Osservatorio di Giurisprudenza amministrativa - Ottobre/Dicembre 2021
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Luana Leo
Osservatorio trimestrale relativo alle principali sentenze emesse dalla Corte costituzionale, dai Tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato in tema di Giurisprudenza amministrativa. Periodo ottobre-dicembre 2021.
Indice: 1) Processo amministrativo – Disposizioni specifiche ai giudizi inerenti a controversie su provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture; 2) Appalti pubblici – Procedure di affidamento Semplificazioni in materia di contratti pubblici; 3) Documentazione amministrativa – Disciplina del segreto; Altre pronunce in rassegna.
SENTENZE IN PRIMO PIANO
1) Processo amministrativo - Disposizioni specifiche ai giudizi inerenti a controversie su provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture
Corte Cost., 6 ottobre 2021, dep. 28 ottobre 2021, n. 204 – Pres. Coraggio – Rel. Barbera – (rif. art. 120, comma 5, Allegato 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)
(omissis)
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 marzo 2020 (reg. ord. n. 107 del 2020), il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) in riferimento all’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine per proporre motivi aggiunti, nelle controversie di cui al comma 1, dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
RITENUTO IN DIRITTO
Il rimettente giudica della legittimità di una procedura di affidamento di appalto pubblico di servizi, nella quale è controversa la tempestività della proposizione di motivi aggiunti al ricorso
L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità della questione per “mancata compiuta individuazione del petitum”, ovvero perché il rimettente non avrebbe indicato quale soluzione compatibile con la Costituzione questa Corte dovrebbe adottare, al fine di superare il prospettato vizio di illegittimità costituzionale.
L’eccezione non è fondata.
Questa Corte ha già affermato che «l’ordinanza di rimessione delle questioni di legittimità costituzionale non necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante altresì un petitum, essendo sufficiente che dal tenore complessivo della motivazione emerga[no] con chiarezza il contenuto ed il verso delle censure» (sentenze n. 150 e n. 123 del 2021).
Nel caso di specie, il tenore dell’ordinanza di rimessione rende esplicito che il giudice a quo ravvisa una soluzione al dubbio di legittimità costituzionale nel regime generale di proposizione dei motivi aggiunti regolato dall’art. 43 dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), per il quale il termine non può che decorrere da quando chi abbia interesse al ricorso sia stato posto nelle condizioni di percepire il vizio, suscettibile di essere reso oggetto del motivo aggiunto.
L’Avvocatura ha altresì eccepito l’inammissibilità della questione, perché il giudice rimettente avrebbe omesso ogni tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme.
Ciò sarebbe particolarmente grave, secondo l’interveniente, alla luce della giurisprudenza amministrativa maturata sul censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm., che avrebbe già offerto una lettura della disposizione tale da renderla del tutto conforme all’art. 24 Cost.
L’eccezione non è fondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, a tale proposito, che «l’effettivo esperimento del tentativo di una interpretazione costituzionalmente orientata – ancorché risolto dal giudice a quo con esito negativo per l’ostacolo ravvisato nella lettera della disposizione denunciata – consente di superare il vaglio di ammissibilità della questione incidentale sollevata. La correttezza o meno dell’esegesi presupposta dal rimettente – e, più in particolare, la superabilità o non superabilità degli ostacoli addotti a un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata – attiene invece al merito, e cioè alla successiva verifica di fondatezza della questione stessa» (sentenza n. 189 del 2019; in tal senso, sentenze n. 172 del 2021, n. 262 e n. 221 del 2015).
Pertanto, alla luce della motivazione offerta dal rimettente per contrapporsi all’interpretazione costituzionalmente orientata, pur predominante in giurisprudenza, la questione è ammissibile.
Nel merito, essa non è fondata.
Anzitutto, va osservato che non sussiste alcuno degli ostacoli ravvisati dal giudice a quo, quanto alla praticabilità della interpretazione adeguatrice da ultimo sposata dalla menzionata Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Una volta appurato che non vi è alcun impedimento letterale o logico ad adottare l’interpretazione della norma censurata propugnata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria, avvallata dalla Adunanza plenaria, resta da verificare se essa sia tale da assicurare la conformità della disposizione all’art. 24 Cost.
