Pubbl. Mer, 26 Ott 2022
L´adempimento traslativo
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Cesare Valentino
In questo breve contributo viene analizzata la controversa figura dell´adempimento traslativo.
Translational fulfillment
Through this paper the controversial figure of translational fulfillment is analyzed.Sommario: 1. Inquadramento generale dell’adempimento traslativo - 2. L’ammissibilità della figura - 3. La natura dell’adempimento traslativo e la sua struttura.
1. Inquadramento generale dell’adempimento traslativo
Con l’espressione adempimento traslativo[1] si intende l’atto di adempimento funzionale a dar esecuzione ad un obbligo di dare[2] in precedenza assunto, attraverso il trasferimento del diritto di proprietà su di un bene. L’atto di assunzione dell’obbligo de quo e il pagamento traslativo costituiscono componenti di una più complessa fattispecie, derogatoria del principio consensualistico[3], secondo cui l’effetto reale, consistente nel trasferimento della proprietà, si realizza al momento di raggiungimento dell’accordo. Ed infatti nella fattispecie de qua l’effetto traslativo si realizza in tempi diversi[4] e non coincide con tale ultimo momento. Il che avviene attraverso la scissione sotto il profilo temporale tra titulus, ossia l’atto di assunzione dell’obbligo di dare costituente la causa del trasferimento, e modus, ossia l’atto determinante il trasferimento della proprietà, che si identifica con l’atto di adempimento traslativo.
La strutturazione della fattispecie sul piano causale ed effettuale consente di ritenere che il pagamento traslativo costituisca una prestazione isolata[5] rispetto all’atto di assunzione dell’obbligo di dare. Ma l’isolamento rileva solo in senso cronologico e non già causale, in quanto tale ultimo atto è in ogni caso funzionale alla predeterminazione causale del successivo atto esecutivo costituito dal pagamento traslativo.
La discussione in ordine alla generale ammissibilità di un pagamento traslativo promana dall’analisi della struttura e degli effetti di talune fattispecie solutorie di matrice codicistica come ad esempio: l’atto di adempimento di un’obbligazione naturale consistente nel trasferimento di un bene immobile; la datio in solutum “immobiliare”; gli atti esecutivi di un mandato senza rappresentanza; i conferimenti[6] in sede di costituzione o aumento di capitale “immobiliari”[7]; la conferma di disposizioni testamentarie o donative nulle[8]; l’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c. “traslativo”[9].
In particolare ci si chiede se dalla sussistenza delle fattispecie de quibus, normativamente previste, sia possibile desumere la generale ammissibilità della figura in analisi.
Al quesito la prevalente dottrina[10] e la giurisprudenza[11] fornisce soluzione negativa, muovendo dalla presunta incompatibilità dell’adempimento traslativo con due principi cardine del sistema, ossia il principio consensualistico[12] e il principio di necessaria causalità degli spostamenti patrimoniali[13]. Ed infatti, secondo tale corrente interpretativa, il primo dei succitati principi sembra presupporre necessariamente per il trasferimento della proprietà il consenso delle parti legittimamente manifestato e dunque una vicenda contrattuale. Data la natura non contrattuale del pagamento traslativo, ne discenderebbe l’impossibilità di attuare tramite lo stesso siffatto trasferimento.
In forza del principio di necessaria causalità degli spostamenti patrimoniali invece, uno spostamento patrimoniale derivante da una vicenda traslativa può aver luogo solo se sorretto da idonea giustificazione causale, come ad esempio una causa[14] (astratta) di scambio o donativa. Ne deriva, per l’orientamento in parola, che il pagamento traslativo, non essendo sorretto da causa idonea al prefato trasferimento della proprietà immobiliare, si risolverebbe in un negozio astratto[15], ossia produttivo di effetti astraendo dalla causa, e come tale inammissibile.
Per altra corrente di pensiero[16] gli adempimenti traslativi andrebbero ricostruiti come contratti di donazione. Il che consentirebbe di giustificare il trasferimento immobiliare tramite una causa astratta (quella donativa) idonea a realizzare una vicenda traslativa, beninteso a condizione che sia rispettato il vincolo formale imposto per la validità del contratto di donazione e dunque la forma dell’atto pubblico. Tale tesi tuttavia non si sottrae a rilievi critici, in quanto non considera l’incompatibilità tra causa donativa e causa solutoria, componente tipica dell’adempimento traslativo.
