case: infatti, secondo uno studio guidato dalla definizione di Walton viene classificato “freddo” un caso in cui l’investigatore assegnato inizialmente non sta più lavorando allo stesso, non ci sono nuove informazioni o piste promettenti, è almeno da un anno privo di attività6. Invece, per il National Institute of Justice il cold case è quel caso in cui tutte le piste investigative sono state esaurite. Ebbene, la casistica attuale non permette di delineare con assoluta certezza la causa per cui alcuni omicidi sono risolti e altri restano insoluti, semplicemente perché comunque la maggior parte delle volte viene dato più rilievo alla risoluzione dei casi di omicidio7.

Eppure, in base a quanto appena affermato, emerge chiaramente una problematica importante: come individuare un caso che potrebbe essere riaperto?

Nonostante vengano selezionate le migliori metodologie per esaminare i casi che hanno maggiore probabilità di essere risolti, spesso un cold case può rimanere tale anche per moltissimi anni; più volte si è discusso sull’esistenza di una metrica convenzionalmente accettabile così da identificare quando un caso può definirsi “freddo”. A tal proposito, secondo alcuni studiosi la durata può variare da settantadue ore a tre anni a seconda dei parametri utilizzati dagli investigatori che, successivamente, devono individuare le peculiarità per indagare sui casi irrisolti. Infatti, sono esaminati determinati criteri ed in particolare alcune caratteristiche della vittima: razza; sesso; età; orario; giorno della settimana; stagione; luogo del crimine; modalità di morte; motivo di morte della vittima8.

Uno dei problemi principali riguardanti la risoluzione di un cold case è, quindi, l’elevato numero di casi a cui gli investigatori lavorano e, per giunta, ci si è resi conto che l’uso di tecnologie avanzate richiede esperti del settore con comprovate capacità. Sebbene risulti sempre fondamentale fornire nuove informazioni agli investigatori, un problema ulteriore è rappresentato dai testimoni che forniscono notizie a distanza di anni e, ovviamente, la conseguenza è che il tempo trascorso potrebbe aver sfocato i dettagli forniti dopo molti anni9.

Col passare del tempo, i familiari e amici della vittima possono contattare periodicamente le Forze di Polizia per chiedere novità sul loro caso; benché le risorse disponibili per le indagini sui casi irrisolti siano molto selettive, la famiglia di ogni vittima merita l’opportunità di constatare che la giustizia abbia fatto il suo corso.

Effettivamente, le indagini relative ai cold case sono definite proattive e risultano differenti rispetto a quelle condotte per l’omicidio classico, invece, considerate reattive. Agli inizi della fase investigativa, il caso irrisolto prevede nuovamente la totale revisione dei fascicoli e, dunque, si riprende il lavoro documentato già svolto in precedenza utilizzando i file di casi che possono variare il grado di completezza e conservazione dei dati negli anni successivi.

Un cold case, quindi, può essere selezionato per il riesame in base a uno dei seguenti fattori: richiesta ripetuta da parte di un familiare o di un amico della vittima; informazioni fornite da un soggetto terzo che ha visto o sentito qualcosa di utile alla riapertura del caso; indagini familiari che possono causare una nuova revisione del caso; rapporto dei media; informazioni secondarie riguardanti indagini spesso correlate a droga o criminalità organizzata10.

È evidente, allora, che il tasso elevato di omicidi ha contribuito alla crescita di casi insoluti e, per questo motivo, sono state costituite delle unità cold case al fine di alleggerire il carico arretrato di crimini rimasti senza colpevole e selezionati in base alla priorità di solvibilità. Invero, dai riscontri effettuati si evince che hanno più probabilità di diventare “freddi” i casi oggetto di decessi correlati a: sostanze stupefacenti; immigrazione; senza tetto, quelli in cui la vittima non è stata identificata11.

Sicché, per la definizione di questi casi è frequente da parte delle Forze di Polizia avvalersi, come dianzi citato, di apposite squadre e, anche se non esistono delle assolute certezze sull’efficacia di tali unità, la loro sussistenza è fondamentale, seppure subordinata esclusivamente alle risorse finanziarie disponibili12.

Tra le tecniche qualitativamente più efficaci vi è, senz’altro, la genealogia genetica investigativa che è emersa rapidamente come strumento altamente produttivo e utilizza il DNA al fine di determinare l’identità di individui sconosciuti; ciononostante, i risultati della query del database servono solo in quanto considerati indizi da cui devono partire ricerche approfondite sulla genealogia e sulla discendenza per determinare le possibili identità di un individuo sconosciuto.