Questa Corte osserva, in via preliminare, che senza dubbio sarebbe contrario alle garanzie proprie del diritto di difesa un assetto che imponga alla parte lesa dal provvedimento di aggiudicazione di proporre un ricorso recante motivi aggiunti prima che essa sia stata posta nelle condizioni di percepire il vizio che si intende denunciare, o comunque quando non le sia stato assicurato, a tal fine, l’intero termine di trenta giorni previsto dalla legge, e non le possa essere mosso alcun addebito di colpevole inerzia, o comunque di negligenza.
L’istituto stesso dei motivi aggiunti, infatti, è finalizzato, per quanto qui rileva, a permettere l’introduzione in giudizio di profili di illegittimità dell’atto impugnato che non era stato possibile percepire innanzi, sulla base della sola cognizione del provvedimento lesivo.
Perciò, prevedere che il termine di decadenza per proporre i motivi aggiunti maturi, nonostante il vizio non fosse conoscibile mediante l’impiego della ordinaria diligenza, comporterebbe una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire.
L’interpretazione respinta dal rimettente, ma avallata da ultimo dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rientra nel novero appena descritto delle letture costituzionalmente orientate del censurato art. 120, comma 5, cod. proc. amm.
La configurabilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, che supera il profilo di illegittimità costituzionale denunciato, e che peraltro è già dominante in giurisprudenza, rende non fondata la questione sollevata dal rimettente.
P.Q.M.
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce.
Il principio di diritto: È infondata la questione di l.c. dell'art. 120, comma 5, c.p.a., dato che l'interpretazione conforme finora invalsa lo rende compatibile con l'art. 24 Cost., oltre che con il diritto dell'Unione europea, poiché permette alla parte ricorrente di disporre di un termine non inferiore a trenta giorni per agire in giudizio avverso l'aggiudicazione, e comunque per proporre motivi aggiunti, tenendo conto della data in cui essa ha preso conoscenza, o avrebbe potuto prendere conoscenza usando l'ordinaria diligenza, dei profili di illegittimità oggetto dell'impugnativa.
Il caso ed il processo: gli atti di una procedura di affidamento di un appalto di servizi sono impugnati con ricorso (art. 120 dell’Allegato 1, d.lgs. n. 104/2010), a seguito della comunicazione di aggiudicazione a favore della controinteressata. La ricorrente chiede l’accesso agli atti di gara in data 30 maggio 2019. Tuttavia, esso è consentito dalla stazione appaltante soltanto il 15 luglio successivo. Il 31 luglio sono notificati i motivi aggiunti al ricorso. Nell’ottica del giudice a quo, essi sarebbero irricevibili per tardività, in applicazione dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm.
La soluzione resa dalla Corte: la Consulta dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
Secondo la Corte costituzionale, il tenore dell’ordinanza di rimessione rende esplicito che il giudice a quo ravvisa una soluzione al dubbio di legittimità costituzionale nel regime generale di proposizione dei motivi aggiunti disciplinato dall’art. 43 dell’Allegato 1, d.lgs. n. 104 del 2010, per il quale il termine decorre da quando chi abbia interesse al ricorso sia stato posto nelle condizioni di percepire il vizio, suscettibile di essere reso oggetto del motivo aggiunto.
Seguendo il ragionamento della Corte, è indiscutibile che sarebbe contrario alle garanzie proprie del diritto di difesa un assetto che imponga alla parte lesa dal provvedimento di aggiudicazione di proporre un ricorso recante motivi aggiunti prima che essa sia stata posta nelle condizioni di percepire il vizio che si intende denunciare, o comunque quando non le sia stato assicurato, a tal fine, l’intero termine di trenta giorni previsto dalla legge, e non le possa essere mosso alcun addebito di colpevole inerzia, o di negligenza.
Pertanto, sono conformi con l’art. 24 Cost., oltre che con il diritto dell’Unione europea, ove applicabile, quelle sole interpretazioni del quadro normativo per effetto delle quali la parte ricorrente disponga di un termine non inferiore a trenta giorni per agire in giudizio, e comunque per proporre motivi aggiunti, tenuto presente della data in cui essa ha preso conoscenza, o avrebbe potuto prendere atto usando l’ordinaria diligenza, dei profili di illegittimità oggetto dell’impugnativa.
