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Pubbl. Gio, 17 Mar 2022

Le Sezioni unite sull´applicabilità della circostanza aggravante della minorata difesa ai reati commessi in tempo di notte

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Francesca Florio



Lo scritto si propone di analizzare brevemente la pronuncia delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n. 40275 dell’8 novembre 2021, per mezzo della quale la Corte, chiamata ad esprimersi sulla possibile applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p., ha espresso il seguente principio di diritto: «ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 5, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità - oggetto di profittamento - in cui versava il soggetto passivo».


ENG The paper aims to briefly analyze the ruling of the Joint Sections of the Court of Cassation no. 40275 of November 8, 2021, in which the Court, called to assess the possible automatic application of the aggravating circumstance referred to in art. 61, no. 5, Criminal Code, has formulated the following principle of law: «for the purposes of the integration of the aggravating circumstance of the so-called “impaired defense”, provided by art. 61 Criminal Code, paragraph 1, no. 5, the circumstances of time, place or person, of which the agent has taken advantage must be ascertained in the light of concrete and conclusive elements of fact capable of demonstrating the particular situation of vulnerability - object of profit - into which the passive subject found himself.»

Sommario: 1. La vicenda processuale ed il quesito sottoposto all’attenzione delle Sezioni unite; 2. L’iter argomentativo della Corte: il primo contrasto giurisprudenziale; 3. Gli ulteriori contrasti; 4. La decisione delle Sezioni unite.

1. La vicenda processuale ed il quesito sottoposto all’attenzione delle Sezioni unite

Con sentenza depositata l’8 novembre 2021, n. 40275, la Corte di Cassazione a Sezioni unite si è espressa sul seguente quesito: «Se la commissione del fatto in tempo di notte configuri, di per sé solamente, la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, c.p. comma 1, n. 5[1]».

Nel caso di specie, gli imputati erano stati tratti a giudizio per rispondere del reato di furto aggravato ai sensi degli artt. 625, comma 1, nn. 5 e 7, e 61, n. 5, c.p., e ciò per essersi introdotti, notte tempo, nel piazzale di una ditta, scavalcando la barra antintrusione posta a presidio della proprietà privata, ed aver sottratto diciassette bancali in legno appartenenti alla medesima impresa.

All’esito del giudizio abbreviato il Tribunale di Macerata aveva dichiarato gli imputati, in concorso, colpevoli del reato loro ascritto, condannandoli alla pena ritenuta di giustizia; la pronuncia del giudice di prime cure era stata poi sostanzialmente confermata anche in grado d’appello.

Più in particolare, la Corte d’appello aveva ritenuto immune da vizi la decisione del Tribunale in ordine alla riconosciuta sussistenza delle circostanze aggravanti della c.d. “minorata difesa” e dell’esposizione alla pubblica fede: segnatamente, da un lato, era stato attribuito rilievo unicamente all’orario notturno durante il quale si era sviluppata l’azione e, dall’altro, la merce trafugata era stata valutata come esposta alla fede pubblica nonostante i bancali fossero custoditi in un luogo recintato e sottoposto a videosorveglianza, in quanto ritenuto, dai giudici di merito, comunque facilmente accessibile.

Avverso la pronuncia della Corte d’Appello gli interessati avevano proposto ricorso per Cassazione, deducendo diversi motivi di doglianza proprio in ordine alla riconosciuta sussistenza delle predette aggravanti.

La quinta Sezione della Corte di Cassazione, assegnataria del ricorso, avendo rilevato un contrasto giurisprudenziale in relazione alla configurabilità della circostanza aggravante ex art. 61 n. 5 in virtù della sola commissione del fatto nelle ore notturne ha, dunque, rimesso la questione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p.p.[2].

2. L’iter argomentativo della Corte: il contrasto giurisprudenziale

Nell’affrontare la questione, le Sezioni unite hanno, anzitutto, preso le mosse  dalla ricostruzione dei due orientamenti in contrasto.

In particolare, secondo un primo orientamento[3] la commissione del reato “in tempo di notte” sarebbe idonea ad integrare, di per sé, gli estremi della circostanza aggravante della minorata difesa, e ciò in quanto il favor noctis indiscutibilmente aumenta sia le possibilità di eludere diverse forme di vigilanza sia quelle di sottrarsi al riconoscimento da parte di eventuali spettatori.