Oltretutto, bisogna considerare che fino a poco tempo fa la genealogia tradizionale è stata l’unica pratica percorribile, ma grazie all’avvento dei test genetici diretti è, adesso, possibile trovare parenti attraverso la condivisione del DNA. Questi stessi strumenti, d’altronde, sono stati utilizzati per identificare anche il DNA di sospetti autori di reati13.

Occorre ricordare che la ricerca effettuata attraverso il DNA familiare è stata introdotta per la prima volta dal Forensic Science Service e, regolarmente, consente di identificare un assassino sconosciuto attraverso un parente stretto il cui profilo è presente nel database nazionale del DNA. Difatti, questa tecnica è stata utilizzata con successo in una serie di rilevazioni di cold case.

Durante la revisione di un caso irrisolto il sospettato potrebbe essere già stato identificato, nondimeno data la scarsa presenza di prove che lo collegano al reato e il tempo trascorso dal crimine commesso, il soggetto, però, ignaro di essere stato identificato, potrebbe inavvertitamente rivelare la propria colpevolezza attraverso l’uso tempestivo di alcune strategie14. A causa delle varie complicazioni presenti in queste indagini, purtroppo, ci sono, tuttavia, ancora molti casi in cui l’identificazione non è stata possibile, visto che la genealogia genetica permette di restringere un’indagine spesso solo a pochi individui.

Gli omicidi, come detto, sono considerati i crimini più complessi da risolvere e si ritiene che il DNA possa fungere da componente principale per la risoluzione di un cold case. Si è, infatti, iniziato a considerare il caso concreto sotto la prospettiva della disponibilità e dell’uso di procedure analitiche: schizzi di sangue; analisi dello stress vocale; altri strumenti forensi. Certamente, l’analisi dello stress vocale è il test più utilizzato per rilevare l’inganno nei testimoni, persone di interesse e indagati, attraverso il rilevamento di variazioni nella frequenza, durata e intensità di schemi vocali mentre descrivono il loro alibi15.

I cold case hanno recentemente guadagnato molta popolarità nei media anche se, purtroppo, si tende a considerare poco i familiari che hanno vissuto da vicino tale fenomeno: infatti, all’indomani di un omicidio irrisolto i membri della famiglia sopravvissuti sono costretti ad affrontare la dolorosa vicenda e, soprattutto, il modo in cui essa influisce sul loro nucleo familiare. Pertanto, è molto probabile detti soggetti sperimentino un dolore complicato, caratterizzato da rabbia prolungata, paura e frustrazione causata dalla non conoscenza dell’identità dell’autore e dalla natura irrisolta dell’omicidio.

Ai parenti che hanno vissuto da vicino tale avvenimento terribile è stata data la possibilità di raccontare la loro storia dal momento della notifica del decesso della vittima e, in questo modo, i familiari hanno rivelato esperienze per loro importanti e argomenti che possono fornire informazioni utili agli operatori del settore16.

Invero, in questo frangente fondamentale è lo scambio di comunicazione tra le Forze di Polizia e i parenti delle vittime, affinché possa instaurarsi un dialogo costante per alimentare le speranze e non causare diffidenza nei confronti degli investigatori. Così i familiari avrebbero la consapevolezza che la giustizia stia operando correttamente, cercando di ottenere risposte concrete sul caso irrisolto dell’individuo diletto.

Appurata la loro effettiva importanza, una tematica di rilievo per i cold case è data dall’apporto dei media che hanno avuto un impatto multiforme e significativo sul dolore immediato e a lungo termine dei parenti della vittima. In merito a ciò, dalla raccolta di dati emersi da storie di casi irrisolti sono state evidenziate cinque tematiche relative ai media: copertura inadeguata del caso; rappresentazione imprecisa delle informazioni o della vittima; esperienze negative con i media; esperienze positive; desiderio di maggior interesse al caso a lungo termine.

Secondo i familiari delle vittime di casi insoluti, la mancanza di attenzione da parte dei media ha ridotto la conoscenza della morte da parte della comunità diminuendo, così, la probabilità di collaborazione dei testimoni e, anzitutto, dimostrando una mancanza di preoccupazione o attenzione. Pertanto, le famiglie hanno affermato che il personale dei media ha la responsabilità di aiutare nelle indagini sugli omicidi dei loro cari, tenendo alta la soglia d’attenzione e cercando di coinvolgere una platea di persone molto vasta17.