Sulle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, si veda G. GUZZO, Appalti pubblici. Disciplina, procedura e nuovi profili processuali, Milano, 2010; S. A. ROMANO, L'affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Milano, 2011. Con particolare riguardo alle controversie in sé, si veda E. GUARNACCIA, Il contenzioso su appalti e contratti pubblici, Santarcangelo di Romagna (RN), 2019.
2) Appalti pubblici - Procedure di affidamento - Semplificazioni in materia di contratti pubblici
Corte Cost., 20 ottobre 2021, dep. 26 novembre 2021, n. 221 – Pres. Coraggio – Rel. Barbera – (rif. art. 77, commi 1 e 2, lett. a), b), c), e) ed f), e 5, legge Regione Valle d'Aosta 13 luglio 2020, n. 8)
(omissis)
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso notificato l’11-17 settembre 2020 e depositato il successivo 21 settembre (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 77, commi 1, 2, lettere a), b), c), e) ed f), e 5, della legge della Regione Valle d’ Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
RITENUTO IN DIRITTO
Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 77, commi 1, 2, lettere a), b), c), e), ed f), e 5, della legge della Regione Valle d’ Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si è costituita in giudizio, con atto depositato il 15 ottobre 2020, osservando che le disposizioni impugnate sono state abrogate dall’art. 10, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 2020, n. 14 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale per il triennio 2021/2023. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni), aggiungendo che le stesse non hanno mai trovato applicazione.
La Regione resistente ha perciò chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Nell’imminenza dell’udienza pubblica, con atto pervenuto il 15 ottobre 2021 a mezzo PEC, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2021, ha rinunciato al ricorso quanto all’art. 77, commi 1, 2, lettere a), b), c), e) ed f), e 5, della legge regionale impugnata.
Benché non sia pervenuta l’accettazione della rinuncia, è palese che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non ha alcun interesse a coltivare il giudizio, anche alla luce delle conclusioni sopra esposte.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (di recente, sentenza n. 5 del 2020; e, fra le altre, sentenze n. 94 del 2018 e n. 19 del 2015, e ordinanza n. 62 del 2015), si deve, quindi, dichiarare cessata la materia del contendere
P.Q.M.
dichiara cessata la materia del contendere delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 77, commi 1, 2, lettere a), b), c), e) ed f), e 5, della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Il principio di diritto: nel caso di rinuncia al ricorso per illegittimità costituzionale spiegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso una legge regionale, per avvenuta cessazione della materia del contendere, non è necessaria l'accettazione della rinuncia da parte della Regione.
Il caso ed il processo: nell’ottica del ricorrente, la norma impugnata avrebbe travalicato «i limiti statutari» e invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. Verrebbe, altresì, leso il principio di libera concorrenza e di non discriminazione recepito dall’art. 30 del cod. contratti pubblici, nonché il successivo art. 36, secondo il quale l’individuazione degli operatori economici nell’ambito degli affidamenti a rotazione avviene senza indicazione di provenienza e senza alcuna limitazione territoriale. Secondo la Regione Valle d’Aosta, le questioni sarebbero inammissibili, considerato che il ricorrente denuncia vizi relativi ad una porzione soltanto della norma, mentre chiede poi la dichiarazione di illegittimità costituzionale in toto. Quest’ultima insiste affinché sia cessata la materia del contendere.
La soluzione resa dalla Corte: la Consulta dichiara cessata la materia del contendere.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2021, rinuncia al ricorso quanto all’art. 77, commi 1, 2, lettere a), b), c), e) ed f), e 5, della legge regionale impugnata. Sebbene non sia pervenuta l’accettazione della rinuncia, si ritiene che la Regione Valle d’Aosta non abbia alcun interesse a coltivare il giudizio.
Alla luce di taluni precedenti (sentenza n. 5/2020; sentenza n. 94/2018; sent. n. 19/2015; ordinanza n. 62/2015), si deve dichiarare cessata la materia del contendere.