Parte della giurisprudenza[17] invece ritiene che gli adempimenti traslativi andrebbero ricondotti alla categoria del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente[18]. In tale prospettiva l’esecuzione della prestazione di dare accederebbe in ogni caso ad una vicenda contrattuale, idonea al trasferimento della proprietà immobiliare, in conformità alla necessaria contrattualità che rispetto a tale ultimo fine sembra esser imposta dall’art. 1376 c.c. Per effetto di tale qualificazione l’esecuzione dell’obbligazione di dare assumerebbe natura di proposta di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, con la conseguenza che il perfezionamento della fattispecie passa attraverso il mancato rifiuto dell’oblato. Nemmeno tale tesi convince, giacché nell’ipotesi di rifiuto da parte di quest’ultimo il debitore non saprebbe come liberarsi dall’obbligo di dare in precedenza assunto.
Una quarta prospettazione[19] invece qualifica l’adempimento traslativo in termini di atto di adempimento solvendi causa ed in quanto tale avente natura non negoziale, stante la sua doverosità.
2. L’ammissibilità della figura
Così ricostruito il panorama dottrinario e giurisprudenziale in merito alla controversa figura dell’adempimento traslativo, è possibile procedere alla risoluzione della vexata quaestio afferente all’astratta ammissibilità della fattispecie in analisi, anche attraverso la confutazione degli argomenti addotti dalle tesi dianzi indicate nel senso dell’inammissibilità.
Tra questi ultimi è stato in precedenza evocato quello che fa leva sul principio del consenso e dunque sulla necessaria contrattualità che dovrebbe assistere qualsivoglia trasferimento immobiliare, cui si salda il principio cristallizzato all’art. 922 c.c., in forza del quale la proprietà può acquistarsi a titolo derivativo per effetto di contratti[20]. Al riguardo occorre chiedersi se il pagamento traslativo possa derogare ai suindicati principi.
Per quanto concerne il principio consensualistico, l’ammissibilità di una deroga passa attraverso la valorizzazione della ratio del principio de quo, funzionale ad agevolare la circolazione della ricchezza, tramite il superamento del sistema di origine romanistico che fondandosi sulla scissione tra titulus e modus adquirendi, rendeva più complesso il trasferimento dei beni. Ulteriore argomento volto a suffragare la derogabilità del principio del consenso traslativo di cui all’art. 1376 c.c. risiede nella considerazione che lo stesso non costituisce un principio assoluto e come tale inderogabile. A sostegno di tale affermazione di principio può rilevarsi che nell’ipotesi di conflitto tra più aventi causa non opera il principio prior in tempore potior in iure ma quello della priorità del possesso di buona fede del bene, se mobile, e della priorità della trascrizione[21] del titolo, nell’ipotesi di trasferimenti immobiliari[22].
Così ridimensionata la portata del principio del consenso traslativo, occorre trovare un ancoraggio normativo al negozio di pagamento traslativo che consenta al medesimo di derogare al principio de quo, consentendo dunque una scissione tra titulus e modus. Muovendo dalla natura atipica, dalla struttura unilaterale e dall’effetto traslativo di tale negozio, la prima norma a rilevare in tal senso è l’art. 1324 c.c. che consente, nei limiti della compatibilità, di applicare ai negozi unilaterali tra vivi e a contenuto patrimoniale le norme sui contratti.
Dall’atipicità del negozio di adempimento traslativo invece discende, in forza del prefato art. 1324 c.c., l’applicabilità del c. 2 art. 1322 c.c. In particolare, tale disposizione, non distinguendo tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori[23], consente di conferire cittadinanza giuridica alla fattispecie in analisi[24], beninteso a condizione che la stessa sia diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela.
In tale prospettiva ricostruttiva non sarebbero di ostacolo all’ammissibilità del negozio di adempimento traslativo i principi di tassatività e tipicità dei diritti reali[25], operanti rispettivamente sul piano del tipo e del contenuto degli stessi, precludendo ai privati non solo di creare diritti reali diversi e ulteriori rispetto a quelli espressamente disciplinati dalla legge, ma anche di modificare il contenuto essenziale dei singoli diritti reali. La funzione dei suesposti principi è sia impedire che i privati possano moltiplicare limiti e vincoli che potrebbero comprimere i poteri del proprietario, sia tutelare i terzi che volendo acquisire la titolarità del diritto reale sul bene, devono esser posti nella condizione di conoscere con esattezza i vincoli che gravano su di esso[26].