Un caso eclatante di cold case è accaduto nel Regno Unito, suscitando l’attenzione per le particolari tecniche impiegate. La fase preliminare delle indagini era iniziata quando la Polizia ricevette un’informativa secondo cui era stata denunicata la scomparsa di una persona; nonostante le ricerche incessanti e le meticolose indagini, il soggetto non era stato trovato e, dopo molti anni, la Polizia aveva ricevuto notizie circa l’ubicazione di una tomba al cui interno erano stati rinvenuti i resti della persona scomparsa. Quindi, da questo momento in poi, quest'ultima era stata considerata vittima di omicidio18.

Questa nuova informazione aveva, dunque, suggerito due elementi considerevoli: 1) sia che la persona scomparsa era stata uccisa; 2) sia che i suoi resti erano stati sepolti in una tomba poco profonda e anonima.

In seguito al recupero forense del corpo erano stati raccolti campioni di suolo sotto il pavimento della tomba, lungo il bordo della tomba, a valle e a monte. Inoltre, erano state eseguite: l’analisi dei campioni di suolo; l’analisi mineralogica, utilizzando la mineralogia automatizzata integrata e la petrologia, che aveva rilevato la presenza di calcite diagenetica nel profilo del suolo sottostante la tomba; infine, I’analisi organica che aveva rilevato la presenza di stanoli elevati alla tomba e al pendio.

Per la risoluzione di questo cold case è stata, quindi, utilizzata l’intera gamma di risorse a disposizione della Polizia inclusi anche gli esperti in materia, specializzati nella ricerca, tra cui la geologia forense. La ricerca è stata condotta su un’area aperta basata su scenari ed incentrata sulle funzionalità, altresì è stata progettata e distribuita per una persona scomparsa diversi anni prima. Il lavoro preparatorio del geologo forense con il supporto di vari specialisti, compreso l’archeologo forense, ha prodotto una strategia di ricerca davvero innovativa19.

3. Casi particolari in Italia

Da alcuni anni per la prima volta sono state introdotte le cold case review conference, le quali tendono ad essere condotte per gravi crimini irrisolti e prova ne é l’attenzione che si concentra su omicidi insoluti a lungo termine. Talvolta, sono stati esaminati anche stupri e altri reati da cui derivano gravi violenze sessuali20.

La revisione dei cold case è stata effettuata con regolarità dalle Forze di Polizia americane durante gli anni Novanta, introducendo l’innovazione della pratica investigativa, d’ora in avanti, incentrata anche sulla riapertura delle indagini di casi irrisolti. Successivamente, tale prassi è stata importata nelle Forze di Polizia del Regno Unito; tuttavia, sembrerebbe che l’introduzione della logica e della metodologia di revisione dei “casi freddi” si sia inizialmente sviluppata lungo traiettorie diverse nei due Paesi anche se, recentemente, queste sono diventate sempre più convergenti21.

Così, sulla base delle esperienze condotte negli Stati Uniti e Regno Unito, anche in Italia ha cominciato a verificarsi, sempre con più consapevolezza, la revisione di casi inconclusi da molto tempo.

Secondo Carlo Lucarelli vi sono delle circostanze che inducono a riaprire un caso già chiuso, quali nuovi testimoni che forniscono informazioni, nonché i progressi tecnologici. Inoltre, il noto scrittore, afferma che la determinazione di una famiglia a non cedere allo sconforto è fondamentale, poiché molte volte la verità è difficile da cercare, ma la determinazione mantiene viva e alimenta costantemente la fiamma della speranza.

In Italia oltre ai vari reparti investigativi e di analisi delle Forze di Polizia (tra i più importanti si rammenta l’Unità Analisi Crimine Violento), un contributo significativo è fornito dalla Polizia Scientifica e dal raggruppamento investigazioni scientifiche (RaCIS) dell’Arma dei Carabinieri. Tra le attività svolte vi è quella della «comparazione nelle banche dati che permettono di trovare matrici comuni tra reati, segnando una pista investigativa. Tra le più importanti: la banca del DNA; quella delle impronte digitali (Afis) implementata negli anni non solo da tanti altri rilievi informatizzati che permettono un riscontro velocissimo ma anche dalla Apis, la banca dati palmare; quella balistica, l’Ibis, permette di trovare delle corrispondenze tra bossoli sparati a distanza di anni e quindi far rinascere un sospetto»22.