Sulle semplificazioni in materia di contratti pubblici, si veda A. PAJNO, La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, in Astrid-Rassegna, n. 16, 2015; R. DE NICTOLIS, Il codice dei contratti pubblici: la semplificazione che verrà, in Astrid-Rassegna, n. 16, 2016; A. COIANTE, Decreto semplificazioni: contratti pubblici, concorrenza e tutela, in Giustizia insieme, 2020; A. COIANTE, S. TRANQUILLI, Semplificare per resistere. Il d.l. “Semplificazioni-Governance” n. 77/2021 e i contratti pubblici, in Giustizia insieme, 2021;
3) Documentazione amministrativa - Disciplina del segreto
Corte Cost, 1 dicembre 2021, dep. 24 dicembre 2021, n. 258 – Pres. Coraggio – Rel. Barbera – (rif. art. 42, comma 8, legge 3 agosto 2007, n. 124)
(omissis)
RITENUTO IN FATTO
Con quattro ordinanze di identico contenuto del 3 febbraio 2021, emesse in altrettanti giudizi, rispettivamente iscritte ai numeri 133, 134, 135 e 136 del registro ordinanze 2021, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 8, della legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 103, secondo comma, e 111 della Costituzione.
RITENUTO IN DIRITTO
La disposizione censurata stabilisce che «[q]ualora l’autorità giudiziaria ordini l’esibizione di documenti classificati per i quali non sia opposto il segreto di Stato, gli atti sono consegnati all’autorità giudiziaria richiedente, che ne cura la conservazione con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia».
Di tale disposizione, nei giudizi principali, ha fatto applicazione la Presidenza del Consiglio dei ministri, resistendo al ricorso promosso da alcuni ex dipendenti del comparto degli Organismi di informazioni per la sicurezza (OO.I.S.) per l’accertamento del loro diritto al computo, nel rispettivo trattamento di quiescenza, delle indennità «di funzione» o «operativa» di cui all’art. 18 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 1980, n. 8, loro corrisposta nel corso del rapporto di impiego.
Secondo la difesa statale, in particolare, le domande formulate dai ricorrenti potevano essere decise sulla base delle rispettive allegazioni e senza dar corso all’attività istruttoria, che ha invece reso necessario il ricorso alle cautele previste dalla disposizione oggetto di censura.
L’eccezione è fondata per le ragioni che seguono.
Ai fini dell’apprezzamento del requisito della rilevanza nei giudizi incidentali, questa Corte ha ripetutamente affermato che «ciò che conta è la valutazione che il giudice a quo deve effettuare in ordine alla possibilità che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento (sentenza n. 71 del 2015)» (sentenze n. 208 e n. 122 del 2019).
L’inadeguatezza della motivazione sulla rilevanza delle questioni emerge poi con riguardo ad un ulteriore, specifico profilo.
La disciplina del rapporto d’impiego del personale degli OO.I.S. non si sottrae ai principi generali e alle norme comuni del pubblico impiego.
In epoca successiva, tuttavia, il trattamento di quiescenza dei pubblici impiegati è stato interessato da alcuni interventi di riforma, fra i quali, in particolare, la legge 8 agosto 1995, n. 335, recante «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare» (cosiddetta “riforma Dini”).
Nelle ordinanze di rimessione, che si limitano a tratteggiare in fatto il contenuto della pretesa dei ricorrenti nei giudizi principali, è omesso ogni riferimento a tale articolato quadro normativo e giurisprudenziale.
La Corte dei conti, infatti, si duole di una carenza informativa, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, in relazione all’accertamento dell’importo esatto delle indennità percepite dai ricorrenti, ma non svolge alcuna considerazione sul tema, a ciò pregiudiziale, del possibile computo di tali indennità nella base pensionabile.
In altri termini, è evidente che, nel procedere all’istruttoria sull’entità delle indennità versate ai ricorrenti, il giudice a quo ne ha ritenuto ammissibile il computo nella base pensionistica; di una tale possibilità, tuttavia, le ordinanze di rimessione non adducono neppure le ragioni, e ciò sebbene in presenza di un assetto interpretativo chiaramente consolidatosi in senso opposto, peraltro in forza di una decisione resa dall’autorità cui è attribuita la funzione nomofilattica nel settore pensionistico.
In definitiva, l’omessa ricostruzione della cornice normativa e giurisprudenziale di riferimento compromette irrimediabilmente l’iter logico argomentativo posto a fondamento delle valutazioni del rimettente sulla rilevanza; ciò che, secondo il costante orientamento di questa Corte, rende inammissibili le questioni sollevate (ex plurimis, sentenze n. 61 e n. 15 del 2021, n. 264 e n. 228 del 2020, e n. 150 del 2019).
