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Pubbl. Mar, 4 Ott 2022

È reato disinteressarsi dei figli e frequentarli sporadicamente?

Francesco Bellocchio
Avvocato



In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570 c.p., la Suprema corte di cassazione ha espresso il principio secondo cui “in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, anche il mero disinteresse del padre verso i figli ed il carattere del tutto sporadico con cui li aveva frequentati, configura il delitto ex art. 570 del codice penale”. Attraverso questo approdo giurisprudenziale, si è altresì messa in risalto l’autonomia di tutte le condotte contrarie all’ordine ed alla morale delle famiglie, astrattamente contenute nella norma incriminatrice.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Violazione degli obblighi di assistenza familiare: rilevanza penale; 3. La struttura del reato ex art. 570 del Codice penale: brevi cenni; 4. Le fattispecie criminose contemplate nell’art. 570 c.p.: autonomia o unicità dei reati? 5. Considerazioni finali.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Violazione degli obblighi di assistenza familiare: rilevanza penale; 3. La struttura del reato ex art. 570 del Codice penale: brevi cenni; 4. Le fattispecie criminose contemplate nell’art. 570 c.p.: autonomia o unicità dei reati? 5. Considerazioni finali.

1. Introduzione

Con sentenza n. 29926 del 27 aprile 2022 (depositata il 27 luglio 2022) la sesta Sezione della Suprema corte di cassazione ha espresso il principio di diritto secondo cui “In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il mero disinteresse del padre verso i figli ed il carattere del tutto sporadico con cui li aveva frequentati, configura il delitto ex art. 570 del Codice penale”.

Il caso analizzato dagli Ermellini aveva ad oggetto il ricorso presentato dal Procuratore generale della Corte d’appello di Brescia il quale, tra le varie doglianze, rilevava che far mancare i mezzi di sussistenza e disinteressarsi dei figli costituiscono due ipotesi di reato tra loro autonome e, non potendo configurare una progressione criminosa, la violazione dell’una non può ritenersi assorbita nell’altra.

Ed invero, essendo una norma a più fattispecie, tra loro del tutto distinte, l’art. 570 c.p. contempla fatti eterogenei nel loro sostrato fattuale ed altresì nella considerazione sociale, in quanto l'una, riconducibile al comma 1, inerisce alla violazione dei doveri di assistenza morale, mentre l'altra, prevista dal comma 2, è posta a presidio dei bisogni più strettamente materiali della persona e si sostanzia nella mancata somministrazione delle provvidenze economiche necessarie al loro soddisfacimento.

2. Violazione degli obblighi di assistenza familiare: rilevanza penale

Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto e punito dall’art. 570 c.p., è inserito all’interno del Titolo XI del Libro II, il quale si pone l’obbiettivo di apprestare una tutela alla famiglia, ed in particolare ai singoli rapporti tra i familiari, contro le offese provenienti dalla famiglia stessa [1].

Il concetto di “famiglia”, all’interno del Titolo XI, è utilizzato in accezioni diverse, poiché a volte si riferisce alla famiglia c.d. nucleare composta, cioè, dai coniugi ed eventualmente dai figli di questi; in altri casi, invece, si riferisce ad una “comunità” più estesa, ricomprendente i parenti, gli affini ed i conviventi; in altre ancora, ci si riferisce ad una comunità più ampia che la rubrica del Titolo XI ci permette di definire come famiglia.[2]

Sotto quest’ultimo punto di vista, il Codice penale permetterebbe, quindi, di incriminare comportamenti posti in essere da persone “estranee” alla famiglia c.d. estesa, tra i quali ad esempio si possono ricordare i custodi, i tutori, ecc.

Inoltre, giova rammentare che l’art. 574-ter c.p., produce un ampliamento delle nozioni penalmente rilevanti di matrimonio e di coniuge, estendendole, rispettivamente, alla costituzione di un'unione civile tra persone dello stesso sesso e alla parte della medesima unione civile.

Queste considerazioni derivano da un’attenta lettura del Codice penale, il quale non fornisce mai una nozione di “famiglia penalisticamente orientata”, lasciando agli operatori del diritto il ruolo di definire, di volta in volta, la portata del termine.

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, infatti, autorevole dottrina ha definito il contesto familiare quale luogo in cui tutti i suoi componenti devono trovare, in attuazione dei principi solidaristici e di eguaglianza, protezione e sostegno per il pieno sviluppo della loro personalità [3] fino a ricomprendere anche i figli minori (bisognosi di maggiore tutela) nati fuori dal matrimonio [4].