Quanto affermato in precedenza, ovverosia sul rilevante contributo dei media, un esempio palese proviene dal programma televisivo “Chi l’ha visto?” che ha aiutato a tenere alta la soglia d’attenzione per tutti i cold case. Infatti, molti casi grazie alla trasmissione condotta dalla giornalista Federica Sciarelli sono stati risolti e, il più delle volte, sono stati trattati quelli che hanno avuto più probabilità di essere riaperti su iniziativa della magistratura, ovviamente, con la collaborazione delle Forze di Polizia.

Altresì, il giornalista Giuseppe Rinaldi, attraverso la trasmissione televisiva "Detectives – Casi risolti e irrisolti”, si è impegnato a raccontare storie di casi irrisolti con la collaborazione dei dirigenti della Polizia di Stato che si sono occupati delle indagini. Per di più, nel corso delle puntate, durante l’esame dei casi, è stato chiamato in causa il noto profiler del FBI Jim Clemente che ha tracciato, in base alla vicenda sottoposta alla sua attenzione, l'identikit del profilo tipico dell’assassino.

Come noto, sono diversi i casi irrisolti in Italia e alcuni hanno assunto un clamore mediatico per gli sviluppi susseguiti nel corso degli anni. Tra i più importanti, ricordiamo:

- la strage di via Caravaggio, il triplice omicidio avvenuto a Napoli nel 1975. Erano stati rinvenuti all’interno di un appartamento i corpi esamini di: Domenico Santangelo, la sua seconda moglie Gemma Cenname e Angela Santangelo, la figlia diciannovenne di Domenico. Durante le indagini erano state trovate impronte digitali su bottiglie di alcolici, in aggiunta a impronte di scarpa riconducibili al principale indiziato, un giovane figlio di un giudice presidente di Corte d’appello e nipote di Gemma Cenname. Il soggetto, condannato in primo grado all’ergastolo nel 1978, è stato assolto, successivamente, in appello23.

- Il delitto riguardante Simonetta Ferrero, la giovane ragazza ventiseienne uccisa a coltellate all’interno di uno dei bagni dell’Università Cattolica di Milano. In verità, non è stato mai possibile comprendere come sia potuto accadere un omicidio di tale efferatezza in un luogo pubblico e frequentato, quale appunto l'Università. Solo alcuni anni dopo un sospettato è stato accusato, sia pure, si è sostenuto, senza alcuna prova24.

- l’omicidio di Via Poma, caratterizzato dalla morte della ventenne Simonetta Cesaroni, avvenuto a Roma nell’agosto del 1990. Il cadavere nudo della ragazza era stato ritrovato all’interno dello stabile in cui avev prestato servizio in qualità di contabile; la giovane era stata uccisa in maniera brutale con un tagliacarte e, inizialmente, le indagini si erano concentrate sul portiere dello stabile, morto, poi, suicida nel 2010. Successivamente, il precedente fidanzato di Simonetta era stato indagato per omicidio volontario in ragione del rinvenimento sia di tracce di DNA, sia biologiche su indumenti intimi della ragazza. Dopo una serie di vicende processuali, l’uomo nel 2014 è stato assolto dalla Cassazione25.

- Il caso di Serena Mollicone uccisa nel giugno del 2001. La giovane studentessa diciottenne di Arce si era recata presso la caserma dei Carabinieri per denunicare, così si è detto, la realizzazione di un fatto illecito; tuttavia, due giorni più tardi il corpo della ragazza, imbavagliata e legata, era stato ritrovato nel boschetto di Fonte Cupa. Diversi sono stati gli indagati per tale fatto: un carrozziere e un brigadiere della caserma dei Carabinieri il quale, pochi giorni prima di essere ascoltato in Procura, si è suicidato. Successivamente, furono accusati dell'omicidio: l'ex comandante della stazione dei Carabinieri di Arce e la moglie; il figlio della coppia; nonché due carabinieri in servizio presso il comando di Arce. Malgrado la richiesta di condanna per tutti gli imputati da parte dei pubblici ministeri, il 15 luglio 2022 la Corte d’assise di Cassino l'ex comandante ed i suoi familiari per insufficienza di prove; assolti, invece, con formula piena i due carabinieri26.