Nel solco del predetto orientamento è stato, poi, specificato a più riprese, che l’aggravante de qua sarebbe in ogni caso configurabile soltanto ove dalla “consumazione notturna” del reato sia conseguita, in concreto, una reale diminuzione delle capacità di difesa pubblica o privata, non potendo applicarsi indistintamente un trattamento sanzionatorio più severo per il solo fatto che il delitto sia stato commesso in un orario piuttosto che in un altro[4].

Per un diverso indirizzo, invece, la commissione del reato “in tempo di notte” non sarebbe, da sola, un elemento sufficiente ai fini dell’integrazione della circostanza della minorata difesa, essendo quest’ultima ravvisabile solo ove, unitamente alle condizioni temporali, concorrano ulteriori circostanze fattuali idonee a menomare, in concreto, le capacità di pubblica o privata difesa[5].

Dopo aver ricostruito i due indirizzi giurisprudenziali di segno opposto, il supremo consesso ha preso atto dei profili di criticità che, ove letti nelle rispettive estreme espressioni, entrambi presentano.

Infatti, mentre il primo orientamento, ha osservato la Cassazione, finisce per valorizzare una presunzione assoluta di minorata difesa totalmente incompatibile con il principio di offensività, il secondo non tiene conto dell’astratta insidiosità tipica dei delitti commessi profittando del favor noctis, e, richiedendo il concorrere di circostanze fattuali ulteriori, approda ad una conclusione inesatta, secondo la quale il ricorrere di una sola circostanza “di tempo, di luogo o di persona” non sarebbe sufficiente ad integrare l’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p.

 3. Gli ulteriori contrasti

Proseguendo nel suo iter argomentativo, la Cassazione ha poi individuato un ulteriore contrasto riguardante la rilevanza della presenza di un sistema di videosorveglianza nel locus commissi delicti ai fini dell’esclusione dell’ostacolo alla difesa pubblica o privata in relazione ai reati commessi in orari notturni.

Più precisamente, mentre secondo un primo orientamento la presenza di videocamere in loco avrebbe in concreto un’incidenza sull’effettività dell’ostacolo arrecato alla difesa e dunque peserebbe nella valutazione circa la sussistenza o meno della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 5 c.p.[6], diverso orientamento ritiene, invece, che la predisposizione di un sistema di videosorveglianza non sarebbe di per sé idonea a scongiurare il vulnus tipico della minorata difesa, potendo invece rappresentare uno strumento utile all’identificazione ex post degli autori del reato[7].

Sul punto, osservando che la questione costituirebbe «una mera quaestio facti» in ordine alla quale non sarebbe dunque possibile enunciare un principio di diritto, la Suprema Corte si è comunque espressa sostenendo che l’installazione di un impianto di videosorveglianza dovrebbe rilevare ai fini dell’esclusione della circostanza aggravante de qua solo ove questo sia collegato ad una centrale operativa di polizia o di un istituto di vigilanza privata, in modo da permettere l’intervento tempestivo di soccorsi; sicché la presenza di un impianto “semplice”, la cui funzione sia unicamente quella di acquisire le immagini per consentire, se del caso, l’individuazione a posteriori dei soggetti ripresi, costituirebbe un elemento neutro, non incidente sulla valutazione circa la configurabilità della minorata difesa.

Da ultimo, la Corte ha evidenziato anche l’emersione, in seno alla giurisprudenza di legittimità, di un terzo contrasto, concettualmente identico a quello oggetto della sentenza in commento, riguardante la applicabilità “automatica” della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p. nelle ipotesi in cui il reato sia commesso in danno di persone anziane.

Con riferimento a quest’ultimo punto, nello specifico, il contrasto giurisprudenziale è scaturito in seguito all’entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n. 94, la quale ha introdotto nel testo dell’art. 61, n. 5, c.p. il riferimento all’età della vittima. Tale modifica ha indotto gli interpreti ad interrogarsi sul reale intento del legislatore, onde stabilire se il riferimento espresso all’età della persona offesa comporti la necessaria configurazione della circostanza aggravante ovvero operi come una presunzione relativa.