È utile rammentare, altresì, che in ragione delle incisive modifiche apportate all'istituzione familiare dalla legge sul divorzio (L. dell'1.12.1970, n. 898 e L. del 6.3.1987, n. 74, riguardante la disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), come dalla L. del 4.5.1983, n. 184 (riguardante la disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), si è avvertita la necessità di svolgere un attento lavoro volto alla ricostruzione dei valori di riferimento sottesi alla nozione di famiglia e, di conseguenza, degli obblighi penalmente sanzionati, attraverso i quali la famiglia, così intesa, trova la sua tutela[5].

Gli obblighi penalmente rilevanti, secondo l’orientamento dottrinale oggi dominante [6], s’identificano con quelli derivanti dai diritti-doveri di carattere materiale ed economico che il Codice civile attribuisce al consorzio familiare, seppur non disgiunti dalle implicazioni di carattere morale che dalla loro violazione conseguano.

Pertanto, è agevole concludere rilevando che, l’oggetto di tutela penale deve necessariamente intendersi non già la famiglia in quanto tale, ma i singoli rapporti e gli specifici interessi che fanno capo ai suoi componenti.

3. La struttura del reato ex art. 570 del Codice penale: brevi cenni

L’art. 570 c.p., è un reato proprio, in quanto può essere commesso solamente dai soggetti su cui gravano gli obblighi di assistenza, stabiliti dal Codice civile, verso taluni membri della famiglia; tali obblighi assistenziali sono, quindi, posti in capo ad entrambi i genitori, anche adottivi [7].

Sul punto è utile evidenziare che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, gli obblighi di assistenza familiare gravano su ciascuno dei genitori, indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali,[8] e sussistono nei confronti di tutti i figli, anche naturali [9].

Qualora il genitore esercente la responsabilità genitoriale, attraverso un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, sia dichiarato decaduto dalla stessa, i doveri assistenziali in ambito familiare non vengono comunque meno [10].

Sotto il profilo dell’elemento psicologico, il delitto di violazione degli obblighi assistenza familiare richiede il c.d. dolo generico, il quale è integrato ogniqualvolta il soggetto agente, pienamente consapevole del proprio status familiare e dei conseguenti obblighi derivanti, abbia volontariamente omesso l’adempimento degli stessi [11].

Tuttavia, ai sensi dell’art. 47 co. 1 c.p., il dolo è escluso sia nel caso in cui l’errore cada sulla esistenza del rapporto di parentela che lega la vittima all'autore del reato, così come l'errore sullo stato di bisogno in cui questa versi; non rileva, invece, l'errore che cada sulla qualificazione giuridica del rapporto di parentela, poiché, in tal caso, si tratterebbe di errore sulla legge penale che, ai sensi dell'art. 5 c.p. non scusa, salvo che non si tratti di errore invincibile [12].

4. Le fattispecie criminose contemplate nell’art. 570 c.p.: autonomia o unicità dei reati?

Soffermandomi ora sul vero oggetto della presente trattazione, mi appresto ad argomentare in merito al dibattito generato intorno alla natura giuridica relativa alle fattispecie incriminatrici contemplate nell’art. 570 del Codice penale.

Stante la tecnica di formulazione, adottata dal legislatore per la descrizione della condotta astratta, la natura della norma in argomento è ancora oggi abbastanza controversa.

Autorevole dottrina [13], oggi dominante, considera la disposizione che disciplina il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare poco rispettosa del principio di determinatezza, in quanto la genericità del concetto di assistenza familiare richiamato lascerebbe al giudice un eccessivo margine di discrezionalità.

Orbene, leggendo attentamente l’art. 570 c.p. è possibile scorgere al suo interno tre diverse fattispecie criminose.

La prima fattispecie è descritta nel primo comma e consiste nella condotta di chi, in qualità di genitore o di coniuge, viola gli obblighi di assistenza attraverso l’abbandono del domicilio domestico o, comunque, serbando una condotta contraria all’ordine ed alla morale delle famiglie.

Nel secondo comma, invece, vengono descritte due differenti condotte, dove la prima consiste nel malversare o dilapidare i beni del coniuge o del figlio minore, mentre la seconda condotta illecita consiste nel far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa [14].

Come più volte ribadito, il dibattito intorno alla natura della norma è aperto sia in dottrina che in giurisprudenza.

Ed invero, in dottrina si sono formate diverse correnti di pensiero intorno alla natura giuridica della norma in argomento.