4. La riapertura di un delitto

Un caso inconcluso può non essere più oggetto di indagine anche da diverso tempo, e nell’ipotesi in cui sopraggiungano nuove informazioni utili, la sua riapertura può avvenire persino a distanza di molti anni.  

A tal riguardo, nel nostro ordinamento la previsione della riapertura delle indagini è disciplinata all’art. 414 c.p.p., norma modificata di recente dalla riforma Cartabia, che ha introdotto il comma 2-bis27. Pertanto, la nuova disposizione sancisce che: «Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. La richiesta di riapertura delle indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l'esercizio dell'azione penale. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'articolo 335. Gli atti di indagine compiuti in assenza di un provvedimento di riapertura del giudice sono inutilizzabili».

Da una prima lettura dell’art. 414 c.p.p. si evince che, nel momento in cui il procedimento contro un indagato è stato archiviato, le nuove indagini possono essere realizzate dal pubblico ministero esclusivamente dopo essere stato autorizzato con decreto motivato dal giudice e, in tale ottica, sono stati previsti criteri più impellenti ai fini di adozione del decreto di riapertura delle indagini28. Cosicché, dal momento in cui viene concessa l’autorizzazione, il pubblico ministero procede ad una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato e, da allora in poi, decorrono nuovamente i termini ordinari29.

Sulla base di quanto stabilito dalla Corte di cassazione, una volta intervenuto il relativo decreto, non suscettibile di gravame in ragione del principio di tassatività delle nullità e dei casi di impugnabilità, inizia a decorrere un nuovo termine di durata delle indagini, dal momento che la precedente fase investigativa era sfociata in un decreto di archiviazione e che dalla riapertura delle indagini deriva un procedimento formalmente nuovo, come evidenziato dalla necessità di procedere a nuova iscrizione a norma dell’art. 335 c.p.p.30. Pertanto, è evidente che il provvedimento, con cui il giudice per le indagini preliminari autorizza il pubblico ministero alla riapertura delle indagini a seguito della disposta archiviazione, è inoppugnabile per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione31.

Dunque, l'esigenza di nuove investigazioni è fondata laddove queste ultime appaiano utili al completamento delle stesse e, chiaramente, la disposizione è ideata «nel senso dell’identità fisica dell’organo indagante nonché dell’unicità dell’iscrizione della notizia di reato, come emerge con chiarezza dal secondo comma dell’articolo 414 del c.p.p., secondo cui, come noto, in caso di autorizzazione di apertura il pubblico ministero procede a nuove iscrizioni della notizia di reato»32.       

L’art. 414 c.p.p. non esige, invece, quale requisito imprescindibile alla riapertura che si siano emerse nuove prove o elementi probatori, ritenendosi idonea la necessità di nuove investigazioni e, tale condizione, si delinea pure nel caso in cui si prefiguri una rivalutazione33. Invece, nel caso in cui si configuri il diniego di autorizzazione alla riapertura delle investigazioni, la conseguenza è l’inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto di reato oggettivamente e soggettivamente considerato da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero34.

Sostanzialmente, ai fini della riapertura delle indagini, non è necessario che siano presenti nuovi elementi, ma piuttosto è sufficiente che il pubblico ministero prospetti al giudice un nuovo piano investigativo35. Al contempo, occorre ricordare come i presupposti per la riapertura delle investigazioni sono molto lenti ed incerti; inoltre, la disciplina stabilita dall’articolo 414 c.p.p. in caso di precedente archiviazione, non può trovare applicazione nel caso in cui l'archiviazione sia stata disposta per essere rimasti ignoti, al momento, gli autori del fatto36.

Infine, secondo gli Ermellini, l’art. 414 c.p.p. non richiede quale condizione necessaria per l’autorizzazione alla riapertura delle indagini che siano già emerse nuove fonti di prova o che siano acquisiti nuovi elementi probatori essendo, invece, sufficiente l’esigenza di nuove investigazioni, circostanza quest’ultima configurabile anche nel caso in cui si prospetti la rivalutazione in un’ottica diversa e in base ad un nuovo progetto investigativo delle precedenti acquisizioni37.

5. Conclusione

I cold case sono sicuramente i casi più difficili che un investigatore affronta durante la sua carriera e, indubbiamente, uno dei problemi principali che riscontra è il campo di ricerca limitato su questi casi. Difatti, la maggior parte della letteratura attuale sembra concentrarsi maggiormente su come risolvere i casi di omicidio.

