Pubbl. Dom, 8 Nov 2015
Le professioni non regolamentate, la figura del tributarista YQHI5Q6XEMPEMSR
Modifica paginaLe norme che hanno portato al riconoscimento della professione del tributarista
1) Definizione
2) La legge n. 4 del 14 gennaio 2013
3) La normativa europea in materia di professioni non regolamentate
4) Il sistema italiano in ambito della “professione tributarista”
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1) Definizione
Le libere associazioni professionali in Italia nascono circa trent’anni fa per l’aggregarsi spontaneo di professionisti che, rilevata la staticità del sistema ordinistico, hanno ritenuto che il metodo più efficace di garanzia delle proprie capacità fosse quella utilizzata nei Paesi anglosassoni con una continua verifica in un sistema di libera concorrenza, a garanzia del cittadino consumatore.
Da qui emerge la formazione di due grandi insiemi nel sistema professionale italiano:
- le professioni regolamentate, in cui i professionisti sono iscritti in ordini o collegi
- le professioni non regolamentate
Si definisce "professione non organizzata in ordini o collegi" l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 c.c., e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
L’esercizio delle professioni non regolamentate si fonda su determinati presupposti che possono essere sintetizzati con: l’autonomia, che esclude ogni condizionamento a discapito del cliente; le competenze, acquisite tramite comprovata formazione ed aggiornamento e l’indipendenza del giudizio intellettuale e tecnico.
Il tutto nel rispetto del principio di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela; della correttezza dell’agire professionale; della responsabilità del professionista intellettuale.
Di fondamentale importanza a livello legislativo italiano per le professioni non regolamentate è la legge n. 4 del 14 Gennaio 2013.
Il modello che viene proposto non si basa su riserve, ordini o albi, bensì su associazioni professionali concepite come “garanti” della formazione e delle competenze degli associati aderenti su base volontaria.
Alle associazioni ed ai certificatori è stato attribuito un compito importantissimo che deriva da una grande responsabilità nei confronti della collettività. Essi, infatti, sono chiamati a garantire non soltanto l’applicazione delle norme tecniche sulla qualità ma anche l’attuazione degli strumenti di tutela dei cittadini-utenti.
La nuova normativa si propone, in sostanza, di dare un inquadramento all’attività di quei professionisti che non sono inquadrati in ordini e collegi e che svolgono attività spesso rilevanti in campo economico; ci si riferisce, in particolare, ai tributaristi, ai consulenti fiscali, agli amministratori di condomino e a chi si occupa di tenuta delle contabilità, dichiarazione dei redditi, ai consulenti aziendali che non siano già iscritti a un albo o collegio professionale.
2) La legge n. 4 del 14 gennaio 2013
La legge n. 4 del 14 gennaio 2013 segna un notevole passo avanti per le professioni intellettuali non organizzate che fino ad allora non avevano un delineato quadro normativo.
Tale legge ha dovuto, di certo, fronteggiare innumerevoli ostacoli e critiche, prima della sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale, derivanti dai rappresentanti delle professioni raggruppate in ordini e collegi, che vedevano intaccati con tale legge la proprio professione ed il proprio bacino di utenti.
Ma, nonostante, questi impedimenti, il legislatore, anche sotto la spinta dell’UE, ha dovuto cercare dei compromessi tra le parti.
Quanto detto è evidente nella lettura dell’art 2 che afferma:
- comma 5 “Alle associazioni sono vietati l'adozione e l'uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.”
- comma 6 “Ai professionisti di cui all'art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non e' consentito l'esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale. ”
Portando avanti, però, un discorso più in generale, la nuova normativa sulle «professioni non organizzate» ruota intorno alle associazioni dei professionisti. Esse sono definite come soggetti privatistici a formazione volontaria, senza «rappresentanza esclusiva».
Lo scopo delle associazioni è quello di "valorizzare" le competenze degli associati, diffondere il rispetto delle regole deontologiche e agevolare la scelta degli utenti, nel rispetto delle regole di concorrenza.
La credibilità di un sistema del genere dipende anzitutto dai meccanismi di competizione e confronto tra le associazioni. Ciascuna associazione dovrebbe avere interesse a definire standard qualitativi adeguati alla clientela e a verificare con scrupolo il loro rispetto.