Il principio di diritto: La mancata indicazione, nell'ordinanza di remissione, del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento rende inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate davanti alla Consulta.
Il caso ed il processo: nell’ottica del ricorrente, la previsione censurata si porrebbe dapprima in contrasto con l’art. 103, secondo comma, Cost., poiché non consentirebbe al giudice contabile di formare il proprio convincimento sulla base degli elementi di prova rilevanti ai fini della decisione, dei quali ha disposto l’acquisizione al giudizio.
La stessa disposizione, altresì, violerebbe il disposto di cui all’art. 111 Cost., alterando, in favore dell’amministrazione legittimata ad apporre la classificazione di segretezza, la regola della c.d. “parità delle armi”, la quale costituisce estrinsecazione del principio del contraddittorio.
Sarebbe, poi, violato l’art. 24, secondo comma, Cost., poiché la limitazione che la norma arreca all’accesso delle parti alla documentazione classificata e alla possibilità di estrarne copia ne comprimerebbe il diritto alla difesa.
In ultima analisi, vi sarebbe una violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., avuto riguardo al diverso regime probatorio che si configura a carico del pubblico impiegato, rispetto alle pretese inerenti all’accertamento del trattamento di quiescenza avanzate da tutti gli altri pubblici impiegati.
La soluzione resa dalla Corte: la Consulta dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 8, della legge 3 agosto 2007, n. 124.
Secondo la Corte, il denunciato pregiudizio alla funzione giurisdizionale e al diritto di difesa delle parti private non è dipeso dalla previsione impugnata, in sé considerata, ma dall’applicazione che ne avrebbe fatto l’amministrazione nel caso concreto; e ciò rende irrilevante il sindacato di legittimità costituzionale richiesto ai medesimi fini.
A prescindere da ciò, la pronuncia di inammissibilità discende dall’omesso riferimento al quadro normativo e giurisprudenziale. Una tale lacuna ricostruttiva, infatti, si traduce in un difetto di motivazione in punto di rilevanza, poiché il rimettente avrebbe dovuto indicare le ragioni per le quali ha ritenuto di superarlo.
Sulla disciplina del segreto, si veda E. CARLONI, La “casa di vetro” e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Diritto pubblico, n. 3, 2009; M. SIMONCINI, La tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate, in Giornale di Diritto amministrativo, n. 4, 2012; C. CUDIA, Trasparenza amministrativa e pretesa del cittadino all'informazione, in Diritto pubblico, n. 1, 2017; S. CASSESE, Evoluzione della normativa sulla trasparenza, Roma, 2018.
ALTRE PRONUNCE IN RASSEGNA
TAR Reggio Calabria, 22 settembre 2021, dep. 7 ottobre 2021, n. 765 – Pres. Criscenti – Rel. Romeo – (rif. art. 80, co. 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)
La mancanza di un DURC regolare “comporta una presunzione legale, juris et de jure, di gravità, che obbliga la stazione appaltante ad estromettere il concorrente dalla procedura evidenziale, senza poterne sindacare, nel merito, il contenuto” (Consiglio di Stato, sez. V, 19 febbraio 2019, n. 1141). Ciò in quanto le ipotesi di esclusione previste dall’art. 80, co. 4, essendo di natura obbligatoria ed ancorate ad un automatismo, non lasciano alcun margine di discrezionalità valutativa in capo alla stazione appaltante, affidando il vaglio di inaffidabilità dell’operatore economico all’ente previdenziale cui spetta l’accertamento della gravità e della definitività delle irregolarità accertate sulla base della disciplina previdenziale di riferimento, imponendosi pertanto l’esclusione dalla gara quale esito obbligatorio e vincolato (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2021, n. 849).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 settembre 2021, dep. 11 ottobre 2021, n. 6827 – Pres. Montedoro – Rel. Caputo – (rif. l’art. 3, comma 1, lett. b L.R. 8 novembre 2004, n. 12)
Ai sensi della l. reg. Lazio n. 12 del 2004, deve escludersi la sanabilità delle opere realizzate in zone vincolate anche quando il vincolo è posteriore alla realizzazione dell’opera.