Secondo una disamina iniziale, il punto centrale da elaborare sono le caratteristiche e aspetti che possono portare un caso di omicidio a diventare cold case. Orbene, a tal proposito, sono state individuate molte possibili aree di espansione riguardo questa analisi e, in effetti, il primo passo consigliato è quello di confrontare in diversi Paesi sia casi di omicidio risolti sia cold case. In questo modo è possibile porsi interrogativi utili:

  1. Le caratteristiche che predicono una maggiore probabilità affinché un caso diventi ”freddo”, variano oltre i confini di Stato?

 2)  Ci saranno risultati differenti se i crimini avvengono in aree rurali piuttosto che urbane?

Un passo ulteriore verso la risoluzione di un cold case potrebbe essere l’indagine condotta sulle modalità di risoluzione dei casi “freddi”, in modo tale da riuscire ad aggiungere un altro tassello utile alla comprensione di questo fenomeno e, così, questa risulterebbe la strada più interessante per la ricerca futura poiché faciliterebbe le indagini relative ai casi in questione38.

Secondo il noto sito Truenumbers, in base alle statistiche pubblicate dall’Istat nel 2019, in Italia sono rimasti senza colpevole il 23,9% degli omicidi e, chiaramente, è evidente come confrontando tale dato con quelli degli ultimi dieci anni, risulta in diminuzione rispetto ai casi irrisolti del 2018 (24,2%), del 2017 (29,9%) e del 2012 (40%). Quindi, in altre parole, oggi rispetto al passato si è quasi dimezzata la percentuale di casi irrisolti senza colpevole39.

In particolare, sempre dall’analisi condotta da Truenumbers, le province che denotano il più alto tasso di delitti sono quelle meridionali (Caltanissetta, Foggia, Reggio Calabria). Così, di conseguenza, è proprio nelle regioni meridionali che vi sono meno omicidi risolti; al contrario, invece, di ciò che è accaduto in alcune regioni centro-settentrionali (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana) in cui nel 2019, nonostante siano stati commessi degli omicidi, non sono stati segnalati casi irrisolti40.

Ad oggi i progressi scientifici creano sempre più opportunità per rilevare con successo crimini precedentemente irrisolti e rappresentano un enorme miglioramento per le attuali indagini di omicidio, nondimeno vi sono preoccupazioni inerenti ai problemi che il cambiamento può aver creato sia nei casi attuali sia in quelli “freddi”. Quindi, una possibile ripercussione importante è che potrebbero prospettarsi più casi irrisolti in futuro.

Sotto questi aspetti, le linee guida e la legislazione progettate per regolamentare e migliorare l’efficienza stanno apparentemente soffocando l’innovazione e limitando il mestiere delle indagini nei casi attuali. Va da sé, però, che risulta assodato come gli sviluppi della scienza e della tecnologia consentono alle Forze di Polizia di identificare i sospetti, individuare movimenti e traffici; eppure, assiduamente, gli investigatori si trovano ad affrontare problematiche per stare al passo con le mutevoli richieste di nuove tecnologie, la privatizzazione dei fornitori di scienze forensi e le risorse molto limitate41.

Per giunta, il panorama politico e l’impatto dell’austerità stanno rendendo più complicate queste sfide, così come le difficoltà di reclutare e mantenere gli investigatori sui cold case, visti i crescenti carichi di lavoro a cui sono sottoposte le Forze di Polizia a causa della carenza di organico. Pertanto, attraverso il potenziamento, miglioramento di tutte le componenti e risorse utili alla risoluzione dei cold case, in futuro la percentuale di casi irrisolti potrebbe diminuire drasticamente42.


Note e riferimenti bibliografici

1 In questi termini, ALIMENA B., La premeditazione in rapporto alla psicologia, al diritto, alla legislazione comparata, Torino, 1887, 32.

2 L’art. 577 del c.p. stabilisce che: «Si applica la pena dell’ergastolo se il fatto preveduto dall’articolo 575 è commesso: 1) contro l’ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva;

2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso; 3) con premeditazione;

4) col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’articolo 61.

La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge divorziato, l’altra parte dell’unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del Codice Civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e 114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1, e al secondo comma, non possono essere ritenute prevalenti rispetto a queste».