Dal che si desume che da tali principi non derivano preclusioni in ordine ai modi di trasferimento della proprietà, che ben può avvenire, con l’osservanza dei succitati limiti di cui al c. 2 art. 1322 c.c., tramite negozi atipici, come il negozio di adempimento traslativo. Né sembra ostare a tale conclusione interpretativa la lettera dell’art. 922 c.c., che contempla un espresso riferimento ai contratti quale veicolo di trasferimento della proprietà, dovendo tale norma esser coordinata con il succitato art. 1376 c.c. e costituendo il contratto in ogni caso species della più ampia categoria del negozio giuridico. Sulla base di tali premesse, ben può profilarsi un’interpretazione estensiva della locuzione contratti di cui all’art. 922 c.c., al fine di ricomprendere nella medesima anche il negozio di pagamento traslativo.
3. La natura dell’adempimento traslativo e la sua struttura
Una volta appurata la generale ammissibilità della figura dell’adempimento traslativo sulla base delle suindicate coordinate interpretative, occorre chiedersi se tale fattispecie abbia natura negoziale o meno. La risoluzione della vexata quaestio si ricollega alla generale discussione circa la natura dell’adempimento, su cui la dottrina è divisa[27].
Al riguardo occorre rilevare che una prima tesi[28] qualifica l’adempimento come mero fatto, con conseguente irrilevanza della volontà del solvens sia rispetto al comportamento adempiente che agli effetti dell’adempimento stesso. Per una seconda corrente interpretativa[29] invece l’adempimento costituisce atto dovuto non negoziale in quanto strutturalmente connotato da causa solvendi. Con la conseguente rilevanza dell’animus (solvendi) rispetto al comportamento adempiente obiettivamente considerato.
Una terza tesi[30] invece rileva che l’adempimento può assumere forme diverse a seconda del contenuto della prestazione. Sotto tale profilo, se quest’ultima consiste in un non fare, l’adempimento consiste in un fatto. Se invece si concreta in un dare o in un fare materiale rileva come atto. Infine, se la prestazione consiste in un’attività giuridica, come il compimento di un negozio di trasferimento, l’adempimento assume natura negoziale.
Sulla scorta di tali premesse generali, e tenuto conto che l’adempimento traslativo si concreta nel compimento di un’attività giuridica consistente in un trasferimento immobiliare, è preferibile propendere per la natura negoziale del medesimo, che non ne smentisce per ciò solo la doverosità.
Così ricostruita la natura del negozio di pagamento traslativo, occorre delinearne componenti strutturali e requisiti di validità.
In ordine alla struttura, il negozio di pagamento traslativo si profila quale negozio con causa esterna[31], costituita dal rapporto da cui deriva l’obbligo di dare che tramite il negozio de quo viene adempiuto. Da tale inquadramento consegue che componente essenziale di tale negozio è l’expressio[32] della causa esterna[33], la cui mancanza determinerebbe l’improduttività ab origine dell’effetto traslativo[34]. Nell’ipotesi invece di invalidità o risoluzione del rapporto che funge da causa esterna al negozio di adempimento traslativo le prestazioni di dare effettuate in esecuzione dell’obbligo di dare in precedenza assunto divengono indebite[35], con conseguente ripetibilità delle stesse[36].
[1] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2019, p. 830 e ss.; ID., Babbo Natale e l’obbligo di dare, nota a Cass. 9 ottobre 1991, n. 10612, in Giust. Civ., 1991, p. 2896 e ss.; A. SCIARRONE ALIBRANDI, Pagamento traslativo e art. 1333 c.c., in Riv. dir. civ., 1989, p. 525 e ss.; A. CHIANALE, Obbligazione di dare e atti traslativi solvendi causa, in Riv. dir. civ., 1989, p. 234; M.C. DIENER, Il contratto in generale, Milano, 2015, p. 35 e ss.; A. DI MAJO, voce Causa del negozio giuridico, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1998, p. 1 e ss.
[2] Tale obbligo va distinto in particolare dall’obbligo di consegna di cui all’art. 1476 n. 1, che costituisce mera esecuzione di un effetto reale già realizzato. Sul punto si v. F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 832.
[3] Sul principio consensualistico si vd. M.C. DIENER, Il contratto, cit., p. 504 e ss.; C.M. BIANCA, Il contratto, Milano, 2019, p. 481 e ss.
[4] A. DI MAJO, op. cit., p. 5.
[5] A. DI MAJO, op. cit., p. 5.