Al controllo spontaneo derivante dalla competizione tra le associazioni si aggiungono i controlli amministrativi più tradizionali. Questi, invece di svolgersi sui professionisti, si concentrano sulle associazioni che li riuniscono. Vi è però un rischio: che la legge sia vista come il primo passo per portare anche le «professioni non regolamentate» nel modello ordinistico.
Chiarezza a tali argomenti la pone la stessa legge n° 4 del 14 gennaio 2013 che afferma:
- All’art 6 comma 1 “La presente legge promuove l’autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell’attività dei soggetti che esercitano le professioni di cui all’art. 1, anche indipendentemente dall’adesione degli stessi ad una delle associazioni di cui all’art. 2.”
- All’art 6 comma 4 “Il Ministero dello sviluppo economico promuove l’informazione nei confronti dei professionisti e degli utenti riguardo all’avvenuta adozione, da parte dei competenti organismi, di una norma tecnica UNI relativa alle attività professionali di cui all’art. 1.”
Analizzando l’art 6 emerge una nuova figura: l’ente italiano di normazione (UNI); questo promuove delle norme, le quali vengono intese come “documenti che definiscono le caratteristiche (dimensionali, prestazionali, ambientali, di sicurezza, di organizzazione ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato dell'arte e sono il risultato del lavoro di decine di migliaia di esperti in Italia e nel mondo. In estrema sintesi, sono documenti che specificano cioè “come fare bene le cose” garantendo sicurezza, rispetto per l’ambiente e prestazioni certe.”
L’esistenza di questo genere di norme ha delle ripercussioni positive sia nel lavoro dei produttori sia nelle scelte di acquisto dei produttori, in quanto tali norme definiscono le caratteristiche dei prodotti richiesti dal mercato dei consumatori, i quali si aspettano dei prodotti affidabili per qualità, durata e facilità d’uno, quindi a “norma”.
3) La normativa europea in materia di professioni non regolamentate
Mi sembra opportuno, inoltre, dedicare qualche riga alla normativa europea che ha in qualche modo condizionato tutto il processo legislativo italiano.
Il riferimento principale per la legislazione sulla mobilità dei professionisti è la direttiva 2005/36, recepita in Italia con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Essa regolamenta il riconoscimento delle qualifiche professionali istituendo un regime che ha come obiettivi quelli di favorire la liberalizzazione della prestazione di servizi, creare un riconoscimento automatico delle qualifiche e semplificare le procedure che il professionista è tenuto a seguire se decide di prestare la propria opera in un altro stato membro.
Chi intende svolgere in Italia una professione non-regolamentata ed è in possesso di un titolo estero non ha necessità di ottenerne il riconoscimento legale o formale per potersi inserire nel mercato del lavoro italiano.
4) Il sistema italiano in ambito della “professione tributarista”
Quello, però, che ha spinto il nostro legislatore ad emanare una legge congrua delle professioni non regolamentate sono stati gli elevati livelli di regolamentazione inerenti sia l’accesso che la conduzione delle professioni. Gli innumerevoli ostacoli per l’accesso dei giovani italiani nell’ambito professionale che li ponevano in un piano di svantaggio nei confronti dei colleghi europei. Questo è stato possibile sia abbassando l’età di ingresso nel mondo del lavoro, sia creando i presupposti per una maggiore mobilità dei giovani professionisti italiani, trovandosi in questo modo a concorre ad armi pari nel mercato unico.
Portando avanti un focus, relativamente la professione di consulente tributario mi sembra giusto citare la storia legislativa che ha delineato l’attività lavorativa di questi professionisti intellettuali negli ultimi vent’anni.
Proprio su questo argomento, di notevole importanza è la sentenza della Corte Costituzionale n. 418 del 27 dicembre 1996, su ricorso proposto dai rappresentanti dell’ordine dei commercialisti e dei revisori contabili.
uesta sentenza dichiara che in buona sostanza, la professione del dottore commercialista e dell’esperto contabile, sebbene professione protetta, non annovera alcuna prestazione esclusiva. Sicché, ciò che di norma fa il dottore commercialista, può liberamente farlo chiunque.