TAR Bologna, Sez. I, 28 settembre 2021, 11 ottobre 2021, n. 834 – Pres. Migliozzi – Rel. Amovilli – (rif. art 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)
In assenza di specifiche disposizioni limitative da parte del bando di gara, la riparametrazione dei requisiti di capacità tecnica per le imprese neocostituite può favorire condotte elusive e condurre ad esiti del tutto inaccettabili, quali la partecipazione alla gara di operatori economici costituitisi pochi giorni prima rispetto al termine di scadenza di presentazione delle offerte ed in possesso di requisiti del tutto esigui ed inidonei a comprovare l’affidabilità del concorrente.
Consiglio di Stato, Sez. III, 30 settembre 2021, dep. 12 ottobre 2021, n. 6837 – Pres. Frattini – Rel. Tulumello – (rif. art. 51, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)
A fronte della identità funzionale dell’oggetto della procedura di gara, non irragionevolmente la Stazione appaltante recupera l’eventuale deficit di diversificazione proconcorrenziale frazionando le procedure per macroaree geografiche, limitando così gli importi a base d’asta.
TAR Napoli, Sez. VIII, sent. 29 settembre 2021, dep. 19 ottobre 2021, n. 6548 – Pres. Gaudieri – Rel. Cestaro – (rif. art. 94 bis, d.P.R. 6 giugno del 2001, n. 380; art. 3, comma 1, d.l. 18 aprile 2019, n. 32)
Le deroghe all’obbligo di munirsi dell’autorizzazione per iniziare lavori edilizi in zona sismica disposte dai commi 4 e 5 dell’art. 94 bis, d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art. 3, comma 1, d.l. n. 32 del 2019, sono immediatamente applicabili senza che occorra attendere l’emanazione delle linee guida di cui al comma 2 dello stesso art. 94 bis (approvate con d.m. 30 aprile 2020) qualora l’immobile rientri nelle categorie definite dal comma 1, lett. b) e c), della medesima disposizione.
Consiglio di Stato, Sez. III, sent. 14 ottobre 2021, dep. 20 ottobre 2021, n. 7045 – Pres. Frattini – Rel. Noccelli – (rif. art. 4, comma 6, d.l. 1 aprile 2021, n. 44)
È legittimo l'obbligo vaccinale contro il virus Sars- CoV-2 per il personale sanitario, così come previsto per il personale sanitario dall'art. 4, d.l. n. 44 del 2021.
Consiglio di Stato, Sez. II, 5 ottobre 2021, dep. 28 ottobre 2021, n. 7237 – Pres. Sabatino – Rel. Manzione – (rif. art. 11 l. 7 agosto del 1990, n. 241)
La funzione della convenzione urbanistica non è di integrare la disciplina urbanistica, di per sé completa, ma di definire nel dettaglio gli impegni delle parti, e principalmente dei privati, in vista del conseguimento dell’equilibrio nello scambio di utilità; essa, pertanto, è autonoma e distinta dal Piano di lottizzazione cui accede, in quanto rappresenta solo una delle attività che possono concretizzarsi dopo l’approvazione di quest’ultimo.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 ottobre 2021, dep. 5 novembre 2021, n. 7384 – Pres. Poli – Rel. Verrico – (rif. art. 20, comma 4, l. 7 agosto 1990, n. 241)
I provvedimenti che concernono la realizzazione di impianti da energie rinnovabili ex art. 12, d.lgs. n. 387 del 2003 sono attratti alla disciplina di cui all’art. 20, l. n. 241 del 1990, con la conseguenza che, ai fini dell’autorizzazione, è sempre richiesta l’adozione di un provvedimento espresso, non potendo trovare applicazione l’istituto del silenzio assenso.
TAR Reggio Calabria, 4 novembre 2021, dep. 15 novembre 2021, n. 878 – Pres. Criscenti – Rel. Scianna – (rif. art. 12, d.l. 28 marzo 2014, n. 47)
Essendo il subappalto necessario previsto e disciplinato dalla legge, esso si applica nelle procedure di gara a prescindere da qualsiasi espresso richiamo nella lex specialis di gara.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 settembre 2021, dep. 16 novembre 2021, n. 7619 – Pres. Greco – Rel. Gambato Spisani – (rif. art. 142, comma 1, lettera c), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).