[6] I conferimenti in generale costituiscono le prestazioni cui si obbligano i soci al momento di costituzione della società o in sede di aumento “oneroso” del capitale sociale. Il valore nominale degli stessi integra il c.d. capitale nominale, che diverge dal c.d. capitale reale (patrimonio netto), il cui valore corrisponde alla differenza tra le attività e le passività. La disciplina dei conferimenti è diversamente articolata a seconda che si tratti di società di capitali o di persone. Ed infatti nelle prime, l’esigenza di garantire l’effettività del capitale, nell’ottica di tutelare i terzi creditori, determina che: l’eventuale conferimento di beni in natura deve esser assistito da una relazione giurata di stima, che a seconda che si tratti di s.p.a. o s.r.l. andrà redatta rispettivamente da un esperto nominato dal tribunale o dal socio conferente; le prestazioni d’opera o di servizi, suscettive di conferimento nelle società di persone, non costituiscono entità conferibili nelle s.p.a. ma solo nelle s.r.l., a condizione beninteso che il relativo conferimento sia accompagnato dall’accensione di una polizza assicurativa o fideiussoria (nelle s.p.a. le prestazioni d’opera o servizi possono esser oggetto di apporto necessario alla sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi atipici). La diversa disciplina si spiega in ragione della diversa articolazione patrimoniale che contraddistingue le società di capitali nelle quali, a differenza di quanto accade nelle società di persone, l’autonomia patrimoniale perfetta comporta che i terzi possono far valere le loro pretese solo sul patrimonio sociale, giammai, nemmeno in via sussidiaria, sul patrimonio dei singoli soci. Sul punto si vd. M. CIAN, La dotazione patrimoniale, in Manuale di diritto commerciale, (a cura di) M. Cian, Torino, 2019, p. 324 e ss.
[7] G. PORTALE, Principio consensualistico e conferimento di beni in proprietà, in Riv. Soc., 1970, p. 937.
[8] Secondo F. GAZZONI, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974, p. 214 e ss., la conferma, che costituisce un negozio patrimoniale attributivo, trova la sua giustificazione nell’animus di attuare la volontà del de cuius o del donante.
[9] A. DI MAJO, op. cit., p. 5.
[10] L. BARASSI, Diritti reali e possesso, Vol. I, Milano, 1952, p. 407; G. GAZZARA, La vendita obbligatoria, Milano, 1957, p. 3.
[11] Cass. 20 novembre 1992, n. 12401; Cass. 21 dicembre 1987, n. 9500.
[12] Il principio consensualistico può essere inteso in due accezioni: i) come perfezionamento del contratto per effetto del solo consenso, senza che occorra anche la consegna (1326); ii) come possibilità che l’accordo produca il trasferimento della proprietà di beni specifici o di crediti ai sensi dell’art. 1376 c.c. (c.d. consenso traslativo). Una deroga al principio consensualistico si ha nel caso di contratti reali, per il cui perfezionamento oltre all’accordo occorre anche la consegna. Una deroga al principio de quo si ha anche nell’ipotesi di contratti con effetti reali differiti, ove l’effetto traslativo non coincide con il momento di raggiungimento dell’accordo. Esempi di contratti ad effetti reali differiti sono: i) la vendita di cose generiche, in cui l’effetto traslativo si realizza al momento della specificazione; ii) la vendita di cosa futura, in cui l’effetto traslativo ha luogo nel momento in cui la cosa viene ad esistenza; iii) la vendita di cosa altrui (del terzo), in cui l’effetto traslativo si realizza nel momento in cui il venditore acquista dal terzo.
[13] Sulla necessaria causalità degli spostamenti patrimoniali si vd. C.M. BIANCA, La responsabilità, Milano, 2012, p. 823.
[14] In generale la locuzione causa è adoperata con diversi significati. In una prima accezione essa è intesa come titolo o causa dell’obbligazione (1230, 2033), ossia come giustificazione di un’obbligo di prestazione, la cui mancanza (originaria o sopravvenuta), integrando un indebito oggettivo, consente l’esperibilità dell’azione personale di ripetizione dell’indebito. Sul titolo dell’obbligazione si può incidere tramite il contratto di novazione, funzionale all’estinzione di un precedente rapporto contrattuale e alla sostituzione del medesimo tramite un diverso rapporto che diverge dal primo in ragione del titolo (novazione causale). Il titolo dell’obbligo di prestazione rileva in particolare in materia di prova dell’inadempimento, ove il creditore che agisce per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento deve provare il medesimo, salvo possa vantare una dichiarazione ex 1988 c.c. In una seconda accezione la locuzione causa si connette al principio di causalità degli spostamenti patrimoniali, in forza del quale ogni spostamento patrimoniale deve essere sorretto da idonea ragione giustificativa, in mancanza della quale sono ammissibili i rimedi restitutori previsti agli art. 2033 e 2041 c.c. In una terza accezione la causa rileva quale elemento strutturale essenziale del contratto ai sensi degli art. 1325 e 1418 c. 2, e può assumere una duplice configurazione. Ed infatti si distingue tra causa astratta, intesa come funzione obiettiva del negozio (es. di scambio, solutoria, di garanzia, liberale) e causa in concreto, quale sintesi degli interessi che il negozio è diretto a realizzare. Sulla causa del contratto v. C.M. BIANCA, Il contratto, Milano, 2019, p. 409 e ss.; F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 813 e ss.