Un ulteriore passo avanti si ha con la sentenza n. 11545/2012 delle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno inequivocabilmente disposto che
- le materie che la legge attribuisce ai dottori commercialisti e agli esperti contabili non sono riservate loro in via esclusiva, ma sono semplicemente individuate come di competenza specifica;
- i consulenti tributari possono dunque legittimamente svolgere la professione in maniera continuativa, organizzata e remunerata;
- considerato però che la professione di dottore commercialista e di esperto contabile è ritenuta protetta dalla legge e sottoposta al controllo dell’Ordine di appartenenza, coloro che svolgono l’attività di consulente tributario debbono evidenziare che operano in forza di titoli diversi dall’abilitazione professionale, anche per esperienza personale comunque acquisita.
Ulteriori modifiche si sono ottenute con la più volte citata legge n. 4 del gennaio 2013.
Questa legge ha permesso ai tributaristi di acquisire una maggiore competitività in ambito nazionale ed europeo; ha dato una maggiore tranquillità operativa attraverso la partecipazione a forme di aggregazione associative riconosciute ed ha sedato la contrapposizione con le attività riservate. Il tutto fornendo un maggiore elemento di tutela e trasparenza per l’utente consumatore tramite la norma UNI 11511 “Attività professionali non regolamentate - Tributarista - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza” pubblicata nel dicembre 2013.
La norma Uni 11511 definisce, nell’ambito delle attività professionali non regolamentate, le caratteristiche della figura professionale dei tributaristi. La norma, entrata in vigore il 2 dicembre 2013, definisce i requisiti relativi all’attività professionale del tributarista (consulente tributario), ossia della figura professionale che fornisce consulenza ed opera, con la proprio capacità tecnica, nel settore tributario, fiscale, amministrativo ed aziendale, in ambito pubblico e privato. Negli ultimi anni sono nate numerose iniziative di qualificazione di attività professionali non regolamentate, che hanno portato alla definizione di un consistente pacchetto di norme. In particolare, l’UNI ha costituito la commissione tecnica, con lo scopo di definire terminologia, principi, caratteristiche e requisisti relativi alla qualificazione di attività professionali e/o professioni non regolamentate e non rientrati nelle competenze di altre commissioni tecniche ed Enti federati.
Molte sono state le considerazione su tale insieme di norme, e mi sembra adeguato inserire i commenti espressi da parte del segretario nazionale LAPET, Giovanna Restucci, la quale afferma: “i primi ad avvantaggiarsi della norma UNI saranno sicuramente i consumatori: la norma tende infatti a definire le caratteristiche che determinano la qualità dell’iscritto. Quindi il consumatore potrà riconoscere a monte la qualità del professionista al quale si rivolge e, per contro, il professionista avrà visibilità sul mercato”.
La figura del tributarista ha notevole importanza anche in Europa ed il suo intervento diventa fondamentale per la comparazione delle norme tributarie tra i diversi paesi e per la successiva unificazione delle differenze fiscali.
Una figura, quindi, a cui il mercato non ha esitato a riconoscere un’affidabilità elevata, con la modifica apportata dal Parlamento Europeo alla direttiva n° 2005/36/CE, che ha introdotto due novità: la Tessera Professionale Europea ed i nuovi meccanismi per il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali.
Si può dire che il sistema si fonda su due cardini: il riconoscimento della qualifica professionale nello Stato di appartenenza e la reciprocità dell’ordinamento della professione, valida sia nello Stato di appartenenza, sia nello Stato ospitante.
La Tessera Professionale Europea è una delle maggiori novità introdotte dalla direttiva 2013/55/UE, si prevede venga attuata entro il 18 gennaio 2016. Scopo della 'tessera' è facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali grazie ad un maggiore coinvolgimento delle autorità competenti nei paesi d'origine dei professionisti e attraverso l'uso di procedure elettroniche.
È ovviamente da precisare, che anche il nostro paese dovrà uniformarsi alla direttiva europea, non senza evidenziare gli innumerevoli dubbi che tale normativa potrebbe generare in ambito interno. Cioè, se le professioni intese non regolamentate dalla legge n° 4 del 14 gennaio 2013 potranno essere definite “regolamentate” secondo le disposizioni della normativa europea o continueranno ad essere classificate come professioni “non organizzate in ordini e collegi”, ponendo fine alle difficoltà di molti operatori europei, che sono costretti, con l’attuale normativa, ad avere sprechi di tempo e costi aggiuntivi.