Ed infatti, mentre una parte della giurisprudenza di legittimità ritiene che la senilità della vittima non possa assurgere a presunzione assoluta di minorata difesa, dovendosi valutare in concreto anche l’eventuale “approfittamento” da parte del soggetto agente di tale supposta particolare vulnerabilità[8], di contro, secondo l’indirizzo di segno opposto la condizione di inferiorità in cui versano le persone anziane, specialmente in riferimento ai reati che prevedono un’interazione tra soggetto attivo e soggetto passivo, sarebbe di per sé sufficiente a fondare un giudizio di maggiore disvalore della condotta criminosa, talché non sarebbe necessario far gravare in capo al giudice di merito un ulteriore onere motivazionale rispetto al riscontro obiettivo dell’età della persona offesa[9].

4. La decisione delle Sezioni Unite

Dopo aver analizzato le diverse posizioni della giurisprudenza di legittimità rispetto alle plurime questioni controverse richiamate, rifacendosi anche alla Relazione del Guardasigilli al Re sul codice penale del 1930, gli ermellini hanno dunque rimarcato che: «il fondamento della circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, in riferimento a ciascuna delle tipologie di elementi fattuali che possono integrarla, è stato generalmente ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l’agente approfitti delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest’ultima viene a svolgersi».  

Alla luce di tali premesse, le Sezioni Unite hanno infine pronunciato il seguente principio di diritto: «ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 5, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità - oggetto di profittamento - in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato; la commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto».

Inoltre, le Sezioni unite hanno aggiunto che, in applicazione della medesima ratio, dovrà risolversi anche l’analoga quaestio relativa alla valenza dell’età della persona offesa in ordine alla configurabilità della medesima circostanza aggravante.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Il testo della sentenza in commento è consultabile integralmente sul sito www.cortedicassazione.it.

[2] L’ordinanza di rimessione della Quinta Sezione, n. 10778 del 12 marzo 2021, è consultabile in Sistema penale, 19 marzo 2021.

[3] Si vedano, tra le sentenze più risalenti: Cass., Sez. V, 16 ottobre 1969, n. 34; Cass., Sez. II, 13 ottobre 1980, n. 2947; Cass., Sez. II, 3 maggio 1991, n. 9088; più di recente il medesimo orientamento è stato ribadito da Cass., Sez. V, 26 febbraio 2018, n. 20480, tutte in Dejure.

[4] Cass., Sez. II, 17 febbraio 1969, n. 352; Cass., Sez. II, 13 dicembre 2005, n. 5266; Cass., Sez. V, 13 gennaio 2011, n. 7433; Cass., Sez. V, 11 marzo 2011, n. 19615; Cass., Sez. V, 26 gennaio 2015 n. 32244, tutte in Dejure.

[5] Cass., Sez. I, 20 maggio 1987, n. 346; Cass., Sez. II, 3 febbraio 1976, n. 6694; Cass., Sez. II, 18 gennaio 2011, n. 3598; Cass., Sez. V, 1 febbraio 2021 n. 9569; Cass., Sez. II, 19 maggio 2021, n. 20327, tutte in Dejure.

[6] In tal senso si vedano Cass., Sez. V, 6 febbraio 2019, n. 32813; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2020, n. 13806, tutte in Dejure.

[7] Ad esempio, si veda Cass., Sez. IV, 14 febbraio 2019, n. 10060, in Dejure, per mezzo della quale la Corte ha sottolineato che: «La presenza della videocamera, qualora vi sia prova che dall’altro lato del monitor vi sia una costante visione del filmato può rilevare ai fini della qualificazione del fatto come tentativo o far venire meno l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede, ma non quella della minorata difesa».

[8] Si veda, ex multis, Cass., Sez. II, n. 23 settembre 2010, n. 35997, in Dejure. In tale occasione la Corte ha specificato che:«l’età della persona offesa non può di per sè costituire condizione autosufficiente ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, dovendo essere accompagnata da fenomeni di decadimento o di indebolimento delle facoltà mentali o da ulteriori condizioni personali, quali il basso livello culturale del soggetto passivo, che determinano un diminui-to apprezzamento critico della realtà».

[9] Tra le altre, si veda Cass., Sez. V, 15 ottobre 2019, n. 1555, in Dejure, ove in particolare la Cassazione ha affermato che: «La circostanza aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, a se-guito della modifica normativa introdotta dalla L. n. 94 del 2009, deve essere specificamente valutata anche in riferimento all’età senile e alla debolezza fisica della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l’agente trae consapevolmente vantaggi».