[15] V. SCALISI, voce Negozio astratto, in Enc. dir., Milano, 1978, p. 106 e ss.
[16] M. COSTANZA, Art. 1333 c.c. e trasferimenti immobiliari solutionis causa, nota a Cass. 21 dicembre 1987, n. 9500, in Giust. Civ., 1988.
[17] Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500.
[18] Su cui sia consentito rinviare a C. VALENTINO, Contratto unilaterale e dogma della necessaria bilateralità, in questa Rivista.
[19] F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 833.
[20] Sui modi di acquisto della proprietà v. F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 239 e ss.
[21] La trascrizione, ai sensi dell’art. 2644 c. 1 c.c., consente di cristallizzare l’acquisto della proprietà derivante dall’applicazione dell’art. 1376 c.c. Ed infatti, qualora l’atto di acquisto non fosse trascritto, l’acquirente rischierebbe di soccombere rispetto ad eventuali terzi acquirenti dello stesso bene che abbiano trascritto prima. Nondimeno, l’acquirente soccombente sulla base del sistema delle trascrizioni, potrà agire per il risarcimento del danno derivante dalla doppia alienazione immobiliare nei confronti del venditore. Potrà agire anche nei confronti del secondo acquirente che abbia trascritto prima solo se quest’ultimo era in mala fede nel momento in cui ha compiuto il proprio acquisto. Sul punto si v. A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale, cit., p. 1449 e ss.
[22] L’adozione di tali criteri è dipesa dalla circostanza che la rigorosa applicazione del principio prior in tempore, potior in iure, che porta a preferire chi ha acquistato per primo, intralcerebbe gravemente la circolazione dei beni. Al riguardo v. A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale, cit., p. 1448.
[23] M.C. DIENER, Il contratto, cit., p. 39.
[24] Sull’ammissibilità dei negozi atipici che trasferiscono diritti reali si vd. C. DONISI, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972, p. 306 e ss.: V. ROPPO, voce Contratto, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 1989, vol. IV, p. 119.
[25] Sul principio di tipicità e tassatività dei diritti reali si vd. in dottrina C.M. BIANCA, La proprietà, Milano, 2017, p. 93 e ss. In giurisprudenza si segnalano: Cass. SS.UU., 17 dicembre 2020, n. 28972; Cass. SS.UU., 30 aprile 2020, n. 8434.
[26] A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale, cit., p. 274.
[27] Sulla natura dell’adempimento v. F. ALCARO, Diritto privato, Padova, 2017, p. 215 e ss.
[28] C.M. BIANCA, L’obbligazione, Milano, 1990, p. 263.
[29] F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 580.
[30] Tale profilo è ben evidenziato da F. GAZZONI, op. cit., p. 580.
[31] F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 833.
[32] F. ALCARO, Diritto privato, Padova, 2017, p. 332; A. LENER, Expressio causae e astrazione processuale, in Studi in onore di Santoro - Passarelli, III, Napoli, 1972, p. 4 e ss.
[33] F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 833.
[34] Come rileva M. GIORGIANNI, voce Causa, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, p. 547 e ss., la validità delle prestazioni isolate, come il pagamento traslativo, è sorretta dall’elemento soggettivo dell’animus solvendi, mentre quello oggettivo rileva al solo fine della conservazione degli effetti.
[35] Sul punto si vd. A. DI MAJO, op. cit., p. 5.
[36] Sul versante rimediale, discussa è la possibilità di esperire l’azione di rivendicazione nell’ipotesi di nullità del rapporto costituente causa esterna del negozio di adempimento traslativo. Possibilità che una parte della dottrina (F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 834) esclude muovendo dalla considerazione che la causa esterna non costituisce un elemento di struttura di tale negozio.