3 Cass. Pen., Sez. I, 4 dicembre 2013, n. 51059.

4 BASILE F., Motivi futili ad agire: ma futili per chi quando il reato è “culturalmente” motivato?, Università degli Studi di Milano, Giurisprudenza Italiana, 2014, 981.

5 In questi termini, PORRELLO M. S., Omicidio tra vendetta privata e punizione, in Diritto & Questioni pubbliche, 2008, 139.

6 Cfr. WELLMAN A. R. P., Exploring the relationship between cold case homicide survivors and  the media, University of Central Missouri, in Crime Media Culture, Sage, 2016.

7 ORTIZ C. Y., What factors contribute to a murder case being designated as a cold case? Texas A&M International University, Criminal Justice, 2018, 3 ss.

8 Ibid.

9 PETTEM S., Cold case research resources for unidentified, missing, and cold homicide cases, Taylor & Francis Group, 2012, 3.

10 Cfr. WALTON R. H., Cold Case Homicide – Practical investigative techniques, Second edition, Taylor & Francis, 2017.

11 SULLIVAN L. E., Enciclopedia of Law Enforcement: International Law Enforcement, Sage Publications, 2005, 69 ss.

12 ORTIZ C. Y., What factors contribute to a murder case being designated as a cold case? cit., 7 ss.

13 GREYTAK E. M., MOORE C., ARMENTROUT S. L., Genetic genealogy for cold case and active investigations, Forensic Science International, 2019, 103 ss.

14 ALLSOP C., PIKE S., Investigating homicide: back to the future, in Journal of Criminological Research, Policy and Practice, Bath Spa University, 2019, 229 ss.

15 ORTIZ C. Y., What factors contribute to a murder case being designated as a cold case?, cit., 10.

16 JACOBS K. A., WELLMAN A. R. P., FULLER A. M., ANDERSON C. P., JURADO S. M., Exploring the familial impact of cold case homicides, University of Central Missouri, Taylor & Francis Group, 2015, 1 ss.

17 Cfr. WELLMAN A.R.P., Exploring the relationship between cold case homicide survivors and the media, University of Central Missouri, in Crime Media Culture, Sage, 2016.

18 Cfr. DONNELLY L. J., CASSELLA  J., PIRRIE D., DAWSON L., BLOM G., DAVIDSON A.,  ARNOLD P., HARRISON M., HOPE C., Analysis of soil following a police led open area search and the recovery of a cold case homicide grave, Geological Society, Special Publications, 2021.

19 Ibid.

20 CLARKE M. I. A., Policing the past: cold case studies, forensic evidente and retroactive social control, in The British Journal of Sociology, 2009, 548.

21 Ibid. 549.

22 In questi termini, BUCCHIERI A., Indagini senza tempo, 2010, in www.poliziamoderna.it.

23 Cfr. ATTIANESE L., Dal delitto Montesi a quello Cesaroni, i cold case d’Italia, 2016, in www.ansa.it.

24 Ibid.

25 Ibid.

26 GIANGRANDE A., L’Italia dei misteri seconda parte, 2018, 124.

27 D. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in attuazione della l. 134/2021, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari.

28 Cfr. PROCACCINO A., I bis in idem tra diritti individuali e discrezionalità dell’apparato, Wolters Kluwer, 2022.

29 Cfr. TONINI P., Manuale breve Diritto processuale penale, Milano, 2012.

30 Cass. Pen., Sez. I, 12 luglio 2007, n. 27672.

31 Cass. Pen., Sez. V, 18 aprile 2012, n. 14991.

32 In questi termini, BISCARDI G., a cura di Dinacci, Processo Penale e Costituzione, Milano, 2010, 546.

33 ALMA M. M., CHINDEMI D., Ricorso penale per cassazione, Milano, 2021, 104.

34 Cass. Pen., Sez. Unite, 24 giugno 2010, n. 33885.

35 Cfr. TONINI P., Manuale breve Diritto processuale penale, cit.

36 CERQUA F., DIDDI A., MARANDOLA A., SPANGHER G., Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, Padova, 2018, 596 ss.

37  Cass Pen., Sez. V, 17 febbraio 2020, n. 13802.

38 ORTIZ C. Y., What factors contribute to a murder case being designated as a cold case?, cit., 10 ss.

39 Cfr. www.truenumbers.it.

40 Ibid.

41 ALLSOP C., PIKE S., Investigating homicide: back to the future, in Journal of Criminological Research, Policy and Practice, cit., 229 ss.

42 Ibid.

 

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