Secondo la prima corrente di pensiero [15], in passato maggioritaria, l’art 570 c.p. individuerebbe due ipotesi delittuose: la prima concernente la violazione degli obblighi familiari di assistenza morale, mentre la seconda farebbe riferimento agli obblighi di assistenza economica.

Questa prima corrente di pensiero, però, è stata contrastata da altra autorevole dottrina [16], la quale si soffermava sia sull’unitarietà della disposizione che sulla ratio della stessa; infatti, secondo questa teoria, dividendo in due parti la norma si rischierebbe di individuare la condotta costitutiva di tale reato secondo due diverse tipologie di offesa al bene tutelato.

Questa corrente di pensiero, antitetica rispetto alla prima, considera che la ratio dell’art. 570 c.p. sia il contrasto alla violazione dell'obbligo di assistenza familiare e che, conseguentemente, tutte le diverse e talvolta più gravi forme di violazione di tale obbligo, non sono altro che forme aggravate del medesimo reato, con la conseguente non ipotizzabilità di un concorso fra le varie fattispecie.

Sicuramente oggi dominante è, in dottrina (Fiandaca-Musco)[17], la tesi che individua in tale disposizione tre figure autonome di reato, con uno stesso bene giuridico tutelato nel complesso, ma diversificato in ragione degli interessi tutelati: la violazione dei doveri che trovano il loro fondamento nella comunione di vita del nucleo familiare, la violazione del rapporto fiduciario nascente dal vincolo di parentela a seguito delle condotte di malversazione o dilapidazione dei beni appartenenti al figlio minore o al coniuge con conseguente offesa degli interessi patrimoniali dei familiari, la violazione dei doveri di solidarietà che lega i familiari stessi.

In giurisprudenza, invece, gli orientamenti che si sono susseguiti nel tempo sono sostanzialmente due.

L’orientamento giurisprudenziale più datato [18] riteneva che l’art. 570 c.p. introducesse due ipotesi di reato, una relativa alla violazione di obblighi di assistenza morale, l’altra di mancata assistenza economica, le quali, pur distinte tra loro, costituirebbero comunque lo stesso reato.

Da questo orientamento ne consegue che l’agente, quando pone in essere condotte afferenti sia la prima violazione che la seconda, commette un solo reato ed è pertanto punibile unicamente con la sanzione prevista con la più grave forma dell’unico reato.

L’orientamento, invece, maggioritario[19], ed oggi prevalente, ritiene che l’art. 570 c.p. sia una norma a più fattispecie, perché relativa a fatti tra loro eterogenei; l’una, riconducibile al comma 1, inerisce alla violazione dei doveri di assistenza morale, tipica proiezione della genitorialità; l’altra, prevista dal comma 2, posta sostanzialmente a presidio dei bisogni prettamente materiali della persona, si sostanzia nella mancata somministrazione delle provvidenze economiche necessarie al loro soddisfacimento.

Aderendo a questo secondo orientamento, infatti, è opportuno sottolineare che tra i reati detti, stante la loro autonomia sotto il punto di vista concettuale, non vi è una relazione di implicazione.

Ed invero, non può ragionevolmente sostenersi che la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza presupponga necessariamente la violazione di assistenza morale.

Non ricorrerebbero, neppure, i presupposti della progressione criminosa, non potendosi affermare che l’una costituisca sempre la naturale evoluzione dell’altra, potendo dunque concorrere tra loro, ove ne ricorrano i presupposti.

5. Considerazioni finali

Da quanto sin qui argomentato, è emerso che sul tema della natura giuridica del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570 c.p., sia la dottrina che la giurisprudenza di legittimità considerano che le ipotesi di reato contenute all’interno della norma incriminatrice siano autonome tra loro e, pertanto, non possono essere considerate quale progressione criminosa e comportarne l’assorbimento dell’una nell’altra violazione.

È utile rammentare che questo dibattito emerso intorno alla natura giuridica della norma, abbia un’importante ricaduta pratica in merito al trattamento sanzionatorio da irrogare in concreto all’autore del reato.

È noto che l’imputato, quando con una sola condotta viola più fattispecie incriminatrici, è sottoposto al c.d. concorso di reati.

Ovviamente, nel tema che ci occupa, è quasi sempre possibile ricorrere all’istituto del concorso formale, previsto dall’art. 81 cpv. del Codice penale.

Pertanto, la pena che verrà irrogata in concreto, sposando la teoria dell’autonomia delle fattispecie delittuose, sarà caratterizzata da una pena base, la quale verrà incrementata a titolo di continuazione; quest’ultima situazione non verrebbe in essere qualora si propenda per l’unitarietà delle ipotesi di reato ivi contenute nell’art. 570 c.p., permettendo così al giudice di irrogare unicamente la sanzione prevista con la più grave forma dell’unico reato.