La conservazione dell’ambiente e del paesaggio è materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera s), Cost., con la conseguenza che il legislatore statale conserva in questa materia il potere di vincolare la potestà legislativa regionale, anche primaria, al rispetto delle norme statali qualificate come riforme economico sociali, e fra esse le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio che disciplinano la gestione dei beni soggetti a tutela. Pertanto, il legislatore regionale non può introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole su tutto il territorio nazionale e in particolare non può disciplinare in modo difforme dalla legge statale i presupposti ed il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
TAR Bologna, Sez. I, 13 ottobre 2021, dep. 22 novembre 2021, n. 955 – Pres. Migliozzi – Rel. Amovilli – (rif. art. 10 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)
La qualitas culturale di filari di vite maritata, ai fini dell’imposizione del relativo vincolo, deve avere ad oggetto l’immobile o il sito nel suo aspetto “corporale”, ma non può essere imposta dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo in relazione all’attività o meglio alla tecnica di lavorazione utilizzata, quando il terreno vede coltivazioni del tutto eterogene e in particolare contrassegnate da vegetazione spontanea.
Consiglio di Stato, Sez. III, 4 novembre 2021, dep. 25 novembre 2021, n. 7891 – Pres. Corradino – Rel. Veltri – (rif. art. 101, comma 2, 2 luglio 2010, n. 104)
Ai fini della fornitura di un dispositivo medico con elevato grado di automazione non occorre che l’amministrazione faccia espresso riferimenti a elementi di intelligenza artificiale, essendo del tutto sufficiente, anche in considerazione della peculiarità del prodotto (pacemaker dotati, per definizione, di una funzione continuativa di “sensing” del ritmo cardiaco e di regolazione dello stesso) il riferimento allo specifico concetto di algoritmo, ossia ad istruzioni capaci di fornire un efficiente grado di automazione, ulteriore rispetto a quello di base, sia nell’area della prevenzione che del trattamento delle tachiaritmie atriali.
Consiglio di Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, 25 novembre 2021, n. 7890 – Pres. Frattini – Rel. Ferrari – (rif. art. 143, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
Uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa - di per sé sufficiente a giustificare l’emanazione di una interdittiva antimafia - è identificabile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale, in ragione della valenza sintomatica attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti; queste, infatti, giustificano il convincimento, seppur in termini prognostici e probabilistici, che l’impresa controindicata trasmetta alla seconda il suo corredo di controindicazioni antimafia, potendosi presumere che la prima scelga come partner un soggetto già colluso o, comunque, permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata (o che, addirittura, interpreta e persegue).
TAR Palermo, Sez. I, 4 novembre 2021, dep. 30 novembre 2021, n. 3318 – Pres./Est. Lento – (rif. art. 76, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)
L'impugnazione dell’aggiudicazione non finalizzata a ottenere la rinnovazione della gara dev’essere sorretta, per essere ritenuto ammissibile, dalla c.d. prova di resistenza e, cioè, dalla dimostrazione a priori che, se le operazioni si fossero svolte correttamente, la ricorrente sarebbe risultata con certezza aggiudicataria.
TAR Piemonte, Sez. I, 24 novembre 2021, dep. 2 dicembre 2021, n. 1108 – Pres. Salamone – Rel. Malanetto – (rif. art. 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50)
In sede di gara pubblica, il termine di tre anni di cui al comma 10-bis dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 è applicabile agli illeciti professionali contrattuali e alle condanne superiori ai tre anni stessi, mentre laddove la durata della condanna comminata è inferiore ai tre anni non potrà che applicarsi il criterio del primo periodo del citato comma 10-bis, che impone una esclusione pari alla durata della pena dal passaggio in giudicato della sentenza.
Consiglio di Stato, Sez. II, 12 ottobre 2021, dep. 6 dicembre 2021, n. 8150 – Pres. Scanderbeg – Rel. Volpe – (rif. art. 54 bis, d.lgs. 30 marzo 2021, n. 165)
Il trasferimento del militare, anche per ragioni di incompatibilità ambientale, rientra nel genus degli ordini militari e ad essi non si applicano, ex art. 1349 c.m., le garanzie della l. n. 241 del 1990, mentre prevalgono le esigenze poste a base del trasferimento per incompatibilità ambientale prevalgono su quelle relative ai benefici di cui all’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992.
