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Pubbl. Lun, 9 Nov 2015

Della evoluzione del concetto di frode ai creditori e della natura del concordato preventivo

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Carla Balestrieri


L´articolo intende dimostrare quanto l´evoluzione del concetto di frode ai creditori, alla luce dei principi giuridici enunciati dalla Corte di Cassazione, abbia portato ad un superamento contenutistico dell´atto di frode in sé, per affermarne una rilevanza endoprocedimentale ed una libera valutazione meritoria da parte del ceto creditorio nel contesto del concordato preventivo.


La necessità di delineare in modo univoco il concetto di frode ai creditori risulta maggiormente evidenziato dalla natura del concordato preventivo e dalla sua evoluzione post riforma degli articoli 162-163 l.f. introdotta dal d.lgs. 169/2007.

In particolare tale intervento di riforma, incidendo sull'ammissibilità della proposta alla procedura concordataria e sulla valutazione di fattibilità del piano, ha portato la dottrina a scontrarsi sul ruolo del tribunale e del comitato dei creditori circa la valutazione della proposta. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali hanno contrapposto tre differenti interpretazioni: la prima, ha sostenuto un intervento del tribunale che fosse limitato ad un sindacato di legittimità, posto che l'elaborazione della relazione di un professionista attestatore ex art. 161 c.6 l.f. contiene già un sindacato di fattibilità della proposta. La seconda ha optato per un intervento giurisdizionale che avesse altresì considerato una concreta attuabilità del piano. La terza ed ultima, ha mediato rispetto alle altre due facendo leva su un generale principio di completezza.

La Corte di Cassazione con la sentenza 25 ottobre 2010 n. 21860 è intervenuta sulla questione, affermando che il legislatore ha inteso "dare netta prevalenza alla natura contrattuale, privatistica del concordato preventivo dando decisivo rilievo al consenso dei creditori". Rilevante a riguardo è, inoltre, la recente riforma del d.l. 83/2015 convertito in legge n.132/2015, che ha ulteriormente incentivato un aspetto di sinallagmaticità del concordato, con la possibilità dei creditori, al verificarsi di specifiche condizioni, di poter proporre proposte di piano concordatario che siano alternative rispetto a quelle del debitore. Si attribuisce quindi un ruolo apparentemente dirigistico al tribunale, con astensione di questo dallo svolgere indagini di merito, riservate al commissario giudiziale, ed allo stesso tribunale in caso però di opposizione in fase di omologa.

Ciò posto, l'analisi deve conseguentemente spostarsi su ciò che permette ai creditori di avere una conoscenza cristallina della situazione economica della proponente, posto che solo una puntuale conoscenza della situazione realmente esistente consente loro di esprimere consapevolmente il giudizio che sono chiamati a formulare (cfr. sul punto Cass. sez. I, 04/06/2014). L'elemento basilare che permette poi di chiarire anche la portata del ruolo dirigistico del tribunale, che lascia quindi intonso un aspetto pubblicistico della procedura, è riscontrato nella completezza e nella chiarezza della documentazione prodotta dalla società proponente. Questa si sostanzia, ai sensi dell'art. 161 l.f., di una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa, uno stato analitico delle attività e l'elenco nominativo dei creditori con indicazione delle cause di prelazione, elenco titolari di diritti reali, il valore dei beni e creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili, relazione del professionista attestatore ed eventuale relazione ex art. 160 c.2 l.f. in caso di degradazione in chirografo dei crediti muniti di privilegio, pegno, ipoteca.

Tutto ciò premesso, se è vero che la documentazione contabile prodotta permette ai creditori di valutare accuratamente la convenienza economica della proposta, è anche vero che la stessa documentazione, cristallizzando scelte gestionali antecedenti che potrebbero di fatto integrare un comportamento distrattivo, impedisce la revocabilità dell'ammissione alla procedura concordataria, proprio in relazione alla capacità del ceto creditorio di poterne prendere atto (cfr. sul punto trib Padova 22/10/2013; Appello Genova 02/07/2011; trib Perugia 15/07/2011).

E' doveroso, a questo punto, determinare cosa si intende per concetto di frode ai creditori. Le ragioni che comportano inammissibilità della proposta concordataria sono state individuate dalla Consulta, con la sentenza n.14552 del 2014 in "occultamento, dissimulazione dell'attivo, dolosa omissione o denuncia di uno o più crediti, esposizione di passività inesistenti o della commissione di altri atti di frode del debitore,  indipendentemente dal voto espresso in adunanza ex art. 174 l.f. , e quindi anche nell'ipotesi in cui i creditori medesimi siano stati resi edotti di quell'accertamento".
Apparentemente, questo principio espresso dalla Suprema Corte sembra contrastare con quanto dedotto in precedenza dalla giurispudenza analizzata. In realtà, il labile confine tra ciò che rende inammissibile la proposta concordataria e ciò che non la rende tale, non sta tanto nell'aspetto contenutistico del comportamento del debitore, ma nel contesto in cui tale comportamento diventa rilevante e della valutazione che ne fa il comitato dei creditori. Infatti sono solo le condotte endoprocedimentali del debitore che determinano l'inammissibilità della proposta o la sua revoca dopo l'ammissione.

Ciò che ha determinato questo orientamento giurisprudenziale, avallato dalla Cassazione, è stata la necessità di eliminare la meritevolezza dai criteri di ammissione alla procedura concorsuale, lasciandola invece prerogativa di valutazione dei creditori. Espunto quindi il giudizio di meritevolezza, si elimina definitivamente quell'apprezzamento positivo della pregressa condotta dell'imprenditore "sfortunato ma onesto" come definito dalla Suprema Corte, che rendeva la procedura concordataria un beneficio premiale, accentaundone invece proprio l'aspetto contrattuale, ulteriormente confermato dalla riforma fallimentare appena varata.

Resta di fatto però pienamente compatibile l'azione ex art. 2934 cc, promossa dai singoli creditori dissenzienti, autonoma e non surrogatoria, nei riguardi degli amministratori e dei sindaci di società in concordato preventivo con cessione dei beni per aver causato, venendo meno agli obblighi di conservazione, un'insufficienza patrimoniale dolosa o colposa, contravvenendo ai doveri loro imposti dalla legge e dall'atto costitutivo, come recentemente affermato dal tribunale di Piacenza nella sentenza del 12 febbraio 2015.