Note e riferimenti bibliografici

[1] R. GAROFOLI, Codice penale ragionato, Nel diritto editore, 2020, p. 699 ss.

[2] A. M. BELTRAME, Manuale Tecnico-Pratico di diritto penale – Parte generale e speciale, a cura di M. RIVERDITI, Wolters Kluwer, 2018, p. 937 ss.

[3] RUGGIERO, Riflessi penali del nuovo diritto di famiglia, Napoli, 1979; PISAPIA G., Delitti contro la famiglia, in Digesto pen., 1991, p. 112 ss.; RIONDATO, Introduzione a "Famiglia nel diritto penale italiano", in Tratt. Zatti, IV, Milano, 2002

[4] D'ERCOLE, Famiglia di fatto, in Diz. Irti, Milano, 1980, p. 12 ss.

[5] BERTOLINO, Il minore vittima di reato, Torino, 2005, P. 26 ss.

[6] PISAPIA G., Delitti contro la famiglia, op. cit.; F. CENDERELLI, Profili del nuovo regime dei rapporti familiari, Milano, 1984, p. 122

[7] A. M. BELTRAME, Manuale Tecnico-Pratico di diritto penale – Parte generale e speciale, op. cit., p. 968 ss.

[8] Cass. Pen. Sez. VI, n. 27051/08; conf. Cass. Pen. Sez. VI, n. 57/03; Cass. Pen. Sez. VI, n. 5487/98; Cass. Pen. Sez. VI, n. 10693/85

[9] Cass. Pen. Sez. VI, n. 53123/14; conf. Cass. Pen. Sez. VI, n. 51215/14

[10] Cass. Pen. Sez. VI, n. 4887/2000

[11] MARCUCCI, Violazione degli obblighi di assistenza familiare, in NN.D.I., XX, Torino, 1982, p. 860; DELOGU, in Comm. Cian, Oppo, Trabucchi, VII, Padova, 1995, p. 371 ss.; Giurisprudenza: Cass. Pen. Sez. VI, n. 24644/14, Rv. 260067; conf. Cass. Pen. Sez. VI, n. 785/2010, Rv. 249202

[12] VALLINI, La violazione dei c.d. "obblighi di assistenza materiale" e l'errore inerente a fattispecie connottate da disvalore etico, in RIDPP, 1967, p. 936

[13] SCORDAMAGLIA, Prospettive di una nuova tutela penale della famiglia, in RIDPP, 1991, p. 366 ss.; PISAPIA G., Delitti contro la famiglia, op. cit., p. 123; A. M. BELTRAME, Manuale Tecnico-Pratico di diritto penale – Parte generale e speciale, op. cit., p. 966 e 967; F. CENDERELLI, Profili del nuovo regime dei rapporti familiari, op. cit., p. 5 ss.; MIEDICO, Violazione degli obblighi di assistenza familiare in Digesto pen., XV, Torino, 1999, p. 190

[14] Art. 570 commi 1 e 2 del codice penale

[15] LEONE, La violazione degli obblighi di assistenza familiare nel nuovo codice penale, Napoli, 1931, p. 58; CONTI, Abbandono di famiglia, in ADPP, 1933, II, p. 1185

[16] PISAPIA G., Delitti contro la famiglia, op. cit., p. 678; LANZI, sub art. 12-sexies, L. n. 898/1970, in Comm. riforma divorzio, Milano, 1987, p. 153

[17] DELITALA, Filiazione illegittima e violazione degli obblighi di assistenza familiare, in Diritto penale, II, Milano, 1976, p. 987; DELOGU, in Comm. Cian, Oppo, Trabucchi, op. cit., p. 381; A. M. BELTRAME, Manuale Tecnico-Pratico di diritto penale – Parte generale e speciale, op. cit., p. 968 ss.

[18] Cass. Pen. Sez. VI, n. 479/1992; Cass. Pen. Sez. VI, n. 1844/85; Cass. Pen. Sez. VI, 07.05.1973., in Cass. pen. Mass., 1974, p. 129

[19] Cass. Pen. Sez. VI, n. 12307/2012; Cass. Pen. Sez. VI, n. 3881/2012; Cass. Pen. Sez. VI, n. 13741/2021, Rv. 280943; Cass. Pen. Sez. VI, n. 44358/2019; Cass. Pen. Sez. VI, n. 29926/22