Consiglio di Stato, Sez. III, 11 novembre 2021, dep. 7 dicembre 2021, n. 8161 –Pres. Frattini – Rel. Santoleri – (rif. art. 8 quinquies, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502)
La fissazione dei criteri di commisurazione dei tetti di spesa e la determinazione dei budget rientrano nell’ambito della discrezionalità amministrativa, ma tale esercizio del potere non è sottratto al sindacato del giudice amministrativo. In sede di fissazione dei criteri di commisurazione dei tetti di spesa la Regione non può utilizzare il criterio della media della produzione nel triennio precedente, se tale produzione è stata condizionata da precedenti delibere di definizione dei criteri di ripartizione del tetto, successivamente annullati dal giudice di primo grado.
Consiglio di Stato, Sez. III, 9 dicembre 2021, dep. 13 dicembre 2021, n. 6625 – Pres. Corradino – Rel. Marra – (rif. considerando nn. 2 e 4, Regolamento (CE) n. 1099/2009 del 24 settembre 2009)
Deve essere sospeso in via cautelare il provvedimento con il quale è stato disposto l’abbattimento di 78 capi bufalini ai fini del contenimento del contagio e all’eradicazione della brucellosi, e ciò in quanto il benessere degli animali costituisce diritto fondamentale, protetto sia a livello nazionale sia eurounitario.
Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. 28 ottobre 2021, dep. 14 dicembre 2021, n. 8333 – Pres. Greco – Rel. Lamberti – (rif. l. 9 agosto 1990, n. 241; d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33)
In tema di accesso ai documenti amministrativi la posizione delle associazioni portatrici di interessi diffusi non si differenzia in alcun modo da quella dei singoli individui, in quanto i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del diritto di accesso sono i medesimi per tutti i soggetti dell’ordinamento e si incentrano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale anelata; pertanto, nel caso in cui a richiedere l’accesso sia un’associazione rappresentativa di interessi diffusi l’interesse sotteso alla costituzione ed all’operatività della stessa si proietta in una dimensione di pretesa ostensiva solo ove la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o, quanto meno, strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie, ciò che è onere dell’associazione stessa dimostrare, non essendo invece predicabile una sorta di legittimazione ostensiva generale discendente eo ipso dagli scopi statutari.
Consiglio di Stato, Sez. II, 9 novembre 2021, 20 dicembre 2021, n. 8438 – Pres. Sabbato – Rel. Manzione (rif. art. 50, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
Laddove sia esperita un’azione risarcitoria, sola o congiunta a quella demolitoria avente ad oggetto un’ordinanza sindacale adottata con i poteri dell’ufficiale di governo, il contraddittore necessario deve essere (anche, non necessariamente solo) lo Stato (la Prefettura), essendo ammessa la citazione (solo, salvo la dimostrata partecipazione anche della Prefettura al procedimento) del Comune con riferimento in via esclusiva alla richiesta di annullamento dell’atto.
Consiglio di Stato, Sez. III, 16 dicembre 2021, 20 dicembre 2021, n. 8454 – Pres. Noccelli – Rel. Fedullo – (rif. art. 4, comma 2, d.l. 1 aprile 2021, n. 44)
Il medico di medicina generale che certifica il pericolo di un proprio paziente, che svolge la professione sanitaria, a somministrare il vaccino anti covid-19 deve indicare la patologia di cui soffre l’interessato, e ciò in quanto il controllo demandato alla ASL – responsabile a verificare l’idoneità della certificazione all’uopo rilasciata - concerne pur sempre la certificazione del medico di medicina generale, la quale però, proprio perché costituente l’oggetto (diretto ed esclusivo) dell’attività di verifica della ASL, deve consentire all’Amministrazione di appurare la sussistenza dei presupposti dell’esonero.
TAR Catanzaro, 15 dicembre 2021, dep. 30 dicembre 2021, n. 2409 – Pres. Pennetti – Rel. Levato – (rif. art. 2 bis l. 19 febbraio 2014, n. 14).
È illegittima l’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Calabria in materia di rifiuti, con l’introduzione a regime di una gestione emergenziale dei rifiuti, in assenza, pertanto, dell’individuazione di un termine finale di efficacia, e in mancanza del requisito di contingibilità, cioè degli ordinari rimedi predisposti a livello normativo o impossibilità di farvi ricorso in termini generali.